Salman Rushdie
2.4 The Enchantress of Florence
2.4.3 Etero-rappresentazione dell’Inghilterra
Per poter avere accesso alla corte di Akbar, Mogor dell‟Amore si impossessa infatti di una missiva per l‟imperatore che la regina Elisabetta aveva affidato ad un suo messaggero e si finge egli stesso ambasciatore inglese. Ciò offre la possibilità che la presenza dell‟Inghilterra trovi spazio in un romanzo che, da una parte, narra delle vicende precedenti l‟inizio della fase di colonizzazione inglese dell‟India e, dall‟altra, descrive fatti svoltisi in Italia – un romanzo, in altre parole, in cui l‟Inghilterra non avrebbe altrimenti trovato collocazione.
L‟arrivo di Mogor dell‟Amore permette dunque l‟inizio di un confronto fra l‟ambasciatore „inglese‟ e la corte indiana:
„The Queen of England,‟ Abul Fazl mused, „has been, I believe, no friend to our friend the illustrious Kind of Spain.‟
„Spain is a philistine bully,‟ the other improvised swiftly, „whereas England is the home of art and beauty and of Gloriana herself. […]‟ Warming to his theme, he explained that the faraway redhead queen was nothing less than the Western mirror of the emperor himself, she was Akbar in
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female form, and he, the Shahanshah, the king of kings, could be said to be an Eastern Elizabeth, mustachioed, non-virginal, but in the essence of their greatness they were the same. (p. 69)
Abul Fazl (1551-1602), uno delle “Nove Stelle”, i nove uomini d‟ingegno più eminenti della corte, traccia immediatamente una linea di separazione fra India ed Inghilterra secondo la regola „i nemici dei miei amici sono miei nemici‟.
Ciò induce una replica da parte di Mogor che, da una parte, definisce la Spagna attraverso un‟etero-rappresentazione negativa, e, dall‟altra, esalta l‟Inghilterra attraverso una serie di tratti positivi (la bellezza e la presenza della regina Elisabetta) che, sebbene la corte di Akbar non ne sia ancora a conoscenza, altro non sono se non un‟ulteriore un‟etero- rappresentazione, non essendo Mogor inglese ma fingendo solo di esserlo. Dopo aver fornito una simile descrizione della terra inglese, egli tenta di colmare il divario creato da Abul Fazl definendo Elisabetta come l‟immagine speculare occidentale dell‟imperatore Akbar e viceversa. Si noti che in questo caso il concetto di immagine speculare non vuole applicare la concezione lacaniana dell‟immagine riflessa allo specchio come indicazione della differenza, bensì mira a creare un‟unione fra la sovrana inglese e l‟imperatore indiano. Una simile interpretazione è rafforzata dal co-testo. Nel momento in cui Mogor leggerà la lettera (che, in realtà, egli „riscrive‟ durante la lettura stessa), vi sarà infatti l‟indicazione di un „nemico comune‟ tanto all‟Inghilterra quanto all‟India che verrà identificato come l‟„Altro‟:
„However, there is one Other who claims as much for Himself, and be in no doubt that we are assured that it is this Other who is the Fraud. We refer, great Monarch, to that unworthy Priest, the Bishop of Rome, the thirteenth Gregory of that inglorious sequence, whose designs upon the Orient you would be Wise not to discount.
[…] Make alliance with us, and we will defeat all foes[…].‟ (pp. 72-73)
Come sottolineato in precedenza, la sezione orientale del romanzo si svolge nel 1586, ovvero in un periodo in cui l‟Europa aveva visto la religione cristiana dividersi in tre schieramenti: cattolico, protestante e anglicano. L‟implicazione di un simile riassetto religioso fu in realtà una riorganizzazione geo-politica delle alleanze all‟interno del continente europeo, che vedeva l‟Inghilterra opposta al Papa e ai suoi sostenitori. Egli viene dunque identificato da Elisabetta come il nemico „altro‟, da cui è necessario proteggersi.
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Le ragioni di un legame di alleanza fra i due stati sono dunque essenzialmente due: la specularità dei due sovrani da una parte e la presenza di una terza entità „aliena‟ che rappresenta un pericolo per entrambi dall‟altra.
La rappresentazione positiva dell‟Inghilterra da parte di Mogor è tuttavia controbilanciata da Abul Fazl, che vi oppone un‟etero-rappresentazione negativa basata proprio sulla questione religiosa:
„The Nazarene sages sent to this court by the Portuguese of Goa speak poorly of your jewel.‟ Abul Fazl shrugged. „ They say she is against God, and a puny ruler who will surely soon be crushed. They say that hers is a nation of thieves and that you are in all probability a spy.‟
„The Portuguese are pirates,‟ said Mogor dell‟Amore. „They are buccaneers and scoundrels. No wise man should trust what they say.‟ (p. 70)
Il fatto che Abul Fazl riporti in questo passo l‟opinione dei preti cattolici presenti alla corte di Akbar offre la possibilità perché il romanzo assegni ad Elisabetta e, per estensione, all‟intero popolo inglese uno dei tratti che, durante il periodo coloniale, furono tanto ampiamente usati per definire i colonizzati e per giustificarne la sottomissione: la regina Elisabetta viene infatti definita come una persona priva di fede (“she is against God”). La sua mancanza di fede è, inoltre, implicitamente descritta come la fonte di tutta una serie di stereotipi negativi che non solo ne fanno preannunciare l‟imminente sconfitta ma che finiscono con l‟includere anche Mogor, in quanto „messaggero reale‟ (“puny ruler”, “hers is a nation of thieves”, “spy”). Benchè Mogor tenti di controbattere alle pensanti affermazioni di Abul Fazl attraverso un‟etero-rappresentazione negativa della „fonte‟ di quelle stesse affermazioni, ovvero i portoghesi, l‟etero-rappresentazione negativa dell‟Inghilterra viene put tuttavia aggravata dalla lettura della missiva da parte della regina:
„Most invincible and most mightie prince,‟ Queen Elisabeth wrote, „lord Zelabdim Echebar, King of Cambaya, greeting.‟ Abul Fazl gave a horsy snort of laughter. „“Zelabdim”?‟ he scoffed. „And who might this “Echebar” be?‟ The emperor above him slapped his tight for joy. „We are he,‟ he chortled. „We are the padishah Echebar, lord of the fairytale kingdom of Cambaya. O poor benign England, We pity thy people for that thy queen is an ignorant dunce.‟ (p. 72)
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Il fatto che la lettera sia indirizzata a “lord Zelabdim Echebar, King of Cambaya”325
piuttosto che ad Akbar il Grande costituisce infatti fonte di ilarità fra i membri della corte e da parte dello stesso Akbar. Tuttavia, un tale incipit offre anche l‟occasione perché l‟imperatore stesso, evidentemente lungi dall‟accettare il paragone fra sé e la regina Elisabetta, emmetta un giudizio di valore estremamente negativo nei confronti della dovrana inglese, definita come “ignorant dunce”. Si noti che il sostantivo “dunce” significa di per sé “ignorante” o “asino”. Ciò implica che la collocazione “ignorant dunce” sia altamente ridondante e, pertanto, abbia lo scopo di far filtrare più facilmente l‟opinione negativa di Akbar nei confronti di Elisabetta, che lo spinge addirittura a provare compassione per l‟intera nazione inglese, sottoposta al governo di una sovrana incapace.
Tuttavia, la rivisitazione da parte di Mogor della lettera, che originariamente non richiedeva altro se non la disponibilità di Akbar di accettare degli scambi commerciali con l‟Inghilterra, ha l‟effetto di suscitare nell‟imperatore Mughal una forte attrazione per Elisabetta, che egli esprimerà attraverso una serie di lettere che, non riuscendo mai a giungere a destinazione, verranno intercettate e a loro volta costituiranno motivo di ilarità nelle corti europee (p. 74).
La mancata risposta da parte di Elisabetta avrà l‟ovvia conseguenza di scoraggiare il sentimento dell‟imperatore:
[…] Akbar‟s love vanished as swiftly and mysteriously as it had appeared, perhaps because of the revolt of his queens, who united for once […] to threaten the withdrawal of their favours unless he stopped sending fancy letters to that Englishwoman whose silence, coming after her own initial blandishments had aroused the emperor‟s interest, proved the insincerity of her character and the folly of attempting to understand such an alien and unattractive personage […]. (pp. 74-75)
Nell‟estratto sopra proposto viene tuttavia fornita un‟ulteriore ragione della brusca interruzione del sentimento di Akbar che va al di là della mancanza di una replica da parte della regina di Inghilterra, ovvero il ricatto delle sue mogli. È importante sottolineare che tale ricatto nasce non solo dalla gelosia ma anche (soprattutto?) dal pregiudizio. Lungi dal considerare alternative quali, ad esempio, l‟eventuale mancato raggiungimento del
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Questo dettaglio è uno dei motivi che rendono la presenza di tale episodio all‟interno del romanzo artificiosa. Come già anticipato, Mogor, a cui spetta il compito di tradurre la lettera dall‟inglese, offre all‟imperatore una versione talmente abbellita e dotata di una prosa tanto ricca da suscitare in lui un‟istantanea infatuazione. Ciò rende di difficile comprensione il motivo per cui Mogor decida di provocare l‟ilarità dell‟intera corte impiegando una forma di saluto errata che avrebbe, potenzialmente, potuto suscitare nell‟imperatore sentimenti ben più violenti dell‟ilarità, se non, appunto, per offrire al personaggio di Akbar la possibilità di „insultare‟ Elisabetta e, così facendo, gli inglesi tutti.
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destinatario da parte delle epistole, il silenzio da parte di Elisabetta viene infatti imputato dalle regine sia a dei tratti della sua personalità (“insincerity of her character”) – che elle non conoscono e, dunque, le assegnano in modo pregiudizievole proprio in virtù della sua alterità – sia al fatto che Elisabetta sia un essere „altro‟, la cui comprensione è dunque impossibile.
Il fatto che Mogor abbia sottratto la lettera all‟emissario inglese che era stato inviato da Elisabetta offre un‟ulteriore occasione perché l‟Inghilterra sia soggetta ad un‟etero-rappresentazione negativa:
If they genuinely wished to serve the memory of their dead lord, they would accept the harsh prospect of waiting in the dungeon until the day of Vespucci‟s incrimination. […] Alternatively, he continued, he („she‟) had been authorized to arrange for their „escape‟. […]
The crew of the Scáthach was almost immediately shown to be lacking in honour. „Keep the scurvy murderer,‟ said Praise-God Hawkings, „we want to go home.‟ Umar the Ayyar fought down a surge of contempt. The English had no future on this earth, he told himself. A race that rejected the idea of personal sacrifice would surely be erased from time‟s record before very long. (p. 98)
Questo estratto è relativo alla conversazione fra Umar, l‟eunuco al servizio privato dell‟imperatore, e la ciurma dello Scáthach, il cui capitano Mogor dell‟Amore ha avvelenato per impossessarsi della lettera con il sigillo reale inglese. La ciurma ha pertanto seguito Mogor fino alla corte di Akbar, smascherandone il piano. Si viene così a scoprire che il vero nome di Mogor dell‟Amore è Niccolò Vespucci e che egli non è affatto inglese. Tuttavia, l‟imperatore ha ormai accolto lo straniero nelle proprie grazie ed è restio a sottoporlo ad una condanna. Egli pertanto invia Umar ad informare gli uomini della ciurma delle due opzioni possibili: restare a Sikri, rinchiusi nelle segrete del castello fino alla fine di un processo potenzialmente lungo, oppure „scappare‟. Di fronte alla scelta dei marinai della Scáthach, che optano per questa seconda possibilità, Umar trasforma il comportamento di un gruppo di uomini in circostanze specifiche (ovvero, la prospettiva di essere incarcerati per un periodo di tempo indefinito) in una categorizzazione stereotipica, definendo l‟intera popolazione inglese come un popolo incapace di sacrificio personale,
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cosa che lo conduce ad ipotizzare – erroneamente326 – che la loro sorte sia quella di venire cancellati dalle cronache.
Se la sezione relativa alla „vicenda della lettera‟ costituisce un forzato tentativo di introdurre all‟interno del romanzo la tematica del rapporto con l‟ex madrepatria, la riflessione sulle prime fasi dell‟esperienza coloniale nel Nuovo Mondo garantise invece una ben più naturale possibilità di riflessione sul fenomeno della colonizzazione.
2.4.4 Il Nuovo Mondo
Il primo spunto di riflessione sulla vicenda coloniale è offerto dal personaggio di Machiavelli, il quale medita sulla fase iniziale della „scoperta‟ del Nuovo Mondo:
[…] il Machia thought about the other New World, and about Ago‟s cousin Amerigo, […] [who] had had the wit to realize what that dolt Columbus never grasped, namely that the lands on the far side of the Ocean Sea were not Indies; they had nothing to do with India, and were, in fact, an entirely new world. (p. 241)
L‟estratto sopra presentato è incentrato sulla dicotomia Vespucci/Colombo relativa alla „paternità‟ dei nuovi territori d‟oltre oceano. A pochi anni dalla scoperta del Nuovo Mondo327, Machiavelli riflette sul clamoroso errore di valutazione che caratterizzò i primi anni dell‟esperienza coloniale, ovvero la cognizione, risalente a Colombo, che ciò che il costui aveva „scoperto‟ fosse il passaggio per le Indie. L‟errore del genovese fu tuttavia corretto da un fiorentino (l‟impiego del dispregiativo “dolt” riferito a Colombo può essere una buona indicazione del fatto che Machiavelli stia strutturando la sua riflessione sulla
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In questa breve sezione relativa all‟Inghilterra sono presenti ben due „profezie‟ errate. La prima, presentata a p. 193, è relativa al breve futuro del regno di Elisabetta, mentre la seconda è quella qui presentata. Che in uno spazio narrativo così ridotto siano presentate due previsioni sicuramente errate può forse essere considerato come un ulteriore tentativo dell‟opera di descrivere l‟inconsistenza delle categorizzazioni stereotipiche di ogni sorta. Non solo, infatti, il romanzo sposta continuamente gli elementi di categoria (ad es. gli ebrei sono gli „altri‟ dei turchi, che sono gli „altri‟ dei fiorentini, che sono gli „altri‟ degli indiani), bensì dimostra anche in tale maniera che le categorizzazioni rigide e basate sul pregiudizio piuttosto che su un‟accurata conoscenza spesso conducono ad errori di valutazione che, in questo caso, sono quanto mai eclatanti – e la sottomissione delle stesse popolazioni che in questo passo del romanzo commettono tali errori di valutazione né sarà la triste dimostrazione.
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L‟indicazione cronologica di questo passo è il febbraio del 1513. Benchè questo non venga esplicitato nel romanzo, Machiavelli fa la riflessione sopra riportata pochi momenti prima di essere sottoposto alla tortura „della colla‟, cosa che avvenne appunto il 12 febbraio del 1513, in seguito alla fuga del Gonfaloniere Pier Soderini e al ritorno dei Medici, che sottoposero alla carcerazione e alla tortura chiunque fosse sospettato di essere loro nemico. La „scoperta‟ dell‟America era avvenuta dunque poco più di dieci anni prima.