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Capitolo 2 – Il fenomeno delle Fashion Blogger

2.3 Essere il brand di sé stessi

Per diventare Fashion Blogger di successo la strada però non è così breve e semplice poiché, per esserlo a tutti gli effetti, facendone un vero e proprio lavoro remunerato, non basta caricare le foto dei propri outfit accompagnate da una didascali descrittiva.

Abbiamo visto che bisogna innanzitutto essere attenti e precisi nelle pubbliche relazioni sia online che offline perché i seguaci notano tutto, poi di pari passo deve essere costruita la propria identità digitale e sviluppata affinché venga apprezzata per diventare un tutt’uno con la propria immagine. Il tutto può essere racchiuso

nell’espressione Personal Branding.

Attraverso i fashion blog, ognuno può costruire il proprio personal brand.

Il concetto di personal branding viene citato per la prima volta da Peters (1997) nel suo articolo "The Brand Called You", ed è diventato sempre più importante oggi con lo sviluppo delle tecnologie web.

Il personal branding è “un processo attraverso cui una persona definisce i punti di forza (conoscenze, competenze, stile, carattere, abilità, ecc.) che la contraddistinguono in modo univoco creando un proprio personal brand”(Fonte: Wikipedia), quindi significa essere capaci di definire se stessi e le proprie capacità per poi utilizzarle in modo da stabilire un rapporto di fiducia e di valore (in questo caso con i lettori), di creare empatia con il pubblico così da far crescere la propria credibilità e visibilità, fino ad essere considerato come un esperto in quel settore.

“Il processo del personal branding è lo stesso del marchio di un prodotto, che però si concentra sui punti di forza e sull'unicità del singolo individuo” (Kaputa, 2005; Schwabel 2009; Labrecque, et al., 2011).

Questo processo è composto da tre fasi proprio come per i brand dei prodotti/servizi: si parte dallo stabilire un'identità della marca, poi il successivo passaggio è quello di sviluppare il posizionamento del brand diffondendolo continuativamente nel mercato target e la terza fase è quella di capire se siamo riusciti a trasmettere la giusta immagine dello stesso.

All’interno del mondo online, il personal branding si basa principalmente sulla presentazione di noi stessi che esprimiamo sia nei profili social, sia attraverso il blog, quindi si tratta anche della reputazione che ci costruiamo online.

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Al giorno d'oggi, il branding personale non è solo per le celebrità. “Con l'avvento di Internet e dei social media, il marchio personale diventa simile ad una commodity di tutti i giorni per la società” (Safitri, 2017). Il branding infatti, “è un processo pianificato in cui le persone si impegnano a commercializzare sé stessi” (Khedher, 2014).

Come ogni brand di un prodotto o servizio, è importante definire un personal brand intorno a noi che ci permetta di distinguerci dagli altri.

Il primo passo del personal branding sta nello sviluppare un’identità personale trovando un modo di esprimersi inimitabile, cioè è fondamentale avere saper scrivere in modo originale così che permetta ai lettori di individuarci immediatamente tra la folla di fashion blog sparsi in tutto il web, ma soprattutto che susciti curiosità, stima, ambizione, invidia ed empatia con il pubblico.

Fig. 20 - Source: www.dariovignali.net

Come possiamo dedurre dalla Figura 20, da una parte ci sei tu fashion blogger che come individuo ha i suoi valori, interessi, esperienze di vita ecc. e dall’altro lato c’è il

pubblico che vuoi raggiungere che avrà a sua volta i propri valori, ambizioni ecc. Come entrano in contatto i due insiemi? Mediante la condivisione del personal branding proprio della fashion blogger (attraverso dichiarazioni verbali, mostrando gli ultimi abiti acquistati, outfit del giorno ecc.) in modo da suscitare l’avvicinamento e poi

l’intersezione con l’insieme composto dal pubblico che finalmente è stato raggiunto e “conquistato”.

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Ci sono stati casi di blogger che attraverso la pubblicazione quotidiana del look del giorno, ad esempio, sono riusciti a distinguersi e a raggiungere il successo per il loro stile particolare e unico. Per esempio, Anna Dello Russo (giornalista italiana, consulente creativa di Vogue Giappone e co-founder del fashion blog www.annadellorusso.com) è rinomata per i suoi cappelli stravaganti e la carnagione arancione, mentre Bryan Boy si è sempre contraddistinto per i suoi outfit audaci che combinano capi di abbigliamento insoliti tra loro e a stampe molto fantasiose (Fig.21).

Fig.21 - Source: www.Instagram.com

Anna Dello Russo Bryan Boy

Il successo di un fashion blog abbiamo capito che parte dalla costruzione di un'identità forte e precisa, è il punto di vista unico e personale che crea la relazione con il lettore. Questo è anche un elemento essenziale di cui i brand dovrebbero tenere conto quando decidono con chi collaborare, non dovrebbero affidarsi solo ai numeri perché rischiano di considerare soprattutto la quantità e non la vera natura e qualità in termini di

immagine della blogger.

Lo stesso vale per i blogger: l’immagine che vogliono mostrare al pubblico deve essere perfettamente coesa con le scelte dei brand con cui lavorare e ma anche con il modo in cui si decidono di realizzare tali collaborazioni; tutto deve avere coerenza con il

personaggio costruito e l’audience di riferimento, altrimenti si indebolisce sempre di più il personal branding costruito.

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Ad esempio, se una fashion blogger nella sua auto-presentazione dichiara di essere contro l’uccisione degli animali per fare le pellicce, e poi sceglie di pubblicizzare una borsa O bag dell’azienda Fullsport, che fino all’anno scorso utilizzava la pelliccia di alcuni animali per rivestire il bordo della famosa borsa di gomma made in Italy, crea incoerenza tra ciò che professa di essere attraverso il suo personal branding e ciò che fa realmente, perdendo credibilità.

Il secondo passo riguarda il fatto che tutto, come nel brand di un prodotto, deve soddisfare le aspettative del mercato che abbiamo scelto. È importante comprendere il pubblico di riferimento che vogliamo raggiungere con il nostro marchio personale affinché possiamo attivare una precisa comunicazione dell’identità del nostro brand. Nel personal branding, abbiamo già detto che il posizionamento del brand avviene attraverso l'auto-presentazione, ma non solo, sono necessari anche la condivisione di informazioni sul sé mediante i testi dei post, gli elementi non verbali come l’aspetto, le immagini postate, il font del blog, e anche le azioni compiute, in quanto tutto questo genera determinate impressioni negli altri. Ciò significa che il posizionamento del brand sul fashion blog dipende da come hanno gestito e curato il blog, dalla comprensione delle fashion blogger del contesto in cui operano e se sono in grado di connettersi ad esso. L'obiettivo del brand positioning è “posizionare nella mente dell'utente il brand (o il nomedella fashion blogger) associato a un preciso concetto che inequivocabilmente lo distinguerà dai concorrenti” (fonte: Wikipedia), quindi creare awarness o

consapevolezza. Come?

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Una possibile soluzione ci viene proposta proprio dal blog di Dario Vignali (CEO di Marketers e consulente di digital marketing per grandi aziende), ovvero il Funnel Personal Branding (Fig. 22) che è un percorso di creazione di consapevolezza che permette ad un lettore di prendere confidenza con l’autore/autrice e il suo modo di pensare ed essere, leggendo i contenuti di un fashion blog.

Il funnel ha una forma ad imbuto e inizia con il livello del primo impatto o della prima conoscenza, poi man mano che si prosegue si passa ad un secondo livello, quello di consapevolezza, per arrivare a quello di empatia. Ovviamente, ad ogni livello corrispondono contenuti diversi tra loro.

Nel primo livello, ad esempio, si ha la prima occasione di contatto tra blogger e lettori, e qui possiamo trovare, secondo Vignali, i cosiddetti “micro-contenuti” che possono essere immagini, hashtag, motti, brevi post su Facebook o Instagram che danno un’idea iniziale su chi è l’autore/autrice del fashion blog. Hanno infatti il ruolo di far capire e conoscere uno dei vari aspetti dell’autrice del fashion blog, gli ideali che persegue e/o i risultati raggiunti dalla stessa. L’obiettivo di questi micro-contenuti è generare

awarness, interesse e curiosità nei lettori.

Fig. 23 – Source: Facebook – Song of Style by Aimee Song

La Figura 23 è presa dalla pagina ufficiale Facebook del fashion blog “Song of Style” di Aimee Song e può essere un valido esempio di micro-contenuto, infatti basta osservare

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la foto e l’hashtag #BOF500 per capire che Aimee Song non è solo una fashion blogger ma anche un’imprenditrice.

Oltre a ciò si evince anche quali obiettivi ha raggiunto, in quanto BOF 500 è “l'indice professionale definitivo delle persone che modellano il settore della moda da 2,4 trilioni di dollari, selezionato a mano dai redattori di The Business of Fashion, basato su

centinaia di nomination ricevute dagli attuali membri della BoF 500” (www.businessoffashion.com).

Con solo questa foto, si genera innanzitutto conoscenza perché si inizia a capire chi sia Aimee Song, ma non solo, genera molto interesse e curiosità sapere che rappresenta una delle 500 persone più influenti del mondo della moda.

Questo approccio dei micro-contenuti è utile per far sì che le persone si interessino maggiormente e passino al livello successivo del funnel.

Una foto visualizzata su Instagram o Facebook, come quella in Figura 23, dà alcune informazioni ma soprattutto genera l’intenzione di approfondire ulteriormente la conoscenza di quella determinata fashion blogger.

E come può fare un utente? Ovviamente tramite il fashion blog.

Considerando sempre come esempio la Figura 23, essa suscita in chi la vede, una spinta a saperne di più di questa fashion blogger per capire ed essere consapevoli del suo successo, quindi il primo istinto sarà quello di andare a visitare il suo fashion blog “Song of Style”. Ed è a questo punto che siamo entrati nel secondo livello, dove troviamo contenuti più consistenti postati sul blog e si può avere la piena

consapevolezza di chi sia veramente la blogger.

È di fondamentale importanza, quindi, che le fashion blogger realizzino un blog interessante che, si ovviamente parli principalmente di moda, ma che racconti anche qualcosa in più su di loro, sulla loro quotidianità, per generare empatia e senso di

vicinanza nei seguaci. In questo modo i lettori raggiungono l’ultimo livello del funnel e ne restano positivamente “intrappolati”.

Ad esempio, la fashion blogger Alessia Marcuzzi, sul suo blog “La Pinella”, non parla solo di moda e della sua linea di borse ma anche di una giornata al parco con la figlia Mia, o delle vacanze fatte con il nuovo marito, o dei piccoli problemi adolescenziali che si trova ad affrontare con il figlio Tommaso. In questo modo racconta frammenti della sua vita che la rendono vicina alle mamme “comuni” che la seguono e che possono prendere spunto dalle sue attività, possono trovare conforto, consigli, sentirsi anche più

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vicine ad una star televisiva, aumentando anche il passaparola positivo tra le altre mamme e di conseguenza i lettori e follower.

Non è tutto qui, uno strumento molto utilizzato da tantissimi blogger e anche da aziende per “bloccare” gli utenti nel terzo livello, quello dell’empatia e delle relazioni durature è la newsletter. La newsletter o bollettino in italiano, come ci viene spiegato dal sito www.i-dome.com, è “un messaggio di posta elettronica che viene

inviato periodicamente e gratuitamente a coloro che lo abbiano richiesto e che contiene informazioni aggiornate su argomenti di loro interesse. Essa può infatti essere utilizzata per comunicare novità commerciali quali, ad esempio, promozioni, variazioni di listini, nuovi prodotti, partecipazioni a fiere in caso si tratti di un’azienda

oppure approfondimenti ed aggiornamenti su nuovi argomenti postati su un blog.”

La terza fase del branding personale è la valutazione del personal brand. È importante conoscere le percezioni del pubblico finale: “il feedback è essenziale perché è un segno che gli sforzi di branding hanno raggiunto branding e obiettivi personali” (Khedher, 2014), vuol dire che i follower apprezzano i contenuti condivisi e sono disposti a condividere con gli altri l’esperienza positiva che hanno vissuto attraverso il post di un blog.

Un esempio di feedback sono i like o i “mi piace” e i commenti che i follower scrivono sotto i vari post della fashion blogger, ma anche le condivisioni di un articolo della fashion blog da parte dei seguaci sul profilo Facebook, Instagram, Pinterest ecc. di quest’ultimi.

Quando una blogger diventa famosa, inizia a rispondere sempre meno ai commenti perché ne riceve davvero molti, soprattutto sui profili social, ma anche i follower stessi non si aspettano sempre una risposta anche se sono entusiasti quando la ricevono, si sentono dei privilegiati e cresce la stima che hanno nella blogger.

Come possiamo vedere in Figura 24, abbiamo un post scritto dalla fashion blogger Negin Mirsalehi sul suo blog, sotto l’anteprima viene indicato il numero di commenti, che in questo caso sono 117, e il numero delle volte in cui il post è stato condiviso su Pinterest (241). Nella seconda immagine abbiamo un esempio di commenti che generalmente vengono lasciati dai followers: sono parole di adorazione, di interesse in ciò che fa e indossa la fashion blogger. I follower commentano anche per sapere che brand indossa una fashion blogger, in modo tale da essere in grado di imitarle acquistando gli stessi capi o accessori.

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Il personal branding se fatto correttamente, rende capaci di influenzare una comunità virtuale di lettori, che possono diventare seguaci fedeli del blog.

Ci sono però delle pratiche che ostacolano la creazione di un valido personal brand, e questo perché, come qualsiasi persona inesperta in un certo ambito, “le fashion blogger imparano guardando o imitando ciò che altri fanno, quindi potrebbe essere difficile per un aspirante blogger distinguere ciò che è accettabile o meno” (Delisle e Parmentier, 2016).

Vediamo alcune di queste pratiche scorrette descritte da M.P. Delisle e M.A. Parmentier:

1. Spamming: Questa pratica si riferisce alla tendenza di alcune fashion blogger ad utilizzare lo spazio dei commenti di altri blog per fare pubblicità al proprio fashion blog.

“Impegnarsi nello spamming è quindi una forma di auto-promozione che contraddice le norme comuni della blogosfera della moda e segnala una

mancanza di comprensione delle regole del gioco” (Delisle e Parmintier, 2016) Generalmente come spiega il sito web www.marketingseoagency.com, “un commento fatto da un follower, all’interno di un post scritto dall’autrice di un certo fashion blog, rappresenta sia un aggiornamento per il blog sia un

ampliamento dell’argomento trattato dal post. Il commento così inserito agevolerà il blogger ed anche chi ha commentato, poiché il sito potrebbe ricevere altre visite”. Un commento deve essere utile agli altri utenti, non deve avere altro scopo, altrimenti viene definito spam.

Si definisce spammer chi lascia un commento che contiene un link di quello che vuole promuovere, che può essere il suo blog personale, o un suo profilo social o semplice pubblicità. Oggi è davvero comune da parte delle aspiranti fashion blogger di sfruttare la fama delle altre per auto-pubblicizzarsi, come possiamo vedere in Figura 25.

Spesso un commento spam scoraggia i lettori dal lasciare commenti

effettivamente legati all’argomento trattato nel post e fa apparire il blog come abbandonato, minando l’immagine dell’autore/autrice, quindi il suo personal brand.

Inoltre, alcuni commenti spam possono diventare pericolosi per i lettori, perché se un lettore apre un link, contenuto in uno di questi commenti, e viene

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indirizzato a un sito non consono o che contiene un virus, quel lettore perderà fiducia e non tornerà mai più a visitare il blog anzi, potrebbe anche parlare ai conoscenti dell’esperienza negativa vissuta, e ciò potrebbe comportare un calo drastico delle visite e quindi anche dei follower del blog in questione.

Fig.25 – Source: www. neginmirsalehi.com

2. Copia e imitazione: come abbiamo spiegato in precedenza, i/le fashion blogger devono trasmettere una voce unica e uno stile personale per raggiungere il pubblico desiderato e attirare l’attenzione anche degli attori influenti di moda. Inizialmente però, quando i blogger avviano il proprio blog, sono sempre alle prime armi e quindi non conoscono bene le regole di redazione di un blog in generale, e del blog di moda, in particolare. Nel cercare di costruire il proprio personal brand, “alcune adottano uno stile e contenuti del blog che imitano o rispecchiano direttamente quello di blogger di successo” (Delisle e Parmintier, 2016).

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Le blogger rischiano quindi di incorrere in questioni legali, ma non solo, copiando i contenuti di altri blog rischiano di diventare noiose e poco

interessanti agli occhi dei lettori che non saranno intenzionati a seguire ancora quella blogger.

Proiezione di una falsa immagine: “Le collaborazioni con i marchi sono diventate un simbolo di successo per i fashion blogger” (Pedroni, 2015), infatti i blogger si costruiscono un’identità proprio grazie le associazioni di significato fatte dai lettori quando leggono post in cui parlano di cooperazioni con i brand, soprattutto se di lusso. Alcune blogger però, per ottenere più popolarità,

mentono sulle loro partnership, per esempio, dichiarando pubblicamente di avere ricevuto un regalo da un brand famoso quando in realtà hanno comprato loro l'articolo stesso e, se vengono smascherate, possono direttamente chiudere il blog perché non saranno più accettate dai lettori. Altre invece decidono di lavorare con determinati marchi solo per i ritorni monetari che ne derivano, anche se essi non si associano alla loro immagine e profilo dichiarato, oppure sono disposte a modificare i contenuti del blog per incontrare le richieste imposte da un collega “potente”. Con queste pratiche rischiano di danneggiare l’onestà e l'autenticità del loro personal brand e di perdere credibilità. Già senza quest’ultime tre caratteristiche, il blog non sarà mai in grado di raggiungere il successo.

3. Pavoneggiamento: per capire bene questo punto le autrici hanno preso come esempio la Settimana della Moda. Quest’ultima può servire come un trampolino di lancio per le fashion blogger, perché uno dei motivi principali per partecipare a questo evento è vedere le tendenze del momento ma soprattutto serve per farsi notare. Tuttavia, la volontà di essere considerati e notati è stata disapprovata da attori di moda, come la nota giornalista Suzy Menkes, che si è scagliata contro i fashion blogger incolpandoli di “trasformare le Settimane della moda in un circo" (Menkes, 2013). Menkes si è indignata, inoltre, del fatto che i/le fashion blogger che indossano per l’occasione abiti eccentrici con l’obiettivo di essere al centro dell’attenzione, allontanano l'interesse dai designer, stilisti e dalle loro creazioni, quando lo scopo principale delle settimane della moda è proprio quello di far risaltare questi attori della moda. Un eccesso di estrosità spesso non

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genera empatia nei lettori, ne crea un personal brand forte tanto da far pensare ai lettori “vorrei essere come lei/lui”, soprattutto se eccedono nello stile molti follower ne restano confusi e non riescono ad immedesimarsi nella blogger.

Riuscire a diventare un importante brand di sé stessi, per una fashion blogger può essere fondamentale se intende essere qualcosa di più, ma soprattutto guadagnare di più in termini di visibilità e di denaro.

In questo settore ci sono molti casi di ragazze nate come fashion blogger che oggi sono anche imprenditrici, grazie al fatto di aver costruito un brand forte partendo da sé stesse, diventando una fonte di ispirazione, empatia e cambiamento per tutte le altre. Ad

esempio, abbiamo Chiara Ferragni che ha una linea di scarpe, accessori e abiti con il suo nome; oppure un’altra italiana Chiara Biasi che firma una sua linea di costumi, Bikini Lovers e Poisson D’Amour, molto popolare tra le ragazze giovani o per finire Alessia Marcuzzi che firma una sua linea di borse Marks and Angels.

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