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La famiglia e Il giorno del giudizio.

Fino ad ora si è cercato di delineare il percorso del giurista Satta e di far capire in quale contesto nascono le sue opere letterarie. I due cammini non sono da vedere come disgiunti, ma come intrecciati. Satta anche nei testi giuridici mantiene le caratteristiche della sua prosa, non si irrigidisce dietro ai possibili limiti della terminologia specifica, anzi è capace di arricchirla e darle una nuova scorrevolezza. La sua vocazione letteraria, seppur non esposta, era sotto gli occhi di tutti, tanto da meritarsi l’appellativo di poeta da parte del maestro Capograssi. Ancora più lampante è la scelta dei temi: il giurista così concentrato sulla difesa e valorizzazione di un diritto vivo, rappresentativo della realtà e non intenzionato a sottometterla alle sue norme, è lo stesso scrittore fortemente influenzato dalla vita nella scelta dei temi letterari. Come abbiamo avuto modo di vedere sia La Veranda che il progetto di Caino riportano ad esperienze vissute dal giurista, che passa da un romanzo con alcuni elementi autobiografici a iniziare a scrivere un testo che si presenta dalla sinossi come totalmente autobiografico.

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Non è un caso che Il giorno del giudizio sia un’opera interamente incentrata sulla Nuoro della sua infanzia, i suoi abitanti e la sua famiglia. Il romanzo è la rievocazione della Nuoro dei primi dei Novecento raccontata da un narratore onnisciente, il Satta adulto. Lo scrittore richiama dalla tomba i membri della sua famiglia, per raccontare le dinamiche del rapporto genitoriale, il fratello avvocato Filippo e lo stretto circolo che lavorava per la famiglia. Oltre a questo però ricrea nella sua interezza storica e antropologica la società nuorese, ripercorre la sua nascita e la storia della curia, le sue zone caratterizzate da nette divisioni di classe sociale. Parla delle tradizioni e dei luoghi, ma soprattutto parla dei suoi abitanti, di cui dipinge una ricostruzione delle loro particolarità, vizi e debolezze, in una maniera vivida e quasi brutale, analizza le loro interazioni e rapporti consegnandoci una perfetta fotografia della città in cui è cresciuto.

Satta si avventura in questa esperienza che riporta alla memoria gioie e dolori del suo passato in un preciso momento, di cui annota persino data e luogo: Fregene, 25 luglio 1970 alle diciotto, così data il manoscritto contente Il giorno del giudizio. Satta attraversa un periodo di riflessione, come dimostra la corrispondenza con Bernardo Albanese, professore di Diritto romano dell’Università di Palermo, sia sulla carriera universitaria sia sulla vita. Sembra che quella solitudine che ha tanto perseguitato la sua vita intellettuale diventi per lui sempre più insopportabile, rendendogli pesante l’insegnamento, ma soprattutto gli faccia mettere in discussione le sue certezze. È un periodo di meditazione sulla morte che sente avvicinarsi, e sulla fede che sente sempre più venir meno, in cui ha difficoltà a trovare conforto. Scrive a Albanese il 26 marzo del 1969

e sono il figlio che sta male, il padre che è morto, la casa che va in rovina, l’anima che si perde – e il treno gli parte davanti agli occhi, assolutamente indifferente, insensibile al «vuoto» del ritardativo parte e quel che è peggio arriva dove deve arrivare. Non è Milano, non è Torino, non è Palermo, è un kafkiano paese, che non è però meno reale, perché è la meta che non ci appartiene, e che si raggiunge sempre senza di noi.142

142 Lettera di Salvatore Satta ad Albanese del 26 marzo 1969 riportata in Vanna Gazzola Stacchini, Come in un giudizio. Vita di Salvatore Satta, Roma, Donzelli, 2002, pag. 75.

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Satta sente l’avvicinarsi della fine. D’altronde sono gli anni in cui a distanza di poco tempo seppellisce gli ultimi tre fratelli: Angelo nel 1969 a Genova, Filippo nel luglio dello stesso anno e infine Francesco nel maggio del 1972143. Proprio il fratello Filippo, celibe e di simpatie comuniste, decise di lasciare la casa dei Satta a Nuoro in eredità ad opere pie religiose. Sicuramente queste perdite e l’essere rimasto l’unico superstite della sua famiglia d’origine generano in Satta il riacuirsi dei fantasmi del passato. Neanche il matrimonio dei figli e la nascita dei nipoti sembrano dargli conforto: è come posseduto da un male interno che non lo abbandona. In questo stato d’animo si abbandona alla scrittura di quello che sarà il suo capolavoro. All’amico Albanese nella lettera del 16 luglio del 1970 scrive

Nello scrivere le memori di cui Le ho detto (un’impresa assai ardua, alla quale rinuncerei se si trattasse solo di scrivere un libro) sono ad ogni riga alle prese col mistero. Questa gente che vive ed opera, bene o male che sia, e poi muore e si comporta come se Dio non esistesse, è l’incarnazione del mistero. Ma scrivo senza pensare, come viene proprio nel senso letterale: come viene il passato a me e io a me stesso.144

Torna il tema del mistero, che anche in questo caso possiamo dire processuale, visto che il giurista si trova ad essere il giudicato e il giudice, ma anche il narratore onnisciente, a tratti titubante sulla capacità del suo scrivere, di poter resuscitare i ricordi del suo passato. Infatti, insieme ai personaggi che hanno animato la sua infanzia e ai componenti della sua famiglia si trova anche Satta, non solo nella sua vulnerabilità di osservatore bambino, ma anche dell’adulto obbligato a rivivere la storia della sua famiglia.

L’elemento familiare è centrale nel romanzo, come lo è nella vita di Satta. Il diritto è per lui prima che la vocazione, una parte della famiglia, con un padre votato al notariato e alle norme, che detta le leggi della famiglia e a cui è costretta a soccombere la madre. Non stupisce quindi questo elemento di giudizio nel romanzo, come neanche il poter trovare in

143 Ugo Collu con la collaborazione di Elisa Careddu, La scrittura come riscatto. Introduzione a Salvatore Satta, Cagliari, Edizioni della Torre, 2002, pag. 34.

144 Lettera di Salvatore Satta ad Albanese del 29 luglio del 1970 riportata in Vanna Gazzola Stacchini, Come in un giudizio. Vita di Salvatore Satta, Roma, Donzelli, 2002, pag. 83.

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esso i fili del sistema giuridico vigente a Nuoro e di cui ci si occuperà in seguito. Bisogna sottolineare come il fantasma della famiglia d’origine perseguiti il giurista nell’età adulta, soprattutto nel ricordo di quella madre schiacciata e infelice.

Satta riuscirà nell’obiettivo di creare un’unione felice con Laura Boschian, complice capace di placare le paure che lo agitavano. Come abbiamo visto nella lettera tra i due in cui Satta menziona il progetto di Caino è la figura di Laura a pacificare il dolore del ricordo materno. A testimonianza della felicità dell’unione tra la slavista Boschian e il giurista Satta sono stati recentemente pubblicati Padrigali mattutini145 e Mia

indissolubile compagna146: la prima una raccolta di versi dedicati all’amata in occasione del distacco mattutino, la seconda la corrispondenza che è intercorsa tra i due tra il 1938 e il 1971. Soprattutto la seconda, ampiamente citata in questo testo, ci dà accesso a un Satta privato, vulnerabile e innamorato. Quello che il giorno dell’incontro tra i due si espone dichiarando «Perché potrei innamorarmi di lei e non voglio pasticci»147.

Da questo profilo intellettuale di Satta penso si possa evincere la complessità dell’uomo, appassionato e coinvolto nei suoi interessi tanto da essere disposto a sperimentare delusione e isolamento a causa di essi, ma anche testardo e fedele a sé stesso. Probabilmente le tante battaglie che dovette combattere per difende la sua visione del diritto, ma anche le sue opere di narrativa furono la ragione della tanta stanchezza che dimostrò alla fine della sua vita. L’impressione che si ha dalla lettura de Il giorno del

giudizio è proprio l’irrequietezza di una mente brillante di fronte al peso del

passato. Satta morì nel 1974 a causa di un tumore al cervello. La sua fortuna come narratore sarà postuma: Il giorno del giudizio sarà pubblicato da Cedam nel 1977, seguito due anni dopo dall’edizione di Adelphi con cui ottenne un enorme successo nazionale e internazionale. La fortuna di questa opera porta Adelphi a ripubblicare De profundis nel 1980 e a pubblicare La

145 Salvatore Satta, Padrigali Mattutini, con nota introduttiva di Valerio Magrelli, Nuoro, Ilisso, 2015.

146 Salvatore Satta, La mia indissolubile compagna. Lettera a Laura Boschian 1938-1971, a cura di Angela Guiso, Nuoro, Ilisso, 2017.

147 Saluto di Ignazio Satta e memoria di Laura Boschian, in Aa.Vv., Salvatore Satta. L’impegno civile di una vita, a cura di Ugo Collu, Nuoro, Edizioni il Maestrale, 2018, pag.126.

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Veranda nel 1981. La pubblicazione de Il giorno del giudizio, come delle

altre opere inedite è merito dell’impegno della famiglia e soprattutto di Laura Boschian che si impegnò nella ricerca del materiale tra le carte di Satta.