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3. PER TORNARE ALLA SOSTANZA ESPRESSIVA: SINCRETISMI,

3.1 Premessa: la forma testuale spot

Un punto di osservazione ineludibile per chi intende analizzare in profondità lo spot pubblicitario quale specifica forma testuale anche sotto una specifica prospettiva

marketing oriented quale è quella presentata in questa tesi, è costituito dall’esame della manifestazione espressiva a partire dal sincretismo che lo compone e lo fonda, differenziandolo, ad esempio, da altre forme pubblicitarie.

Troppo spesso, ci sembra, l’analisi degli spot viene affrontata sotto profili eminentemente narrativi e contenutistici che trascurano completamente il portato di manifestazione – audiovisiva appunto – degli stessi, trascurando evidentemente anche buona parte degli effetti di senso che derivano proprio dalla manifestazione stessa, dai problemi di formato inteso sia come “messa in forma” sia come scelta delle specifiche sostanze espressive, mai indifferenti nella significazione complessiva. Tutto ciò ci pare vero alla luce delle ottime puntualizzazioni di Pierluigi Cervelli (2008)63 sul lavoro di Jean-Marie Floch e sul continuo cortocircuito semisimbolico tra identità visiva e identità narrativa che non può che darsi sotto forma di un continuo andirivieni tra effetti di senso derivanti dal piano dall’organizzazione del piano dell’espressione ed effetti intrinsecamente legati alla forma del contenuto.

Ha ragione Cosetta Saba (2006:161):

non si condivide, dunque, l’assunto teorico secondo il quale il livello di manifestazione dei testi, le superfici testuali, le diverse sostanze dell’espressione di cui esse si compongono, non debbano essere considerate, perché ciò che conta è il contenuto, il “discorso” che le trascenderebbe. Del resto, uno stesso contenuto, lo stesso discorso non è più propriamente lo stesso se mutano la sostanza o la materia dell’espressione che lo porta. Il testo audiovisivo non solo veicola i processi comunicativi, ma è anche il luogo della produzione di discorsi che sub specie semiotica narrano e argomentano, in

modo complesso, attraverso procedure di “messa in forma” […] che pervengono ai piani dell’espressione e del contenuto del linguaggio, i quali appunto hanno una manifestazione audiovisiva. È pur sempre da una tale manifestazione, e, quindi in particolare dalla “lettura” della superficie espressiva del testo che si deve procedere per poterne interpretare i contenuti.

Anche e soprattutto dal piano espressivo, prosegue Saba e noi con lei, passa la forza pragmatica, cioè la capacità di agire e far agire.

Approcciandoci al problema del testo pubblicitario audiovisivo a partire da una disamina sulla manifestazione espressiva , riusciamo a comprendere quanto il fenomeno pubblicitario sia interessante anche perché esso di volta in volta esso specifica e precisa la propria funzione comunicativo-persuasiva in forme testuali differenti (spot, annunci-stampa, comunicati radio, ecc.). A livello di planning

strategico, la scelta di pubblicizzare attraverso un “mezzo” (ad esempio la televisione) piuttosto che un altro (radio, stampa, affissioni ambientali, banner web, ecc.) è in primo luogo una scelta di sostanze espressive, di unione di tali sostanze in “linguaggi”, di collocazione di tali linguaggi in spazi-tempi precisi, caratterizzati da una qualche forma di flusso percettivo: i media. Tale insieme di scelte riguardanti in apparenza il solo piano dei significanti, di fatto ha come risultato determinati effetti sul piano dei significati esprimibili: il tipo di sincretismo utilizzato condizionerà le possibilità di esprimere certi contenuti. Del resto la “logica del mezzo” è una delle componenti che origina la creolizzazione che produce lo spot, come abbiamo detto all’inizio del capitolo 2. La stessa gestione del cosiddetto mix comunicazionale discende fortemente dalle potenzialità intrinseche al sincretismo utilizzato da ciascuna testualità pubblicitaria, oltre che, evidentemente, dalla scelta di pianificare su un mezzo piuttosto che un altro per poter raggiungere il proprio target nella maniera più efficiente possibile.

La specificità dello spot può abbastanza intuitivamente essere riassunta in una formula: una forma breve di comunicazione audiovisiva pragmaticamente finalizzata a promuovere/valorizzare qualcosa (un bene/servizio, un brand, una corporate) e a

Questa definizione preliminare pone implicitamente lo spot all’interno di tre insiemi testuali e discorsivi. È bene elencarli dall’ultimo al primo, per andare a vedere in un secondo momento come all’interno di essi lo spot si posizioni in modo differenziale e distintivo.

1. Lo spot si inserisce, come abbiamo già detto, all’interno del complesso

fenomeno pubblicitario, cioè all’interno di quell’insieme testuale intenzionalmente creato a scopi persuasivo-manipolatori (far fare/acquistare) e più ampiamente a scopi valorizzanti (far volere, esplicitare il desiderio, far valere l’oggetto)64. Tali testi hanno una natura parassitaria: sono testi sempre “ospiti” (Volli 2003) e interstiziali (Ferraro 1999) che si appoggiano su – interrompendoli – altri testi. La situazione inglobante all’interno della quale si colloca lo spot pertiene all’ideologia/assiologia commerciale: la capacità di soddisfare tale “finalità esterna” è una delle dimensioni con cui viene prodotto e giudicato il testo pubblicitario. All’interno di questo sistema, lo spot si caratterizza in ragione delle proprie complesse modalità espressive – il sincretismo audiovisivo – che lo rendono da sempre il mezzo pubblicitario privilegiato e collateralmente più prezioso (e non a caso è il più costoso).

2. Lo spot si inserisce infatti all’interno dell’insieme di testualità

audiovisive. In questo contesto, lo spot pubblicitario va quindi analizzato a partire dalla sua costituzione sincretica (in primis audio/visiva): per fare ciò, occorre riferirsi primariamente alle teorie del cinema, che dell’audiovisivo come genere testuale costituisce il prototipo, la forma a quo, a partire dalla quale le altre sembrano derivate sostanzialmente per opera discorsiva di condensazione,

64 Sul passaggio da una concezione della pubblicità come far fare (acquistare, pubblicità finalizzata

all’aumento diretto delle vendite) a una concezione più ampia e meno restrittiva della pubblicità come

far volere (creare il desiderio o capire i desideri impliciti ed esplicitarli attraverso la capacità esplicitamente narrativa del linguaggio pubblicitario) cfr. Ferraro 1999: 79-90. Cfr. anche Melchiorri 2001: 111, 112 e Zannin 2003a: 7-13. Il passaggio ci sembra inoltre vicino al riscontro di una tendenza sociosemiotica in direzione di una logica del contratto (Landowski 1989: 135-151 trad. it.).

riduzione, torsione delle forme. Michel Chion (1990) parla specificatamente di audiovisione come una forma di comprensione semantica che dona spessore testuale, nella misura in cui è necessariamente più della semplice somma di una visione e di un ascolto.

3. La terza caratteristica pone lo spot all’interno di un sottoinsieme del secondo sistema: lo spot è una forma audiovisiva breve (proprio anche in quanto “parassita”, “ospite”), in questo senso vicina al trailer, al promo e al videoclip. Questo insieme si trova quindi costituito da testi brevi, “icone dense” (Pezzini 2002, 2005) che pongono in primo piano le questioni riguardanti la forma e la sostanza espressiva: la loro analisi non può appuntarsi esclusivamente sulle forme del contenuto (tipicamente “i valori in gioco”), ma dovrà farsi carico di tutto quell’eccedente di significazione – o come dice Greimas di quel “significato secondo” – che deriva proprio plasticamente dalle specifiche forme e sostanze dell’espressione utilizzata. Cosa non nuova in semiotica, ma certamente qui più cogente, a essere interessante sarà la relazione tra le forme di un piano e quelle dell’altro. Inoltre, necessariamente in modo circolare, la differenza tra lo spot e le altre forme brevi potrà essere ricercata anche rifacendosi al punto 1. , vale a dire alla specifica attualizzazione – per rappresentazione o costruzione che dir si voglia – del fenomeno sociosemiotico della pubblicità e del consumo operata dallo spot.

Accantoniamo il punto 1., in qualche misura già trattato nel capitolo precedente, in quanto appare più direttamente connesso all’esame delle forme del contenuto e contemporaneamente aperto a pieghe sociosemiotiche che in questa fase di ricognizione formale ci porterebbero troppo lontano. Ci dedichiamo invece primariamente alla questione audiovisiva e a una sua successiva precisazione all’interno della forma breve.