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L’esperienza critica del giurista

Se è vero che la vita emula l’arte più di quanto questa non faccia con la vita dovremmo pensare che il diritto intenda esplorare attraverso la narrativa un mezzo di costituzione della realtà. La narrativa ha la capacità di plasmare il quotidiano, anche solo quando si parla di un esercizio di fantasia, lo racconta – e in alcuni casi persino lo anticipa – riuscendo a dargli consistenza. Il processo per il quale improvvisamente avviene il sovrapporsi tra la narrativa e la realtà spesso risulta inaspettato, non pronosticabile, quasi uno shock. Questa condivisione di storie non è solo

72 Martha C. Nussbaum, Il giudizio del poeta. Immaginazione letteraria e vita civile, trad. Giovanna Bettini, Milano, Feltrinelli Editore, 1996, pag. 27.

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utile quindi alla creazione di una comunità culturale, ma anche importante per la formazione stessa della legge, come lo sono i precedenti in diritto.

Questa è forse l’opportunità più ovvia che viene offerta, ma non mi sento di disdegnare la presenza di un elemento di comprensione: il giurista grazie al romanzo indossa le vesti del critico. Qui possiamo individuare un punto centrale di tutto il nostro discorso, ovvero capire come il giurista possa adattarsi a una posizione molto meno rigida e controllata.

Bisogna sottolineare che non siamo di fronte a un lector in fabula, ma a un lettore in carne ed ossa che in questo caso è il giurista che si avvicina alla Law and Literature. A questo punto della riflessione dovremmo soffermarci sul significato di lettore in carne ed ossa, colui che «mentre legge continua a vivere»73: un soggetto in balia di passioni e desideri, che deve sottostare agli obblighi e alle urgenze quotidiane di cui è fatta la sua, ma direi la nostra quotidianità. Abbiamo ben parlato delle ricadute positive sulla riflessione giuridica di questo connubio, ma mi sento obbligata a dover dire che in primis il giurista si confronterà alla narrazione come uomo, quindi vi cercherà le tracce prima di una realtà conosciuta per confrontarsi poi con la parte ignota, per imparare a decifrarla e affrontarla. È indispensabile sottolinearlo perché troppo si lascia da parte la componente umana: l’esercizio compiuto dalla Law and Literature è sterile senza una messa in discussione della propria umanità. D’altronde il compito affidato al romanzo è inutile se il giurista non si lascia guidare. È necessario abbandonare le certezze legittimate da un sistema conosciuto, verso le possibilità verosimili dove la narrativa crea una dialettica tra ciò che si attendeva e ciò che è stato74. Bisogna vedere il giurista come un lettore, come un fruitore dell’immaginazione letteraria, come un possibile critico, ma per prima cosa come un uomo.

Non è un’ovvietà volere sottolineare questo dato ai fini delle ricerche di Diritto e Letteratura perché concentrarsi su questa componente è la vera

73 Massimo Onofri, La ragione in contumacia. La critica militante ai tempi del fondamentalismo, Roma, Donzelli, 2007, pag. 6.

74 Jerome Bruner, La fabbrica delle storie. Diritto, Letteratura, vita, trad. da Mario Carpitella, Bari, Editori Laterza, 2002, pagg. 16-17.

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variabile da tenere in considerazione. Se Booth75 ritiene che l’atto di leggere diventi eticamente rilevante sia nell’astrazione sia nel confrontare la propria esperienza e quella di altri lettori, tanto da poterci immergere nell’attività immaginativa e di metterla in relazione con un’analisi critica76, questo potrebbe essere inficiato dalla reticenza del giurista. Il nostro lettore che vive, in questo caso esperto di diritto, si porta dietro il suo bagaglio di conoscenze e nozioni, che in molti casi possono condizionare le sue considerazioni. La reticenza di cui parlavo potrebbe portarlo a trincerarsi dietro una presunta obiettività, struttura nemica e controproducente. Abbiamo visto come infatti nel campo del Diritto e Letteratura in realtà questa sia una tentazione in cui frequentemente si scivola, la rassicurante certezza di cercare nel testo esclusivamente quegli elementi neutri. Dimenticando però che

Le storie, infine, forniscono modelli del mondo, e anche questa è una delle intuizioni che tutti nel nostro intimo conosciamo. I casi giudiziari del passato sono intesi a modellare la giurisprudenza attuale in quanto precedenti. […] Col tempo, la condivisione delle storie comuni crea una comunità d’interpretazione, cosa di grande momento non solo per la coesione culturale in genere, ma in particolare per la creazione di un compresso di leggi – il corpus iuris.77

Il giurista rischia di cadere nel tranello di svuotare il testo di contenuti umanistici, eliminando il biografico, gli elementi etici e autoriali. Potrebbe diventare molto simile a uno degli scienziati della letteratura78, interessato però qui non a far dialogare il testo con altri testi, ma piuttosto il testo col codice, con le norme a lui familiari e non andando oltre. Per questo è così importante la presenza di tutti gli elementi di cui ci siamo occupati: la scelta della narrativa acquista pieno valore nelle caratteristiche delineate solo se il

75 Wayne C. Booth, The company We Keep: An ethics of Fiction, Berkeley e Los Angeles, University of California Press, 1988, pagg.70-77.

76 Martha Nussbaum usa il discorso i Booth, che invece si riferisce a tutte le forme di narrazione, come argomentazione per l’uso specifico del romanzo in Martha C. Nussbaum, Il giudizio del poeta. Immaginazione letteraria e vita civile, trad. Giovanna Bettini, Milano, Feltrinelli Editore, 1996, pag. 27.

77 Jerome Bruner, La fabbrica delle storie. Diritto, Letteratura, vita, tradotto da Mario Carpitella, Bari, Editori Laterza, 2002, pagg. 28-29.

78 Sul tema Massimo Onofri, La ragione in contumacia. La critica militante ai tempi del fondamentalismo, Roma, Donzelli, 2007, pag. 13 e segg.

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giurista compie lo sforzo di immaginazione da lettore in carne ed ossa e non da teorico del diritto. Solo in questo modo potrà avere pieno accesso al testo, avere il coinvolgimento emotivo che gli consenta di vedere la società sotto un’altra prospettiva. In questo modo il giurista potrebbe riuscire ad ottenere gli obiettivi auspicati nella nostra dissertazione.

Bisogna però domandarci cosa intendiamo per apporto critico del giurista quando ci riferiamo ai testi di Law and Literature e quale uso della critica letteraria si evince in essi. Nello specifico siamo interessati al caso in cui il nostro giurista non si fermi semplicemente alla lettura come azione intima ed esclusiva, ma voglia condividere il processo di immaginazione che ne è scaturito e le sue considerazioni. Questo ha sicuramente un’influenza nella sua visione e azione nel quotidiano, ma lo porta anche a far partecipe delle sue riflessioni con mezzi retorici e argomentazioni diventando a suo modo studioso, non solo del diritto, ma anche dell’opera da cui attinge. In alcuni casi le opere di Law and Literature possono essere concepite da quello che Onofri chiama scrittore-lettore79, il critico, che è in questo caso uno scrittore-lettore-giurista. L’azione del critico che «trova, o ritrova, dentro di sé, ciò che esiste già»80, inventa, si ingegna per la conquista di un qualcosa, implica però una presa di posizione e un processo nel rispetto dell’opera, ma anche della società. A questo aggiungiamo, parafrasando Compagnon81, che se sicuramente il testo ci parla di mondo, punto su cui abbiamo voluto concentrarci, la letteratura ci parla anche di letteratura. Se si vuole quindi andare oltre e compiere una vera riflessione critica sull’opera d’arte non si può prescindere da una conoscenza approfondita di questa e della sua critica letteraria per avere un completo quadro d’insieme.

Si è molto parlato di fare autocritica e critica attraverso la letteratura per il diritto, ma questo obiettivo lo si è raggiunto non solo con modalità differenti, seppur abbiamo potuto isolare degli elementi comuni, ma soprattutto con risultati discordanti. Pur essendo evidente una sincera messa

79 Ivi, pag. 84 e segg.

80 Ibidem.

81 Antoine Compagnon, Il demone della teoria, trad. di Monica Guerra, Torino, Einaudi, 2000.

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in discussione giuridica, il cui valore aumenta nei casi in cui lo sforzo di immaginazione è effettivo e profondo, sono più rari i casi in cui le ricerche di Law and Literature nobilitano anche le opere di cui si servono: l’opera si tratta con riguardo e ammirazione, ma spesso il tema giuridico la fa perdere di vista. Sono sorprendenti i risultati che invece si possono ottenere quando il giurista riesce nel suo approfondimento a far coesistere il soggetto di giurisprudenza con l’opera e a diventare non solo un critico di sé stesso, ma un critico letterario82.

Conclusioni

La Law and Literature è una materia di recente riconoscimento il cui studio presentava le difficoltà di un argomento poco esplorato. In primis sono rari i testi a cui riferirsi per avere un’idea precisa dello stato dell’arte, le principali correnti di pensiero e un approfondimento teorico sulle scelte metodologiche compiute. In secundis è stato doveroso basarsi in questa ricerca soprattutto su testi americani, che usano come riferimento il sistema di common law, e in linea di massima stranieri. Ho potuto constatare che quello che inizialmente sembrava un limite, anche legato indubbiamente ai riferimenti terminologici, si è rivelato la ricchezza di questo lavoro. Ho quindi volutamente preferito presentare la varietà metodologica maturata dagli studi internazionali e tralasciare in questa parte iniziale le più recenti ricerche italiane, che potevano essere ben inserite nelle tipologie delineate. Nelle categorie che ho potuto analizzare, seguendo la classificazione di Heald83, mi sono particolarmente soffermata sulla Law and Literature as

Language, tra cui i The Legal Rhetoricians hanno teorizzato interessanti,

seppur per alcuni aspetti criticabili, usi della letteratura per i fini della retorica giuridica, e sulla Law as Ethical Discourse la cui sistematica meglio valorizza il connubio tra materie.

82 Consiglio sul tema François Ost, Raconter la loi, Parigi, Odile Jacob, 2004.

83 Paul J. Head, Guide to Law and Literature for Teachers, Students, and Researchers, Companion text to Literature and Legal Problem Solving: Law and Literature as Ethical Discourse, Durham, Carolina Academic Press, 1998.

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L’elencazione delle peculiarità e dei metodi ha permesso di ragionare sui motivi a monte del fiorire del fenomeno: seppur infatti si figurasse una crisi del diritto sia italiana sia mondiale, era centrale isolarne i fattori sociali e culturali. La crisi dell’ideologia democratica alla base delle nostre Costituzioni moderne deve confrontarsi infatti con la potenza della ragione economica. Un capitalismo prepotente capace di influenzare, insieme ai mutamenti portati dalle nuove tecnologie che modificano la definizione di io e di relazioni, gli equilibri sociali e con essi il diritto. Sotto questa luce la ricerca della Law and Literature prende la dimensione di alternativa a questi nuovi poteri che influenzano il diritto e lo rendono obsoleto. Nella letteratura si cerca di ritrovare l’aderenza con la realtà che la legge deve rappresentare.

Il metodo che meglio permette di raggiungere questo risultato, facendo ritrovare al diritto una dimensione viva, è quello della Law as

Ethical Discourse sia perché si pone obiettivi etici necessari in questo

momento di perdita di identità, sia per i metodi scelti. Il valore di questo tipo di studi è mettere in risalto elementi presenti nella maggior parte delle pubblicazioni di Law and Literature. Secondo questi il fulcro dell’approccio del giurista al testo risiede nell’utilizzare l’immaginazione letteraria, capace di metterlo in contatto con la società che lo circonda. Questo processo viene innestato da una narrazione, letteraria, ma non solo: si chiede un processo di coinvolgimento emozionale tale da comprendere le differenti possibilità in tutta la loro complessità. Il processo non richiede di compromettere l’indipendenza del diritto, ma di aprirsi alla società e ridefinirsi.

Il cammino non è naturalmente facile, pur identificando il giurista come un lettore, non bisogna dimenticare le pressioni e le sovrastrutture che possono condizionare il suo approccio, di frequente limitato anche dalla sua formazione. Il rischio di cercare riferimenti giuridici con i paraocchi è sempre in agguato. Se si supera questo limite il risultato può essere di vero arricchimento, in una riscoperta del diritto come materia umanistica, e una valida alternativa a studi che invece vogliono indirizzare la legge verso argomenti più razionali come la Law and Economics.

Su queste basi intendo avvicinarmi alle opere di narrativa di Salvatore Satta e Salvatore Mannuzzu che affrontano il tema del diritto. Qui gli autori

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sono dei giuristi che scrivono, che narrano di realtà in cui il diritto è parte integrante della società e che descrivo gli ambienti della giustizia. Alcuni dei personaggi dei romanzi sono anche giuristi, ma rappresentati prima di tutto nella loro umanità e attraverso questa passa il loro rapporto con la legge. L’obiettivo che ci si propone è di analizzare senza filtri la verità del giurista in carne ed ossa. La scelta degli autori ci consentirà inoltre di approfondire una buona parte del Novecento fino a quasi ai giorni nostri, vedere come è cambiato il giurista in un periodo che abbiamo già visto essere denso di mutamenti. Altro elemento di continuità è l’ambientazione che permetterà un esame della società sarda e del suo rapporto con la giustizia.

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