• Non ci sono risultati.

CAPITOLO I Elementi e genealogie della Teoria queer

1.3 Critica al concetto di sessualità naturale

1.3.2 Foucault e la teoria queer

Il primo tomo de La storia della sessualità di Michel Foucault fu scritto nel decennio degli anni Settanta (1976), alla fine della cosiddetta “rivoluzione sessuale” della cultura occidentale. Il testo costituiva una potente e provocatoria contronarrativa della storia sulla repressione sessuale vittoriana, vigente da tanto tempo, che aprì a una progressiva liberazione e illustrazione nel XX secolo (Spargo, 2004).

Tradizionalmente, si considera la sessualità come un tratto naturale della vita umana, represso nella società e nella cultura occidentale dal secolo XVII. La sessualità stava lì, bruciando a fuoco lento sotto la patina superficiale della rispettabilità borghese del XIX secolo, anche se soffocata da proibizioni e repressioni (Foucault, 2010: 9-18). Foucault rifiutò questa ipotesi repressiva e affermò che le prove apportate dal secolo XIX non indicavano il divieto di parlare di sessualità, ma ci fu una considerevole proliferazione di discorsi sopra la sessualità (Foucault, 2010: 19-36). È utile chiedersi cos’era e cos’è la sessualità. Secondo Foucault la sessualità non è una caratteristica naturale o un fatto della vita umana, ma una categoria costruita partendo dall’esperienza, le cui origini sono storiche, sociali e culturali più che biologiche. Tale concezione è difficile da capire in quanto

contraddice la nostra intuizione. La sessualità è anche qualcosa di speciale e personale che riguarda i nostri desideri più intimi, si tratta di dire ciò che vogliamo, chi vogliamo, come lo vogliamo. Sta dentro di noi e ci appartiene, è una nostra proprietà. Nonostante, il fatto di credere a tal punto che la sessualità è qualcosa di naturale, non significa che lo sia.

Ma non significa nemmeno che Foucault rifiutasse qualsiasi dimensione biologica, ma che diede priorità al ruolo fondamentale ricoperto dalle istituzioni e dai discorsi nella formazione della sessualità. Il filosofo si mise a esaminare la sessualità come produzione, ciò vuol dire, che le interessava meno la sessualità rispetto al suo funzionamento dentro la società.

Foucault iniziò a esaminare come la psicanalisi invita a fare, o per meglio dire, incita a produrre una conoscenza della sessualità che è, per sé stessa, culturale più che naturale, e che contribuisce al mantenimento di relazioni specifiche di potere. La psicanalisi può essere considerata l’ultima di un’ampia gamma di pratiche discorsive che permisero di non silenziare né reprimere la sessualità, ma al contrario di fare in modo che la gente parlasse sopra il tema in un determinato modo (Foucault, 2010: 58-65). La scientia sexualis occidentale, come la denominò Foucault (contrapponendola alla ars erotica vigente nelle culture come quella cinese, quella giapponese, quell’indiana e romana, basata sulla moltiplicazione dei piaceri), mise come obbiettivo quello di cercare la verità (vergognosa) sulla sessualità e utilizzò il metodo della “confessione” come il procedimento chiave per scoprirla (Foucault, 2010: 51-65). Partendo dalla confessione cristiana, passando per le pratiche mediche, giuridiche e familiari, fino ad arrivare alla scienza contemporanea della psicanalisi, è possibile tracciare la storia degli uomini e delle donne, dei giovani di ambo i sessi che scrutavano i propri desideri, emozioni e pensieri passati e presenti e li comunicavano agli altri. Raccontare al sacerdote i propri peccati, descrivere i sintomi al

medico, apprendere la cura per la parola era confessare i peccati, confessare malattie, confessare delitti, confessare la verità. E la verità era sessuale.

In tutte queste scene confessionali, colui che parla produce una narrativa della sua sessualità, la quale viene interpretata da una figura di autorità. La verità rivelata in questo processo certamente non è scoperta ma prodotta. Esiste come conoscenza dentro un discorso specifico ed è vincolata al potere (Foucault, 2010: 64). Come in tutta la sua opera, il potere è interpretato in questo saggio come una questione di relazioni complesse, e non come una proprietà inerente a un individuo o classe in particolare. Foucault si chiede cos’era in gioco nella costruzione della sessualità nei differenti periodi storici e come circolava il potere attraverso la produzione del sapere riguardante il sesso. Secondo il pensatore, all’inizio del XVIII secolo si considerò che la sessualità era qualcosa che doveva essere regolata e amministrata, ma non essere sottomessa a un giudizio.

Affermare che l’omosessualità moderna ha un’origine relativamente recente, costituisce uno degli aspetti più provocatori di Foucault, che attuò come catalizzatore per lo sviluppo della teoria queer. Molti storici dell’omosessualità hanno avuto la perspicacia di stabilire connessioni e continuità tra le identità e i comportamenti omosessuali del XX secolo, e quelli di epoche anteriori. Foucault, al contrario, insistette sul fatto che la categoria dell’omosessualità fosse emersa dentro un contesto specifico intorno al 1870 e che venne costruita come una categoria di conoscenza, e non un’identità scoperta (Spargo, 2004). Foucault non sostenne che non esistessero relazioni sessuali tra persone dello stesso sesso prima del XIX secolo, ma all’inizio del suddetto secolo l’omosessuale entrò a far parte di una “specie”: una tipologia aberrante di essere umano definito dalla sessualità perversa (Foucault, 2010: 42). Cosi che, tanto gli uomini quanto le donne del XVI secolo si vedevano obbligati a confessare ciò che avevano fatto nelle loro pratiche sessuali, vergognandosi al cospetto della legge divina e terrena, l’uomo della fine del XIX secolo che aveva una

relazione sessuale con un altro uomo sarebbe qualificato (e indotto a qualificarsi) come omosessuale.

Insieme ad altri tipi di soggetto la cui sessualità interessava particolarmente alla scienza medica del XIX secolo (incluse le donne, i bambini e le classi lavoratrici) l’omosessuale diventò il centro di una varietà di studi e di strategie. Queste tecnologie del sesso nacquero per preservare e promuovere una popolazione (o forza lavoro) produttiva e procreatrice, suscettibile di soddisfare le necessità di un sistema capitalista in via di sviluppo. L’unità chiave di questo ordine sociale era la famiglia borghese, in seno della quale germinò la futura forza lavoro. Ciò condusse, ad esempio, a un interesse senza precedenti sul problema della masturbazione infantile, e a una proliferazione di testi e strategie per controllare il comportamento sessuale dei bambini. Dentro questo ambito riproduttivo, i desideri e le pratiche riguardanti lo stesso sesso erano problemi dei quali bisognava occuparsi, aberrazioni della norma procreativa (Foucault, 2010: 45-48).

L’omosessuale è il soggetto, ed era il soggetto, di una ricerca sistemica in un’ampia gamma di piani discorsivi, tra i quali, la demografia, l’educazione e il diritto, incaricati di proteggere la salute e la purezza della popolazione. Mentre l’uomo o la donna del XVI secolo che confessavano di aver commesso sodomia venivano convinti della peccaminosità dell’atto, nel caso degli omosessuali di fine XIX secolo si dava enfasi non alle azioni, ma alla condizione scientificamente determinata dell’individuo. Secondo Foucault: “l’omosessualità rappresentò una delle forme della sessualità, quando fu tradotta dalla pratica della sodomia a un tipo di androginia interiore, a un ermafroditismo dell’anima. Il sodomita era stato un’aberrazione passeggera; l’omosessuale era adesso una specie” (Foucault, 2010: 90). E si pensò che l’omosessualità era totalmente immersa nella sessualità: questa si trovava presente in tutta la sua persona, nella radice di tutte le sue azioni.

L’omosessuale entrò nella patologia come una classe perversa o anomala, un caso di sviluppo degno di trattamento; in parole povere un’aberrazione della norma eterosessuale. In questa condizione, l’omosessuale subiva gli effetti del controllo sociale che lo disciplinavano, marginalizzavano e subordinavano. Foucault considerava il potere come qualcosa che genera l’esistenza e mai la contiene completamente: non c’è relazione di potere senza resistenza.

Una caratteristica fondamentale dell’analisi foucaultiana è l’enfasi nella produzione del discorso inverso: non c’è dubbio che l’apparizione nella psichiatria, nella giurisprudenza e nella letteratura del XIX secolo riguardante una serie completa di discorsi sulle specie e sulle sub-specie della omosessualità, la inversione, la pederastia e l’ermafroditismo psichico resero possibile una spinta dei controlli sociali in quest’area di perversione; però allo stesso tempo permise la formazione di un discorso inverso (già citato in precedenza). È possibile distinguere in questo modello del discorso inverso il germe della politica identitaria. Solo gli individui che vengono prodotti come soggetti anomali possono incontrare una causa comune, una voce di dissenso unitaria che converta la confessione in professione. Il discorso della sessuologia, per esempio produsse la categoria identitaria di invertito come aberrazione della norma, però ha anche permesso all’individuo di porsi delle domande sulla propria posizione sociale e politica. Inoltre introdusse un vocabolario e un sapere che i soggetti potevano utilizzare strategicamente (Foucault, 2010: 89-92). Come si è dimostrato, ci furono vari intenti espliciti di organizzare la conoscenza e la retorica dell’inversione e dell’omosessualità per chiedere la sua depenalizzazione verso la fine del XIX secolo.

Quindi, “bisogna ammettere un gioco complesso ed instabile in cui il discorso può essere contemporaneamente strumento ed effetto di potere, ma anche ostacolo, intoppo, punto di resistenza ed inizio di una strategia opposta” (Foucault, 2010: 89-90).

Per l’analisi foucaultiana delle “spirali perpetue del potere e del piacere”14, prodotte nei

discorsi della sessualità, non può ridursi facilmente a un’opposizione binaria tra discorso e discorso inverso. Il mosaico sessuale della società moderna è una rete dinamica dove l’ottimizzazione del potere si raggiunge con e attraverso la moltiplicazione dei piaceri, non attraverso la loro proibizione o restrizione. Tranne che in termini tradizionali, è difficile considerare il potere come una forza negativa che agisce sopra individui o gruppi, ma l’analisi più sottile di Foucault sopra il suo statuto in quanto relazione che simultaneamente vigila e produce, porta a pensare più in là della logica politica convenzionale, della dominazione e della resistenza (Spargo, 2004: 32-33).

Dunque per Foucault la sessualità è il prodotto di una struttura di potere/sapere della modernità, è un dispositivo di cui è possibile ricostruire la storia. A suo avviso, le categorie che nel presente classificano l’identità sessuale – eterosessualità, omosessualità, transessualità, ecc. – non descrivono semplicemente la natura dei corpi e dei desideri, ma plasmano tale natura, dandole una forma determinata. Le identità sono costrutti che, per quanto possano apparire rigidi, sono prodotti storicamente e storicamente possono ancora essere modificati. Pertanto, le cosiddette minoranze sessuali non occupano una posizione esterna al dispositivo di sessualità, e non ne vengono semplicemente oppresse, anzi prodotte anch’esse dal dispositivo di sessualità come scarti che sono indispensabili al suo funzionamento. Basti pensare che l’eterosessualità è definita dalla sua contrapposizione all’omosessualità. Infatti, il discorso elaborato in età moderna ha conferito all’eterosessualità il simbolo dell’universalità, l’omosessualità è il suo scarto, senza cui non esisterebbe, secondo il principio dei binarismi fondanti: secondo cuiil primo di questi poli si definisce per opposizione all’altro, ma al tempo stesso pretende di essere all’origine

14 Secondo cui tra il potere e il piacere si instaura un rapporto di reciproca stimolazione e scontro fra i

due poli, che nasce dal piacere di esercitare un potere che interroga, sorveglia e un piacere che si accende per dover sfuggire a questo potere.

dell’attribuzione di senso, “per cui a non esiste se non come non b, instaurando, in questo modo, una logica simultanea di subordinazione gerarchica” (Pustianaz, 1996: 119).

Dunque, la teoria queer, partendo dalla lezione foucaultiana, analizza le modalità attraverso le quali l’opposizione etero/omo costruisce gerarchie politiche di potere/sapere, e si appropria dei meccanismi della produzione performativa delle identità devianti: se la ripetizione ossessivamente martellata della norma etero produce ciò che nomina, cioè il soggetto universale etero, rendere visibile sempre e ovunque che soggetti del discorso sono lesbiche, gay, trans, neri, significa fare di quei soggetti identità resistenti alla normalizzazione e all’universalizzazione. Tale processo, però, comporta negare ogni identità fissa ed essenzialista ed assumere in sé l’intera gamma delle identità possibili (Spargo, 2004).

Una caratteristica essenziale dell’analisi della sessualità di Foucault e delle interpretazioni post-strutturaliste e queer consiste nel non considerare l’individuo come un soggetto autonomo cartesiano, possessore di un’identità innata o essenziale la cui esistenza non dipende dal linguaggio. Ciò che comunemente o casualmente pensiamo che sia il io (o il sé stesso), altro non è che una finzione socialmente costruita, un prodotto del linguaggio e dei discorsi specifici vincolati con le divisioni del sapere. Posso credere che sono singolare e essenzialmente io stesso, e che sono compromesso nel processo, permanente e spesso frustrante, di provare a esprimermi ed esprimere le mie intenzioni e propositi prima degli altri attraverso il linguaggio. Però questa credenza, questa sensazione di individualità e autonomia, è in sé stessa, un costrutto sociale e non il riconoscimento di un fatto naturale.

Allo stesso modo nel quale il genere sembra essere una componente fondante della mia identità, delle mie preferenze e dei desideri sessuali sembrano essere essenziali per sentire e sapere perfettamente chi sono. È possibile che alla fine del XX secolo si pensi alla sessualità in funzione di un ventaglio di possibili identità – eterosessuale, gay, lesbica,

bisessuale – strettamente relazionata con una propria classificazione di genere. È possibile considerare un uomo gay o una donna eterosessuale, però risulta difficile pensare un uomo lesbico. Ciò che permette di pensare di avere un’identità di qualsiasi tipo sono i discorsi, e i saperi stessi producono e controllano la sessualità tanto come il genere. Le parole che si usano, i pensieri che albergano in noi stessi, stanno indissolubilmente legati alle proprie costruzioni, socialmente determinate dalla realtà; cosi come si vedono i colori definiti dallo specchio, è possibile percepire le identità sessuali dentro un insieme di opzioni stabilite da una rete culturale di discorsi.