S o c i o l o g i a e s e r v i z i o
« Informations Sociales »
dedica il numero di febbraio 1959 a un tema di vivo in teresse: Sociologia e servi
zio sociale, il cui sviluppo
è affidato ad un gruppo di studiosi, tra i quali il nome più rilevante è quello di P. Chombart de Lauwe, del Centre National de la Re- cherche Scientifique. I sag gi che la rivista riporta rap presentano il contributo che gli autori hanno dato alle
« Giornate pedagogiche » or
ganizzate dal Comitato di intesa delle scuole francesi di servizio sociale, nella primavera del 1958.
Ci pare però che la parte più importante della rivista sia rappresentata non tanto dai saggi di carattere spic catamente pedagogico (e. Lo insegnamento delle scienze umane e della sociologia nel le scu ole» di Chombart de Lauwe ; « Saggio di inchie sta pedagogica effettuato al la fine di un corso di socio logia » di Guy R ocker;
« Una esperienza eli inse
gnamento della sociologia » di M.lle Gauthier) quanto dai due saggi di Chombart de Lauwe, intesi a stabilire un utile e preciso rapporto tra lo strumento rappresen tato dalla ricerca sociologica ed il lavoro del servizio sociale.
s o c i a l e
E ’ per questo che ritenia mo opportuno riportare con una certa ampiezza i due saggi dello Chombart de Lauwe.
I. Il ruolo della ricerca nel ser vizio sociale
L ’A. trae il contenuto del suo studio da una inchiesta effettuata con un gruppo di assistenti sociali sulla vita familiare nei nuovi quar tieri.
Prima di esporre le risul tanze della ricerca, egli po ne alcune questioni preli minari, quali quella dei rap porti tra servizio sociale e ricerca sociologica. E si chie de : perché interessa fare una ricerca sociologica? che cosa è una inchiesta socio logica? è qualcosa di diffe rente da un’inchiesta di ser vizio sociale o l’una è sem plicemente il prolungamento dell’altra? che cosa significa proporre ai servizi sociali di utilizzare le tecniche o i risultati delle inchieste so ciologiche? Il lettore non deve prendere queste per domande ovvie poiché esse rappresentano la preoccupa zione dell’Autore che, pur nella autonomia dei due set tori, sente l’esigenza di un
chiaro coordinamento e di una utile collaborazione tra sociologia e servizio sociale.
Tra il lavoro dei sociologi e quello degli assistenti so ciali — egli insiste — vi sono anche delle differenze profonde : gli assistenti so ciali sono preoccupati giu stamente di arrivare ad una azione concreta e rapida; al contrario i sociologi sono più preoccupati della ricerca che delle applicazioni immediate. Ciononostante l’opposizione è meno reale di quanto ap paia, poiché anche se la preoccupazione p r i n c i p a l e dei sociologi è ciò che essi chiamano la « ricerca^ fon damentale », essa non è tut tavia disgiunta dalla preoc cupazione dell’applicazione, se non proprio oggi, certo domani. D ’altra parte si è constatato — e l’A. ha in questo campo una ricono sciuta esperienza — che l’azione pratica finisce per languire rapidamente se non è sostenuta costantemente da una ricerca più disinte ressata: un certo stacco dal l’azione immediata permette di vagliare e trovare nuove soluzioni ai problemi posti dalla ricerca stessa.
In questa preliminare im postazione dei rapporti tra il lavoro dei ricercatori e quello degli assistenti, l’A. rileva che un punto deli 77
cato è il problema dello aiuto alle famiglie.
E si pone subito una do manda generale: in che mi sura si può aiutare la gente? Aiutare la gente significa, certamente, aiutare la tale o la tal altra persona, bene individuate. Ma attualmen te, soprattutto nella società industriale « significa anche un aiuto collettivo. E ’ bene risolvere il caso di X o di Y e di interessarsi al tale ra gazzo, ma non è tuttavia oggi così importante quanto 10 sono i problemi posti dal l’insieme degli uomini X o delle donne Y ». Ed aggiun ge poco dopo : « Non po trebbe d’altronde essere una evasione risolvere il caso della signora Dupont o del suo bambino, senza tener conto di altre 100.000 per sone che hanno lo stesso diritto all’aiuto e che le presenti strutture sociali ob bligano a vivere in condi zioni inaccettabili? ».
In tal modo l’Autore pone
11 problema affrontandolo
alle sue radici, senza vie di mezzo, ed è con questa impostazione che egli inten de profilare il rapporto tra il lavoro dei sociologi e quel lo degli operatori sociali : nell’inserire — per andare al concreto esempio — i casi di ciascuna persona in uno schema più largo, con la partecipazione di sociologi e assistenti allo studio delle soluzioni dei problemi col lettivi.
Schemi e metodi di inchiesta
Dopo le precedenti pre messe, l’A. passa a trattare direttamente della ricerca da lui condotta per studiare la vita delle famiglie in nuovi quartieri, per determinare in quale misura le solu zioni adottate trasformino vita e struttura di queste famiglie, per stabilire i mo delli di comportamento del
l’uomo e della donna, l’edu cazione dei bambini, ecc.
Egli ritiene l’esperimento — dal punto di vista della ricerca fondamentale — un utilissimo esempio di effi cace collaborazione tra i servizi di ricerca ed i ser vizi sociali e gli stessi ur banisti.
Quale campo della ricerca sono stati scelti:
— il quartiere Le Cor busier di Nantes;
—■ il quartiere alla pe riferia di Parigi (al Petit-
Clamart), progettato dal
l’architetto M. Auzelle, rap presentante una tendenza diversa da quella di Le Corbusier ;
— un quartiere di Bor deaux (la Benauge) che o f fre una soluzione interme dia tra le due precedenti.
Di particolare interesse è la metodologia usata per la ricerca.
Innanzi tutto fu fatto uno studio sui quartieri e sul loro ambiente: « N o i siamo andati a vedere la gente e abbiamo discusso con essa nel corso di interviste li bere. Abbiamo provato a vivere con le famiglie per sapere come si poteva porre o non porre la tale o tal altra domanda. In funzione di queste osservazioni, ab biamo stabilito un lungo elenco di domande che per mettevano di fare una in tervista di più ore e in più sedute ».
L’A. tiene a rilevare che questo primo questionario doveva dare — ed ha dato — elementi sufficienti per elaborarne un secondo egual mente lungo (in parte per uomini e in parte per don ne), della durata di due o tre ore, accompagnato da un ulteriore questionario, la sciato nelle famiglie e ri tirato più tardi, sul proble ma dell’abitazione. In taluni casi veniva condotta una in
chiesta aggiuntiva speciale sui giovani dai 15 ai 25 anni, con un testo elaborato da un competente che aveva fatto uno studio particolare su questo tema. E ’ evidente che l’elaborazione di questi questionari ha chiesto un lungo lavoro.
Lo svolgimento dell’inchiesta e la partecipazione degli assistenti sociali
La ricerca ha preso l’av vio da una ipotesi ben pre cisa: i comportamenti nei quartieri a seconda delle categorie socio-professionali dai quali sono espressi. Si trattava di conoscere —• con metodi precisi — in che mo di reagivano agli alloggi creati appositamente per lo ro gli operai, gli impiegati e la classe media (o gli « intermedi » come l’Autore li chiama). « Non si tratta va — afferma l’A. — tanto di studiare il quartiere di Le Corbusier o quello di Auzelle o quello di Bordeaux quanto di osservare il com portamento dei tre raggrup pamenti socio-professionali in questi quartieri ».
Venne prelevato un cam pione di 45 famiglie per quartiere, 15 per ciascuna classe, in totale 135 fami glie (3 X 45 = 135 e cioè 45 famiglie operaie, 45 di impiegati e 45 di classe in termedia). Per quanto il nu mero possa parere piccolo, l’A. afferma che è sufficiente se le interviste —• si inten de — sono molto appro fondite e se gli intervista- tori sono altamente quali ficati. A l lavoro hanno par tecipato due assistenti sociali
che conoscevano bene i quar tieri nuovi e che hanno sa puto staccarsi — questo è molto importante — dalla loro abituale veste di assi stenti. « Poiché — ribadisce lo Chombart — ci sono due piani di lavoro : il piano della ricerca propriamente
detta, su cui si trova il sociologo, e il piano del la voro sociale, in cui si uti
lizza la ricerca ».
Lo spoglio della inchiesta
Effettuate le interviste, il procedimento di spoglio è avvenuto in modo differen ziato, a seconda che si trat tava di domande « aperte » o domande « chiuse ». La domanda aperta — come tutti sanno — è quella che, limitandosi a qualcosa di molto generale, lascia liber tà alFintervistato di rispon dere come vuole : in una parola o in due pagine; l’intervistatore ascolta e no ta quanto più può, attento anche alle particolari espres sioni di linguaggio. Nelle domande « chiuse » l’intervi stato invece risponde « si » 0 « no » o, in certi casi, sceglie in una serie di frasi preparate quella che meglio corrisponde a ciò che pensa.
Per lo spoglio delle do mande « aperte » si fa una « analisi del contenuto » me diante procedimenti che per mettono la codificazione del le risposte (per quanto lun ghe e sconnesse), per uno studio statistico, con l’aiuto di sistemi meccanografici. E ’ una tecnica di lavoro abba stanza semplice, ma che ri chiede precisione e cono scenze appropriate ed estese. Se i codificatori delle rispo ste non sono fedeli, c’è il pericolo di fa r dire alla gen te ciò che non voleva.
Quando lo spoglio è avve nuto sia per le domande « aperte » che « chiuse », i risultati vengono elaborati dalle macchine meccanografi che, che studiano le varie relazioni e che operano una serie di scelte. « Tanto piu —• rileva Chombart de Lau- we — che oggi con l’aiuto di speciali macchine elettro niche possiamo controllare 1 risultati e sapere se essi hanno o no significato ».
I primi risultati e la loro possibile utilizzazione : il problema del bilancio
Si passa quindi alla espo sizione dei risultati parziali
dell’inchiesta : « In questa
prima parte noi abbiamo uti lizzato, ed anche parzial mente, solo il questionario compilato per la donna. Ab biamo presentato uno studio sui bilanci familiari ed i comportamenti e c o n o m ic i, uno sull’abitazione ed il suo arredamento, uno sul lavoro domestico e il lavoro profes sionale della donna, uno sul la vita dei ragazzi nei nuovi gruppi di abitazione e uno sui rapporti tra vicinato e vita collettiva ».
Per quanto riguarda il bi lancio, l’A. avverte di es sersi limitato allo studio delle relazioni tra le entrate della famiglia e certi com portamenti nella vita quoti diana. Il maggior ostacolo, per un tale studio, è quello delle unità di consumo: in questo caso l’autore non si è avvalso né dei calcoli per unità di consumo, né della scala di Oxford o di altre più perfezionate, avendo de ciso di studiare solo alcuni aspetti delle entrate. In par ticolare si trattava di pren dere in considerazione non tanto le differenze tra fa miglie numerose o meno, che avessero o no bambini, bensì semplicemente tra fa miglie che avevano entrate più o meno elevate.
Ecco qualche appunto sul le conclusioni riguardanti il « bilancio » :
1. Nel campione della ri cerca, un terzo o meno delle famiglie hanno risorse com plementari che si aggiungo no all’entrata del capofami glia. E ’ il caso soprattutto dei piccoli salariati.
2. Malgrado le condizioni di densità più sfavorevoli per gli operai, il loro bi lancio contempla un carico per l’abitazione in partico
lare più pesante di quello delle classi intermedie. Que sto « carico » è controbilan ciato da una minor spesa di arredamento.
3. L’« aiuto » è richiesto più frequentemente quando l’entrata non s u p e r a gli 80.000 franchi. « Questa —• avverte l’A. — può essere una ” soglia ” su cui l’auto rità pubblica farebbe bene ad indagare ».
4. Un quarto degli inter vistati dichiara di avere un bilancio in pareggio. Un terzo delle famiglie ha l’im possibilità di farlo quadrare. L’equilibrio è terribilmente precario quando il capofa miglia ha un salario che va dai 55 agli 80.000 franchi. Per tirare avanti senza esor bitanti difficoltà è necessaria una entrata di 100.000 fran chi: da tale entrata però sono esclusi gli operai e gli impiegati con quattro figli e più.
5. L’affitto — nella mag gior parte dei casi — è considerato normale : tutta via esso sembra pesare gra vemente sul bilancio degli interessati, al punto di fare concorrenza alle spese di alimentazione ed anche di superarle quando lo stipen dio del capofamiglia è infe riore agli 85.000 franchi e l’entrata familiare inferiore ai 100.000 franchi. (E ’ bene osservare come ci si imbatta spesso in quella « soglia » che va dagli 85 ai 100.000 franchi).
La popolazione di queste nuove abitazioni ha preoc cupazioni radicalmente di verse da quelle constatate dalle classiche inchieste ef fettuate mediante un cam pione preso nei vecchi quar tieri; né è da sorprendersi se il loro bilancio, e quindi il loro « ménage », risente dell’insufficienza d e i l o r o proventi professionali, ri chiede aiuto e rifiuta ogni aumento di affitto.
L ’abitazione e la sua attrez zatura
Sul problema dell’abita zione e della sua attrezza tura, è utile riportare qual che osservazione emersa dal la ricerca:
1. Il grado di densità per quartiere dà:
— per Petit-Clamart il 42% delle famiglie hanno un indice di popolamento normale; il 58% di super- popolamento ; — per Bordeaux il 53% ha un indice di popolamen to normale; il 47% di su- perpopolamento ; —- per Nantes il 75% popolamento normale, 25% superpopolamento.
Delle categorie socio-pro fessionali, non c’è che il 40% degli operai in popo lamento normale, il 62% degli impiegati e il 71% di classi medie.
2. Il superpopolamento in relazione al numero degli ambienti è una indicazione importantissima per fissare dei programmi. A questo proposito l’A. ricorda : « In una riunione amministrati va, ho sentito qualcuno di chiarare che bisognava au mentare il numero degli alloggi composti di due vani, dei quali vi sarebbe una forte necessità ». La rispo sta da darsi a questa in fondata affermazione emer ge naturalmente dall’indice di popolamento in correla zione al numero di ambienti nei quartieri nuovi:
— tutti gli alloggi di una stanza, senza eccezione, sono superpopolati;
— il 94% degli alloggi di due stanze è superpopo lato;
— il 56% degli alloggi di tre stanze è superpopo lato;
— il 26% degli alloggi di quattro stanze è super popolato ;
— il 19% degli alloggi di cinque stanze è superpo- popolato.
Bisogna arrivare agli al loggi di sei stanze per otte nere lo 0% di supèrpopola- mento. Se si pensa alle conseguenze che un tale su perpopolamento c o m p o r t a , ciò lascia molto perplessi.
3. Per quanto riguarda
l’attrezzatura dell’abitazio ne, un grandissimo numero di famiglie ha completato le installazioni iniziali. Solo il 7% delle famiglie hanno lasciato l’alloggio tale e quale l’hanno trovato. Inte ressante è l’osservazione che gli impiegati ed in partico- lar modo gli operai hanno tendenza a fa r meno spese —- a questo riguardo — del le classi medie. E ’ pure utile sapere che gli apparecchi elettrodomestici incomincia no ad apparire rapidamente nei quartieri nuovi, sia per il gusto di mantenere nuovo l’ambiente, sia per lo spi rito di emulazione tra le famiglie. A ll’atto dell’entra ta negli alloggi, due terzi degli intervistati non ave vano alcun apparecchio do mestico, ora gli operai ne hanno 1,5 in media, gli im piegati 2 e 3 le classi medie.
Il lavoro professionale e la donna
I risultati emersi nei ri guardi di questo problema sono quanto mai interessanti e conviene soffermarvicisi.
Nell’insieme del campione, solo il 25% delle donne eser citano una professione e sono in maggioranza madri di uno o due figli.
Le mogli che apparten gono alla classe media han no decisamente un lavoro qualificato, le mogli degli operai e degli impiegati un lavoro di ufficio.
Oltre al lavoro, la mag gior parte di esse deve as solvere alle cure della fam i
glia; in particolare le ap partenenti alla classe media si fanno aiutare da una persona salariata.
Queste esperienze di la voro professionale vengono giustificate da almeno tre quarti delle intervistate da
necessità economiche, so
prattutto se l’entrata del capofamiglia non supera i 55.000 franchi e quindi se il bilancio non quadra. Os servazione preziosa: la metà delle donne che non lavora no se ne rammarica per ragioni economiche.
Diverso è il comportamen to delle donne della classe media, poiché quelle che la vorano lo fanno per inte resse professionale.
Tradotto in cifre quanto detto, si ha che il 73% delle donne lavorano per neces sità economica (soprattutto quando l’entrata è inferiore ai 55.000 franchi); tra le donne che non lavorano il 48% rimpiange di non la vorare per ragioni econo miche, il 20% lo rimpiange per interesse al lavoro stes so e il 29% non lo rimpiange affatto: nessuna poi lo rim piange perché il lavoro co stituirebbe una distensione. Le donne che non lavo rano, parlano di lavori come quello della « commessa » e di lavori facili e gradevoli, o piuttosto di quelli da loro creduti facili e gradevoli, non si rendono conto della realtà e interpretano male il vero aspetto del lavoro femminile.
Due problemi relativi ai ra gazzi
Una ricerca quale quella condotta dall’Autore, non po teva trascurare il problema rappresentato — in questo caso — dai bambini. Egli ha ritenuto che la risposta a certe domande sarebbe stata utile sia agli archi
tetti che ai servizi sociali: nelle abitazioni, dove gioca no i bambini? nel soggiorno? nella stanza da letto? un po’ dappertutto? Le risposte sono state:
— Nel soggiorno:
nelle famiglie operaie il 24% ;
nelle famiglie di impie gati il 18% ;
nelle famiglie degli inter medi il 4% .
— Nella camera da letto: operai il 40% ;
impiegati il 38% ; intermedi il 69%. E ’ evidente che i compor tamenti sono differenti se condo le classi sociali e que sto pone dei problemi pre cisi: bisogna costruire delle abitazioni identiche per tut te le classi sociali o è ne cessario differenziarle? bi sogna costruirle nello stesso quartiere o no?
Ci sono poi problemi con nessi alle preoccupazioni eco nomiche. La r i c e r c a , ad esempio, ha posto in evi denza che tra le famiglie che ritengono di avere dif ficoltà a fa r quadrare il bi lancio se ne osservano solo il 33% che giudicano i loro figli molto calmi o normal mente turbolenti, contro un 66% che li trovano nervosi o addirittura nervosissimi (il rimanente non ha rispo sto). Mentre tra quelle che non versano in difficoltà fi nanziarie solo il 15% giudi cano i loro figli nervosi o nervosissimi. Il risultato è veramente di grande inte resse, poiché pone in evi denza il condizionamento del rapporto « madre-figlio » a seguito delle preoccupazioni economiche, e le conseguen ze di questo rapporto «m a dre-figlio» sulle turbe del c o m p o r t a m e n t o nel fan ciullo.
Le relazioni di vicinato
Con alcune osservazioni sulle relazioni di vicinato termina il saggio dello Chom- bart de Lauwe. « Quando delle famiglie si trasferisco no in nuovi quartieri, si tro vano in un certo senso spae sate. Abbiamo tentato di vedere quali erano le per turbazioni che si manifesta vano nelle diverse abitudi ni : quella dell’“ uscire ” ad esempio ».
Bene: nell’insieme dei tre quartieri l’80% degli appar tenenti alla classe media dice che questa abitudine è completamente c a m b ia t a ; tra gli impiegati lo afferma il 64% e tra gli operai il 38%. L’A. osserva: « Questi differenti c o m p o r t a m e n t i presentano un certo inte resse per lo studio dei casi, riportandoli ognuno nel pro prio ambiente, ed anche per trovare soluzioni generali valide per dei complessi di famiglie », cioè egli tiene a ribadire quanto aveva di chiarato al principio del suo saggio parlando del rap porto tra sociologia e ser vizio sociale.
In questi rapporti di vi cinato, lo studio dei legami coi vecchi amici e compagni mostra che il 32% delle fa miglie si augurerebbe di averli ancora in stretta vi cinanza, il 25% se lo augura con reticenza; per il 28% « il fatto non ha importan za, non ci sono proprio amici ». Il 15% li vorrebbe veder lontani.
Per quanto riguarda i le gami con la parentela, il 45% conserva i rapporti che aveva p r e c e d e n t e m e n t e («n o n cambia n u lla »); il 35% ne hanno meno di pri ma, il 16% ne hanno di più. Ciò è naturalmente le gato alla località di abita zione dei parenti, ma ci sono pure altre ragioni : sul piano dei desideri, infatti, un terzo