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2.5 Gradient Echo

2.5.2 Esempi di sequenze di GRE

Nei due esempi chiave che seguono, si espone la successione temporale dei gra- dienti di Slice Selection, Phase Encoding e Frequency Encoding in un esperimento di MRI con Gradient Echo.

Primo esperimento

Figura 2.18: La sequenza `e relativa al primo esperimento Gradient Echo 2D. Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging di Haacke E M et al.

Il primo passo `e la slice selection; l’applicazione del gradiente lineare Gz dura per tutto il lasso di tempo τRF dell’impulso RF. La forma dell’impulso `e una sinc, ovvero ha il suo massimo a τRF/2; si considera questo istante come inizio effettivo dell’esperimento (t = 0). A partire da t = 0, Gz rimane acceso per un ulteriore lasso di tempo pari a τRF/2, inducendo un defasamento tra gli spin; tale defasamento viene compensato da un secondo gradiente lungo ˆz di pari durata e polarit`a inversa.

Una volta selezionata la fetta, si applica un gradiente Gy (le linee orizzontali rap- presentano la pendenza crescente a ogni ripetizione successiva).

Avendo spento Gy, rimane l’ultimo step di frequency encoding; tale passaggio ri- chiede l’applicazione di un gradiente lineare lungo ˆx. Se ci si limitasse ad applicare

un solo gradiente Gx centrato intorno a TE, si avrebbe un segnale da campionare molto piccolo, perch´e nel lasso di tempo tra la fine di Gy e TE, l’applicazione di Gx indurrebbe un defasamento notevole, e quindi una grande perdita di segnale. Scegliendo invece un primo gradiente negativo di area A e poi un secondo gra- diente positivo di area doppia centrato intorno a TE, si ottiene, nell’intervallo di campionamento, il massimo segnale possibile.

Secondo esperimento

La sequenza, riportata in Fig. 2.19, `e analoga alla precedente, ma in questo caso c’`e simultaneit`a tra l’applicazione del gradiente di rifocalizzazione in Gz,SS, del gradiente di phase encoding in Gy,P E e del gradiente di frequency encoding Gx,R. Questa simultaneit`a riduce il tempo di eco e migliora l’efficienza della sequenza.

Figura 2.19: La sequenza `e relativa al secondo esperimento Gradient Echo 2D. Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging di Haacke E M et al.

Capitolo 3

Arterial Spin Labeling ASL

L’oggetto di studio di questa tesi `e l’emodinamica cerebrale; nel prosieguo dell’e- laborato saranno utilizzati alcuni termini medici specifici, che `e utile introdurre in via preliminare prima di addentrarsi nella materia.

Encefalo [12]

Porzione anteriore del sistema nervoso centrale dei vertebrati, contenuta all’in- terno della scatola cranica e costituita da cervello, cervelletto e tronco encefalico. L’encefalo `e sede dei centri della sensibilit`a olfattiva, visiva, acustica, statica, nonch´e dei centri associativi, integrativi e dei centri superiori della corteccia ce- rebrale.

Sistema arterioso cerebrale [12]

Le arterie sono vasi sanguiferi che trasportano in senso centrifugo il sangue prove- niente dai ventricoli cardiaci; trasportano ossigeno e sostanze nutritizie ai tessuti (Fig. 3.1).

Figura 3.1: Rappresentazione delle principali arterie cerebrali tratta da Gray’s Ana- tomy for Students, di Gray D R L et al. 1) Anteriore Cerebrale, 2) Anteriore Comu- nicante, 3) Superiore Cerebellare, 4) Basilare, 5) Anteriore e Inferiore Cerebellare, 6) Posteriore e Inferiore Cerebellare, 7) Vertebrale, 8) Posteriore Cerebrale, 9) Posteriore Comunicante, 9) Mediana Cerebrale.

Sistema venoso cerebrale [12]

Le vene sono vasi sanguigni in cui scorre il sangue in direzione centripeta, ossia dalla periferia verso il cuore. Espletano la rimozione dei prodotti di rifiuto del catabolismo cellulare (Fig. 3.2).

Figura 3.2: Rappresentazione delle principali vene cerebrali tratta da Gray’s Anatomy for Students, di Gray D R L et al. 1) Seno Sigmoideo, 2) Seno Petroso Superiore, 3) Seno Basilare, 4) Seno sfenoparietale, 5) Seno Intercavernoso, 6) Vena Oftalmica Superiore, 7) Plesso Pterigoideo Venoso, 8) Seno Cavernoso, 9) Seno trasverso destro, 10) Grande vena Cerebrale, 11) Confluenza dei Seni, 12) Seno retto, 13) Seno Sagittale Superiore, 14) Seno Sagittale Inferiore.

Sistema dei ventricoli cerebrali [13]

Quattro cavit`a encefaliche contenenti liquido cefalorachidiano; corrispondono alle vescicole cerebrali embrionali, suddivise in due laterali (primo e secondo ventri- colo cerebrale), uno medio (terzo ventricolo cerebrale) e un quarto ventricolo cerebrale.

I due ventricoli cerebrali laterali sono ampie cavit`a, collocate all’interno degli emi- sferi cerebrali, e si estendono dal lobo frontale a quello occipitale; non hanno tra loro alcun collegamento, ma comunicano entrambi attraverso un orifizio (forame di Monro) con il terzo ventricolo cerebrale. Questo, a sua volta, `e in rapporto con il quarto ventricolo cerebrale mediante l’acquedotto di Silvio (Fig. 3.3). Liquor [13]

Detto anche liquido cefalorachidiano o cerebrospinale (in inglese Cerebrospinal Fluid CSF), `e un liquido che riempie i ventricoli cerebrali e lo spazio compreso tra la massa cerebrale e le meningi, e tra il midollo spinale e le meningi, all’inter- no degli spazi sub-aracnoidei. Si presenta come un liquido limpido, incolore, ha composizione analoga a quella del plasma sanguigno, pur mancando quasi com- pletamente dei costituenti proteici.

Svolge importanti funzioni fisiologiche, prima tra le quali un’azione protettiva di tipo meccanico, che impedisce la compressione della massa cerebrale per effetto della forza di gravit`a, di urti ecc.; partecipa inoltre agli scambi di metaboliti e di materiali nutritizi tra il cervello e il sangue. Infine, mantiene costanti la pres- sione e il volume endocranici adeguando il suo volume alle variazioni del flusso

Figura 3.3: Rappresentazione dei ventricoli cerebrali tratta da https://www.verywell.com/brain-ventricles-3146168. 1) Ventricoli laterali, 2) Fo- rame di Monro, 3) Terzo ventricolo, 4) Quarto Ventricolo, 5) Acquedotto di Silvio.

sanguigno e della massa cerebrale.

Alterazioni relative ai caratteri chimico-fisici, al volume e alla pressione del liquor indicano processi patologici di natura infiammatoria, emorragica o tumorale a carico dell’encefalo.

Perfusione sanguigna cerebrale [13]

Il termine ’perfusione’ indica l’irrorazione sanguigna di un distretto corporeo a li- vello microcircolatorio: si riferisce dunque al flusso di sangue non nei grandi vasi, bens`ı attraverso la rete capillare, che cede ossigeno ai tessuti e raccoglie materiale di rifiuto. La perfusione `e strettamente legata allo stato di salute dell’organo: pu`o essere pi`u intensa del normale, in una zona stimolata, o pi`u scarsa del dovuto, in una zona necrotica.

Il Cerebral Blood Flow CBF `e il parametro che quantifica la perfusione sanguigna cerebrale e si definisce come il volume di sangue che attraversa una data quantit`a di tessuto nell’unit`a di tempo; generalmente si esprime in ml/100g/min.

Labeling

Il verbo inglese to label significa letteralmente ’etichettare’; nel contesto della perfusione, l’operazione di labeling (o tagging) consiste nel perturbare selettiva- mente gli spin nel sangue, cio`e per l’appunto ’segnarli’, ’marcarli’, in modo da distinguerli dagli spin nel tessuto stazionario. L’operazione di labeling avviene tipicamente tramite l’applicazione di un impulso RF che fa ruotare di π gli spin, cosicch´e risultino orientati in senso antiparallelo rispetto al campo statico; questo particolare tipo di marcatura si chiama ’inversione’. L’inversione pu`o essere loca- le, se applicata solo sulla fetta di cui si vuole fare imaging, o globale, se interessa invece tutto il campione di studio.

3.1

Principi basilari della tecnica ASL

Alterazioni nella perfusione cerebrale possono essere sintomo di numerose pato- logie o di particolari condizioni fisiologiche. La misurazione dei parametri emodi- namici collegati alla perfusione, dunque, riveste un ruolo chiave della diagnostica per immagini.

Il gold standard per la misurazione del CBF prevede la somministrazione endo- venosa di traccianti [15]: passato un lasso di tempo specifico per la sostanza, si acquisisce tramite diverse tecniche di imaging, come la CT [16], la PET [17] e la stessa MR [18]. In ogni caso, si misura e localizza l’intensit`a del segnale prodotto dalla sostanza iniettata, individuando le zone maggiormente perfuse.

L’inconveniente principale di queste tecniche `e la somministrazione al paziente di una sostanza esogena radioattiva, talvolta tossica; c’`e, inoltre, da tenere in con- siderazione la complicazione tecnica e il costo elevato dovuti all’utilizzo di queste sostanze.

L’Arterial Spin Labeling ASL, introdotta nei primi anni ’90 [19], `e una tecnica non invasiva volta alla mappatura del CBF. A differenza delle metodologie prece- denti, non prevede la somministrazione di farmaci di alcun genere, bens`ı sfrutta come tracciante endogeno i protoni dell’acqua nel sangue.

Si supponga di voler misurare il CBF di una fetta del cervello con la tecnica ASL; ne esistono numerose varianti, ma in tutti i casi sono necessarie due acquisizioni: • immagine control : si acquisisce il segnale prodotto dall’applicazione di una certa sequenza di impulsi RF sugli spin nel tessuto della fetta (Image Volume);

• immagine labeled : prima di applicare, sul piano dell’immagine, la sequenza di cui al punto precedente, si applica la marcatura degli spin nella regione detta Inversion Slab (Fig. 3.4). Tale operazione consiste nell’applicare un impulso RF di inversione (flip angle=π) sul volume antistante alla fetta da acquisire, cos`ı da ’marcare’ gli spin del sangue che si dirigono verso il piano dell’immagine. Durante il tragitto, tali spin rilassano secondo i propri tempi caratteristici T1 e T2. Quando raggiungono il piano dell’acquisizione, si trovano in uno stato dipendente dall’efficienza di labeling e dalla loro distanza iniziale dal piano dell’immagine.

Nella control image il tessuto e il sangue che si trovano nella fetta sono ugual- mente orientati lungo la direzione del campo statico prima della sequenza; al contrario, nella labeled image il sangue arriva a irrorare la fetta dopo un parziale rilassamento conseguente al labeling.

In teoria, operando la differenza puntuale tra le due immagini, si dovrebbe an- nullare il contributo tissutale, idealmente identico nei due casi, isolando ed evi- denziando la differenza nel segnale prodotto dal sangue labellato e non.

In pratica, ci sono numerosi aspetti che influiscono sul segnale e sulla differenza tra le immagini, rendendo pi`u ostica l’estrazione dell’informazione dall’immagine risultante dalla sottrazione.

Figura 3.4: Rappresentazione dei volumi di imaging e labeling in una acquisizione ASL. Immagine tratta da http://www.mccauslandcenter.sc.edu/crnl/tools/asl.

finch´e l’inversione indotta non rilassa, quindi per un lasso di tempo dell’ordine di T1: `e necessario pertanto che il tempo impiegato dal sangue per raggiungere e perfondere il piano di acquisizione (Arterial Transit Time ATT) sia minore di tale costante di tempo.

Se il post labeling delay PLD, cio`e l’intervallo tra inversione e acquisizione, `e trop- po breve rispetto ad ATT, allora il sangue non riesce a perfondere completamente la fetta. Se, al contrario, il PLD `e troppo lungo, il sangue che si trova nella fetta al momento della sequenza ha gi`a rilassato completamente. In entrambi i casi, la differenza rispetto all’immagine control `e poco significativa, risultando in un basso rapporto segnale-rumore (signal-to-noise ratio SNR).

Poich´e il T1 di uno stesso tessuto aumenta proporzionalmente all’intensit`a del campo magnetico, con campi maggiori `e possibile ottenere immagini con SNR maggiore [20]. Per campi magnetici di uso clinico (1.5 - 3 T), T1 ha valori com- presi tra 1300 e 1750 ms.

Oltre ai problemi legati ai tempi di rilassamento, `e utile osservare che la ASL `e una tecnica di sottrazione, il che la rende particolarmente sensibile ad eventua- le movimento: uno spostamento impercettibile e involontario del paziente pu`o produrre, nell’immagine differenza, un valore erroneamente associato a flusso, piuttosto che a movimento.

Infine, intervengono ad aumentare il rumore anche la non perfetta omogeneit`a del campo magnetico e la non uniformit`a dell’efficienza di inversione.

Tutti questi fattori fanno s`ı che il segnale differenza non si annulli nei pixel tissu- tali, rendendo pi`u incerta l’individuazione dei vasi. Al fine di aumentare il SNR, `e utile ripetere l’esperimento pi`u volte in modo da mediare su un certo numero di immagini e ridurre il rumore.

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