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Recupero e riqualificazione

2.3 Esperienze analoghe in Italia ed all’estero

Sono numerose le esperienze italiane ed internazionali in cui al recupero edilizio di aree industriali dismesse si è associata la realizzazione di nuovi elementi di aggregazione, quali parchi pubblici, poli culturali, aree espositive, musei, etc.

Grandi architetti sono stati chiamati a progettare e mettere in luce l’anima e la storia di questi luoghi ma il successo della riqualificazione di queste aree dipende fortemente dal grado di integrazione con la città e dalla capacità di creare un indotto turistico, culturale, economico e sociale.

Forse il più straordinario esempio di riconversione in sede museale di un edificio di archeologia industriale resta il Museo della Centrale Montemartini, secondo polo

espositivo dei Musei Capitolini a Roma26, ma si possono citare molti altri felici esempi a

sostegno di un nuovo progetto in tale direzione.

Fra questi si ricorda il MUDEC, Museo delle Culture di Milano, un polo multidisciplinare dedicato alle diverse testimonianze e culture del mondo, sede espositiva delle civiche raccolte etnografiche; sebbene sia ospitato in un edificio di nuova costruzione, sorge all’interno della ex area industriale dell’Ansaldo, storico stabilimento elettromeccanico

situato nel cuore del quartiere Tortona27. Interessante è il fatto che il museo sia nato

su impulso del comune di Milano che nel 1990 acquistò l’intera area con vincolo di utilizzo a servizi culturali. Oggi, oltre al MUDEC, vi sono ospitate le officine scenografiche del Teatro alla Scala, il progetto O.C.A. (Officine Creative Ansaldo, un laboratorio urbano aperto alle associazioni cittadine), lo spazio BASE (nuovo polo

culturale creativo) nonché manifestazioni ed attività culturali28. Tale processo mostra

le incredibili potenzialità delle strutture produttive dismesse, che rappresentano una notevole risorsa per progetti che influiscono positivamente sulla scena urbana.

Sebbene il contesto sociale, culturale ed economico di una città come Milano difficilmente possa essere paragonato alla piccola realtà del Comune di Santo Stefano,

26 Per approfondimenti si veda BERTOLETTI M., CIMA M., TALAMO E. 2006. 27 ANTONINI A., ORSINI C. 2015, p.21.

28

l’idea di base si presta al confronto, infatti sono indubbie le affinità con il progetto N.O.V.A che si è posto le medesime finalità.

Un altro esempio, che si rivela particolarmente importante per le valutazioni necessarie a questo progetto, è il Museo del Patrimonio Industriale di Bologna che sorge in una delle più grandi fornaci per la produzione di laterizi della seconda metà dell’80029.

Il museo documenta, visualizza e divulga la storia economico-produttiva della città e del territorio. Al di là dell’importanza di un così valido esempio di riconversione in sede museale di un apparato industriale, pare opportuno in questa sede sottolineare la sua forte connotazione divulgativa, connotazione che anche il nostro progetto intende sposare. L’attività didattica infatti è uno degli obiettivi primari del museo di Bologna, che fin dalla sua origine ha sempre riservato una particolare attenzione al mondo della

scuola e in generale all’aspetto formativo e didattico30. Sono presenti numerosissimi

percorsi interattivi, in cui la partecipazione attiva dell’utente gioca un ruolo

fondamentale31.

Il nostro progetto prevede una continuità tematica tra passato e presente, tra quanto si produceva in questo luogo e quello che vi si vuole oggi esporre: l’argilla è il fil rouge che unisce l’antico, il passato prossimo ed il presente. Una simile fedeltà alla propria storia la ritroviamo nel Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa (NA), e nel Museo dell’Elettricità di Lisbona.

Il primo sorge nell’ex Reale Opificio Borbonico, fabbrica di locomotive a vapore del 1840 trasformata in museo ferroviario a tutti gli effetti. Qui, dove è nata la storia delle ferrovie italiane, sono ospitati vari tipi di locomotive ma anche una vasta rappresentanza di rotabili e carri in scala ridotta, nonché plastici ed oggetti di uso

comune in ferrovia32.

29

CAMPIGOTTO A., CURTI R., GRANDI M., GUENZI A. 2000, p.11. 30

http://www.museibologna.it/patrimonioindustriale

31 Ad esempio nella sezione dedicata all’industria tessile è possibile vedere in azione una riproduzione di un mulino da seta bolognese e toccare con mano vari tessuti ottenuti con filati diversi.

32

Il secondo sorge nel perimetro dell’antica centrale termoelettrica Tejo ed offre spazi didattici sul tema delle energie del passato, del presente e del futuro, unendo la

vocazione di museo della scienza all’archeologia industriale33.

Anche il recentissimo Museo della Città e del Territorio di Ravenna, CLASSIS Ravenna (inaugurato nel Dicembre 2018), ha trovato sede in un ex stabilimento produttivo. L’edificio di pregio architettonico è sorto nel 1900 con funzione di zuccherificio e, come lo stabilimento Vaccari, è stato il cuore pulsante dell’attività produttiva della zona per oltre settanta anni, luogo di lavoro e di vita per migliaia di ravennati. Negli anni ‘70 è stato abbandonato con conseguente degrado, non solo della struttura ma di

tutta la zona circostante34. Oggi dopo molti anni è tornato a nuova vita con un museo

che, raccontando la storia della città dalle origini fino al Medioevo, completa il grande parco tematico che comprende la Basilica di Sant’Apollinare e il porto di Classe. La trasformazione in sede museale non ha privato l’edificio della sua anima; all’interno infatti un’intera sezione è dedicata proprio alla storia dello zuccherificio, che risulta protagonista anch’esso, sebbene in tempi più recenti, della storia del territorio e fa a pieno titolo parte del percorso con un allestimento interessante.

Questo è solo un breve excursus, assolutamente non esaustivo, del vastissimo panorama museale che ha visto riconvertire con successo ex aree industriali in sedi museali, ma è sufficiente per trarre ispirazione a trasmettere un ulteriore impulso per procedere nella strada che si è intrapresa.

33 BARBOSA P., 2007.

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