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Misure multiparametriche dell'emodinamica cerebrale tramite Magnetic Resonance Fingerprinting Arterial Spin Labeling

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Academic year: 2021

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(1)

DIPARTIMENTO DI FISICA

Corso di Laurea Magistrale in Fisica Medica

Tesi di Laurea Magistrale

Misure multiparametriche dell’emodinamica cerebrale

tramite Magnetic Resonance Fingerprinting

Arterial Spin Labeling

Candidato:

Kathrin Bonamini

Matricola 477147

Relatori:

Prof.ssa Michela Tosetti Dott. Guido Buonincontri

(2)
(3)

Indice

Introduzione 5

1 Risonanza Magnetica Nucleare RMN 7

1.1 Nucleo in campo magnetico: modello classico . . . 7

1.2 Equazioni del moto . . . 9

1.3 Sistema di riferimento rotante . . . 10

1.4 Campo a radiofrequenze . . . 11

1.5 Magnetizzazione ed Equazione di Bloch . . . 12

1.5.1 Magnetizzazione . . . 12

1.5.2 Interazione spin-reticolo e rilassamento longitudinale . . . 13

1.5.3 Interazione spin-spin e rilassamento trasversale . . . 14

1.5.4 Equazione di Bloch e soluzioni per campo statico . . . 16

1.5.5 Combinazione di campo statico e campo RF . . . 17

1.6 Sequenze di acquisizione del segnale RMN . . . 18

1.6.1 Free Induction Decay FID . . . 19

1.6.2 Spin Echo SE . . . 19

1.6.3 Inversion Recovery IR . . . 22

2 Magnetic Resonance Imaging MRI 25 2.1 Slice Selection . . . 26

2.1.1 Spessore della fetta . . . 27

2.1.2 Piano della sezione . . . 27

2.2 Frequency Encoding . . . 28

2.3 Phase Encoding . . . 29

2.4 Campionamento del segnale e ricostruzione . . . 31

2.4.1 Campionamento . . . 31

2.4.2 K-Spazio . . . 32

2.4.3 Topologia del k-spazio . . . 33

2.4.4 Copertura del k-spazio . . . 34

2.5 Gradient Echo . . . 37

2.5.1 La tecnica di Gradient Echo . . . 39

2.5.2 Esempi di sequenze di GRE . . . 40

3 Arterial Spin Labeling ASL 42 3.1 Principi basilari della tecnica ASL . . . 45

3.2 Tecniche ASL . . . 46

3.2.1 CASL . . . 47 2

(4)

3.2.2 PASL . . . 47

3.2.3 Confronto . . . 48

3.3 Adiabatic Fast Passage AFP . . . 48

3.4 Magnetization Transfer MT . . . 48

3.5 Modello teorico . . . 50

3.6 Misure sperimentali ASL . . . 52

4 Magnetic Resonance Fingerprinting MRF 53 4.1 Principio di funzionamento . . . 54

4.2 Simulazione . . . 55

4.3 Riconoscimento . . . 58

4.4 Sequenze di Gradient Echo in MRF . . . 58

4.4.1 Steady-State GRE . . . 58

4.5 Segnale MRF . . . 61

4.6 Misure sperimentali MRF . . . 62

5 Nuova tecnica: MRF-ASL 65 5.1 Teoria . . . 66

5.1.1 Marcatura del sangue . . . 66

5.1.2 Modelli di simulazione . . . 67

5.2 Metodo . . . 70

5.2.1 Efficienza di inversione locale e angiografia . . . 70

5.2.2 Riduzione del rumore . . . 71

5.2.3 Metodo MRF-ASL . . . 72

5.3 Risultati . . . 74

5.3.1 MRF standard con inversione locale . . . 74

5.3.2 Fantoccio . . . 74 5.3.3 In Vivo . . . 74 5.3.4 MRF-ASL . . . 74 5.4 Discussione . . . 81 5.4.1 MRF standard . . . 81 5.4.2 Angiografia . . . 81 5.4.3 Modello Monocompartimentale . . . 84 5.4.4 Modello Bicompartimentale . . . 90 5.5 Conclusioni . . . 94 A 95 B 102 C 103 D 104 E 114 F 116

(5)

G 118

(6)

Introduzione

Il lavoro di tesi `e stato svolto presso il Laboratorio di Fisica Medica e Biotec-nologie di Risonanza Magnetica dell’Istituto Scientifico Stella Maris di Pisa e il Centro di Ricerca Imago7, sotto la supervisione e grazie alla paziente guida della Professoressa Michela Tosetti, del Dottor Guido Buonincontri e della Dottoressa Laura Biagi.

Lo scopo di questo studio `e lo sviluppo di una nuova tecnica di imaging a riso-nanza magnetica che fornisca una mappa quantitativa della perfusione cerebrale, ovvero dell’irrorazione sanguigna encefalica, coniugando le tecniche di Arterial Spin Labeling ASL e Magnetic Resonance Fingerprinting MRF.

Nel Capitolo 1 si espongono i principi fisici del fenomeno di Risonanza Magnetica Nucleare RMN. In particolare, si descrive il comportamento di uno spin nuclea-re immerso in campo magnetico e la sua risposta ad impulsi a radiofnuclea-requenza, si introduce il concetto di magnetizzazione e si espongono i meccanismi di inte-razione tra gli spin. Una volta caratterizzato il fenomeno di risonanza in tutti i suoi aspetti, si arriva alla formulazione matematica dell’Equazione di Bloch, che regola l’andamento della magnetizzazione in presenza di campi magnetici. A conclusione del capitolo, si approfondiscono alcune sequenze di acquisizione del segnale generato dalla magnetizzazione: Free Induction Decay, Spin Echo e In-version Recovery.

Il Capitolo 2 `e dedicato all’imaging a Risonanza Magnetica. Si descrivono i mec-canismi di Slice Selection, Frequency Encoding e Phase Encoding, attraverso i quali `e possibile codificare spazialmente il segnale, allo scopo di ottenere delle mappe bidimensionali dei parametri emodinamici. A ognuna di queste tre fasi corrisponde l’applicazione di un opportuno gradiente di campo magnetico che permette di localizzare la fonte del segnale tramite la diversificazione della fre-quenza di risonanza. Si affrontano quindi le questioni legate al campionamento del segnale e si descrive dettagliatamente il ruolo cruciale che riveste il k-spazio. Infine, si caratterizza la sequenza di acquisizione Gradient Echo, che sar`a utiliz-zata nelle acquisizioni successive.

Nel Capitolo 3 si espone la tecnica di Arterial Spin Labeling. Dopo una paren-tesi preliminare sull’anatomia cerebrale, si descrive il meccanismo di marcatura del sangue tramite inversione degli spin (in inglese labeling o tagging) e si deriva l’algoritmo di ricostruzione della mappa di perfusione cerebrale. Si espongono e confrontano le tre principali tecniche ASL: Continuous ASL (CASL), Pulsed ASL (PASL) e Pseudo-Continuous ASL (pCASL), evidenziandone vantaggi e svantag-gi. Si delineano le condizioni di Adiabatic Fast Passage per cui il labeling risulta

(7)

Infine, dopo aver ricavato l’espressione matematica che permette di calcolare il Cerebral Blood Flow CBF, ovvero il parametro emodinamico che identifica quan-titativamente la perfusione, si presentano i risultati forniti da un’acquisizione ASL, realizzata con tecnica pCASL.

Nel Capitolo 4 si approfondisce la tecnica di Magnetic Resonance Fingerprinting. A differenza delle metodologie di imaging a Risonanza Magnetica tradizionali, in cui si studia analiticamente il segnale prodotto dagli spin perturbati, MRF propone un approccio di acquisizione e post-processing dei dati profondamente innovativo. Esso prevede una perturbazione pseudo-random del sistema, tale da produrre un pattern unico e riconoscibile, come un’impronta digitale (fingerprint); l’estrapolazione dei parametri caratteristici del sistema in esame non avviene dal-l’analisi del pattern in quanto tale, ma dal suo confronto con un dizionario di simulazioni, ovvero tramite il riconoscimento della simulazione pi`u somigliante. Si illustra la sequenza di Gradient Echo (GRE) impiegata, spiegando perch´e si preferisce la tipologia Fast Imaging Steady-state Precession (FISP), i cui gradienti hanno momento non nullo, piuttosto che la balanced Steady-State Free Precession (bSSFP), in cui al contrario i gradienti si bilanciano. Infine, si caratterizza nello specifico la sequenza di impulsi MRF e si mostrano le mappe dei parametri carat-teristici che diversificano i tessuti anatomici, estrapolate tramite la stessa tecnica MRF, confrontando con i risultati ottenuti mediante tecniche standard.

Il Capitolo 5 costituisce il fulcro della tesi, poich´e coniuga le due tecniche viste in precedenza, MRF e ASL, in un’unica nuova metodologia detta Magnetic Re-sonance Fingerprinting Arterial Spin Labeling (MRF-ASL). Prima di procedere alla mappatura della perfusione sanguigna con la nuova tecnica, si verifica l’ef-ficacia dell’operazione di labeling, effettuata tramite inversione degli spin locale, cio`e sul solo piano dell’immagine, e globale, cio`e su tutto il campione anatomico. Si analizza la dipendenza del segnale dalla velocit`a del sangue, dal tipo di inver-sione e dallo spessore della fetta e si esplorano alcune tecniche di riduzione del rumore. Dopo questa fase preliminare, si descrivono i due modelli di simulazione adottati: uno monocompartimentale, in cui si assume che ciascun elemento di volume sia costituito esclusivamente da sangue o da tessuto stazionario, e uno bicompartimentale, nel quale invece si ha combinazione delle due componenti in proporzioni variabili. Infine, si riportano le specifiche tecniche delle acquisizioni e si espongono le mappe estrapolate, confrontando i risultati ottenuti con quelli derivanti da ASL e MRF tradizionali.

(8)

Capitolo 1

Risonanza Magnetica Nucleare

RMN

Ogni nucleo `e caratterizzato da una particolare grandezza fisica, detta spin, che pu`o essere interpretata come un momento angolare intrinseco, ovvero come una rotazione del nucleo attorno al proprio asse magnetico. Se immerso in un cam-po magnetico esterno ~B0, il nucleo comincia a ruotare attorno alla direzione del campo, dando cio`e luogo a un moto di precessione. La frequenza di precessione ω0 dipende dall’intensit`a del campo magnetico e dalla specie nucleare.

Per perturbare tale moto `e necessario un secondo campo magnetico ~B1, polariz-zato circolarmente sul piano perpendicolare alla direzione di ~B0, la cui frequenza di oscillazione ω1 coincida proprio con quella di precessione: da qui l’espressione Risonanza Magnetica Nucleare RMN. La risonanza, nello specifico, `e la condi-zione che si verifica quando un sistema oscillante forzato, in questo caso lo spin nucleare in ~B0, viene sottoposto a sollecitazione periodica, ~B1, di frequenza pari all’oscillazione propria del sistema stesso.

Nella tecnica di imaging a risonanza magnetica, il nucleo prevalentemente studia-to `e quello dell’idrogeno (1H), costituito da un protone. Nel seguito della tratta-zione, ove non specificato diversamente, si far`a riferimento al nucleo dell’idrogeno chiamandolo equivalentemente ’il nucleo’ o ’il protone’.

1.1

Nucleo in campo magnetico: modello

clas-sico

Nell’esposizione dei meccanismi di interazione tra nucleo e campo magnetico, si predilige per questo lavoro il modello classico, poich´e risulta di immediata com-prensione e ben si adatta alla spiegazione del fenomeno di risonanza magnetica. Il modello quantistico `e comunque riportato per completezza in Appendice A; le conclusioni cui si giunge e le equazioni che si derivano con i due modelli sono le medesime.

Il nucleo si comporta come un dipolo magnetico e si immagina lo spin come un momento angolare intrinseco che spinge il nucleo a ruotare attorno al proprio asse magnetico. Da un punto di vista classico, si modellizza la distribuzione rigida di

(9)

Figura 1.1: Rappresentazione grafica della distribuzione di carica rotante associata al nucleo. ω `e la frequenza angolare di precessione, µ `e il momento di dipolo magnetico associato allo spin, L `e la direzione del momento angolare intrinseco, parallela all’asse magnetico nucleare. Immagine tratta dalla dispensa Appunti di Struttura della materia 2, del Prof. G. Moruzzi.

carica rotante (Fig. 1.1) come una spira circolare percorsa da corrente.

Si consideri una spira circolare di area A percorsa da corrente I immersa in cam-po magnetico ~B; ogni tratto infinitesimo d~l della spir`a `e sottoposto alla forza d ~F perpendicolare al piano individuato da d~l e ~B:

d ~F = I · d~l × ~B (1.1)

La somma dei d ~F su una spira chiusa `e nulla, quindi il campo non induce alcuna traslazione. Tuttavia, a seconda dell’orientamento della spira rispetto al campo magnetico, il momento torcente d ~N pu`o essere non nullo:

d ~N = ~r × d ~F (1.2)

Se la spira giace sul piano perpendicolare alla direzione del campo, la forza `e parallela alla direzione radiale, dunque il momento torcente `e nullo (Fig. 1.2 (a)). Se, al contrario, il piano della corrente forma un angolo arbitrario con la direzione del campo, il momento torcente fa ruotare la spira in modo da portarla sul piano ad esso trasverso (Fig. 1.2 (b)).

In generale, l’interazione con il campo esterno porta l’asse di spin del nucleo, cio`e la normale alla superficie della spira, ad allinearsi con il campo stesso.

Nel caso di campo magnetico statico, il momento torcente sulla spira vale (Ap-pendice B)

~

N = ~µ × ~B (1.3)

dove ~µ = IAˆn `e il momento di dipolo magnetico della spira e ˆn il versore della normale alla superficie.

Questa formula `e esatta per campi statici isotropi, ma pu`o considerarsi valida anche nel caso di spire piccole in campi anisotropi, dove per ’piccole’ si intende che le dimensioni (il raggio) devono essere molto minori della distanza tipica entro cui la variazione di campo `e significativa.

(10)

Figura 1.2: Spire percorse da corrente immerse in campo magnetico. In (a), la spira giace sul piano ortogonale alla direzione del campo, dunque il momento torcente risulta nullo; infatti, se ~r k d ~F, allora ~N = ~r × d ~F = r · dF · sin(0) = 0. In (b), la spira non giace sul piano perpendicolare alla direzione del campo magnetico, dunque il momento torcente `e diverso da zero. Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging, di Haacke E M et al.

1.2

Equazioni del moto

La relazione che lega il momento di dipolo magnetico ~µ e lo spin ~S `e ~

µ= γ ~S (1.4)

dove la costante di proporzionalit`a γ `e detta rapporto giromagnetico ed `e carat-teristica della specie nucleare; per il nucleo dell’idrogeno vale

γ = 2.678 × 108rad · s−1· T−1 −→ ¯γ = γ

2π = 42.58M Hz · T

−1 (1.5)

dove T (tesla) `e l’unit`a di misura del campo magnetico nel SI (1 T = 104 gauss). Un momento torcente ~N non nullo implica una variazione del momento angolare intrinseco:

d ~S

dt = ~N (1.6)

Mettendo insieme le tre relazioni [1.3], [1.4] e [1.6] si ottiene l’equazione del moto per il momento di dipolo magnetico in campo magnetico statico ~B0:

d~µ dt = γ

d ~S

dt = γ~µ × ~B0 (1.7)

La variazione del momento magnetico `e proporzionale al prodotto vettore dello stesso ~µ per il campo, ovvero `e perpendicolare alla propria direzione; questo implica che il dipolo d`a luogo a precessione attorno a ~B0.

(11)

Figura 1.3: Rappresentazione del moto di precessione del dipolo magnetico ~µ attorno alla direzione del campo magnetico statico ~B0. L’angolo θ tra la direzione del dipolo e

quella del campo non `e nullo, dunque il momento torcente induce ~µa precedere attorno alla direzione del campo. dφ `e la fase infinitesima acquistata dal momento di dipolo rispetto alla sua posizione iniziale in seguito ad una variazione d~µdel suo orientamento. Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging, di Haacke E M et al.

una rotazione sinistrorsa attorno alla direzione di ~B0. Considerata fissa la coda del vettore ~µ, la sua punta ruota attorno a ~B0; se il campo `e costante, la traiettoria `e circolare (Fig. 1.3).

Se d~φ `e l’angolo sotteso da d~µ e θ l’angolo tra ~µ e ~B0, dalla geometria si ha

|d~µ|= µsinθ|d~φ| (1.8)

D’altra parte, dall’equazione del moto deriva che

|d~µ|= γ|~µ × ~B0|dt = γµB0sinθdt (1.9) Confrontando le due espressioni, si ricava la frequenza di precessione

ω0 = | d~φ dt| = γB0 (1.10) cio`e d~φ dt = −~ω −→ ~ω = −ωˆz (1.11)

La frequenza di precessione del dipolo magnetico attorno al campo magnetico statico ~B0 si definisce Frequenza di Larmor ~ω0:

~

ω0 = −γ ~B0 (1.12)

1.3

Sistema di riferimento rotante

Si consideri un sistema di riferimento S’ che ruoti attorno alla direzione ˆz del campo statico ~B0 con frequenza Ω (Fig. 1.4).

(12)

Figura 1.4: Sistema di riferimento S’ in rotazione rispetto al sistema di riferimento del laboratorio S: gli assi ˆz e ˆz0 coincidono. Immagine tratta da Magnetic Resonance

Imaging, di Haacke E M et al.

Nel sistema S’ l’equazione del moto del momento di dipolo in presenza di campo magnetico statico ~B diventa (Appendice C)

∂ ~µ0 ∂t = γ~µ × ( ~B + ~ Ω γ) (1.13) dove ~B + Ω~

γ = ~Bef f `e il campo magnetico efficace di cui risente il momento magnetico nel sistema rotante. Nel sistema S’, infatti, il momento magnetico ha una rotazione istantanea attorno a ~Bef f, dato dalla sovrapposizione del campo esterno e di un campo magnetico fittizio ~Ω/γ; scegliendo ~Ω/γ = − ~B si ha che il momento magnetico `e fermo nel sistema rotante:

~ Ω γ = − ~B −→ ∂µ0 ∂t = 0 −→ dµ dt = ~Ω × ~µ (1.14)

1.4

Campo a radiofrequenze

Il sistema fin qui considerato `e composto da uno spin che, immerso in un campo magnetico statico B0z, precede attorno alla direzione del campo stesso.ˆ

Si introduce ora un campo ~B1 polarizzato circolarmente sul piano xy perpendi-colare a ~B0:

~

B1 = B1(ˆxcos(ω1t) − ˆysin(ω1t)) = B1xˆ0 (1.15) Se ω1 coincide con la frequenza Ω di rotazione del sistema S’, il campo ~B1 `e fermo nel sistema rotante e diretto lungo ˆx0.

La nuova equazione del moto per ~µ0 nel sistema S’ risulta ∂ ~µ0

∂t = ~µ × [ˆz(ω0− Ω) + ˆx 0ω

1] = γ~µ × ~Bef f (1.16) dove ω0 `e la frequenza di Larmor, Ω `e la frequenza con cui S’ ruota rispetto a S e ω1 `e la frequenza di B1.

Nel sistema S’ il nucleo risente di un campo magnetico efficace ~Bef f dato da ~ Bef f = 1 γ[ˆz(ω0− Ω) + ˆx 0ω 1] (1.17)

(13)

Nel caso in cui Ω = ω0 si ha

∂ ~µ0

∂t = ~µ × ω1xˆ

0 (1.18)

cio`e in S’ non c’`e rotazione attorno a ˆz, ma soltanto attorno a ˆx0 con frequenza ω1 (Fig. 1.5).

Figura 1.5: Nel caso in cui il sistema di riferimento S’ ruoti attorno alla direzione ˆz di S con velocit`a angolare Ω pari alla frequenza di Larmor ω0, il campo efficace avvertito

da ~µin S’ `e pari a B1 ed `e orientato lungo ˆx0. Immagine tratta da Magnetic Resonance

Imaging, di Haacke E M et al.

Vedremo nel seguito della trattazione che, mentre B0 `e acceso durante tutta l’ac-quisizione del segnale RMN, il B1 `e applicato per un lasso di tempo τ molto breve: si parla pertanto di impulso. L’applicazione di B1, ovvero di un impulso con frequenza angolare ω1, per un lasso di tempo τ , induce la rotazione attorno a

ˆ

x0 di un angolo pari a ∆θ = ω

1· τ . In effetti, la moltiplicazione di una frequenza angolare per un tempo produce un angolo, che nello specifico si chiama flip angle FA (dall’inglese to flip, capovolgere). La rotazione `e tanto pi`u efficace quanto pi`u si `e vicini alla condizione di risonanza, ω1 = ω0, indipendentemente dall’intensit`a del campo B1.

Per un campo magnetico statico B0 di 1.5 T (valore tipico del campo magnetico utilizzato in Risonanza Magnetica clinica), la frequenza di Larmor per un nucleo 1H vale ω

0 = γ · B0 = 63.87M Hz, ovvero la frequenza di precessione si trova nella banda delle radiofrequenze RF. Pertanto, se ω1 = ω0, il campo B1 si dice campo a radiofrequenza (campo a RF).

1.5

Magnetizzazione ed Equazione di Bloch

Finora si `e considerato il comportamento di un singolo spin immerso in campi magnetici esterni. Le interazioni del nucleo con gli atomi del suo intorno, tuttavia, comportano modifiche significative alle equazioni del moto. Per dare conto di tali interazioni, `e utile introdurre il concetto di magnetizzazione.

1.5.1

Magnetizzazione

Sia V un elemento di volume del campione sufficientemente grande da contenere un gran numero di spin, ma abbastanza piccolo da poter considerare il campo

(14)

Figura 1.6: Rappresentazione grafica del set isocromatico di spin che compongono la magnetizzazione. All’equilibrio, il numero di spin orientati parallelamente al campo statico supera il numero di quelli antiparalleli, dunque ~M risulta allineata lungo ~B0.

Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging, di Haacke E M et al.

uniforme al suo interno. Il set di spin presenti in V `e detto ’isocromatico’ poich´e raccoglie un dominio di spin che ruotano alla stessa frequenza.

Si definisce magnetizzazione ~M il momento magnetico medio nel volume: ~ M = 1 V X i=protoni in V ~ µi (1.19)

Derivando rispetto al tempo si ottiene d ~M dt = 1 V X i d ~µi dt = γ V X i ~ µi× ~Bext = γ ~M × ~Bext (1.20) `

E conveniente scindere la magnetizzazione nelle sue componenti parallela ~Mk (o longitudinale) e perpendicolare ~M⊥(o trasversale) al campo esterno (si suppone

~ Bext = B0z).ˆ ~ Mk = Mzzˆ (1.21) ~ M⊥ = Mxxˆ+ Myyˆ (1.22)

In presenza del solo campo magnetico statico, gli spin del set isocromatico pre-cedono attorno a ˆz con la stessa frequenza ma con fase relativa casuale, cio`e si aprono a formare un cono attorno a ~B0 (Fig. 1.6). Per questo, dato il gran nume-ro di spin, `e legittimo assumere che le componenti trasversali dei singoli momenti di dipolo si elidano vicendevolmente, cos`ı che la magnetizzazione di equilibrio sia orientata parallelamente al campo: ~M0 = M0zˆ (per ragioni energetiche esposte diffusamente nell’Appendice A, il numero di spin che ruotano attorno alla di-rezione parallela di ~B0 `e superiore a quello degli spin che si orientano in senso antiparallelo).

1.5.2

Interazione spin-reticolo e rilassamento

longitudina-le

Si supponga che, dalla sua condizione di equilibrio M0, all’istante t = 0 la ma-gnetizzazione sia perturbata da un impulso RF che la allontani da ˆz; una volta

(15)

esaurito l’impulso, la magnetizzazione rilassa e torna all’equilibrio iniziale. Il rate di variazione della magnetizzazione longitudinale `e proporzionale alla dif-ferenza M0− Mz(0): maggiore `e la perturbazione dallo stato di equilibrio, tanto pi`u veloce sar`a il ritorno (cos`ı come, quando si tira una molla, il ritorno alla posizione di equilibrio `e tanto pi`u repentino quanto maggiore `e l’allungamento); la relazione empirica del rilassamento longitudinale `e

dMz dt =

1 T1

(M0− Mz) (1.23)

in cui la costante di tempo T1 `e detta tempo di rilassamento spin-reticolo ed `e un parametro caratteristico di ogni tessuto (' 1000 ms).

Risolvendo l’equazione differenziale si trova

Mz(t) = Mz(0)e−t/T1+ M0(1 − e−t/T1) (1.24)

Figura 1.7: Ritorno della componente longitudinale della magnetizzazione al valore di equilibrio M0. In ascissa, `e riportato il tempo in unit`a di T1; in ordinata, `e presentato

i valore della magnetizzazione longitudinale. Mz(0) `e il valore della magnetizzazione

longitudinale nell’istante immediatamente successivo all’applicazione dell’impulso RF. Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging, di Haacke E M et al.

1.5.3

Interazione spin-spin e rilassamento trasversale

Per comprendere il meccanismo di rilassamento trasversale, si consideri un set isocromatico di spin sottoposto a un impulso RF tale da indurre un flip angle di π/2, ovvero tale da spingerne l’orientamento dall’asse z al piano trasverso xy (un impulso di questo tipo si dice impulso di saturazione).

In seguito all’impulso di saturazione, ogni spin si trova proiettato sul piano per-pendicolare alla direzione del campo magnetico statico: |~µ| = µ⊥ = µ0. Da quel momento, il moto di precessione riporta ciascun ~µ all’allineamento originario, facendo crescere esponenzialmente la componente longitudinale, secondo T1, a scapito della trasversale. Per il singolo spin, il tempo di ritorno alla configura-zione di equilibrio `e unico, il tempo di decadimento della componente trasversale coincide con il tempo di ripristino della componente longitudinale. Questo tutta-via non `e pi`u vero se si considera la magnetizzazione macroscopica. Ci`o `e dovuto

(16)

al fatto che ogni spin sente un campo locale appena diverso da quello degli altri, poich´e al campo esterno si aggiungono i campi prodotti dagli spin vicini. Questa differenziazione nelle frequenze di precessione comporta un defasamento degli spin sul piano trasversale (Fig. 1.8): la somma vettoriale delle µ⊥ pu`o azzerarsi prima che esse rilassino singolarmente. La componente trasversale della magnetizzazio-ne, quindi, si annulla prima che la componente longitudinale sia completamente ripristinata.

Figura 1.8: (a) Situazione iniziale in cui tutti gli spin del set isocromatico sono alli-neati con il campo statico B0. (b) Istante immediatamente successivo all’applicazione

dell’impulso RF di saturazione, in cui tutti gli spin sono ruotati sul piano trasversale xy. (c) Defasamento degli spin, dovuto alla differenziazione nelle frequenze di preces-sione. (d) Vettore magnetizzazione (somma vettoriale dei singoli momenti di dipolo del set), inizialmente allineato con B0. (e) Effetto del FA di π/2, che fa ruotare M

attorno a ˆx, trasformando la componente longitudinale in trasversale. (f) Rotazione della magnetizzazione attorno all’asse ˆz; il modulo `e minore di quello iniziale, a causa del defasamento relativo tra gli spin che compongono la magnetizzazione. Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging, di Haacke E M et al.

A causa del defasamento spin-spin, il decadimento della componente trasversale della magnetizzazione risulta pertanto pi`u veloce del recupero della componente longitudinale; M⊥ segue un andamento esponenziale regolato dalla costante di tempo T2 (Fig. 1.8).

d ~M⊥

dt = γ ~M⊥× ~Bext− 1

T2M~⊥ (1.25)

Nel sistema di riferimento rotante, l’equazione si riduce a ∂ ~M⊥ ∂t = − 1 T2M~⊥ (1.26) ~ M0(t) = ~M0 (0)e−t/T2 (1.27)

(17)

Figura 1.9: Decadimento della magnetizzazione trasversa nel sistema di riferimento rotante S’; l’andamento esponenziale decrescente `e regolato dalla costante di tempo T2.

Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging, di Haacke E M et al.

In generale, T2 `e minore di un ordine di grandezza rispetto a T1 (T2 ' 100 ms). `

E importante sottolineare che, oltre al defasamento dovuto ad interazione spin-spin, anche le disomogeneit`a del campo esterno contribuiscono a velocizzare il decadimento della componente trasversale della magnetizzazione. Detta T0

2 la costante di tempo di rilassamento trasversale dovuta a tale disomogeneit`a, il decadimento va come T∗ 2: 1 T2∗ = 1 T2 + 1 T20 (1.28)

1.5.4

Equazione di Bloch e soluzioni per campo statico

L’equazione differenziale completa della magnetizzazione `e nota come Equazione di Bloch; nel sistema di riferimento del laboratorio la sua formulazione `e:

d ~M dt = γ ~M × ~Bext+ 1 T1 (M0 − Mz)ˆz − 1 T2 ~ M⊥ (1.29)

I termini di rilassamento descrivono il ritorno all’equilibrio per un campo statico lungo ˆz. Nelle tre componenti cartesiane si ha

dMz dt = M0− Mz T1 (1.30) dMx dt = ω0My − Mx T2 (1.31) dMy dt = −ω0Mx− My T2 (1.32) (1.33) dalla cui risoluzione si ottiene

Mx(t) = e−t/T2(Mx(0)cosω0t+ My(0)sinω0t) (1.34) My(t) = e−t/T2(My(0)cosω0t − Mx(0)sinω0t) (1.35) Mz(t) = Mz(0)e−t/T1+ M0(1 − e−t/T1) (1.36)

(18)

Lo stato di equilibrio si ha per t → ∞:

Mx(∞) = My(∞) = 0 (1.37)

Mz(∞) = M0 (1.38)

Le componenti trasversali hanno un andamento sinusoidale smorzato da un espo-nenziale decrescente; l’andamento sinusoidale corrisponde al moto di precessione, lo smorzamento `e frutto dell’interazione spin-spin.

L’ampiezza | ~M | non `e costante: la componente longitudinale rilassa dal valore iniziale al valore di equilibrio; la componente trasversa ruota e decresce fino ad annullarsi (Fig. 1.10).

Figura 1.10: Traiettoria di rilassamento del vettore magnetizzazione. Dal piano xy, dove `e spinta dall’impulso di saturazione, la magnetizzazione precede attorno alla di-rezione del campo statico, riducendo progressivamente la componente trasversale in favore del ripristino di quella longitudinale. Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging, di Haacke E M et al.

Analizzando la componente trasversale in termini di variabile complessa, `e pos-sibile esplicitarne la fase:

M+(t) = Mx(t) + iMy(t) (1.39)

M+(t) = e−iω0t−t/T2M+(0) (1.40) M+(t) = |M+(t)|eiφ(t) = M⊥eiφ(t) (1.41)

M⊥(t) = e−t/T2M⊥(0) (1.42)

φ(t) = −ω0t+ φ(0) (1.43)

1.5.5

Combinazione di campo statico e campo RF

Per perturbare la magnetizzazione dal suo allineamento di equilibrio, `e necessa-rio aggiungere al campo magnetico statico un secondo campo oscillante ~B1. La conseguente precessione della componente perpendicolare della magnetizzazione produce a sua volta un campo rotante, che viene rilevato da una bobina in ricezio-ne (per una descrizioricezio-ne dell’hardware e delle bobiricezio-ne di trasmissioricezio-ne e ricezioricezio-ne, si

(19)

veda l’Appendice D). Proprio questo campo ricevuto costituisce il segnale RMN. ~ Bext= B0zˆ+ B1xˆ0 (1.44) ~ Bef f = (B0− ω γ)ˆz+ B1xˆ 0 (1.45) dMz0 dt = −ω1My0 + M0− Mz T1 (1.46) dMx0 dt = ∆ωMy0 − Mx0 T2 (1.47) dMy0 dt = −∆ωMx0 + ω1Mz− My0 T2 (1.48) ∆ω = ω0− ω (1.49) (1.50)

1.6

Sequenze di acquisizione del segnale RMN

Quando gli spin del campione subiscono l’impulso RF dettato da ~B1, la compo-nente trasversa della magnetizzazione assume temporaneamente un valore non nullo: a questo punto `e possibile rivelarne il moto di precessione attorno a ~B0. Ogni spin che contribuisce alla magnetizzazione, infatti, genera un campo magne-tico che attraversa una bobina ricevente (Fig. 1.11). Poich´e gli spin precedono, il flusso del loro campo attraverso la bobina varia nel tempo, inducendo una f.e.m. (Appendice E).

Figura 1.11: Rappresentazione schematica della generazione del segnale attraverso la bobina ricevente. (a) La barra rotante, in cui sono indicati i poli magnetici Nord (N) e Sud (S), rappresenta la magnetizzazione ~M. (b) Il vettore ~M non `e che la rappresentazione macroscopica di un set di spin isocromatici che, precedendo attorno alla direzione del campo statico, producono un flusso variabile di campo magnetico attraverso la bobina ricevente. Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging, di Haacke E M et al.

Il segnale risultante s(t) `e proporzionale alla magnetizzazione trasversale: s(t) ∝

Z

(20)

Si illustrano di seguito tre sequenze chiave per l’acquisizione del segnale RMN: Free Induction Decay (FID), Spin Echo (SE) e Inversion Recovery (IR).

1.6.1

Free Induction Decay FID

Si applica al campione un impulso RF di saturazione (f lip angle = π/2) in modo da far ruotare gli spin (e quindi ~M) da ˆz al piano xy; in seguito all’applicazio-ne dell’impulso, supposto istantaall’applicazio-neo (hard pulse), gli spin precedono, secondo un moto elicoidale, tornando ad allinearsi con la direzione del campo statico B0z. Durante il rilassamento, il segnale va come la magnetizzazione trasver-ˆ sa, la quale oscilla con la frequenza di Larmor (sin(ω0t)) sul piano xy e decade esponenzialmente con T2 per effetto del rilassamento spin-spin (Fig. 1.12 (a)):

s(t) ∝ M⊥(0+)e−t/T2sin(ω0t) (1.52) Osservando il decadimento da un sistema di riferimento rotante S’ che precede con frequenza ω0 rispetto al sistema S del laboratorio, non si riscontra oscillazio-ne, ma solo decadimento (Fig. 1.12 (b)). Dal campionamento di questo segnale si ricavano la frequenza di Larmor e il tempo di rilassamento T2 del campione. Nella pratica, quello che si misura non `e propriamente T2: la disomogeneit`a del campo magnetico statico, infatti, riduce i tempi di rilassamento spin-spin, intro-ducendo il proprio contributo T0

2. Per questo motivo, l’effettivo decadimento `e regolato dalla costante di tempo T∗

2 secondo la relazione 1 T2∗ = 1 T2 + 1 T20 (1.53)

Tanto pi`u `e importante la disomogeneit`a di campo, quanto minore T0

2 e veloce il decadimento (damping) della componente trasversale: gli esperimenti di FID, se applicati a un campione di T2 noto, sono utili per valutare la qualit`a del magnete.

1.6.2

Spin Echo SE

Nel caso in cui il campo esterno sia particolarmente disuniforme, la costante di tempo T0

2 pu`o essere sufficientemente piccola da far s`ı che 1/T 0

2 domini su 1/T2, il che si traduce in una rapida perdita di segnale. Questo effetto pu`o essere recu-perato tramite una precisa sequenza di impulsi detta Spin Echo SE [2].

La sequenza di SE prevede l’applicazione di due impulsi RF: un impulso di ecci-tazione, con flip angle di π/2, e uno di rifocalizzazione, con angolo di π.

La sequenza di impulsi SE e il conseguente andamento del segnale sono rappre-sentati in Fig. 1.13.

Con il primo impulso di π/2, la magnetizzazione del campione `e spinta sul pia-no xy (Fig. 1.14 (b)); si suppone che questo avvenga istantaneamente a t = 0, cosicch´e inizialmente la magnetizzazione risulti allineata con ˆy0 (si ricordi che il campo a RF `e diretto lungo ˆx0 nel sistema di riferimento rotante S0).

(21)

Figura 1.12: Sequenza di acquisizione FID per la misurazione di T2. (a) In alto,

impul-so RF di saturazione nel sistema di riferimento del laboratorio; in basimpul-so, corrispondente damping oscillante del segnale. (b) In alto, impulso RF di saturazione nel sistema di riferimento rotante; in basso, andamento esponenziale decrescente del segnale. Se il sistema rotante S’ ruota attorno alla direzione ˆz con frequenza pari alla frequenza di Larmor ω0, il segnale registrato nel suo f rame non presenta oscillazione, come fa

inve-ce nel sistema di riferimento del laboratorio. Immagine tratta da Magnetic Resonaninve-ce Imaging, di Haacke E M et al.

Gli spin nelle diverse posizioni ~r cominciano a sfasare reciprocamente a causa della disomogeneit`a di campo (Fig.1.14 (c))

φ(~r, t) = −γ∆B(~r)t per 0 < t < τ con φ0 = 0 (1.54) Si applica quindi, all’istante t = τ , il secondo impulso RF di π lungo ˆy0 in modo da far ruotare gli spin di π attorno a ˆy0 (Fig.1.14 (d)); anche in questo caso si suppone che l’applicazione dell’impulso e la rotazione avvengano istantaneamente a t = τ .

Gli spin che, nel lasso di tempo [0; τ ], avevano accumulato una certa fase +φ, in seguito a questo secondo impulso hanno una fase di pari modulo ma segno opposto e viceversa:

φ(~r, τ+) = −φ(~r, τ

) = γ∆B(~r)τ (1.55)

Dopo τ gli spin riprendono ad accumulare fase secondo la relazione 1.54:

φ(~r, t) = φ(~r, τ+) − γ∆B(~r)(t − τ ) = (1.56)

= γ∆B(~r)τ − γ∆B(~r)(t − τ ) = (1.57)

= −γ∆B(~r)(t − 2τ ) = (1.58)

= −γ∆B(~r)(t − TE) (1.59)

Poich´e il rate con cui ogni spin accumula fase non cambia, tutti gli spin torneranno a φ = 0 nello stesso istante di tempo t = 2τ = TE detto tempo di Echo proprio

(22)

Figura 1.13: Sequenza di acquisizione SE per la misurazione di T2 e il recupero della

perdita di segnale dovuta a disomogeneit`a di campo. In alto, scansione temporale degli impulsi di eccitazione (π/2) e rifocalizzazione (π). In basso, segnale registrato nel sistema di riferimento del laboratorio. Nel lasso di tempo tra i due impulsi (0 < t < τ ) il segnale decade esponenzialmente secondo T2∗; a partire dall’istante τ fino a T E = 2τ si ripristina la perdita di segnale dovuta alle disomogeneit`a di campo. Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging, di Haacke E M et al.

perch´e vede il riallineamento degli spin (Fig.1.14 (e)).

La variazione della componente trasversale della magnetizzazione nel sistema di riferimento rotante segue

 dM⊥ dt  = −M⊥ TSE 2 (1.60) Per 0 < t < τ , cio`e prima dell’impulso di π, e per t > T E, ovvero dopo la eco, vale

1/T2SE = 1/T2+ 1/T20 (1.61)

cio`e il rate di rilassamento `e dato dalla somma dei contributi intrinseci (T2) ed estrinseci (T0

2).

Per τ < t < T E, nel lasso di tempo tra il flip angle π e la eco, i contributi estrinseci non portano al rilassamento, cio`e alla perdita di segnale, bens`ı alla rifocalizzazione:

1/TSE

2 = 1/T2− 1/T20 (1.62)

Diversamente dalla FID, in cui il rate `e costante: 1/TF ID

2 = 1/T2+ 1/T20 = 1/T2∗, nella SE si hanno 3 intervalli:

1 TSE 2 (0 < t < τ ) = 1 T2 + 1 T20 (1.63) 1 TSE 2 (τ < t < TE) = 1 T2 − 1 T0 2 (1.64) 1 TSE 2 (t > TE) = 1 T2 + 1 T20 (1.65) (1.66)

(23)

Figura 1.14: Rappresentazione dell’effetto della sequenza SE sugli spin. (a) Il campo a RF B1 `e diretto lungo x0, ortogonalmente alla direzione z del campo statico e della

magnetizzazione a riposo. (b) L’impulso di saturazione spinge la magnetizzazione sul piano trasverso xy. (c) A causa della disomogeneit`a locale di campo, gli spin defasano. (d) Con un impulso di π, gli spin sono ribaltati sul piano trasversale e continuano nel loro moto dettato dalla disomogeneit`a di campo; in seguito al secondo impulso, per`o, si rifasano. (e) Quando gli spin sono di nuovo in fase, si verifica la Echo, cio`e la ma-gnetizzazione raggiunge il valore correttamente associato al decadimento esponenziale T2. Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging, di Haacke E M et al.

All’interno di ogni intervallo di tempo, il rate rimane costante, pertanto vale M⊥(t) = M⊥(t0)e−(t−t0)/T

SE

2 (1.67)

Applicandolo ad ognuno dei tre intervalli si ha

M⊥(0 < t < τ ) = M⊥(0)e−t/T ∗ 2 M⊥(τ < t < TE) = M⊥(0)e−t/T2e−(TE−t)/T 0 2 (1.68) M⊥(t > TE) = M⊥(0)e−t/T2e−(t−TE)/T 0 2

L’andamento del segnale in Fig. 1.13 corrisponde alle equazioni di questo sistema.

1.6.3

Inversion Recovery IR

Gli esperimenti di FID e SE sono volti alla misurazione di T2; l’esperimento di Inversion Recovery IR, invece, `e mirato alla misura di T1.

(24)

La sequenza di impulsi (Fig. 1.15) prevede un primo impulso di inversione (f lip angle = π) e un secondo impulso di saturazione (f lip angle = π/2); en-trambi inducono la rotazione attorno a ˆx0.

Figura 1.15: Sequenza di impulsi della IR. In seguito a un primo impulso di inversione (π), trascorso un certo lasso di tempo TI (Inversion Time), `e applicato un secondo

impulso, stavolta di saturazione (π/2), al quale segue il campionamento del segnale. Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging, di Haacke E M et al.

La magnetizzazione longitudinale si inverte in seguito all’impulso π

Mz(0+) = −M0 (1.69)

Il tempo di inversione TI `e il tempo che intercorre tra i due impulsi di eccitazione; in questo lasso di tempo, la magnetizzazione cresce verso il suo valore di equilibrio: Mz(t) = −M0e−t/T1+ M0(1 − e−t/T1) = M0(1 − 2e−t/T1) per (0 < t < T1) (1.70) L’impulso π/2 spinge la magnetizzazione sul piano trasversale; da quel momento in poi:

M⊥(t) = |M0(1 − 2e−TI/T1)|e−(t−TI)/T ∗

2 per (t > T

I) (1.71)

Il segnale si annulla per 1 − 2e−TI/T1 = 0 quindi T

1 = TI/ln2 (Fig.1.16).

L’annullamento del segnale in un istante di tempo noto pu`o rivelarsi estremamen-te utile: se un campione eestremamen-terogeneo contiene pi`u sostanze con T1 diversi, si pu`o scegliere TI in modo da annullare il segnale prodotto da una di esse. Si tratta di un procedimento particolarmente vantaggioso nel caso si voglia osservare il segnale poco intenso di una sostanza, che risulterebbe altrimenti sovrastato dalle altre.

(25)

Figura 1.16: Ampiezza della magnetizzazione trasversale in funzione di TI per una IR.

Se TI = 0, cio`e se l’impulso di saturazione segue immediatamente quello di inversione,

si ha M⊥ = M0: la magnetizzazione dallo stato di equilibrio viene istantaneamente

invertita e proiettata sul piano xy, senza avere il tempo di rilassare. All’aumentare di TI, la componente longitudinale che viene proiettata sul piano trasversale diminuisce,

fino al valore critico di TI = T1ln 2, in cui la componente trasversale `e nulla e quindi

l’impulso di saturazione non proietta alcunch´e sul piano xy. Dal valore critico in poi, M⊥aumenta nuovamente. Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging, di Haacke

(26)

Capitolo 2

Magnetic Resonance Imaging

MRI

Nel primo capitolo si sono introdotti i principi di generazione del segnale RMN. L’aspetto che non si `e sottolineato `e che questo segnale proviene indistintamente da tutto il corpo immesso nel tomografo della risonanza magnetica: la bobina ri-cevente rivela un unico segnale globale, cio`e non `e possibile direzionare il detector per risalire alla collocazione della sorgente del segnale, come si fa invece con un macchinario per Computed Tomography CT [3] o Positron Emission Tomography PET [4].

Tuttavia, per ottenere immagini bidimensionali di sezioni dell’oggetto di studio (tomografie), `e necessario riuscire a codificare spazialmente la fonte del segnale. Quello che si vuole ottenere `e una matrice di due dimensioni i cui valori rappre-sentino l’intensit`a del segnale in ogni punto del campione.

In questo capitolo si espongono le fasi di acquisizione del segnale che permette-ranno, in sede di ricostruzione, di ottenere l’immagine desiderata.

`

E importante rimarcare che:

• il campo magnetico statico ~B0 `e costante e rimane acceso durante tutto il tempo dell’acquisizione del segnale;

• al fine di localizzare spazialmente le sorgenti del segnale, sono applicati in successione temporale tre gradienti di campo transienti, uno per ciascuna delle tre dimensioni ˆx, ˆy e ˆz;

• ognuno dei gradienti ha un’ampiezza molto inferiore rispetto a ~B0 e varia linearmente lungo la rispettiva direzione di applicazione.

L’uso di un gradiente per stabilire una relazione tra frequenza e posizione si definisce ’codifica in frequenza’ (frequency encoding). La frequenza di precessione, infatti, dipende linearmente dal campo magnetico secondo la relazione

ω(~r) = γ[ ~B0 + ~G(~r)] = ω0+ γ ~G(~r) (2.1) con ~B0 campo statico e ~G(~r) gradiente.

Sia ˆz la direzione del campo statico, nonch´e la direzione testa-piedi del paziente; 25

(27)

Figura 2.1: Sistema di riferimento utilizzato di consueto: il campo magnetico statico ~

B0 `e diretto lungo ˆz, cio`e lungo la direzione testa-piedi del paziente; per le acquisizioni

effettuate in questo lavoro di tesi, si far`a imaging di piani assiali xy. Immagine tratta da http://www.sprawls.org/.

il sistema di assi cui si fa riferimento nella trattazione che segue `e rappresentato in Fig. 2.1.

I passaggi necessari per la localizzazione delle sorgenti di segnale ai fini di imaging sono tre: Selezione della Fetta (Slice Selection), Codifica in Frequenza (Frequency Encoding), Codifica in Fase (Phase Encoding).

2.1

Slice Selection

La procedura di slice selection permette di individuare il piano di cui fare imaging; nell’ipotesi di voler acquisire un piano xy, si deve selezionare la sola z corrispon-dente. Si applica, a questo scopo, un gradiente lineare di campo magnetico lungo ˆ

z (Fig. 2.2) del tipo

~

G(z) = z · G ˆz (2.2)

Figura 2.2: Gradiente lineare applicato lungo ˆznella fase di Slice Selection. Immagine tratta da Totally Accessible MRI di Lipton M L.

Il punto, lungo ˆz, in cui Gz = 0 `e detto ’isocentro’; allontanandosi dal centro, l’ampiezza del gradiente aumenta. In punti speculari sull’asse ˆz rispetto all’iso-centro, il gradiente ha modulo uguale ma segni opposti.

Il campo netto lungo ˆz `e la somma di quello statico e del gradiente: ~

Bnet = Bnetzˆ= (B0+ Gz)ˆz (2.3) La presenza del gradiente fa s`ı che i protoni risuonino a frequenze diverse a seconda della z a cui si trovano

(28)

Qualunque sia la fetta che si vuole selezionare, `e sufficiente sintonizzare l’impulso RF, ovvero la ω1 del campo B1, sulla frequenza corrispondente: ω1 = ω(z) = ω0+ γGz.

Poich´e Gz varia solo lungo ˆz, tutti gli spin di quella fetta risuoneranno alla stessa frequenza, indipendentemente dalla loro collocazione sul piano xy (Fig. 2.3). Volendo fare imaging, ad esempio, della fetta corrispondente all’isocentro (z = 0), `e necessario che il campo ~B1ecciti solo quei determinati spin, in modo da escludere gli spin delle zone circostanti. Poich´e all’isocentro Gz(0) = 0, la selezione di questa particolare fetta si ottiene per ω1 = ω0.

Figura 2.3: Gradiente di Slice Selection applicato lungo la direzione z.

Sintonizzando il campo B1 a RF su una certa frequenza ω1, si

eccita-no solo gli spin presenti nella fetta corrispondente. Immagine tratta da

https://sites.google.com/site/frcrphysicsnotes/slice-selection.

2.1.1

Spessore della fetta

L’impulso RF (RF pulse) dato da B1 ha una banda in frequenza finita, che pu`o essere pi`u o meno larga: [ω1− δω ; ω1+ δω]. Ci`o significa che il piano selezionato non `e esattamente bidimensionale, ma si tratta piuttosto di una fetta con uno spessore finito.

La fetta `e tanto pi`u sottile quanto maggiore `e la pendenza di G e tanto pi`u stretta `e la banda RF, ovvero quanto pi`u i voxel (letteralmente VOLume ELement, ele-mento di volume) si avvicinano al limite bidimensionale di pixel (PIcture Element, elemento dell’immagine) (Fig. 2.4).

2.1.2

Piano della sezione

Uno dei grandi vantaggi della MRI `e che fornisce la possibilit`a di fare imaging di un qualunque piano con la stessa facilit`a. Cos`ı come `e possibile ricavare immagini sul piano assiale xy, applicando un gradiente lungo ˆz, `e altres`ı possibile selezionare piani sagittali con un gradiente lungo ˆx e piani coronali con un gradiente lungo ˆ

y. La combinazione di due gradienti, inoltre, pu`o produrre un gradiente obliquo, rispetto al sistema di assi ortogonali: il piano dell’immagine selezionato sar`a

(29)

Figura 2.4: Il coefficiente angolare del gradiente determina lo spessore della fet-ta: a sinistra, la pendenza `e maggiore (steeper gradient) dunque lo spessore

del-la fetta minore; viceversa a destra (shallower gradient). Immagine tratta da

https://sites.google.com/site/frcrphysicsnotes/slice-selection.

semplicemente perpendicolare a quest’ultimo, qualunque sia il suo orientamento. Una volta selezionata la fetta tramite opportuno impulso RF, ~B1 non sar`a pi`u applicato: il moto di precessione legato al rilassamento verso la posizione di equilibrio `e cominciato.

2.2

Frequency Encoding

Eseguita la slice selection, il gradiente Gz `e spento e gli spin precedono nuova-mente alla frequenza ω0, qualunque sia la posizione z della fetta selezionata. Prima di acquisire segnale, quando ancora c’`e componente trasversa della ma-gnetizzazione, si applica un secondo gradiente di campo, analogo al precedente, lungo una delle due direzioni sul piano, ad esempio ˆx. La frequenza di precessione degli spin nella fetta, ora, varia linearmente lungo tale direzione: il segnale lungo ˆ

x`e codificato in frequenza.

Scelta una banda in frequenza di ricezione abbastanza ampia da contenere tut-te le frequenze di precessione lungo ˆx, si procede all’acquisizione del segnale: il segnale `e unico, ma ognuna delle sue componenti in frequenza `e legata ad una specifica posizione lungo la direzione del gradiente.

L’andamento temporale s(t) del segnale `e proporzionale a s(t) ∝

Z

d3rM⊥(~r, 0)eiφ(~r,t) (2.5) La fase risulta dall’integrazione della frequenza nel tempo:

φ(~r, t) = − Z t

0

dt0ω(~r, t0) (2.6)

La frequenza di precessione, in seguito all’applicazione di Gx, dipende a sua volta dalla sua posizione lungo ˆx:

ω(x, t) = ω0+ ωG(x, t) (2.7)

(30)

e dunque il defasamento lungo la direzione x diventa φG(x, t) = −γx

Z t

0

dt0G(t0) (2.9)

Si sostituisce questa relazione tra gradiente e fase nell’espressione di proporzio-nalit`a del segnale:

s(t) ∝ Z dxρ(x)eiφG(x,t) = Z dxρ(x)e−iγxRt 0dt 0G(t0) (2.10) A questo punto si opera un cambio di variabili che non rappresenta soltanto un mero passaggio matematico, ma racchiude in s´e il fulcro sostanziale del frequency encoding: si definisce k(t) come

kx(t) = γ 2π Z t 0 dt0G(t0) (2.11)

Dall’analisi dimensionale emerge che kx(t) `e una frequenza spaziale: [k] = [γ][dt][G] = Hz T · s · T m = 1 m (2.12)

Riscrivendo l’espressione del segnale in termini di kx si raggiunge un risultato essenziale:

s(k) = Z

dxρ(x)e−i2πxk (2.13)

ovvero il segnale `e la trasformata di Fourier della densit`a spaziale di spin nel campione; di conseguenza, per risalire alla distribuzione spaziale (lungo ˆx) degli spin, `e sufficiente calcolarne l’antitrasformata:

ρ(x) = Z

dks(k)e+i2πxk (2.14)

Nel caso in cui il gradiente sia costante nell’intervallo di tempo (0,t), kx si riduce a una quantit`a lineare nel tempo:

kx = γ

2πGxt (2.15)

Questo significa che, per raccogliere un numero congruo di frequenze, `e sufficiente campionare il segnale a un certo rate per un tempo sufficientemente lungo. L’acquisizione del segnale avviene mentre il gradiente Gx `e acceso.

2.3

Phase Encoding

Avendo selezionato il piano dell’immagine e decodificato il segnale in una delle due dimensioni, non rimane che decodificare l’informazione nell’altra.

Il procedimento pi`u intuitivo per svolgere questa operazione `e reiterare il Fre-quency Encoding anche lungo ˆy e interpolare con i dati lungo ˆx. Tuttavia, per

(31)

ottenere un’immagine con risoluzione soddisfacente, `e necessaria la sovrapposi-zione di molte acquisizioni a diversi angoli (Filtered Back Projection FBP [5]). Una tecnica di ricostruzione ben pi`u efficiente `e nota come Phase Encoding [6]. Applicando, per un lasso di tempo finito, un gradiente lineare di campo lungo ˆy, si verifica una differenziazione temporanea della frequenza lungo la direzione del gradiente, tanto maggiore quanto pi`u gli spin distano dall’isocentro. La variazio-ne di frequenza dura solo per il tempo di applicaziovariazio-ne del gradiente, ma la fase acquisita rimane, anche in seguito allo spegnimento del gradiente.

∆φi(t) = ∆ωit = (ωi− ω0)t (2.16) Per capire come lo shift di fase influenzi il segnale, partiamo dalla situazione precedente all’applicazione di Gy. Gli spin immersi nel campo magnetico statico

~

B0 precedono coerentemente alla frequenza comune ω0. La coerenza di fase im-plica che il valore globale della magnetizzazione trasversa `e il massimo possibile. Il defasamento dovuto all’applicazione del transiente Gy fa sfasare in una certa misura gli spin, cosicch´e il modulo della magnetizzazione trasversa risulta minore rispetto al precedente.

Ora, `e importante sottolineare che, mentre `e possibile fare misure assolute di frequenza, la fase `e una grandezza che ha significato fisico solo in termini di com-parazione: la fase `e definita rispetto a un valore di riferimento. In considerazione di questa caratteristica della fase, il phase encoding richiede l’applicazione se-quenziale di diversi Gy a diversa pendenza (vedi Fig. 2.5).

Figura 2.5: Sequenza di gradienti lungo y: ogni acquisizione per il phase encoding si effettua dopo l’applicazione transiente di Gy. Immagine tratta da Totally Accessible

MRI di Lipton M L.

Figura 2.6: Sequenza temporale di Spatial Encoding. Il defasamento, indotto dal gradiente transiente lungo y, `e seguito dal gradiente di frequenza lungo x: durante l’applicazione di Gx, si effettua acquisizione del segnale. Immagine tratta da Totally

(32)

Le diverse pendenze dei gradienti di fase si traducono in un diverso rate di variazione di fase degli spin lungo la direzione ˆy

ωy = γyGy (2.17) φy = − Z t 0 ωydt0 = = −γy Z t 0 Gydt0 ky(t) = γ 2π Z t 0 G(y, t0)dt0 (2.18)

Da queste relazioni, emerge chiaramente che la variazione della fase dφy/dt `e una frequenza ωy proporzionale a Gy: cos`ı come l’antitrasformata di Fourier pu`o estrarre le componenti in frequenza associate al frequency encoding, cos`ı pu`o estrarre le frequenze, cio`e i rate di variazione della fase, lungo il gradiente di phase encoding.

Per chiarezza di esposizione, si `e spiegato prima il principio di funzionamento del gradiente di frequency encoding e successivamente quello di phase encoding, ma l’ordine di effettiva applicazione dei rispettivi gradienti `e invertito. L’acquisizione del segnale avviene in seguito ad ogni transiente di fase Gy, mentre il gradiente di frequenza lungo ˆx`e acceso (Fig.2.6).

Tramite le operazioni di Slice Selection, Frequency Encoding e Phase Encoding, i dati acquisiti dalla fetta sono localizzati sul piano.

2.4

Campionamento del segnale e ricostruzione

2.4.1

Campionamento

Il segnale s(t) prodotto dal campione in risposta alla sequenza di impulsi RF `e continuo, ma l’acquisizione `e discreta, ovvero i dati sono frutto di un campiona-mento temporale.

Per il teorema di Shannon-Nyquist [7], se il segnale ha banda limitata, ovvero se la sua Trasformata di Fourier (Fourier Transform FT) `e nulla al di fuori di un certo intervallo di frequenze, la minima frequenza di campionamento necessaria per evitare perdita di informazione `e pari al doppio della frequenza massima nella sua banda

νc≥ 2νmax (2.19)

Il rispetto di questo criterio permette di risalire, a partire dal segnale campiona-to, al segnale analogico originario (ovvero di operare la ricostruzione inversa da digitale ad analogico).

Si definisce frequenza di Nyquist la massima frequenza correttamente campiona-bile, data una certa frequenza di campionamento νc:

(33)

Si supponga di voler campionare una sinusoide di frequenza ν0. Il campionamento corretto deve permettere di misurare almeno due volte l’ampiezza all’interno del periodo, in modo da evidenziare l’oscillazione e il cambio di segno del segnale; in altre parole, la frequenza di campionamento νc deve essere almeno il doppio di quella della sinusoide. Per νc<2ν0, cio`e per un sottocampionamento del segna-le, non si colgono tutte le oscillazioni, dunque le frequenze superiori a quella di Nyquist appaiono inferiori: `e il fenomeno di aliasing (Fig. 2.7) [8].

Figura 2.7: Esempio di fenomeno di aliasing: le sinusoidi con frequenza 5 Hz

e 20 Hz appaiono uguali se campionate con νc = 25 Hz. Immagine tratta da

http://osirisop.df.unipi.it/ ferrante/dispense01.pdf.

Un eventuale sottocampionamento fa s`ı che l’ampiezza associata alle alte frequen-ze sia erroneamente attribuita a frequenfrequen-ze minori, producendo artefatti nell’im-magine.

2.4.2

K-Spazio

La registrazione del segnale prevede il suo campionamento cadenzato nel tem-po mentre il gradiente di frequency-encoding `e acceso; questi dati sono quindi memorizzati in un array. Il processo `e ripetuto per ogni diverso gradiente di phase-encoding, applicato precedentemente alla lettura. L’array di dati associato all’i-esimo gradiente di fase Gyi costituisce l’i-esima riga di una matrice 2D, det-ta k-spazio, che contiene in dati grezzi (raw dadet-ta) ovvero i dati nel dominio del tempo (time-domain data) (Fig. 2.8).

All’interno della matrice del k-spazio, le colonne rappresentano i diversi istanti di tempo in cui il segnale `e campionato, mentre le righe rappresentano una diversa ampiezza del gradiente di fase. Applicando la trasformata di Fourier 1DFT lungo ciascuna riga (da sinistra a destra), i valori non corrispondono pi`u a istanti di tempo diversi, bens`ı a frequenze diverse, ovvero i dati passano dal dominio del tempo al dominio delle frequenze (frequency-domain data). Frequenze diverse sono associate a posizioni diverse lungo la direzione di applicazione del gradiente di frequency-encoding, quindi di fatto con la FT si `e operata la localizzazione del segnale lungo la direzione ˆx.

(34)

Figura 2.8: (a) Sequenza di acquisizione standard: l’impulso RF di eccitazione coincide con il gradiente di slice selection Gz; l’applicazione di ognuno dei gradienti di fase Gy

precede il gradiente di frequency encoding Gx, simultaneo al campionamento del segnale.

(b) Copertura del k-spazio associata alla sequenza di cui al punto (a); a ognuno dei gradienti di fase corrisponde una riga nella matrice 2D detta k-spazio. Immagine tratta da seminario della Prof.ssa M. Tosetti.

Quando si confrontano i segnali acquisiti prodotti da diversi gradienti di fase, gli spin lontani dall’isocentro subiscono una variazione di fase pi`u importante e conseguentemente producono segnale minore; viceversa, gli spin pi`u vicini al-l’isocentro subiscono defasamento minore e segnale pi`u intenso. Applicando la FT lungo ogni colonna, si passa da una diversificazione in termini di intensit`a di gradiente di fase ad una distinzione sulla base del rate di variazione della fase, cio`e a una frequenza. In definitiva, applicando la FT sulle due dimensioni, si `e localizzato il segnale lungo ˆx e lungo ˆy (Fig. 2.9).

Applicando la trasformata di Fourier su tutto il k-spazio, si risale all’immagine, intesa come distribuzione bidimensionale di densit`a protonica (Fig. 2.10).

2.4.3

Topologia del k-spazio

Le basse frequenze si trovano al centro del k-spazio e le alte frequenze alla pe-riferia; poich´e alle alte frequenze `e associato maggior defasamento, ad esse sar`a anche associato segnale meno intenso. In termini di ricostruzione dell’immagine, le basse frequenze, dove il segnale `e pi`u intenso, contribuiscono in massima parte al contrasto dell’immagine; le alte frequenze, invece, ai dettagli, ai contorni, cio`e alla risoluzione spaziale (Fig. 2.11).

(35)

Figura 2.9: A sinistra, punto nel k-spazio associato alla frequenza kx e alla variazione

di fase ky. Tramite Trasformata di Fourier (FT) si ottiene l’immagine a destra: a kxe ky

sono associati rispettivamente una frequenza spaziale (rappresentata dalla spaziatura tra le bande bianche e nere) e una fase (rappresentata dall’inclinazione delle bande rispetto agli assi cartesiani). Immagine tratta da seminario della Prof.ssa M. Tosetti.

Figura 2.10: Risultato dell’applicazione della Trasformata di Fourier, che porta dal k-spazio (a sinistra) all’immagine anatomica desiderata (a destra). Immagine tratta da seminario della Prof.ssa M. Tosetti.

2.4.4

Copertura del k-spazio

Nei paragrafi e nei capitoli precedenti, si `e sempre implicitamente fatto riferimen-to a un campionamenriferimen-to del k-spazio di tipo cartesiano, cio`e ad un campionamenriferimen-to dei dati su righe e colonne perpendicolari ed equispaziate. Questo tipo di copertu-ra del k-spazio presenta un vantaggio unico: permette di applicare direttamente la FT nelle due direzioni per passare dal time-domain al frequency-domain. Tut-tavia, non `e l’unica strategia possibile e, per certi aspetti, non `e la pi`u efficiente. La copertura radiale (Fig. 2.12), ad esempio, fu la prima traiettoria ad essere utilizzata in MRI da Lauterbur nel 1973 [5]. A causa della densit`a di campio-namento non uniforme (i raggi sono pi`u vicini intorno all’origine che alle alte

(36)

Figura 2.11: Nella riga superiore sono riportate le porzioni di k-spazio utilizzate per riprodurre le immagini sottostanti. A sinistra, l’immagine generata dal k-spazio com-pleto. Al centro, l’immagine ricostruita dalle sole alte frequenze: sono visibili i contor-ni, ovvero le rapide variazioni di intensit`a del segnale, ma il contrasto `e praticamente assente. A destra, l’immagine costruita con le sole basse frequenze: il contrasto `e ben evidente, ma i contorni sono assolutamente sfocati (blurred ). Immagine tratta da Totally accessible MRI di Lipton M L.)

frequenze), questa strategia `e meno efficiente della cartesiana, poich´e richiede tempi pi`u lunghi al fine di soddisfare al criterio di Nyquist. Un eventuale sotto-campionamento si manifesta nell’immagine con delle strisce. In ogni caso, la sua densit`a di campionamento non uniforme va appannaggio del contrasto e a svan-taggio dei contorni, poich´e le basse frequenze sono pi`u densamente campionate rispetto alle alte.

La traiettoria Echo Planar Imaging EPI (Fig. 2.13) `e stata introdotta per velo-cizzare la copertura del k-spazio. In questo caso, tutte le righe sono campionate in seguito ad un’unica acquisizione; questo riduce enormemente i tempi, poich´e si elimina il tempo morto tra due gradienti di fase successivi.

Infine la traiettoria a spirale [9] (Fig. 2.14) riduce ulteriormente i tempi e copre il k-spazio in maniera pi`u efficiente. Cos`ı come nella EPI, anche in questo ca-so il k-spazio viene completamente campionato in seguito ad un unico gradiente oscillante. Ognuna di queste scansioni del k-spazio si chiama frame o interleave. Rispetto alla copertura cartesiana standard, la spirale non raggiunge le alte fre-quenze negli angoli del k-spazio, il che provoca blurring dei contorni. Per coprire pi`u fittamente il k-spazio, `e possibile acquisire diversi frame, le cui spirali siano shiftate di un certo angolo: per N acquisizioni, tra un interleave e l’altro la spirale ruota di un angolo 2π/N . Una volta raggiunto il massimo raggio della spirale, il

(37)

Figura 2.12: Sequenza di impulsi e gradienti per una FID (a), associata a campiona-mento radiale del k-spazio (b). Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging, di Haacke E M et al.

Figura 2.13: Sequenza di impulsi e gradienti per una FID (a), associata a campio-namento EPI del k-spazio (b). Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging, di Haacke E M et al.

gradiente `e rampato a zero e la traiettoria riportata all’origine (Fig. 2.15). Cos`ı come nel caso di copertura radiale, anche per la spirale il campionamento `e pi`u denso al centro, cio`e a basse frequenze, che alla periferia del k-spazio. Se si sceglie una frequenza di campionamento sufficientemente alta da soddisfare il criterio di Nyquist alle alte frequenze, al centro i dati saranno altamente sovracampionati; questo riduce l’efficienza della spirale, ma porta informazione sovrabbondante, non ne comporta la perdita.

Il vantaggio principale rappresentato dalla scansione spirale rispetto alla coper-tura cartesiana `e la velocit`a, cio`e la risoluzione temporale. D’altra parte, per`o,

(38)

Figura 2.14: Sequenza di impulsi e gradienti per una FID (a), associata a campiona-mento spirale del k-spazio (b). Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging, di Haacke E M et al.

Figura 2.15: Diversi interleaves associati a copertura del k-spazio a spirale. Immagine tratta da Handbook of MRI pulse sequence di Bernstein M A, King K F, Zhou X J.

lo svantaggio risiede nella difficolt`a tecnica e nel maggior tempo richiesti dalla ricostruzione. Infatti, quando l’intero set di dati MR `e acquisito lungo una tra-iettoria rettilinea e uniformemente campionata, l’immagine pu`o essere ricostruita semplicemente tramite FT. Se invece la traiettoria `e tale da non avere un cam-pionamento uniformemente denso, l’algoritmo di ricostruzione `e pi`u complicato, perch´e richiede un passaggio ulteriore, ovvero un’operazione di gridding [10]. L’algoritmo di gridding `e volto a uniformare la densit`a di campionamento lungo la spirale, pi`u fitto al centro e pi`u blando alla periferia, mediante la convoluzione con una density compensation function [11]; in questo modo si possono riportare i dati su una griglia cartesiana e applicarvi la FT come nel caso standard.

2.5

Gradient Echo

Si schematizzi il corpo umano come un cilindro contenente una certa distribuzio-ne spaziale di spin. In Fig. 2.16 `e rappresentata la sequenza di gradienti relativa

(39)

alla tecnica di acquisizione Gradient Echo GRE.

Figura 2.16: Sequenza di impulsi e gradienti per la rivelazione del segnale in imaging in un esempio di esperimento MR. (a) Situazione di equilibrio in cui `e applicato il solo campo magnetico statico B0; la magnetizzazione `e orientata in direzione parallela al

campo, convenzionalmente diretto lungo z. (b) Un impulso di saturazione RF perturba l’equilibrio, spingendo il vettore magnetizzazione sul piano trasversale xy; il segnale prodotto `e quello tipico di una FID. (c) In seguito all’applicazione dell’impulso RF, viene acceso un gradiente di campo lungo z, che induce, lungo la stessa direzione, una differenziazione nelle frequenze di precessione degli spin; il risultato `e un rapido defa-samento e un damping pi`u repentino del segnale. (d) L’applicazione di due gradienti successivi di polarit`a opposte comporta un rifasamento degli spin con conseguente re-cupero del segnale: all’istante t0 = 0 si verifica una eco, analoga a quella della sequenza Spin Echo, di cui al capitolo precedente. Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging di Haacke E M et al.

In presenza di solo campo magnetico statico B0z, gli spin si orientano lungo ilˆ campo e si sommano a formare una magnetizzazione macroscopica ~M0 lungo la stessa direzione (Fig. 2.16 (a)).

La magnetizzazione di equilibrio ~M0 `e spinta via dal suo allineamento con B0zˆ da un impulso RF di π/2 lungo ˆx0; il risultato `e una magnetizzazione trasversa di ampiezza M0. Il segnale di FID rappresenta il rilassamento della magnetizzazione nel sistema di riferimento del laboratorio (Fig. 2.16 (b)).

Applicando un gradiente lungo ˆz (Fig. 2.16 (c)), il decadimento `e pi`u rapido perch´e gli spin vengono sfasati. I nuclei, infatti, precedono a frequenze diverse a seconda della loro posizione lungo ˆz; nel lasso di tempo t in cui Gz `e acceso, gua-dagnano una fase relativa che si mantiene una volta spento il gradiente. A causa

(40)

di tale defasamento, la loro somma risulta in una magnetizzazione trasversale pi`u piccola di M0.

Le componenti trasverse degli spin a diversi z sono rappresentate proiettate sul piano xy per illustrare il defasamento del segnale.

Invertendo la polarit`a del gradiente, a t0 = 0 si forma una eco (Fig. 2.16 (d)). L’inversione di Gz svolge lo stesso compito che, nella Spin Echo, `e rivestito dal-l’impulso π di rifocalizzazione; questa tecnica di recupero del segnale si chiama pertanto Gradient Echo.

2.5.1

La tecnica di Gradient Echo

Il defasamento tra gli spin indotto da gradienti pu`o essere compreso con argomenti analoghi a quelli utilizzati per spiegare la Spin Echo indotta da opportuni impulsi RF.

Un gradiente costante negativo (Gz = −G con G > 0) `e presente nell’intervallo (t1,t2); la fase accumulata dagli spin in posizione z all’istante t appartenente a tale intervallo `e

φG(z, t) = +γGz(t − t1) (2.21)

per t1 < t < t2.

Il secondo gradiente, applicato in (t3,t4) `e di segno opposto; la fase relativa accumulata rispetto a ˆy0 sar`a allora

φG(z, t) = +γGz(t2− t1) − γGz(t − t3) (2.22) per t3 < t < t4.

Il defasamento totale si annulla per

t2− t1 = t − t3 −→ t = t3+ t2− t1 = TE (2.23) L’annullamento della fase avviene nell’istante di tempo in cui le aree sottese ai due gradienti si compensano, ovvero quando il momento dei gradienti `e nullo (Fig. 2.17).

Figura 2.17: Nella tecnica di GRE, l’istante di Echo `e quello per cui l’area sottesa al secondo gradiente, fino a quel momento, eguaglia l’area sottesa al primo gradiente. Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging di Haacke E M et al.

Questo esperimento di GRE produce valori di k positivi e negativi per istanti simmetrici rispetto all’eco. Il segnale `e campionato solo in −(t4 − t3)/2 < t < (t4− t3)/2, vale a dire durante tutto e solo il secondo gradiente di rifocalizzazione; il primo gradiente ha solo funzione ausiliaria nella formazione dell’eco.

(41)

2.5.2

Esempi di sequenze di GRE

Nei due esempi chiave che seguono, si espone la successione temporale dei gra-dienti di Slice Selection, Phase Encoding e Frequency Encoding in un esperimento di MRI con Gradient Echo.

Primo esperimento

Figura 2.18: La sequenza `e relativa al primo esperimento Gradient Echo 2D. Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging di Haacke E M et al.

Il primo passo `e la slice selection; l’applicazione del gradiente lineare Gz dura per tutto il lasso di tempo τRF dell’impulso RF. La forma dell’impulso `e una sinc, ovvero ha il suo massimo a τRF/2; si considera questo istante come inizio effettivo dell’esperimento (t = 0). A partire da t = 0, Gz rimane acceso per un ulteriore lasso di tempo pari a τRF/2, inducendo un defasamento tra gli spin; tale defasamento viene compensato da un secondo gradiente lungo ˆz di pari durata e polarit`a inversa.

Una volta selezionata la fetta, si applica un gradiente Gy (le linee orizzontali rap-presentano la pendenza crescente a ogni ripetizione successiva).

Avendo spento Gy, rimane l’ultimo step di frequency encoding; tale passaggio ri-chiede l’applicazione di un gradiente lineare lungo ˆx. Se ci si limitasse ad applicare

(42)

un solo gradiente Gx centrato intorno a TE, si avrebbe un segnale da campionare molto piccolo, perch´e nel lasso di tempo tra la fine di Gy e TE, l’applicazione di Gx indurrebbe un defasamento notevole, e quindi una grande perdita di segnale. Scegliendo invece un primo gradiente negativo di area A e poi un secondo gra-diente positivo di area doppia centrato intorno a TE, si ottiene, nell’intervallo di campionamento, il massimo segnale possibile.

Secondo esperimento

La sequenza, riportata in Fig. 2.19, `e analoga alla precedente, ma in questo caso c’`e simultaneit`a tra l’applicazione del gradiente di rifocalizzazione in Gz,SS, del gradiente di phase encoding in Gy,P E e del gradiente di frequency encoding Gx,R. Questa simultaneit`a riduce il tempo di eco e migliora l’efficienza della sequenza.

Figura 2.19: La sequenza `e relativa al secondo esperimento Gradient Echo 2D. Immagine tratta da Magnetic Resonance Imaging di Haacke E M et al.

(43)

Capitolo 3

Arterial Spin Labeling ASL

L’oggetto di studio di questa tesi `e l’emodinamica cerebrale; nel prosieguo dell’e-laborato saranno utilizzati alcuni termini medici specifici, che `e utile introdurre in via preliminare prima di addentrarsi nella materia.

Encefalo [12]

Porzione anteriore del sistema nervoso centrale dei vertebrati, contenuta all’in-terno della scatola cranica e costituita da cervello, cervelletto e tronco encefalico. L’encefalo `e sede dei centri della sensibilit`a olfattiva, visiva, acustica, statica, nonch´e dei centri associativi, integrativi e dei centri superiori della corteccia ce-rebrale.

Sistema arterioso cerebrale [12]

Le arterie sono vasi sanguiferi che trasportano in senso centrifugo il sangue prove-niente dai ventricoli cardiaci; trasportano ossigeno e sostanze nutritizie ai tessuti (Fig. 3.1).

Figura 3.1: Rappresentazione delle principali arterie cerebrali tratta da Gray’s Ana-tomy for Students, di Gray D R L et al. 1) Anteriore Cerebrale, 2) Anteriore Comu-nicante, 3) Superiore Cerebellare, 4) Basilare, 5) Anteriore e Inferiore Cerebellare, 6) Posteriore e Inferiore Cerebellare, 7) Vertebrale, 8) Posteriore Cerebrale, 9) Posteriore Comunicante, 9) Mediana Cerebrale.

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