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2. A PARTIRE DAI CONTENUTI DELLO SPOT: L’INTERSEZIONE DE

2.6 Un quarto elemento tematico: il testimonial

2.6.3 Un esempio di utilizzo del testimonial

A partire dal 1999 la marca Danone Vitasnella ha centrato la propria comunicazione pubblicitaria sull’utilizzo di testimonial. Una prima fase – dal 1999 al 2002 – ha fatto perno sulla figura del ballerino Daniel Ezralow. Una seconda fase – dal 2003 al 2005 – si è invece centrata sulla bella showgirl Natasha Stefanenko. Tra le due fasi è occorso una brevissima parentesi con uno spot focalizzato sulla presenza dell’ex 007 Pierce Brosnam tra gli scaffali a banco frigo del supermercato: una testo davvero poco convincente, tutto focalizzato sull’attenzionalità del personaggio che – esattamente a conferma di quanto detto sopra – costituisce un vero e proprio modello inefficace nella misura in cui non è minimamente coerente né con i valori della marca né con la sceneggiatura narrativo-figurativa della proposta pubblicitaria.

Relativamente alle fasi “Ezralow” e “Stefanenko”, si tratta invece di due modalità assolutamente interessanti di costruire il personaggio e di agganciarlo alla marca. Trattandosi di due casi con tratti semiotici piuttosto differenti, verranno approfonditi separatamente.

Gli spot che hanno Daniel Ezralow come testimonial si caratterizzano innanzitutto – lapalissianamente – per la presenza di un uomo come protagonista. Questa nota non è del tutto marginale, infatti, considerando che il settore

merceologico di riferimento è quello degli yogurt light, tradizionalmente associati a consumatrici femminili. Ecco che la presenza di Ezralow, se da una parte può essere vista come tentativo di abbattere questa restrizione al consumo raffigurando un consumatore diverso (maschile), dall’altro è certamente qualcosa di più. Dobbiamo infatti rifuggire da una teorizzazione di semplice rispecchiamento tale per cui il target della comunicazione, così come il suo enunciatario (lettore modello) corrisponda univocamente al consumatore rappresentato. Ezralow è testimonial non tanto in ragione della sua proprietà semantica /uomo/, /maschio/, quanto in ragione del suo ruolo tematico di /ballerino/ e specificatamente di /ballerino atipico/, fortemente centrato su una filosofia di liberazione del corpo capace di veicolare /libertà/, /liberazione del corpo/ e soprattutto /armonia/ e /leggerezza/. La proprietà semantica resa saliente non è quindi affatto il gender e ciò su cui invece si gioca la significazione è il corpo del soggetto: non un corpo per come appare, ma un corpo per come è e per ciò che fa; in questo è un corpo-simbolo della marca.

Peraltro, lo si dica per inciso, ai tempi della comunicazione pubblicitaria in questione, Daniel Ezralow non era affatto conosciuto dal grande pubblico e la sua funzione pubblicitaria era più quella di vero e proprio emblema, “incarnazione” di valori del brand che di pura notorietà. Quindi, per riandare allo schema modellizzazione/identificazione, si tratta di una sorta di posizione mediana in cui il voler essere del soggetto enunciatario non dipende dalla notorietà del soggetto rappresentato, ma da sue caratteristiche/proprietà figurative peculiari che il testo (e la nostra cultura tutta) assiologizza positivamente: un corpo perfettamente armonioso nell’essere e nel fare.

Ezralow funziona semioticamente in modo molto più complesso di un semplice consumatore rappresentato; in altri termini assume una posizione attanziale sovrapponibile con quella dell’enunciatario, ma è “qualcosa di più”: c’è un vero e proprio eccedente che lo fa essere una concretizzazione (simbolica, convenzionale) corporea della personalità di Vitasnella. Gli spot che lo vedono protagonista sono comunicazioni in cui le immagini hanno un’alta carica simbolica in cui ciascun fotogramma (e il legame dinamico tra gli stessi) è funzionale alla resa del movimento, dell’equilibrio, della capacità di controllare il proprio corpo in modo armonioso, in immersione nella natura e in fusione con essa: un ritorno alla propria

essenza di soggetto senziente e auto-percepiente. Gli spot, nella parte semanticamente più densa, sembrano infatti una magnificazione della propriocettività.

Si tratta di pubblicità che non si limitano a informare sul prodotto, né offrono consigli più o meno pedagogici sul mantenimento della linea, ma mediante un corpo, da una parte (banale) esemplificano l’effetto del consumo di Danone Vitasnella, e dall’altra (meno banale) presentano la personalità stessa della marca. In tal senso Ezralow si sovrappone anche al polo dell’enunciatore del comunicato pubblicitario.

Ezralow è quindi il simbolo della marca, il cui carattere viene condensato in quello del personaggio – proprio come nei migliori esempi di testimonial i valori del brand attraverso assiologie del consumo di tipo utopico. Si produce un (felice) cortocircuito tra valori funzionali e valori esistenziali in cui la leggerezza e l’armonia della ricetta/prodotto comportano la completezza dello stesso e risultano in leggerezza e armonia di chi lo consuma.

In altri termini l’originalità dell’uso del testimonial consiste in questo caso nel fatto che si tratta di una comunicazione che sa parlare (soprattutto) alle donne – target inevitabilmente primario del segmento merceologico – non attraverso una voce diretta di donna o la proposta esplicita di un modello femminile (visto e stravisto), ma mediante un richiamo polisensoriale (immagini-vista / musica-udito) di valori coerenti con il sentire di donna, con l’enciclopedia (razionale ed emotiva) e con le prensioni tipiche di un enunciatario donna.

Gli spot con Natasha Stefanenko funzionano in modo totalmente diverso. Si tratta di comunicazioni referenziali56 , con una narratività esplicitamente figurativizzata e fortemente virate sulle caratteristiche del prodotto. In esse Natasha è rappresentata come una dei personaggi di un vero e proprio racconto che mette in scena il consumo del prodotto (risposta alla fame, bisogno di nutrirsi + desiderio di leggerezza). I toni sono quelli della chiacchiera confidenziale tra amiche: la testimonial è la donna che ne sa più delle altre e ha sempre la soluzione al problema; “aprite gli occhi!” esorta la ragazza, Vitasnella si pone come soluzione

greimasianamente mitica capace di conciliare gli opposti: non gustosa ma pesante o leggerezza senza gusto, ma leggera con gusto.

Ecco che la scelta della Stefanenko come testimonial è primariamente la scelta di una bella donna, un corpo bello da vedere, anche se non sono del tutto narcotizzate le sue proprietà di simpatia e accessibilità al grande pubblico. Qui la notorietà gioca un ruolo fondamentale e la funzione di endorser è magnificata. Infatti, il consiglio è credibile in quanto la rappresentazione del consumo risulta in un effetto “bello da vedere” sotto gli occhi di tutti.

Con Ezralow la donna era richiamata come enunciatario ma non rappresentata: una donna vitale, in armonia con se stessa, il mondo e gli altri; un modello fondato sull’essere (vs sembrare) che vuole e può sentirsi giovane senza apparire (falsamente) giovanile. In questo contesto il lettore modello è modalizzato secondo il

voler e poter sapere: un consumatore esigente e consapevole attento all’ascolto di sé. Fa da sponda l’immagine risultante di Vitasnella un cibo-linfa, cibo olistico per il corpo-mente, in cui nutrirsi altro non è che dare attenzione al proprio corpo.

Viceversa, con Stefanenko la donna è pienamente rappresentata dentro l’enunciato: una donna tra donne, giovane, bella magra, in qualche misura ossessivamente preoccupata dalla linea. Qui il tema della magrezza/snellezza diventa cogente e Vitasnella è proposta come oggetto di valore funzionale al congiungimento con tale valore di base. Un posizionamento flochianamente pratico. In questo contesto il cibo è visto come “nemico” che va contenuto e la configurazione discorsiva principale è quella del controllo e della mediazione. La testimonial emerge come soggetto del sapere che istruisce le altre donne rappresentate e – soprattutto – l’enunciatario.

2.7 Ancora sul piano del contenuto: verso le valorizzazioni.