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Eterosessualità normativa ed obbligatoria

CAPITOLO I Elementi e genealogie della Teoria queer

1.7 Eterosessualità normativa ed obbligatoria

L'interpretazione istituzionale dell'eterosessualità venne inizialmente formulata dal femminismo lesbico e dal movimento di liberazione omosessuale verso la fine degli anni Sessanta e Settanta principalmente negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Francia, Australia e Olanda (Seidman, 2008: 211). La ragione della sua formulazione risiede nella volontà di contrapporsi all'individualismo analitico e morale degli attivisti omofili e delle femministe liberali, con lo scopo di smascherare un ordine sociale strutturalmente costruito su divisioni e gerarchie basate su sesso e genere.

Queste due correnti condividono la critica al cosiddetto “volontarismo sessuale”: in condizioni di eterosessualità normativa istituzionalizzata, gli individui scelgono di essere eterosessuali od omosessuali quanto i lavoratori scelgono di dipendere da uno stipendio (Seidman, 2008: 211).

Il movimento di liberazione omosessuale si opponeva alla tendenza del femminismo lesbico di considerare la dicotomia eterosessuale/omosessuale esclusivamente attraverso le lenti della politica di genere, sottolineando come la condizione di eterosessualità normativa stabilisca un ordine sociale di differenza e gerarchia sessuale che non può semplicemente ridursi alle dinamiche di genere. L'eterosessualità normativa, scorrendo parallelamente e intersecandosi così con le gerarchie di genere, crea le immagini contrapposte dell'eterosessualità e dell'omosessuale accanto a quelle della donna e dell'uomo.

Il movimento di liberazione omosessuale e il femminismo lesbico sostenevano quindi che l'eterosessualità normativa creasse un ordine strutturale binario di genere, di divisione tra eterosessuali e omosessuali, di dominio maschile e di privilegio eterosessuale. Di questo ordine gerarchico sessuale e di genere sarebbero imbevute la psiche, gli schemi di classificazione, le organizzazioni sociali e i rituali pubblici. È a queste condizioni che l'eterosessualità diventa obbligatoria (Seidman, 2008: 211).

I movimenti di liberazione spostarono il focus della loro critica dal pregiudizio e dal comportamento individuale alle istituzioni e alla cultura di massa. Al posto di una retorica “riformista” della discriminazione, si impose un linguaggio “radicale” dell'oppressione sociale. La politica lesbica e gay subì un cambiamento drammatico, sfidò l'individualismo liberale della politica omofila e del femminismo liberale, e si contrappose a un'America in cui donne e omosessuali occupavano ruoli subordinati e marginali, in tal senso presero forma due nuovi movimenti: il femminismo lesbico e il movimento di liberazione omosessuale. Essi proposero ciò che al tempo costituiva un'idea innovativa: l'eterosessualità doveva essere intesa come un'istituzione sociale all'origine dell'oppressione di donne e omosessuali (Córdoba García, 2005).

Il femminismo lesbico criticava la politica omosessuale degli anni Cinquanta e Sessanta per essersi disinteressata delle dinamiche di genere, mentre sfidava il femminismo liberale per aver trascurato la questione eterosessuale (Córdoba García, 2005).

Per le lesbo-femministe l'eterosessualità era centrale nella comprensione della riproduzione dell'ordine binario di sesso/genere dominato dagli uomini. L'eterosessualità lega le donne agli uomini, definisce le donne incomplete senza gli uomini, prescrive quelli che sono i loro desideri, voleri e ruoli in maniera tale che la loro realizzazione personale non possa che dipendere dalla relazione con un uomo (Bunch, 1975: 35).

Dunque, l'eterosessualità è un'istituzione creata socialmente (Rich, 1980). Nello specifico, l'eterosessualità rafforza un ordine sociale basato sulla differenza di sesso/genere e sul dominio maschile (Purple September Staff, 1975: 83).

Da una prospettiva lesbo-femminista, l'eterosessualità non è scelta liberamente (Purple September Staff, 1975: 81):

ha a che fare con […] la scelta personale. Il problema con questa teorizzazione è che viviamo in una cultura che autorizza solo l'eterosessualità. Di conseguenza, non si può convincere qualcuno di aver scelto di essere eterosessuale.

O ancora, come ha affermato sinteticamente Rich: “l'eterosessualità […] è un qualcosa che si è dovuto imporre, organizzare, gestire, propagandare e mantenere con la forza [...]” (Rich, 1980: 26).

Le istituzioni, le leggi, le politiche pubbliche, le rappresentazioni culturali e le pratiche quotidiane di persecuzione, intimidazione e violenza, rafforzano l'eterosessualità e il binarismo di genere. L'eterosessualità è obbligatoria allo stesso modo in cui, come sostenuto da Marx, il lavoro salariato è obbligatorio in condizioni di capitalismo. Il lavoratore legalmente libero non ha scelta: deve scambiare la sua forza lavoro con un salario. Allo stesso modo, in condizioni di eterosessualità obbligatoria, la macchina sociale della punizione e della regolamentazione si mobilizza per rafforzare un ordina basato sul binarismo di genere, sul dominio maschile e sull'eterosessualità (Bunch, 1975: 31; Rich, 1978; Wittig, 1980: 6).

Il movimento di liberazione omosessuale sorse parallelamente al femminismo lesbico tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta. Molti liberazionisti furono influenzati dalle correnti radicali del movimento delle donne, incluso il femminismo lesbico. Ciononostante, in opposizione al femminismo lesbico e alla politica omofila, i liberazionisti spesso definirono la libertà sessuale quale scopo del movimento omosessuale (Gay Liberation Front Chicago, 1972: 346; Wittman, 1972: 337). Contro la politica omofila, i liberazionisti cercarono di spostare il focus dell'analisi sociale e politica dai comportamenti e atteggiamenti individuali al livello istituzionale-culturale. L'eterosessualità, quindi, si poneva al centro della loro politica e teoria sessuale.

individui non scelgono di organizzare le loro vite attorno all'eterosessualità, al contrario, l'eterosessualità è imposta come condizione sociale ontologica. Lo Stato, le leggi, le istituzioni e le forme di regolamentazione informale rafforzano l'obbligatorietà dell'eterosessualità e della differenza di genere (Young, 1972). In condizioni sociali di eterosessualità obbligatoria, l'omosessualità diventa un'identità sociale distinta e oppressa (Byron, 1972: 59).

I liberazionisti concordano con le lesbo-femministe sul fatto che l'eterosessualità obbligatoria e il sessismo si rafforzano vicendevolmente (Shelley, 1972: 32; Gay Liberation Front Chicago, 1972: 258-259).

Le critiche all'eterosessualità obbligatoria delle lesbo-femministe e dei liberazionisti gay sono servite anche a stipulare un ordine sessuale attorno alla gerarchia eterosessuale/omosessuale. Lo sforzo, portato avanti soprattutto dai liberazionisti gay, di differenziare analiticamente le politiche sessuali da quelle di genere si è dimostrato essenziale negli studi critici sulla sessualità (Rubin, 1993; Sedgwick, 1990). A questo punto, occorre domandarsi come i liberazionisti gay interpretano la relazione tra eterosessualità obbligatoria e politica sessuale.

Essi sostengono che la condizione obbligatoria di eterosessualità è mantenuta in parte attraverso la rappresentazione dell'omosessuale quale “altro inquinato” rispetto alla purezza eterosessuale. L'omosessuale è sempre associato a specifiche attitudini psicologiche, tratti della personalità e comportamenti sociali: ad esempio, esso viene accostato a motivazioni considerevolmente peccaminose o carnali, a una personalità narcisistica o manipolativa, a un comportamento seduttivo. A volte, l'omosessuale è stato presentato, nei discorsi anglo- europei del dopoguerra, come tipo sociale irriverente: il predatore, il seduttore, il libertino o l'edonista (Seidman, 2008: 218).

condizionano o strutturano la formazione dell'identità omosessuale. Gli omosessuali possono identificarsi con le rappresentazioni omofobiche e rivedere o rovesciare i loro significati morali attraverso l'identificazione, rispettivamente, con il normale o con il queer. L'identificazione omofobica suggerisce un'idea di visibilità quale forma di resistenza. Ripudiare l'identificazione omofobica attraverso il legame dell'omosessualità con indicatori attitudinali o comportamentali definiti dall'eterosessualità “normale” implica una politica di assimilazione. Invece, rovesciare lo status morale degli atteggiamenti e dei comportamenti associati con l'omosessualità suggerisce invece una politica di trasgressione: in questo senso, ad esempio, la sperimentazione erotica o la fluidità di genere possono essere liberatorie (Seidman & Meeks: 2008).

Il concetto di eterosessualità obbligatoria, non solo evidenzia le differenze e le gerarchie tra gli omosessuali a livello identitario, culturale e politico, ma esige anche la presenza di differenze e di gerarchie tra l'eterosessualità. Nello specifico, l'eterosessualità obbligatoria non solo rafforza la condizione normativa dell'eterosessualità, ma implementa l'ordine normativo all'interno dell'eterosessualità o stabilisce norme che identificano l'eterosessualità “normale”. Ovviamente le diverse modalità eterosessuali variano tra le popolazioni e cambiano nel tempo. Tuttavia, nella misura in cui l'eterosessualità è normativa, l'eterosessualità normale viene definita in opposizione ad attitudini, tratti personali e comportamenti associati con l'omosessuale. Se l'omosessuale è immaginato come centrato su un corpo e sul piacere, non monogamo e predatorio, l'eterosessualità normale viene associata all'idea di centralità sulla persona, alla monogamia, e a un solido legame tra sesso, intimità e amore. Oppure, come avviene sempre più spesso negli Stati Uniti e in Europa, se l'omosessuale viene identificato con delle relazioni intime, queste verranno rappresentate come instabili e transitorie se confrontate con l'amore eterosessuale, la cui condizione normale viene pensata come stabile e solida in quanto fondata su profondi impegni affettivi

e sociali.

Quindi, non è soltanto l'omosessualità a non essere rispettata in condizioni di eterosessualità obbligatoria. La logica dell'eterosessualità obbligatoria suggerisce che alcuni eterosessuali – come i lavoratori e le lavoratrici del sesso, i/le libertini/e, i/le pornografi/e – occupino uno status sociale di outsider simile a quello dell’omosessuale.

In tal senso, la politica sessuale va oltre la politica di preferenza del genere: per esempio, emergono dei conflitti riguardanti il fine della sessualità (procreazione, amore, piacere, valori espressivi), le norme di comportamento intimo e l'organizzazione sociale della vita affettiva (matrimonio, convivenza, monogamia), le norme di genere sulla sessualità, le norme che regolano il sesso e la distinzione tra privato/pubblico ecc. Questi conflitti hanno i loro schemi specifici di divisioni e gerarchie, nonché delle strategie proprie di regolamentazione e resistenza. Non è inoltre così ovvio che la politica di preferenza del genere dovrebbe avere un luogo privilegiato nella politica sessuale (Sedgwick, 1990).

La teoria queer non ha abbandonato l'idea dell'eterosessualità obbligatoria come ordine strutturale, ma alcuni dei suoi teorici l'hanno riformulata in termini culturali, facendola diventare una critica della struttura eteronormativa delle rappresentazioni. Così Butler definisce la critica all'eterosessualità obbligatoria:

Uso il termine matrice eterosessuale […] per designare […] l'intelliggibilità di genere, il quale sostiene che, affinché i corpi siano coerenti e abbiano un senso, vi debba essere un sesso stabile espresso attraverso un genere stabile che sia opposizionale e gerarchicamente definitivo attraverso la condizione obbligatoria di eterosessualità (Butler, 2004a: 30).

Alcuni teorici queer hanno cercato di identificare le strategie discorsive che sostengono l’eteronormatività e quelle che a essa si oppongono, senza ridurre tali strategie alla

repressione o all'espressione, all'invisibilità o alla visibilità. Essi, infatti, parlano di significare e risignificare, o normalizzare e invertire, e sottolineano l'instabilità di opposizioni e gerarchie30.