II. L’etruscologia nell’Italia fascista
1. Istituzionalizzazione dell’etruscologia
1.1 Etruscologia per stranieri a Perugia
Una prima esperienza di insegnamento scientifico di etruscologia viene messa in atto già nell'estate del 1921, all'interno dei “Corsi di Alta Cultura” per stranieri a Perugia, che rappresentano le prime iniziative alla base della futura Università Italiana per Stranieri (fondata nel 1925). Il contesto è quello di corsi estivi che dovrebbero fornire a turisti, studenti o eruditi stranieri una visione introduttiva della cultura italiana, e che sotto il regime diventeranno una vera e propria vetrina per la cultura fascista. Il relatore del corso di etruscologia dell'estate del 1921 è Bartolomeo Nogara (1868-1954)430. Nato in una famiglia cattolica di importanti religiosi
(due fratelli sarebbero diventati arcivescovi di Udine e di Cosenza, un altro delegato vaticano per l'amministrazione speciale dei beni della Santa Sede), Nogara si laurea a Milano studiando soprattutto epigrafia e glottologia. Nel 1900, su nomina di Leone XIII, è nominato direttore del Museo Gregoriano Etrusco del Vaticano, e nel 1920 Benedetto XV lo incarica della direzione generale dei Monumenti, musei e gallerie pontificie – ricoprirà questa importante posizione fino alla morte, nel 1954. In qualità di presidente della Pontifica Accademia Romana di Archeologia, nel 1919 Nogara sottolinea l’“importanza dell’ora presente dopo la nostra vittoria”, e assegna all’archeologia il compito di conquistare all’Italia “quel primato che ci si era voluto contendere dagli stranieri”. Lo studioso unisce nazionalismo italiano e ispirazione cattolica, rivendicando in particolare la “missione civilizzatrice di Roma nei vari periodi della
430 Su Bartolomeo Nogara cfr. Fabrizio Vistoli, Nogara, Bartolomeo, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma, 2013, vol. 78.
sua storia e specialmente sotto gli auspici del pontificato romano”431. Grazie ai suoi importanti
incarichi vaticani, nel 1921 viene chiamato ad insegnare etruscologia a Perugia. Nel 1936 Nogara, all'Università per Stranieri, rievocherà il clima delle lezioni di etruscologia del 1921 legandolo alla “rivoluzione fascista” dell'anno successivo e alla percezione di un “nuovo risorgimento italiano”432. Al di là della retorica fascista che si sovrappone alla memoria del
primo dopoguerra, questa ricostruzione posteriore dello stesso relatore testimonia un'interpretazione nazionalista dell'etruscologia, e l'idea che gli Etruschi debbano fare parte di una presentazione della cultura italiana da proporre agli stranieri. La lezione conclusiva del corso di etruscologia è pubblicata nel 1922 in forma di articolo su “Nuova Antologia”, da cui possiamo ricostruire a grandi linee il contenuto del corso. La conferenza è strutturata intorno al confronto fra Etruschi e Romani. Entrambi sono, nell’ottica del relatore, “nostri antichi progenitori”, artefici degli inizi della potenza dell'Italia433. In particolare, Nogara presenta
l'Etruria, al di là della questione delle origini etniche dei suoi abitanti, come la civiltà dell'Italia centrale e il primo tentativo di unificazione dell'Italia434. Già da queste premesse ritorna il
concetto di discendenza biologica della nazione condiviso da Giglioli, e la subordinazione del problema delle origini etniche degli Etruschi ad una loro inclusione di fatto nella nazione italiana. Su queste basi teoriche e ideologiche si baserà gran parte dell'approccio scientifico alla questione etrusca nel ventennio successivo. Nogara prosegue affermando che, al di là delle guerre che hanno contrapposto Etruschi e Romani, i due popoli siano uniti da diverse qualità morali, a partire dalla “facoltà di osservazione e di analisi” (che spiegherebbe lo sviluppo dell'agricoltura e della giurisprudenza). Un'altra qualità che unirebbe secondo il relatore i due popoli è la “facoltà di assimilazione”, ovvero la capacità di acquisire elementi culturali da altre civiltà. Questa “facoltà” chiama in causa il problema del rapporto con la civiltà ellenistica, e Nogara si trova costretto ad ammettere un difetto di originalità dell'arte etrusca e nella cultura romana rispetto ai modelli greci. Ma, aggiunge: “Potremmo anche proporci il quesito, se, date le necessarie premesse di razza, di tempo e di clima era umanamente possibile, battendo vie diverse, arrivare a risultati che potessero competere con la Grecia”. L'ammissione di un debito culturale verso la Grecia, nell'immaginario di una competizione tra nazioni diverse, è quindi
431 Cfr. Cose romane, in “Civiltà Cattolica” LXX, 1919, 1, p. 431. Inaugurazione dei lavori della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, 6 febbraio 1919.
432 Bartolomeo Nogara in “Bollettino della Regia Università italiana per stranieri”, 8 agosto 1936, p. 81; cfr. Id., Gli studi etruschi negli ultimi cento anni. Introduzione, ivi, 30 luglio 1939, p. 97.
433 Id., Etruria e Roma, in “Nuova Antologia” LVII, 1 marzo 1922, p. 51. 434 Ivi, p. 46.
accompagnata dalla difesa storica e naturalistica (“razza”, “tempo”, “clima”) della propria nazione, che non avrebbe potuto materialmente fare di meglio in termini culturali. La produzione artistica è esplicitamente ricondotta alle “necessarie premesse” razziali, storiche, geografiche. Nella sua lezione, Nogara aggiunge poi altre qualità morali comuni ad Etruschi e Romani: “l'osservanza della forme” o “formalismo”, l'amore di “sfarzo” e “opulenza”, l'equilibrio giuridico tra autorità statale e libertà435. Agli Etruschi sono attribuiti però dei difetti
etico-politici che ne spiegherebbero la decadenza rispetto a Roma: pacifismo e regionalismo, ovvero l'incapacità di trovare una coesione politica nazionale in grado di competere militarmente contro la potenza romana436. Nell’interpretazione di Nogara, la sconfitta degli
Etruschi per mano di Roma non ne impedisce la sopravvivenza etnica e culturale, attraverso la storia romana e il Medioevo, finché, nel Rinascimento, l'Italia si sveglia dal “sonno secolare” proprio nelle regioni “nipoti lontane dell'Antica Etruria”, “le più antiche e le più insigni propaggini della gente etrusca”: Toscana e Umbria. La continuità etnica e culturale degli Etruschi in Italia giustifica per il direttore dei musei vaticani la loro importanza, e il corso di etruscologia di Perugia si conclude con l'ammonimento a imparare la storia antica di tutte le regioni italiane per essere “degni eredi di Roma”437. Come vedremo, per l'importanza del suo
ruolo vaticano e per la continuità del suo impegno didattico a Perugia, Nogara sarà tra le figure più importanti dell'etruscologia sotto il fascismo.