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Esprimere gli irrazionali con i numeri: la sequenza delle diagonali effabili

CAPITOLO 5. CONTINUO E DISCRETO, GEOMETRIA E ARITMETICA

3. Esprimere gli irrazionali con i numeri: la sequenza delle diagonali effabili

Vorrei, a questo punto della trattazione, presentare un caso particolarmente emblematico delle difficoltà che si ebbero a conciliare aritmetica e geometria a seguito della scoperta dell'incommensurabilità.

Come si è visto, erano stati fatti dei tentativi di esprimere la misura della diagonale di un quadrato rispetto al suo lato (ossia di esprimere attraverso un λόγoς pitagorico quella che noi oggi chiamiamo √2): tentativi che erano sistematicamente falliti, conducendo infine alla dimostrazione dell'impossibilità di principio di esprimere questa misura. Esistevano, tuttavia, nell'antica Grecia alcuni algoritmi che permettevano di calcolare una serie di frazioni, quindi proprio di λόγoι pitagorici, i quali rappresentavano approssimazioni via via migliori di √2: si tratta della cosiddetta “sequenza delle diagonali effabili”.

Un primo metodo di produrre questa sequenza di λόγoι è descritto da Teone di Smirne170. Si parte dall'approssimazione:

d1 = 1; l1 = 1.

La scelta di partire proprio dal λόγoς d

l =

1

1 viene giustificata da Teone, il quale osserva che l'1, essendo principio di tutto, è principio sia della diagonale che del lato, ed è pertanto in grado di generare entrambi171.

Si prosegue quindi nel calcolo delle successive frazioni secondo la formula: dn = 2∙ln – 1 + dn – 1; ln = ln – 1 + dn – 1.

Ad esempio, il secondo λόγoς si ottiene calcolando:

169 Per quanto esposto a questo capitolo, cfr. C. B. BOYER, Storia della matematica, cit., capp. 1-2 e O.

NEUGEBAUER, Le scienze esatte nell'antichità, cit., capp. 1-2, 4.

170 TEONEDI SMIRNE, Matematica utile per la comprensione di Platone, par. XXXI.

d2 = 2∙l1 + d1 = 3; l2 = l1 + d1 = 2.

Si ottiene così il valore 3

2 , il quale costituisce un'approssimazione migliore di √2. I valori successivi prodotti dall'algoritmo sono:

7 5 ; 17 12 ; 41 29 ; 99 70 ; 239 169 ; 577 408 ….

L'ultimo rapporto vale circa 1,4142156862..., valore molto prossimo a √2.

Esiste un altro metodo per calcolare dei λόγoι che approssimano √2: si utilizza in questo caso una “frazione continua”:

1+ 1

2+ 1

2+ 1

2+...

Come si vede, la funzione potrebbe continuare all'infinito. I primi valori che da essa si ottengono sono i seguenti:

1+1 2= 3 2 1+ 1 2+1 2 =7 5 1+ 1 2+ 1 2+1 2 =17 12

Si può chiaramente proseguire all'infinito, ottenendo valori sempre più prossimi a √2. Balza immediatamente all'occhio che i λόγoι trovati attraverso la frazione continua sono gli stessi prodotti dall'algoritmo prima descritto. Si osserva, tuttavia, che nessuno dei rapporti trovati soddisfa il teorema di Pitagora. Se così fosse, dovremmo avere

l2 + l2 = d2, ossia 2∙l2 – d2 = 0.

Eseguendo i calcoli, si trova invece: 2∙22 – 32 = -1

2∙52 – 72 = 1

2∙122 – 172 = -1

2∙292 – 412 = 1

e così via. Come si vede, la differenza tra il doppio del quadrato del lato e il quadrato della diagonale è sempre uguale all'unità, che compare alternativamente con segno positivo e negativo. I λόγoι, pertanto, non catturano mai il valore numerico della diagonale, ma oscillano sempre tra eccessi e difetti.

Una spiegazione del funzionamento del primo dei due procedimenti si può trovare proprio negli Elementi di Euclide, dove, nella proposizione 10 del Libro secondo, viene dimostrata l'uguaglianza:

(2a + b)2 + b2 = 2[a2 + (a + b)2]172.

Tale uguaglianza è sufficiente a rendere conto del fatto che, partendo dalla coppia (1; 1), è possibile, attraverso le formule

dn = 2∙ln – 1 + dn – 1; ln = ln – 1 + dn – 1

generare infinite approssimazioni di √2: in appendice mostrerò perché, e fornirò anche due spiegazioni relative all'equivalenza della frazione continua a √2.

A questa particolare sequenza di valori si richiama anche Platone, che nella Repubblica fa riferimento alle “diagonali razionali di cinque”173. Chiaramente, egli si sta riferendo al

numero 7, dal momento che nella sequenza delle diagonali effabili troviamo 7

5 come

approssimazione di d

l . Occorre innanzitutto notare che Platone si riferisce alla

diagonale razionale in modo molto disinvolto, il che farebbe pensare che questi algoritmi fossero abbastanza diffusi, e che il concetto di diagonale razionale fosse conosciuto e ben padroneggiato dai matematici del tempo. L'espressione platonica, inoltre, suggerisce che vi fosse un secondo tipo di diagonale, rispetto alla quale la diagonale razionale si definirebbe per antitesi: avremmo dunque una grandezza razionale ma approssimata, e una grandezza irrazionale, ma esatta. Platone sembra essere ben consapevole dell'irriducibilità di queste due174.

Costruendo queste serie di λόγoι, si trova che la misura della diagonale risulta stretta tra due serie di valori convergenti, che approssimano √2 con continui eccessi e difetti. Questo modo di catturare il valore stringendolo tra due sequenze convergenti è pressoché identico al modo in cui oggi si determinano i numeri irrazionali: essi sono infatti definiti come elementi di separazione tra due serie di numeri razionali. Il principio con cui si determinano questi enti matematici, peraltro, è analogo a quello con cui Eudosso determinava i suoi

172 Come si vedrà più approfonditamente nel corso del settimo capitolo, tale uguaglianza è dimostrata da Euclide solamente in termini geometrici.

173 PLATONE, Repubblica, 546 c.

λόγoι, i quali, è bene sottolinearlo, potevano essere tanto razionali quanto irrazionali. L'uguaglianza tra due λόγoι si aveva infatti quando questi determinavano la stessa sezione all'interno della serie dei λόγoι pitagorici.

Ciò che mi preme maggiormente osservare in questa sede, tuttavia, è che queste sequenze, mirate a fornire la misura della diagonale, falliscono sistematicamente nel loro intento. Per quanto si prosegua, non si arriva mai a determinare un λόγoς pitagorico che esprima in maniera esatta il rapporto tra lato e diagonale: gli eccessi e i difetti quindi mancano sempre il valore stesso. Noi, oggi, diamo il nome di numero a questo valore, all'elemento di separazione: si tratta, è vero, di un ente che ha le caratteristiche di una realtà in divenire piuttosto che quelle di una realtà ben definita, tuttavia esso esiste: sulla linea dei numeri, all'elemento di separazione tra le due classi di λόγoι corrisponde un qualcosa, vi è uno spazio ricolmo d'essere, e tale numero viene all'essere grazie ad un atto di creazione dello spirito umano175. Nel mondo greco, invece, tra le due serie di λόγoι non vi è nulla: il numero, l'ἀριθμός che elevato al quadrato restituisce come risultato 2 semplicemente non esiste.

Scrive Proclo:

Avendo trovato nella geometria la possibilità di costruire un quadrato doppio di un quadrato, non trovandola nei numeri, noi diciamo che un quadrato è doppio di un altro, meno un'unità, come per esempio il quadrato di sette è il doppio del quadrato di cinque meno uno176.

Quello che emerge da questo tentativo di esprimere l'irrazionale è che i numeri, fintantoché sono pensati come numeri interi, non sono in alcun modo in grado di rendere conto della realtà geometrica. Le sequenza delle diagonali effabili è un metodo per piegare il numero, forzandolo ad esprimere le quantità irrazionali, e tuttavia è un metodo che fallisce, rivelando l'insufficienza del numero stesso a questo scopo. Il continuo non può in nessun modo essere ingabbiato dal discreto.

175 Cfr. I. TOTH, Aristotele e i fondamenti assiomatici della geometria, cit., pp. 372, 373.