• Non ci sono risultati.

Progetto per un Museo della Ceramica nel complesso Vaccari di Ponzano Ceramica a S. Stefano Magra.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Progetto per un Museo della Ceramica nel complesso Vaccari di Ponzano Ceramica a S. Stefano Magra."

Copied!
120
0
0

Testo completo

(1)

Introduzione

La società contemporanea affonda le sue radici in un passato non sempre così evidente e comprensibile a tutti. Il compito della museologia archeologica è quello di creare un ponte tra passato e presente, in maniera il più possibile coinvolgente, diretta e fruibile, nel pieno rispetto della conservazione e della tutela del bene archeologico. Partendo da tali considerazioni e sull’onda del progetto N.O.V.A. nasce il lavoro di questo elaborato.

Il progetto N.O.V.A., (Nuovo Opificio Vaccari per le Arti), promosso dal comune di S. Stefano Magra (SP), mira alla realizzazione di un polo culturale ed alla riprogrammazione urbana di tutta l’area del vecchio stabilimento della Ceramica Ligure Vaccari, fabbrica per la produzione di ceramica industriale, presente sul territorio spezzino a partire dalla fine del 1800 fino ai primi anni del nuovo millennio. Si tratta di uno spazio di oltre 180.000 mq, una vera e propria città inserita nel tessuto urbano esistente. E’ stato recuperato dal Comune, in collaborazione con la Sovrintendenza per i Beni Archivistici, gran parte del materiale cartaceo di interesse storico e delle strumentazioni antiche ancora abbandonate nella fabbrica. E’ stato acquisito un capannone di particolare pregio (area ex Calibratura) che ospita tutta la consistenza storica salvata e che racconta la vita ultracentenaria di una fabbrica che è stata per decenni sinonimo di eccellenza italiana nel mondo, tanto importante da cambiare il volto di una località di questo Comune che tutt’oggi viene chiamata “La Ceramica”. La condizione di semi abbandono in cui versa gran parte dell’area costituisce un vero e proprio vuoto funzionale in contrasto con le notevoli dimensioni degli edifici, con le loro bellezze storico-architettoniche e con il forte carattere identitario che rappresentano.

Da qui l’idea di sviluppare un progetto che possa promuovere un nuovo spazio museale unico nel suo genere per la conoscenza della produzione ceramica del passato.

(2)

Ai fini dello sviluppo del progetto sono state effettuate ricerche presso il Comune di S. Stefano e l’Archivio dell’ex “Ceramica Vaccari”, dove è stata reperita gran parte della documentazione cartacea e fotografica.

Questi studi preliminari hanno permesso di capire la storia di questa realtà e di conoscere le intenzioni del Comune sul futuro del complesso: creare un centro polifunzionale per le arti e la cultura, di servizio all’intera Provincia della Spezia.

Per quanto concerne i materiali archeologici, la ricerca è stata effettuata presso il Museo Archeologico del Castello di San Giorgio di La Spezia e il Museo Archeologico di Luni, che hanno messo a disposizione ceramiche provenienti da contesti locali che sono state inserite nel progetto allestitivo qui presentato.

Il primo capitolo offre una panoramica sulla storia dell’Opificio Vaccari con particolare attenzione all’impatto economico, sociale ed artistico che la sua attività ha avuto sul territorio della Provincia.

Nel secondo capitolo si procede all’analisi degli elementi motivanti il recupero e la riqualificazione, sull’onda di esempi eccellenti.

Il terzo capitolo riguarda i contenuti e la mission che si è pensato di attribuire al museo caratterizzandolo con un filo conduttore che unisca in continuum il passato più remoto a quello più recente coniugando l’archeologia tradizionale, l’archeologia della produzione e l’archeologia industriale.

Nel quarto capitolo si entra nel vivo della proposta espositiva con un progetto allestitivo che si ritiene idoneo all’esposizione di una collezione peculiare.

Infine nel quinto ed ultimo capitolo, a conclusione di questo lavoro, si presentano alcune proposte relative all’offerta dei servizi.

(3)

1

L’opificio Vaccari

1.1 La storia: nascita, sviluppo e declino dello

stabilimento

Lo stabilimento nacque intorno al 1880 come fornace di laterizi sfruttando la cava di argilla ubicata in località Palanceda nel Comune di S. Stefano (La Spezia), in un’area della piana del fiume Magra compresa tra il torrente Belaso e il Canale Lunense (Fig.1) I fondatori furono Domenico Stanisci ed Ettore Bonazzi, i quali però dopo varie traversie fallirono e l’azienda fu venduta all’asta nel 1893. Nacque così la “Società Anonima Stabilimento Ceramico Ellena”.

In questa prima fase, a cavallo fra ‘800 e ‘900 la produzione riguardava, come si è detto, i laterizi e comprendeva mattoni comuni, pieni e forati, volterrane, (blocchi di

Figura 1. Carta relativa alla posizione geografica dello stabilimento. (Da Giannoni, 1995 p. 36)

(4)

mattoni forati multipli utilizzati per i solai), tavelline, (elementi forati di varia lunghezza), tubi, tegole e coppi.

Le tegole in particolare erano divenute l’articolo più commercializzato, portavano impressa sul dorso la dicitura “Stabilimento ceramica Ellena Ponzano” ed erano marcate per l’esportazione con l’effige di un leone.

Nella descrizione del prodotto fatta nel listino laterizi del 1914 si legge: “l’argilla impiegata per la formazione delle tegole viene preventivamente lavorata con speciali sistemi di macinazione in modo da renderla plastica al massimo grado. Sottoposta a forte pressione meccanica, si ottiene un prodotto di struttura eccezionalmente compatta ed omogenea”. Le alte temperature a cui il prodotto veniva portato nei forni Hoffmann (la cottura avveniva a circa 800 – 900°C ed il prodotto era quindi tecnicamente un biscottato) rendeva le tegole di un bel colore rosso vivo dovuto alla ricchezza di ossidi di ferro presenti nell’argilla e il suono metallico dato alla percussione era un chiaro “attestato della particolare durezza e ciò affidava conseguentemente della loro impermeabilità e della loro resistenza all’azione delle intemperie e dei geli più forti”1 .

Lo stabilimento, come testimonia uno schizzo planimetrico del 1899 conservato presso l’Archivio della Società Ceramica Ligure, era costituito principalmente da un forno Hoffman, con annesse piccole aree coperte quali la falegnameria, il deposito carbone, la sala macchine, la sala presse e un’area per l’essiccatura; tutto attorno vi erano molte aree all’aperto per lo stoccaggio dei materiali.

Fra i soci vi era Carlo Vaccari2, un imprenditore genovese che, dopo aver visitato il sito,

intuì che l’argilla era di particolare purezza e qualità e che le sue potenzialità, sprecate

per la fabbricazione di laterizi3, avrebbero permesso produzioni ben più sofisticate. La

cava (Fig.2), che sorgeva a pochi metri dall’opificio, era senz’altro nota ed utilizzata già dagli artigiani del luogo, ma fino ad allora l’argilla era riduttivamente impiegata come

1

SOCIETA’ ANONIMA STABILIMENTO CERAMICO ELLENA 1914, p.18. 2

Dapprima direttore e poi amministratore delegato della società.

3 “Qui giunto non guardò né il forno, né le tettoie, e gli altri impianti, perché vide l’argilla e guardò solo questa, la saggiò tra pollice e l’indice, la strinse nel pugno era grassa, soffice, finissima. Che balordaggine era mai quella di farci dei mattoni?” Eugenio Vaccari, ricordando il padre. GIANNONI 1995, p.29.

(5)

stucco per vetrai; sicuramente lo sfruttamento intensivo avvenne solo quando nel 1900 si diede l’avvio, dopo varie sperimentazioni, alla produzione del grès.

Questa argilla aveva infatti una buona plasticità, era ricca di silice ed ossidi di ferro e con la cottura a gran fuoco (1050-1080°C) subiva un processo di greificazione naturale, cioè di parziale vetrificazione.

Nel listino laterizi del 19144 si legge:

“quest’argilla, scevra totalmente di carbonato di calcio e la cui formazione organica è a base specialmente di silice allumina e perossido di ferro, si presenta in monte a stratificazioni così uniformi ed omogenee da farla classificare fra le migliori argille che si conoscano nell’industria laterizia e ceramica. Trattata con razionali sistemi di macinazione, essa acquista il massimo grado di plasticità ed i prodotti risultano di una struttura assai compatta ed omogenea. Sottoposti ad una cottura elevata essi- per la composizione dell’argilla stessa eminentemente silico-allumino-ferruginosa- raggiungono la perfetta greificazione, assumendo un colore rosso carminio ed una durezza eccezionale. Tale è la caratteristica dei nostri prodotti e si può assicurare che essi mentre offrono la massima resistenza all’uso ed a tutte le influenze atmosferiche, sono inalterabili ai forti geli e all’aria salina.“

4

(6)
(7)

Grazie a tali caratteristiche si diede il via alle prime sperimentazioni che portarono poi all’istallazione degli impianti per la produzione del grès porcellanato, un prodotto ottimale per le esigenze di lunga durata, sia domestiche che industriali. Rispondendo alle nascenti rigorose prescrizioni igieniche questo materiale veniva sempre più utilizzato per pavimentazioni e rivestimenti nelle nuove costruzioni di ospedali, sanatori, manicomi, caserme, collegi, alberghi, uffici, fabbricati scolastici ed era ideale anche per le abitazioni civili, soddisfacendo inoltre esigenze estetiche grazie ad una studiata variazione di colore ottenuta durante le fasi di lavorazione. Questo prodotto ottenne un grandissimo successo sia in Italia che all’estero e avrebbe portato lo stabilimento a diventare uno fra i più importanti d’Europa e, nel settore ceramico

industriale, il primo assoluto in Italia5. Tra le varie tipologie di grès la più famosa, che

ha sempre caratterizzato la produzione della fabbrica, è quella delle mattonelle “rosso Ponzano”, un grès inassorbente con un elevatissimo carico di rottura ed inattaccabile dagli agenti chimici. Ma le composizioni erano le più svariate, infatti potevano essere formate da piastrelle di colori vari e di tipi diversi. Particolari giochi di colore erano realizzati durante la fase della pressatura, operando con uno stampo a crociera. Su una base rossa (colore dovuto alla particolare concentrazione di ossidi di ferro presenti nella terra di Ponzano), ottenuta da una prima pressatura, si stendeva manualmente, in ogni spicchio del disegno, un particolare tipo di terra mescolata con diversi ossidi in funzione dell’effetto cromatico che si voleva ottenere. Si faceva quindi una seconda e definitiva pressatura. La struttura della mattonella risultava quindi a due strati, che in fase di cottura si saldavano insieme.

A partire dagli anni ’50 fu approntata una variante sul tema con i fiammati e con gli onici. Si trattava sempre di doppie pressature su base rosso che davano alle piastrelle finite particolari striature e fiamme.

A partire dal secondo dopoguerra si venne ad affermare anche lo smaltato, sia per le piastrelle che per il mosaico. Tecnicamente veniva spruzzata o spalmata una sostanza vetrosa su una mattonella tradizionale, cotta una seconda volta, in particolari forni

5

(8)

detti a muffola dove la fonte di calore non entrava in contatto con il materiale, per permettere alla sostanza smaltante di fissarsi al supporto.

Una particolare variante fu quella decorata a mano che fu messa in produzione alla fine degli anni Sessanta.

Nei cataloghi erano offerte varie soluzioni e una sezione artistica era sempre operante all’interno dello stabilimento per suggerire alla clientela accostamenti di colore, soluzioni geometriche ottimali, o disegni personalizzati.

Ispirandosi alla tradizione degli antichi Romani, che come noto costruivano i loro mosaici con cubetti di marmo e pietre varie, la Vaccari fin dal 1911, prima in Italia, iniziò la produzione di tessere per mosaico in grès. Le tessere misuravano 2x2 cm, il mosaico era normalmente fornito su carta in fogli numerati, imballati in casse di legno e protetti dall’umidità. I pavimenti e i rivestimenti erano monocromi, seminati o a disegno, secondo il gusto più vario con una illimitata varietà di composizioni. Anche le superfici erano differenziate: c’erano i mosaici a superficie liscia, a superficie bulinata e martellata, indicati per rivestimenti e facciate, alle quali conferivano un movimento di luci ed ombre assai spiccato e riflessi di notevole effetto plastico.

Sterminato è l’elenco delle realizzazioni pubbliche in Italia e all’estero per cui si fecero ordinativi: metropolitane ad es. Buenos Aires, portici (Fig.3), chiese e addirittura rivestimenti per le navi (nave Cavour, nave Vespucci, quest’ultima tuttora in servizio come nave scuola e considerata fiore all’occhiello della Marina Militare italiana).

(9)

Figura 3. Genova, Pavimentazioni dei portici di Via Ceccardi e di via Bensa. (Foto d-A.)

(10)

Durante la prima guerra mondiale la produzione venne temporaneamente e nuovamente riconvertita in refrattari. Al termine del conflitto, dal 1920, con la nuova denominazione di Società Anonima Ceramica Ligure, si produssero solo piastrelle da rivestimento in grès. La sezione laterizi venne da allora in poi utilizzata solo in funzione di servizio alla gestione dei forni (i contenitori per la cottura e la chiusura delle bocche

erano infatti di materiale refrattario6).

La tecnologia utilizzata prevedeva un sistema di preparazione e scelta delle argille, reparti di pressatura a mano ed idraulica, tre forni Hoffmann a fuoco continuo per la

cottura del rosso ed altri forni intermittenti per la cottura del grès7.

Negli anni Cinquanta-Sessanta, in concomitanza con il boom economico del dopoguerra, si registrò l’apice dello sviluppo tecnico e produttivo dell’azienda.

Gli impianti arrivarono ad estendersi su una superficie di circa 100.000 mq. con circa 1300 addetti.

Nel contempo si verificò la nascita di una forte concorrenza, soprattutto nel settore dei rivestimenti e dello smaltato. La clientela iniziò a sviluppare un gusto ed un’attenzione particolare per l’estetica a scapito della qualità e durata dei prodotti. I tempi resero necessario, quindi, un ammodernamento degli impianti, che avvenne, seppure in ritardo rispetto alle aziende concorrenti, attraverso la sostituzione dei vecchi forni

Hoffmann con i nuovi forni a tunnel8.

Di conseguenza questo processo di adeguamento tecnologico da un lato comportò un incremento della produzione, riducendo sia i tempi che i costi della lavorazione, ma dall’altro portò alla soppressione di posti di lavoro cosicché nel 1958 ebbe luogo il

licenziamento di 280 dipendenti, che dette inizio a dure lotte operaie.9 Negli anni

Sessanta si susseguirono scioperi e manifestazioni del personale, per difendere i livelli occupazionali, richiedere adeguamenti delle retribuzioni e miglioramenti delle condizioni igieniche, soprattutto del villaggio operaio. Per scongiurare il previsto

6

CUTULLÈ A.,2013.

7 CERAMICA LIGURE VACCARI, 1948. 8 GIANNONI M., 2007.

9

(11)

licenziamento di altri 150 operai, parte delle maestranze arrivò ad occupare la fabbrica nel 1965.10

Negli anni Settanta le sorti della fabbrica furono profondamente influenzate dalla continua crisi di liquidità e dalla scarsa lungimiranza della classe imprenditoriale che, insieme alle incessanti lotte sindacali, portarono la società al fallimento l’8 febbraio 1972.

La fabbrica venne suddivisa in lotti per facilitarne la vendita. Gli operai furono tutti messi in cassa integrazione, la fabbrica venne occupata e, dopo mesi di lotta, nel 1973, subentrò la GEPI, finanziaria di Stato.

Lo stabilimento con i suoi 740 dipendenti cambiò la ragione sociale in Eta Geri 11 ma

già l’anno seguente, per sanare le perdite accumulate subentrò Sicerligure che riprese l’attività solo al 70% della capacità produttiva effettiva e riammise al lavoro 530 unità delle originarie 74012.

Dal 1975 al 1994 si susseguirono numerosi cambiamenti di gestione: da Nuova Ceramica Ligure S.p.A. si giunse a Ceramica Vaccari S.p.A13. Lo stesso stabilimento subì una radicale ristrutturazione aziendale: si introdussero i rivoluzionari forni a rullo e quindi la lavorazione diventò quasi completamente automatizzata; inoltre non venne più utilizzata l’argilla locale, ma le terre vennero importate dall’estero e il prodotto realizzato non fu più il grès rosso, a cui furono preferiti gli smaltati e i porcellanati levigati.

Gli addetti calarono progressivamente: si passò dai 360 dipendenti del 1979 ai 289 del

1983; tra il 1991 e il 1995 le maestranze si ridussero ulteriormente da 200 a 170 unità14.

Nel 1997 la fabbrica entrò a far parte del gruppo tedesco Villeroy & Boch, specializzandosi nella produzione di pavimentazioni per grandi superfici e nel 2004 venne comprata dal gruppo austriaco Lasselsberger, che il 10 gennaio 2006 rese nota

la cessazione dell’attività per forti perdite economiche.15

10 GIANNONI M., 1995.

11

CUTULLÈ A., 2013. 12

Sicerligure Vaccari S.p.a., Relazione, 30 Dicembre 1976. 13GIANNONI M., 1995

14 Cfr. Fogli matricola, ACCV. 15

(12)

Nell’aprile 2006 la fabbrica venne ufficialmente chiusa.

Il definitivo fallimento dell’opificio, protagonista per oltre un secolo del dinamismo dell’attività industriale, sancì la fine di un’era significativa per l’intero territorio. Attualmente tutta l’area si trova in un grave stato di dissesto (Fig.4).

(13)

1.2. Impatto sul territorio: economia, società e cultura.

“…qui non si scorge paese, e, parmi a ragione.

La Parrocchia di Ponzano Magra, che ormai conta presso che a mille abitanti e va ogni di più aumentando, non ha contrade, aggruppamenti di case, borgatelle. La popolazione vive sparpagliata al poggio, alla valle, al piano grande. E lì, al colle mite, fasciato di lussureggiante vigneto, vedi, civettuola, la palazzina del signore; lassù, alla costa, tra il bruno degli ulivi, occhieggia la bianca casupola del contadino, giù, alla valle tacita, alla pianura ampia, affondate in soffice tappeto, nuotanti in un mar di verdura sparsi casolari, casette solitarie, gaie, sorridenti nei vivaci colori. Questo, se lo vuoi chiamare così, è il paese di Ponzano Magra. Vive alla terra e dalla terra fertilissima trae prosperità e agiatezza.

All’agricoltura, da non molti anni, si aggiunse l’industria della ceramica che in ben ordinato ed ampio stabilimento dà pane a più che quattrocento operai. La vaporiera che ansante corre al bel piano, saluta, con il sibilo suo acuto, il caro paesello e si ferma a posare il rado passeggero, e a caricare le varie forme e maniere di laterizi che, per la creta ove sono composti, e pel modo della cottura sono pregiati assai e ricerchi non solo nelle città nostre, ma ancora dal di fuori.”16

Da questo estratto si evince come, per lo sviluppo della comunità locale, furono fondamentali gli insediamenti urbanistico-abitativi che si vennero a creare in seguito alla nascita della fabbrica. Su un impianto economico di sussistenza, di tipo agricolo, nel quale predominava la piccola proprietà e la mezzadria, si insediò una realtà industriale che con tutti i suoi bisogni, pian piano, modificò non solo l’aspetto del territorio ma anche l’intero contesto sociale.

Seguendo il modello nato durante la seconda rivoluzione industriale in tutta Europa, già nei primissimi anni del ‘900, quando lo stabilimento dava lavoro a circa trecento operai, si costruirono apposite case operaie in prossimità della fabbrica, per quella parte di maestranze specializzate che non proveniva dal contado locale ma da diverse province italiane. Inizialmente, quindi la comunità contadina si contese la terra con i nuovi venuti e gli spazi residenziali trovarono posto nelle zone marginali dell’economia agraria.

16

(14)

Col tempo, l’economia industriale assorbì la classe contadina e si sfruttarono anche

quei terreni in pianura fino ad allora riservati alle coltivazioni.17

L’importanza della fabbrica nello sviluppo sociale ed economico del territorio si evince dai dati Istat dei censimenti generali della popolazione, mostrando come quest’ultima passò dalle 1963 unità del 1861 alle oltre 4000 del 1931.

Quando, dopo la prima guerra mondiale, le maestranze arrivarono ad essere più di 1300, l’azienda si occupò di creare un intero quartiere operaio di razionali e moderne casette, provvedendo, nel corso degli anni, a tutte le necessità sia materiali che morali e culturali, istituendo uno spaccio aziendale, l’asilo infantile e la scuola elementare, una chiesa, ed anche un circolo ricreativo e dei campi sportivi oltre ad altre strutture di carattere assistenziale, gettando così le basi di un primo nucleo insediativo che costituisce oggi il cuore della moderna frazione del comune di S. Stefano Magra: Ponzano Ceramica (Fig.5).

Nel villaggio c’era una rigida gerarchizzazione degli spazi, prima la fabbrica, poi le palazzine dei tecnici e dei dirigenti e poi le case operaie; distante, in uno spazio diverso, la residenza monumentale dei Vaccari.

Questo aspetto, che a prima vista poteva sembrare solo organizzativo, adombra una più sottile ricerca di consenso e di affiliazione del dipendente che solo apparentemente esulava dai rigidi rapporti produttivi: la sensibilità della classe imprenditrice non doveva essere così grande se pensiamo che erano impiegati molti bambini anche di età inferiore ai dieci anni. La stessa istituzione dell’asilo deve essere letta nell’ottica di favorire il lavoro in fabbrica del personale femminile, meno costoso e quindi più vantaggioso per i profitti aziendali.

17

(15)

Figura 5. Fotografie storiche risalenti al 1950 raffiguranti rispettivamente: la casa dell’operaio, lo spaccio aziendale e la chiesa. (Da Giannoni 1995, pp. 46-47.)

(16)

Un altro aspetto socialmente molto rilevante è la mancanza assoluta, tipica dell’epoca, di prevenzione delle cosiddette malattie professionali.

Dalle testimonianze18 si evince che la maggior parte delle maestranze lavorava

immersa nella polvere di silice, esposta quindi a contrarre una delle malattie professionali più pericolose, la silicosi, che verrà riconosciuta soltanto negli anni ‘70 del secolo scorso ai pochi sopravvissuti. Alcuni reparti erano più esposti, ma evidentemente in tutta la zona si respirava la polvere di silice, se pensiamo che perfino il parroco contrasse la silicosi.

Infine, di significativa importanza sono il forte impulso culturale ed il carattere di produzione d’arte che lo stabilimento promosse. La sensibilità artistica dei proprietari e i livelli tecnici raggiunti fecero sì che l’opificio si avvalesse della collaborazione di artisti e architetti locali e internazionali, alimentando il fervido clima culturale che stava nascendo nella penisola a cavallo tra l’800 e il ‘900. La Ceramica Ligure compare infatti nelle maggiori esposizioni d’arte nazionali già dalla fine dell’Ottocento fino alla metà degli anni Trenta: l’esposizione di Torino del 1898, nella quale vinse la medaglia d’oro e il Gran Premio del 1911, le Triennali di Milano del 1933 e del 1936, la I Mostra nazionale di Plastica Murale per l’edilizia fascista del 1934 a Genova e la II Mostra di Plastica Murale a Roma del 1936. In entrambe le mostre la Ceramica ligure compare come ditta incaricata della messa in opera di mosaici ceramici. Nella prima per il

mosaico “Espansione della passione fascista nel mondo”19 di Enrico Prampolini20, nella

seconda per quello realizzato postumo in onore di Fillia21, (Luigi Colombo) “Trasporti

Marittimi” (Fig.9).

18

(Quello delle presse) “era un reparto dove c’era molta polvere. A mezzogiorno, quando si smetteva e si

sbattevano un po’ i vestiti prima di andare a mangiare, non ci si vedeva più. Abbiamo mangiato tanta di quella polvere!” testimonianza di Franceschini Arrigo, classe 1922. GIANNONI M. 1995, p.

(Nel reparto delle mollazze) “c’era da morire, delle volte si doveva smettere di lavorare perché non ci si

vedeva l’uno con l’altro” Briglia Giulio, classe 1920. GIANNONI M. 1995, p.65.

“Le presse facevano una polvere, quando la pressa andava giù saltava via una nuvola di polvere che non ti dico!” Giannini Alfredo, classe 1923. GIANNONI M. 1995, p.60.

19 Prima mostra nazionale di Plastica Murale per l’edilizia fascista 1934, pp.40-58 20 Per un approfondimento sulla figura di E.Prampolini si veda LISTA G. 2013. 21

(17)

A La Spezia, lo stretto legame tra la Vaccari e la produzione artistica ebbe il suo momento culminante nel 1933 grazie alla presenza in città di Filippo Tommaso Marinetti ed atri importanti esponenti del futurismo fra i quali i già citati Prampolini e Fillia. Vennero infatti eseguiti dalla Ceramica Ligure, su disegno di Fillia e Prampolini, quattro pannelli in mosaico ceramico con bordature in alluminio, per la torre dell’orologio presso il nascente Palazzo delle Poste di La Spezia su progetto dell’architetto Angiolo Mazzoni: “Le comunicazioni terrestri e marittime” e “Le

comunicazioni telegrafiche, telefoniche ed aeree”22 che ancora oggi si possono

ammirare (Fig.6).

Questi mosaici, di straordinaria bellezza, testimoniano come la città, grazie anche alla presenza sul territorio della Ceramica Vaccari, sia diventata uno dei principali centri promotori del futurismo, sottolineando il forte impatto culturale che questa attività produttiva ebbe sul territorio.

Fillia inoltre utilizzò le tessere per un altro importante mosaico: “Il nuotatore”23 del 1935, ancora esposto presso le piscine comunali di Genova Albaro (Fig.7).

Molti altri artisti ed architetti utilizzarono le tessere della Ceramica Ligure per realizzare le loro opere musive, presenti in tutto il territorio nazionale. Uno dei luoghi più significativi è Roma dove si trovano mosaici ceramici nella piscina coperta del Foro Mussolini su disegno del pittore Giulio Rosso, e quelli in stile “romano” bianco-nero della Stazione Ostiense del 1940 dell’architetto Roberto Narducci, che raffigurano vari temi legati alla storia della capitale (Fig.8). Narducci si era già avvalso delle tessere Vaccari per i rivestimenti di altre stazioni da lui progettate tra cui quelle di Loano e Albenga. Narducci collaborò anche con l’architetto Angiolo Mazzoni per la costruzione del Palazzo delle Poste di Rovigo per il quale vennero messe in opera le pavimentazioni a mosaico in grès porcellanato della Ceramica Ligure. Successivamente Mazzoni utilizzò,

per il Palazzo delle Poste di Roma Lido e di Palermo, le stesse tessere24.

Tutto quanto sopra esposto è testimonianza dell’influenza che la Vaccari ha avuto nel

territorio, dalla nascita, all’apice della produzione, fino al declino, impattando in molti

22 RICASOLI L. 2007, p.345. 23 BARISIONE S.2004. 24

(18)

suoi aspetti, più o meno positivamente, in ogni caso caratterizzandolo e diventandone il fulcro per quasi un secolo. L’importanza di questo luogo non può essere quindi annullata semplicemente dall’abbandono, ma rimane intrinseca e in attesa di essere valorizzata.

Figura 6. La Spezia, Palazzo delle Poste, mosaici ceramici “ Le comunicazioni terrestri e marittime” e “ Le

comunicazioni telegrafiche, telefoniche ed aeree” (da Ratti 2007, p.106 e p.109.)

(19)

Figura 7. Genova, Piscine Comunali di Albaro, mosaico ceramico “Il nuotatore” di Fillia. (Foto d.A.)

(20)

Figura 8. Roma, Stazione Ostiense, mosaici ceramici in stile bianco-nero di Roberto Narducci. (da Cutullè A. 2013, p.70)

Figura 9. Mosaico ceramico "Trasporti marittimi" (da Cutullè A. 2013, p.67)

(21)

2

Recupero e riqualificazione

2.1 La situazione attuale

La fabbrica si estende su un’area complessiva di 140.000 mq, di cui circa 80.000 mq sono superfici coperte, una vera e propria città nascosta nel tessuto urbano esistente (Fig10).

A seguito della procedura fallimentare attualmente lo stabilimento è diviso fra cinque proprietà: la proprietà Lasselsberger che lascia i suoi fabbricati inutilizzati da tempo, la proprietà Ferrazzi e la proprietà Panni che utilizzano i propri fabbricati come depositi di materiali e mezzi meccanici, la proprietà Pozzoli con la quale il Comune di S. Stefano ha Figura 10. Santo Stefano di Magra, planimetria generale del complesso industriale Vaccari. (Da Orazi 2016, p. 8)

(22)

stipulato un contratto di comodato d’uso ed infine il Comune di S. Stefano di Magra, che ha recentemente acquistato uno stabile di circa 1000 mq (Fig.11).

In un’ottica di sensibilizzazione della comunità verso un possibile recupero, da anni vengono svolte manifestazioni ed iniziative per evitare il completo abbandono e conseguente oblio dell’area: esposizioni di opere di artisti locali, svolgimento di festival teatrali, musicali ed altro, sfruttando i grandi piazzali esterni (Fig.12).

Questa volontà di riqualificazione, da sempre presente, ha tratto nuovo impulso dal progetto N.O.V.A. ( Nuovo Opificio Vaccari per le Arti ) che mira alla realizzazione di un polo culturale e alla riprogrammazione urbana di tutta l’area. Il Comune ha acquisito un capannone di particolare pregio (area ex Calibratura) dove è conservata tutta la consistenza storica ancora esistente dell’opificio e dove è stato realizzato un

(23)

auditorium, una sala polifunzionale di 700 mq dotata delle maggiori innovazioni tecniche, che accoglie attività culturali di vario genere, come conferenze e mostre, fino a spettacoli pubblici (Fig.13).

Figura 12. Festival Bellacanzone 20 Giugno 2009. (Da Tronfi 2015, p.40)

Figura 13. Conferenza dialogata sulla "Storia della ceramica Vaccari" tenutasi il 19 Gennaio 2019. ( Foto d. A.)

(24)

L’amministrazione comunale ha ottenuto inoltre, in comodato d’uso, la gestione di circa 13.000 mq di area, che intende assegnare ad operatori per la realizzazione di attività rivolte alla comunità e che possano diventare un’effettiva risorsa per sviluppare molti aspetti sociali e culturali. Un centro di produzione culturale che sia polo di riferimento per organizzare e raccogliere le capacità culturali, artistiche e produttive; in particolare, musica, new media, design e grafica, arti visive e fotografia, teatro, danza, cinema, scrittura, valorizzazione dei prodotti locali ed un’area interdisciplinare con archivi, biblioteche specializzate e laboratori.

Attualmente è già stata realizzata una biblioteca, sono inoltre presenti uno skate park, una sala di registrazione ed un laboratorio di artigianato di design, un museo dei trasporti autofilotranviari (Fig.14), tutti spazi assegnati attraverso un bando pubblico di cui, qui di seguito, si riporta uno stralcio.

”[…] Finalità II Comune di Santo Stefano di Magra é interessato a promuovere il riuso del patrimonio edilizio esistente pubblico e privato non utilizzato e delle aree in trasformazione come forma di politica urbana, capace di attivare processi virtuosi di sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio Al fine di promuovere e sostenere specifici progetti rivolti all'intera cittadinanza, l'Amministrazione individua alcuni spazi da assegnare a operatori per la realizzazione di attività rivolte alla comunità e che possano diventare un'effettiva risorsa per sviluppare socialità e cultura, nella sua accezione più ampia. In particolare, l' A.C. intende dare vita a: · un centro di produzione culturale che sia polo di riferimento per organizzare e raccogliere le capacità culturali, artistiche e produttive; · un grande laboratorio d'idee e di attività volto alla sperimentazione, alla ricerca, allo sviluppo, alla produzione e all'esplorazione di nuovi linguaggi, nuovi saperi e nuove tecniche; · un luogo dove i giovani siano protagonisti della produzione culturale e fruitori delle attività e degli eventi; · uno spazio aperto alle proposte più innovative in collegamento con le realtà più vitali della città e della scena nazionale ed internazionale; · un centro attivo, vivo e frequentabile tutto l'anno e durante l'intero arco della giornata. Inoltre le ipotesi di modifiche dovranno preservare e valorizzare gli aspetti caratteristici che costituiscono specifico valore in relazione al contesto ambientale e urbano nel quale l'immobile è inserito. Le soluzioni manutentive dell'immobile dovranno dimostrare razionalità e massima efficienza nella gestione della suddivisione degli spazi, degli impianti e delle componenti edilizie per tutto il

(25)

periodo di concessione previsto nel bando. Ferma la responsabilità esclusiva del sub-comodatario, qualsiasi intervento sugli immobili dovrà essere preventivamente autorizzato dal Comune. L' A.C. si riserva, anche dopo l' aggiudicazione, la facoltà di non approvare, con atto motivato e puntuale, la realizzazione delle opere proposte in quanto non coerenti con il progetto preliminare. […]

Attività da insediare e contenuto delle domande […] Resta inteso che, in seguito all’aggiudicazione, le singole attività che si intendono installare dovranno, preventivamente all’avvio, essere autorizzate acquisendo tutti i necessari pareri da parte degli enti preposti. La proposta dovrà inoltre contenere il piano delle attività che si intende installare, con specifica dimostrazione della sostenibilità economico-gestionale. Saranno valutare le proposte riferite ad attività rientranti nelle sottoelencate macro-aree, di cui di seguito sono indicate a fianco, a mero titolo esemplificativo, le specificazioni:

In linea generale le funzioni che potranno essere considerate e sviluppate nella elaborazione delle proposte, tenendo sempre presente la funzione di servizio pubblico che l'immobile dovrà svolgere, rientrano nelle seguenti tipologie: · Culturali, creative (esposizioni, mostre, laboratori, teatri di posa, spazi per eventi e produzioni culturali e creative ecc.), con particolare interesse per progetti che prevedano anche iniziative di natura educativa volte al coinvolgimento della cittadinanza, delle istituzioni scolastiche e culturali presenti nel contesto territoriale, sia come promotori che come destinatari delle attività previste; · Sociali, educative, ricreative compatibili e coerenti con le finalità di recupero e riqualificazione che l'Amministrazione intende porre in essere e con particolare riferimento al contesto in cui l'immobile si colloca e alle criticità rilevate. E' possibile presentare una sola richiesta per l'assegnazione delle unità immobiliari. Nella domanda andrà indicata l'unità prioritariamente richiesta in assegnazione e, in subordine, l'ordine di preferenza di ciascuna delle altre unità immobiliari.

Tutta la produzione realizzata all'interno di "Nova" sarà caratterizzata da un'immagine coordinata (logotipo, naming, lettering e palette colori per la comunicazione del progetto).

I soggetti operanti all'interno del centro dovranno utilizzare, pertanto, per le attività comunicazionali ivi realizzate il marchio di “Nova” che potrà essere aggiunto al marchio proprio ma non da questo sostituito.

Servizi e spazi comuni Gli immobili oggetto di comodato saranno attrezzati con un blocco di servizi igienici comuni a disposizione anche delle varie attività e degli utenti. Il piazzale esterno, prospiciente i vari immobili, è dotato dei servizi di fognatura, rete idrica e rete elettrica, che permette agevoli allacci ai servizi individuali da parte dei singoli operatori. Al fine di favorire un valido e corretto funzionamento delle iniziative e

(26)

valorizzazione delle attività, gli operatori che avranno gli spazi assegnati potranno utilizzare, per periodi determinati, preventivamente concordati col Comune e a condizioni preferenziali e vantaggiose: 1. alcune aree del piazzale prospiciente gli immobili in uso; 2. lo spazio polifunzionale in corso di realizzazione nel limitrofo immobile sede dell'Archivio della Ceramica Ligure; 3. alcuni spazi ad uso servizi logistici e di supporto in corso di realizzazione nella limitrofa ex palazzina Vaccari. Il tutto meglio dettagliato nella planimetria inclusa nell’Allegato 1. Potranno, infine, usufruire e beneficiare dell’insieme delle azioni e attività inerenti la comunicazione integrata da realizzarsi attraverso l’utilizzo e la promozione del marchio “Nova” e l’implementazione, a cura del Comune, della relativa identità digitale attraverso il sito web e le piattaforme digitali sociali. […]”

(27)

Bib lio te ca ci vica C. Ar zelà Au d ito riu m e Ar chi vio Vaccari , e x ar ea cali b ratu ra pri n cip ale Cap an n o n i destin ati al pro get to N. O.V. A. Fi gu ra 14 . SItu azi o n e at tu al e . ( Fo to gr afi e d .A .)

(28)

2.2 Le motivazioni della rifunzionalizzazione

La volontà di dedicarsi a questo progetto nasce soprattutto dal personale desiderio di contribuire attivamente al progetto N.O.V.A. aderendo alle sue finalità e ai suoi obiettivi, che auspico arrivino a compimento in un prossimo futuro.

Sebbene primi interventi di rifunzionalizzazione si siano già conclusi con successo dal 2016 e attualmente permettano lo svolgimento di attività e manifestazioni, ancora molto rimane da fare. Gran parte del sito si trova ancora in un grave stato di abbandono e risulta per lo più inaccessibile. L’area viene ancora percepita come un grande vuoto all’interno del tessuto urbano esistente, contribuendo alla perdita d’identità della comunità locale.

Sarebbe importante quindi intervenire anche creando un nuovo elemento di aggregazione di rilevanza culturale per la collettività, quale può essere un museo, in un contesto particolarmente carente di luoghi comuni di confronto e socializzazione. La presenza di notevoli peculiarità architettoniche non può che essere un ulteriore elemento di motivazione, infatti molteplici sono gli elementi di pregio ed interesse che contraddistinguono gli immobili del complesso e che meriterebbero visibilità (Fig.15).

“Gli edifici acquisiscono importanza in relazione a ciò che rappresentano ed, in questo caso, è estremamente interessante constatare come essi riescano a delineare pienamente l’epoca storica di sviluppo ed innovazione di cui sono stati protagonisti. All’interno della fabbrica sono numerosi gli edifici che si distinguono per il loro ricercato carattere stilistico e formale, a testimonianza della tendenza a gerarchizzare gli spazi sulla base della loro funzione.

Attraverso la lettura e l’interpretazione degli elementi stilistici ed architettonici è possibile leggere le varie fasi storiche che si sono susseguite e riconoscere l’eccellenza acquisita dalla fabbrica nella seconda metà del Novecento; si tratta di testimonianze storiche di rilevanza tale da imporne la salvaguardia.”25

25

(29)

Figura 15. Alcuni elementi di pregio presenti negli edifici della fabbrica. (Da Tronfi 2015, p.52).

(30)

Il recupero edilizio di questi peculiari elementi architettonici, oltre ad evitarne il completo oblio, permetterebbe la rifunzionalizzazione di un sito che ha avuto un forte carattere identitario.

Infatti, come già detto, la fabbrica ha rappresentato per decenni il motore di sviluppo del territorio, influendo sulla crescita demografica e sull’espansione edilizia. Per oltre un secolo l’opificio è stato il punto focale della Val di Magra, attorno a cui gravitavano le vite di intere famiglie.

Negli anni, per le politiche aziendali, si era generato nei cittadini un senso di

appartenenza alla fabbrica tanto che la sua definitiva chiusura ha inciso sulla vitalità del territorio, determinando un declino generale di tutto il contesto urbano e sociale. Dal grande spazio a disposizione e dal tema centrale della ceramica è scaturita l’idea di sfruttare una parte di quest’area per l’esposizione di materiali e documenti a testimonianza della fervida attività produttiva che da sempre ha accompagnato la trasformazione dell’argilla.

(31)

2.3 Esperienze analoghe in Italia ed all’estero

Sono numerose le esperienze italiane ed internazionali in cui al recupero edilizio di aree industriali dismesse si è associata la realizzazione di nuovi elementi di aggregazione, quali parchi pubblici, poli culturali, aree espositive, musei, etc.

Grandi architetti sono stati chiamati a progettare e mettere in luce l’anima e la storia di questi luoghi ma il successo della riqualificazione di queste aree dipende fortemente dal grado di integrazione con la città e dalla capacità di creare un indotto turistico, culturale, economico e sociale.

Forse il più straordinario esempio di riconversione in sede museale di un edificio di archeologia industriale resta il Museo della Centrale Montemartini, secondo polo

espositivo dei Musei Capitolini a Roma26, ma si possono citare molti altri felici esempi a

sostegno di un nuovo progetto in tale direzione.

Fra questi si ricorda il MUDEC, Museo delle Culture di Milano, un polo multidisciplinare dedicato alle diverse testimonianze e culture del mondo, sede espositiva delle civiche raccolte etnografiche; sebbene sia ospitato in un edificio di nuova costruzione, sorge all’interno della ex area industriale dell’Ansaldo, storico stabilimento elettromeccanico

situato nel cuore del quartiere Tortona27. Interessante è il fatto che il museo sia nato

su impulso del comune di Milano che nel 1990 acquistò l’intera area con vincolo di utilizzo a servizi culturali. Oggi, oltre al MUDEC, vi sono ospitate le officine scenografiche del Teatro alla Scala, il progetto O.C.A. (Officine Creative Ansaldo, un laboratorio urbano aperto alle associazioni cittadine), lo spazio BASE (nuovo polo

culturale creativo) nonché manifestazioni ed attività culturali28. Tale processo mostra

le incredibili potenzialità delle strutture produttive dismesse, che rappresentano una notevole risorsa per progetti che influiscono positivamente sulla scena urbana.

Sebbene il contesto sociale, culturale ed economico di una città come Milano difficilmente possa essere paragonato alla piccola realtà del Comune di Santo Stefano,

26 Per approfondimenti si veda BERTOLETTI M., CIMA M., TALAMO E. 2006. 27 ANTONINI A., ORSINI C. 2015, p.21.

28

(32)

l’idea di base si presta al confronto, infatti sono indubbie le affinità con il progetto N.O.V.A che si è posto le medesime finalità.

Un altro esempio, che si rivela particolarmente importante per le valutazioni necessarie a questo progetto, è il Museo del Patrimonio Industriale di Bologna che sorge in una delle più grandi fornaci per la produzione di laterizi della seconda metà dell’80029.

Il museo documenta, visualizza e divulga la storia economico-produttiva della città e del territorio. Al di là dell’importanza di un così valido esempio di riconversione in sede museale di un apparato industriale, pare opportuno in questa sede sottolineare la sua forte connotazione divulgativa, connotazione che anche il nostro progetto intende sposare. L’attività didattica infatti è uno degli obiettivi primari del museo di Bologna, che fin dalla sua origine ha sempre riservato una particolare attenzione al mondo della

scuola e in generale all’aspetto formativo e didattico30. Sono presenti numerosissimi

percorsi interattivi, in cui la partecipazione attiva dell’utente gioca un ruolo

fondamentale31.

Il nostro progetto prevede una continuità tematica tra passato e presente, tra quanto si produceva in questo luogo e quello che vi si vuole oggi esporre: l’argilla è il fil rouge che unisce l’antico, il passato prossimo ed il presente. Una simile fedeltà alla propria storia la ritroviamo nel Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa (NA), e nel Museo dell’Elettricità di Lisbona.

Il primo sorge nell’ex Reale Opificio Borbonico, fabbrica di locomotive a vapore del 1840 trasformata in museo ferroviario a tutti gli effetti. Qui, dove è nata la storia delle ferrovie italiane, sono ospitati vari tipi di locomotive ma anche una vasta rappresentanza di rotabili e carri in scala ridotta, nonché plastici ed oggetti di uso

comune in ferrovia32.

29

CAMPIGOTTO A., CURTI R., GRANDI M., GUENZI A. 2000, p.11. 30

http://www.museibologna.it/patrimonioindustriale

31 Ad esempio nella sezione dedicata all’industria tessile è possibile vedere in azione una riproduzione di un mulino da seta bolognese e toccare con mano vari tessuti ottenuti con filati diversi.

32

(33)

Il secondo sorge nel perimetro dell’antica centrale termoelettrica Tejo ed offre spazi didattici sul tema delle energie del passato, del presente e del futuro, unendo la

vocazione di museo della scienza all’archeologia industriale33.

Anche il recentissimo Museo della Città e del Territorio di Ravenna, CLASSIS Ravenna (inaugurato nel Dicembre 2018), ha trovato sede in un ex stabilimento produttivo. L’edificio di pregio architettonico è sorto nel 1900 con funzione di zuccherificio e, come lo stabilimento Vaccari, è stato il cuore pulsante dell’attività produttiva della zona per oltre settanta anni, luogo di lavoro e di vita per migliaia di ravennati. Negli anni ‘70 è stato abbandonato con conseguente degrado, non solo della struttura ma di

tutta la zona circostante34. Oggi dopo molti anni è tornato a nuova vita con un museo

che, raccontando la storia della città dalle origini fino al Medioevo, completa il grande parco tematico che comprende la Basilica di Sant’Apollinare e il porto di Classe. La trasformazione in sede museale non ha privato l’edificio della sua anima; all’interno infatti un’intera sezione è dedicata proprio alla storia dello zuccherificio, che risulta protagonista anch’esso, sebbene in tempi più recenti, della storia del territorio e fa a pieno titolo parte del percorso con un allestimento interessante.

Questo è solo un breve excursus, assolutamente non esaustivo, del vastissimo panorama museale che ha visto riconvertire con successo ex aree industriali in sedi museali, ma è sufficiente per trarre ispirazione a trasmettere un ulteriore impulso per procedere nella strada che si è intrapresa.

33 BARBOSA P., 2007.

34

(34)

2.4 La scelta dello spazio espositivo

Per quanto riguarda la Ceramica Vaccari, la vastità dell’area a disposizione pone anche la questione riguardante la scelta dello spazio espositivo più idoneo.

Trattandosi di valutazioni di carattere tecnico, che esulano dalle mie competenze, mi sono avvalsa dello studio svolto per la tesi di laurea specialistica in Ingegneria edile-Architettura, discussa presso l’Università di Pisa, dal titolo “ Dal recupero dei rifiuti al recupero dello spazio urbano. Energia e cultura per il riuso e la riqualificazione dell’area Vaccari”35 .

Finalità principale del suddetto lavoro è stata quella di ricercare un percorso progettuale che portasse ad una possibile ed effettiva riqualificazione del complesso, esaminando le singole situazioni anche attraverso la redazione di schede valutative. Come si evince dal testo, al fine di riprogettare la zona, si è reso necessario, innanzitutto, conoscere adeguatamente lo stato di fatto degli edifici e delle aree esterne. Sono stati individuati i punti di forza dell’area, cioè tutti quegli elementi che rappresentano peculiarità da preservare e valorizzare in quanto riconosciuti sia come aspetti di archeologia industriale che come elementi di pregio architettonico. Il primo indicatore analizzato è stato quello della rilevanza architettonica che ha permesso di individuare numerose caratteristiche costruttive e ricercatezze su molti degli edifici presenti nel complesso, a cui è stato attribuito un elevato grado di pregio. Il secondo indicatore analizzato è quello inerente lo stato di conservazione: l’autrice dello studio ha evidenziato come l’area nel suo complesso sia dominata da uno stato di conservazione mediocre, presentando una grave situazione di degrado legata sia alla naturale azione degli agenti atmosferici, sia a quella antropica di trasformazione e deturpamento. Gli stati conservativi migliori si riscontrano negli edifici posizionati all’ingresso.

Oltre alle valutazioni di questo studio per giungere alla individuazione dello spazio adatto al nostro progetto si sono dovute operare anche alcune scelte obbligate: ovviamente si sono tralasciati gli edifici che, seppur di importanza architettonica e in

35

(35)

uno stato di conservazione accettabile, non si trovano attualmente nella disposizione dell’amministrazione comunale, essendo di proprietà privata.

Si sono presi in considerazione solamente gli edifici in comodato d’uso al Comune e che sono oggetto del bando emesso dal Progetto Nova. A questi va anche sottratta l’area detta “ ex Calibratura” che nel frattempo è stata acquisita dal comune di Santo Stefano Magra ed attualmente adibita ad auditorium ed archivio storico dell’opificio Vaccari. Grazie alle valutazioni dello studio svolto ed in considerazione di quanto sopra, si ritiene particolarmente adatto l’edificio indicato con il numero 4 e descritto nella scheda seguente (Fig.16).

(36)
(37)

Figura 16. Scheda analitica dell’edificio a cui appartiene il capannone scelto. (Da Tronfi E., 2015 appendice ed. 4)

(38)

Nello specifico la scelta è ricaduta sul primo capannone dell’ala destra di tale edificio (Fig.17). Elementi discriminanti per la scelta sono stati la particolare rilevanza architettonica unita al discreto stato di conservazione dell’edificio stesso. Un valore aggiunto è inoltre la vicinanza a strutture già riqualificate e frequentate: a sinistra si trova l’edificio 5, attualmente adibito a skate park, frequentato da un pubblico più giovane, a destra un’esposizione di antichi mezzi autofilotranviari, di fronte, la Biblioteca Civica Arzelà del comune di Santo Stefano, che potrebbe dialogare costruttivamente col nostro progetto. La compresenza di queste realtà ci offrirebbe una visibilità ad ampio spettro e si beneficerebbe vicendevolmente non solo delle frequentazioni sporadiche, ma anche e soprattutto di quelle più consistenti in occasione di eventi organizzati.

Il capannone ha una lunghezza di oltre 40 m, una larghezza di circa 10 m ed un’altezza massima di 8 m ed è privo di divisioni interne. Si avrebbe quindi a disposizione una superficie di oltre 400 mq pienamente sufficienti per ospitare sia uno spazio espositivo adeguato, sia servizi accessori offerti dal museo.

Figura 17. Santo Stefano di Magra, area Vaccari, fotografia relativa all'entrata del capannone prescelto. (Foto d.A.)

(39)

3

Verso un museo della produzione

ceramica

A questo punto risulta chiaro come la storia dell’Opificio Vaccari con il suo contesto meriti di essere raccontata e sia degno di essere musealizzato quel che oggi ne resta. Guardando le dinamiche dell’attività svolta da questo opificio di fine Ottocento e osservando tutti i suoi aspetti, sia quelli propriamente produttivi, sia quelli sociali e anche, non ultimi, quelli artistici, si può facilmente notare come le sue radici affondino in modalità che sono tipiche anche del mondo antico.

Perciò, se l’obiettivo primario di questo museo è la valorizzazione della storia e dei prodotti Vaccari, con tutti i fattori afferenti all’archeologia industriale, può essere interessante creare un legame in continuum con il tema della produzione di manufatti per l’edilizia nell’antichità, presente e documentata in questo stesso territorio.

Questa possibilità amplia la prospettiva per questo museo che, pur differenziandosi da un museo archeologico tradizionale o esposizione di prevalente valore artistico, sia incentrato sulla cultura materiale dell’uomo e individui un uso attivo del reperto industriale, inserendolo nel generale processo di evoluzione della produzione laterizia e ceramica. Si darà così voce a quello che è il moderno approccio archeologico: delineare panorami sociali ed economici attraverso lo studio e l’analisi dei materiali, intesi come segni del passato, qualunque essi siano, anche quelli che agli occhi di un non addetto ai lavori possono sembrare marginali, proprio come i laterizi che spesso non sono presenti nelle esposizioni o comunque non hanno uno spazio esclusivo. Per quanto riguarda l’ambito strettamente archeologico, sul territorio spezzino sono già presenti due realtà museali importanti che ospitano collezioni ceramiche: il Museo archeologico del Castello di San Giorgio di La Spezia e l’area Archeologica dell’antica città romana di Luni36.

36

(40)

Il Museo del Castello di San Giorgio è nato alla fine del 1800 per ospitare i reperti zoologici ed archeologici provenienti dagli scavi dei bacini e delle darsene dell’Arsenale Militare di La Spezia e si è arricchito negli anni grazie a numerose donazioni, mentre l’area archeologica della città romana di Luni conserva nel suo museo il copioso materiale proveniente dagli scavi degli ultimi trent’anni e comprende i resti della colonia romana.

L’offerta museale del territorio può essere integrata con la creazione di uno spazio espositivo che può rappresentare un unicum, attraverso una narrazione logica che presenti e metta in evidenza la vocazione artigianale, produttiva e di sfruttamento delle risorse permettendo di riconoscere come le la produzione laterizia e ceramica per l’edilizia affondi le proprie radici nel mondo antico. Questa è la mission del nostro museo: rendere evidente quanto forti ed imprescindibili siano i legami tra passato e presente, tra i gesti di un tempo e la produzione moderna e quanto questi gesti siano stati importanti per la nostra civiltà, mettendo al centro l’uomo, non necessariamente il creatore di capolavori ma anche il più semplice degli artigiani.

Questo luogo parla un’antica lingua che è nostro compito rendere comprensibile a tutti. Per far ciò può essere utile iniziare il percorso con una parte più prettamente archeologica, propedeutica alla presentazione della collezione Vaccari, ponendo l’accento sui metodi produttivi antichi con un breve excursus del lungo viaggio che l’uomo, con le sue mani, ha fatto percorrere all’argilla per i suoi progetti costruttivi. Lo scorcio offerto, intenzionalmente limitato agli aspetti più evidenti di correlazione fra antico e non, invita a riflettere sull’importanza, già per il mondo antico, di individuare gli elementi essenziali per l’impianto e lo sviluppo di un’attività produttiva del genere, come la vicinanza al bacino argillifero, ad un corso d’acqua e alla presenza di infrastrutture commerciali, aspetti facilmente comprensibili e paragonabili. Così facendo si intende far prendere coscienza al visitatore che l’attività svolta fino al secolo scorso negli stabilimenti Vaccari viene ad inserirsi a pieno titolo nella storia della produzione ceramica edile, nobilitando il lavoro delle migliaia di persone che vi hanno prestato la loro opera.

(41)

Questo tipo di approccio favorisce l’incontro con gli utenti, suscita interesse e garantisce una maggiore attrattività del museo. Indagini sul campo infatti hanno dimostrato che la sensazione di inadeguatezza culturale rappresenta una barriera spesso sottovalutata che provoca un vero e proprio disagio psicologico scoraggiando il visitatore potenziale dal conoscere o dall’ entrare in contatto col museo, per il timore

di non essere in grado di comprenderne l’offerta e il contenuto.37

Il percorso si articolerà in due parti distinte e consequenziali. La prima parte, più strettamente archeologica, sarà presentata in costante rapporto con la seconda, più vicina ai nostri giorni, in modo che quest’ultima ne diventi la logica continuazione, trasformando il racconto museale in un unico ed indivisibile viaggio attraverso il mondo della produzione laterizia e ceramica edile.

Il punto di partenza sarà rappresentato dalle origini della produzione laterizia che come è noto, per quanto riguarda il mondo occidentale, risalgono ad età preromana. Le prime attestazioni di produzione laterizia sono infatti degli inizi del III secolo a.C. e sono legate alla cultura ellenistica. Ciò si osserva ad esempio negli alzati di Velia, città magno greca fondata dai Focei, ed anche nei manufatti del territorio romanizzato della Cisalpina, dove la scarsità di pietre e l’abbondanza di materiale argilloso favorì

l’uso di mattoni per alzati ben prima che nell’Urbe38. A Roma infatti lungo tutta la fase

storica repubblicana (III-I secolo a.C.) per le strutture degli elevati nell’edilizia abitativa

si utilizzavano il laterizio crudo39 e i materiali lapidei nei vari opus murari

dell’architettura pubblica. La produzione del laterizio cotto in fornace si limitava solamente a tegole e coppi di copertura o a elementi impiegati nelle suspensurae dei bagni privati e delle terme e solo a partire dal I secolo d.C. si affermerà per il materiale

da costruzione, diventando la cifra costruttiva dell’architettura di epoca imperiale40.

L’attenzione verrà posta quindi sul tipico mattone romano di configurazione quadrata, le cui dimensioni sono multipli o sottomultipli del piede romano che ne determina la

37 CATALDO L., PARAVENTI M. 2007, p. 281. 38

ACOCELLA A. 2012, p.4. 39

I cosiddetti mattoni Lidium citati e descritti sia da Vitruvio che da Plinio nelle loro opere, fatti di argilla frammista spesso a paglia e semplicemente essiccata al sole (Vitr., De Archit., II,8,9; Plin., Nat.Hist. XXXV, 170-173).

40

(42)

sua stessa denominazione. Il modello da cui tale mattone trae origine è da rintracciare nella grande tegola da tetto, piatta e di ampia superficie, con la quale è facile comparare l’esiguità di spessore dei mattoni romani.

L’opus testaceum inizialmente veniva utilizzato come sistema costruttivo con funzione strutturale, rimanendo spesso obliterato da superfici estetizzanti, stucchi, affreschi, pietre e marmi. Con Traiano e la costruzione dei suoi mercati, l’opus testaceum lasciato a vista diventerà uno stile architettonico sdoganando Roma dalla tradizione architettonica greca durante il II secolo d.C.

Soffermandosi sulla produzione romana sarà possibile creare il collegamento con la produzione industriale, sottolineando come con l’avanzare dell’età imperiale la produzione dei laterizi assunse i caratteri di una vera e propria industria specializzata per qualità, quantità e varietà di tipologie di prodotti.

Con l’esposizione di alcuni reperti bollati si porrà poi l’accento su come, grazie alla consuetudine di imprimere bolli di fabbrica, soprattutto sui tipi più grandi di laterizi, identificativi del proprietario degli stabilimenti di produzione unitamente al nome della fornace, sia possibile seguire in qualche modo l’evoluzione di questa industria.

Il nostro racconto parlerà delle tecniche di bollatura e delle informazioni che esse

hanno trasmesso41. Questo ci darà la possibilità di approfondire anche il tema della

gestione privata e pubblica delle fornaci, delle maestranze, delle condizioni di lavoro e di aspetti sociali come ad esempio dei villaggi operai che spesso sorgevano nei pressi

delle fornaci, come è stato ipotizzato anche per la fornace di Massa42 e proprio come è

avvenuto a Ponzano Ceramica.

Per illustrare lo svolgimento delle attività negli impianti produttivi antichi sarà presentata la ricostruzione virtuale di una fornace: sarà utile come trait d’union per la spiegazione del ciclo produttivo della moderna Ceramica Vaccari e ci permetterà anche di parlare delle maestranze e delle loro condizioni di lavoro e di vita che il visitatore sarà invitato a comparare con quelle presentate nella sala successiva.

Il discorso archeologico in senso stretto si concluderà con una sezione dedicata al Medioevo, periodo che vede sfiorire l’attività quasi industriale dell’epoca antica, da cui

41 BLOCH H. 1968, p.108. 42

(43)

ereditò un patrimonio monumentale di proporzioni gigantesche. Alcuni edifici furono utilizzati con le loro specifiche funzioni, altri trasformati ad esempio in chiese, ma molti complessi architettonici, lasciati andare in rovina, diventarono cave di materiale edilizio a cielo aperto da cui attingere elementi per le nuove costruzioni. La produzione di mattoni quasi cessò, sopravvivendo in rari laboratori artigianali, spesso legati alla

presenza di cantieri di monasteri, e riprese solo a partire dal XII secolo43 .

D’altro lato il Medioevo segna anche grandi cambiamenti nella produzione ceramica. Oltre alla doppia cottura, l’influenza del mondo bizantino e islamico introdusse in edilizia le tecniche dell’ingobbio sotto vetrina e della smaltatura per la realizzazione di particolari laterizi rivestiti, usati nella decorazione degli edifici in contesti privilegiati, soprattutto ecclesiastici. Nella Liguria del XIV secolo le testimonianze d’uso di queste piastrelle, che venivano denominate “laggioni”, costituiscono uno dei gruppi più considerevoli a livello italiano per numero di attestazioni e continuità di utilizzo44. Infatti durante il XIV secolo, dopo le prime importazioni dalla Spagna l’imitazione di questa tipologia si sviluppò nelle botteghe locali dove gli artigiani erano in grado di realizzare prodotti simili essendo ormai affermato, con la produzione regionale di

maiolica arcaica, l’impiego di vetrine stannifere45.

L’uso, come è noto, era riservato agli edifici elitari, soprattutto religiosi ma anche privati; venivano utilizzati per ricoprire superfici ampie, sia pavimentali che parietali o anche come semplici inserti decorativi in aree ridotte quali i davanzali delle finestre. Per quanto riguarda l’inserimento delle testimonianze archeologiche concrete è risultato naturale guardarsi intorno e cogliere le evidenze sul territorio valutandone la disponibilità. Di grande rilevanza è risultata la Fornace di Massa, fornace romana attiva tra il II e il I secolo a.C. che, grazie a scavi e a studi condotti tra il 2011 ed il 2012 dalla società SeArch di Pisa, sotto la direzione della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, ha riportato alla luce uno spaccato delle tecniche lavorative e dei

prodotti di epoca repubblicana. Ad essa sarà ispirata la ricostruzione virtuale di

43 AUGENTI A. 2016, p.46.

44 GELICHI S., NEPOTI S. 1999, pp.49-61. 45

(44)

un’antica fornace che si intende inserire all’interno del percorso per offrire un agevole apprendimento delle fasi produttive.

Si sono poi presi in considerazione i principali luoghi di interesse archeologico della provincia della Spezia: oltre la già citata Luni, la Villa marittima romana di Bocca di Magra (I secolo a.C.- IV secolo d.C.), nel limitrofo Comune di Ameglia, la villa del Varignano Vecchio nel Comune di Portovenere, esempio di modello architettonico produttivo dove convivono la pars urbana e la pars rustica (II secolo a.C.- I secolo d.C.)

e il sito medievale del Castello della Brina nel Comune di Sarzana46. Da tali contesti è

emersa la disponibilità di piccoli nuclei di ceramiche che possono utilmente essere inseriti all’interno del museo per dare completezza al percorso espositivo. Anche il Museo del Castello di S. Giorgio ha messo a disposizione una piccola parte della Collezione Privata Fabbricotti. Tali materiali non fanno ancora parte, per motivi diversi, di nessuno degli allestimenti museali presenti nella provincia.

L’opportunità di attingere materiale da tutti questi nuclei offre la possibilità di creare

un’esposizione per campioni tipologici.47

L’esposizione potrà essere inoltre integrata con riproduzioni, copie o proiezioni di immagini ugualmente esaustivi per la mission del museo, che è quella di meglio illustrare ed evidenziare l’importanza della produzione laterizia in tutti i suoi aspetti. La collocazione di questi reperti risulta essere un valore aggiunto per il museo che avrebbe così un forte legame non soltanto con l’ex opificio Vaccari ed il territorio circostante, ma anche con tutta la provincia.

In effetti è ragionevole pensare che fra quella parte dei nuclei a nostra disposizione che non è ancora stata studiata o è in fase di studio, siano presenti materiali di produzione locale, soprattutto per quanto riguarda i manufatti relativi all’edilizia. Ad esempio se da una lato il ritrovamento nel contesto della Villa del Varignano di due frammenti di bollo laterizio, della figlina romana di Q. Asinius Marcellus, consul suffectus del 123 d.C. testimonia i rifornimenti marittimi della villa48, dall’altro tegole e

46

Per ulteriori informazioni riguardo la Villa di Bocca di Magra si veda FROVA A. 1976, MAZZONI A. 1959, per la Villa del Varignano Vecchio si veda GERVASINI L. 1998, BERTINO M.L., 2001, per il Castello della Brina si veda BALDASSARRI M., FRONDONI A., MILANESE M. 2008.

47 Cfr. Cap. 4.4. 48

Riferimenti

Documenti correlati

Quando attori e risorse generano attività che portano alla creazione di strategie di sviluppo locale, naturalmente tenendo conto degli strumenti finanziari, tecnologici

In the Basic Protection area, the MPM assesses the fundamental factors which must be in place in a plural and demo- cratic society, namely, the existence and effectiveness of

19 Per esempio le LTRO hanno consentito agli istituti di credito di accedere sino a giugno 2016 con aste trimestrale a delle operazioni di rifinanziamento presso L’Eurosistema

Cumulative release of NPs with different electric charges (negative, blue squares and positive, red squares) from AC6 hydrogel at pH = 7.4 (A) and pH = 5 (B); the slope of NPs

Ultima modifica scheda - data: 2020/08/10 Ultima modifica scheda - ora: 10.21 PUBBLICAZIONE SCHEDA. Pubblicazione scheda -

Alcuni individui (POL- 003, POL- 014, POL-029) sono decorati con impressioni distinte, realizzate con il margine dentellato di una valva mantenuto in posizione

Riconosciuta nel mondo come principale riferimento nel decoro della ceramica, forte di proposte commerciali che l'hanno vista imporre al mercato la duttilità dei

Alle 10.30 di sabato 8 febbraio al Museo delle Mura Toccare un segno urbano farà rivivere la millenaria storia della Porta Appia e delle mura di Roma mentre