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Il contesto politico

Nel documento La questione etrusca nell'Italia fascista (pagine 90-96)

II. L’etruscologia nell’Italia fascista

1. Istituzionalizzazione dell’etruscologia

1.3 Il contesto politico

Con il finanziamento iniziale e la creazione del Comitato Permanente per l'Etruria (dal 1932 “Istituto di Studi Etruschi”466), Minto inizia ad organizzare le attività etruscologiche, che negli

anni successivi vedono importanti iniziative nazionali ed internazionali. Nella primavera del 1926 si tiene a Firenze il I Convegno nazionale etrusco, nel 1927 esce il primo volume annuale di “Studi Etruschi” e nella primavera del 1928 a Firenze e Bologna si tiene il I Congresso internazionale etrusco. Questo rapido sviluppo dell'etruscologia e dell'attenzione del pubblico colto per gli Etruschi avviene all'interno del contesto del nuovo regime fascista, e di una grande pervasività del nazionalismo nella cultura italiana, che coinvolge anche l'ambito antichistico. Il I Convegno nazionale etrusco ha luogo a Firenze dal 27 aprile al 4 maggio 1926. La data di apertura è scelta nella ricorrenza del 27 aprile 1859, giorno della sollevazione popolare fiorentina che aveva portato alla fine del Granducato di Toscana e all'adesione al Regno di Sardegna all'inizio della II guerra d'indipendenza. Questa data viene scelta per rivendicare un'interpretazione nazionalista e non regionalista dell'identità etrusca, che viene riscoperta e studiata in un contesto esplicitamente unitario e di adesione al nuovo regime. Nella lettera programmatica firmata da Minto per presentare il progetto del convegno si parla di “una magnifica, solenne affermazione di toscanità, d'italianità”467. Un esempio simbolico di questa

interpretazione è la presenza, nell'allestimento della seduta inaugurale del 27 aprile 1926 a Palazzo Vecchio a Firenze, del “fascio di Vetulonia”468, o probabilmente di una sua riproduzione

moderna. Il fascio di Vetulonia, riprodotto anche nei volumi degli atti del convegno469, è un

fascio di verghe con ascia bipenne in mezzo, ritrovato nel corredo funebre di una tomba etrusca

465 Cfr. “Studi Etruschi” X, 1936, p. 477.

466 RDL 18-2-1932 n. 196. Cfr. “Studi Etruschi” VI, 1932.

467 Cit. in Comitato Permanente per l'Etruria (Ente per le Attività Toscane), I° Convegno Nazionale Etrusco.

Firenze 27 aprile – 4 maggio MCMXXVI, Firenze, 1926, vol. I, pp. 7-8.

468 Comitato Permanente per l'Etruria (Ente per le Attività Toscane), I° Convegno Nazionale Etrusco.

Firenze 27 aprile – 4 maggio MCMXXVI, Firenze, 1926, vol. II, p. 19.

di Vetulonia dall'archeologo Isidoro Falchi nel 1898470. Durante il fascismo, questo

ritrovamento archeologico verrà generalmente considerato la prova dell'origine etrusca del fascio littorio romano, e quindi di quello fascista. L'uso di questo simbolo etrusco nel convegno del 1926 è un chiaro omaggio al nuovo regime da parte degli organizzatori, e un segno dell'interpretazione nazionalista e fascista della civiltà etrusca. Al contesto politico, del resto, accennano esplicitamente gli organizzatori del convegno nei loro discorsi inaugurali. Il primo ad intervenire è Alessandro Martelli, presidente dell'Ente per le Attività Toscane a cui fa riferimento il Comitato Permanente per l'Etruria. Martelli (1876-1934)471, proprietario terriero

e professore di geologia all'università di Firenze, già ufficiale interventista nella Prima guerra mondiale, dopo un'iniziale diffidenza verso i fascisti è tra i finanziatori dello squadrismo toscano, e partecipa alla marcia su Roma. La sua adesione al fascismo unisce motivazioni antisocialiste e una visione tradizionalista e antimoderna della società rurale toscana. Al momento del convegno nazionale etrusco, Martelli collabora con il ministero dell'Economia Nazionale all'interno del primo comitato tecnico dell'AGIP, e diventerà negli anni successivi uno dei responsabili della politica petrolifera del regime. Il 27 aprile 1926, a Palazzo Vecchio, sostiene che la civiltà etrusca, insieme a quella romana, sia alle origini della “formazione dello spirito italico”, e che sopravviva ancora nelle “attitudini ataviche della nostra stirpe”. Rivendica le radici etrusche della civiltà romana, a partire dal fascio littorio che “l'Italia rinnovata dal fascismo trionfante” ha preso come simbolo472. Dopo Martelli, interviene Carlo Delcroix (1896-

1977)473, già interventista e grande invalido di guerra, presidente dal 1924 dell'Associazione

Nazionale Mutilati ed Invalidi di Guerra, consigliere comunale di Firenze e membro del consiglio di amministrazione dell'Ente per le Attività Toscane. Al convegno nazionale etrusco, Delcroix sottolinea l'intento non regionalista del convegno, sostenendo che gli Etruschi siano alle radici di Roma – cita il fascio littorio – e del popolo italiano. Nella sua ottica interpretativa, per la civiltà romana gli Etruschi sono stati più importanti di quanto lo siano stati i Greci. Inoltre – afferma Delcroix - “Roma abbatté il dominio etrusco ma ne ereditò lo spirito e ne raccolse il

470 Su Isidoro Falchi (1838-1914) cfr. Isidoro Falchi, un medico al servizio dell'archeologia. Un

protagonista della ricerca italiana di fine Ottocento, Montopoli Valdarno, 1994.

471 Su Alessandro Martelli cfr. Alessandra Tarquini, Martelli, Alessandro, in Dizionario Biografico degli

Italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma, 2008, vol. 71; Roberto Cantagalli, Storia del fascismo fiorentino 1919/1925, Vallecchi, Firenze, 1972, pp. 83-84, 102, 332.

472 Comitato Permanente per l'Etruria (Ente per le Attività Toscane), I° Convegno Nazionale Etrusco, vol. II, cit., pp. 8-9.

473 Su Carlo Delcroix cfr. Albertina Vittoria, Delcroix, Carlo, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma, 1988, vol. 36.

mandato”474. La sopravvivenza degli Etruschi nella storia italiana è descritta in senso etnico,

parlando di “miracolo della rinascenza” e di “stirpe viva”. Gli Etruschi sarebbero “i nostri padri”, passati disciplinatamente attraverso la romanizzazione e poi misteriosamente rinati in Dante, Machiavelli e Michelangelo475. Segue l'intervento di Antonio Minto, principale

organizzatore del convegno, che si allinea alla volontà del “Duce” di “trarre gli auspici” per il futuro della patria dalle antiche glorie, dal “sacro patrimonio della Nazione”476. Il prefetto

fascista di Grosseto, Giovanni Maggiotto, prende poi la parola rivendicando l'onore della sua provincia di avere custodito il fascio di Vetulonia e presentando gli Etruschi come “civiltà mediterranea” 477. Il regime fascista è rappresentato al convegno da Michele Romano,

sottosegretario alla Pubblica Istruzione478, mentre il ministro Pietro Fedele è vicepresidente del

comitato d'onore – il presidente è Filiberto di Savoia-Genova, duca di Pistoia479. Alla fine del

convegno viene approvata una deliberazione da inviare al governo: tra le richieste c'è quella di diffondere nelle scuole la conoscenza della civiltà etrusca e della sua importanza “per l'esaltazione del Genio della stirpe, per la migliore comprensione della formazione della cultura Romana ed Italiana”480. Minto invia un telegramma finale a Mussolini, nel quale presenta il

convegno come studio sul problema delle origini della civiltà italica e riconosce l'impegno del capo del regime nel “proposito che l'Italia moderna rinnovi le glorie di Roma”481. Da questi

interventi emerge in modo esplicito come la nuova etruscologia si inserisca esplicitamente nel contesto fascista, e come sia portatrice di un approccio chiaramente nazionalista allo studio degli Etruschi come parte dell'etnia italiana.

Il successo del convegno nazionale del 1926 e l'inizio, l'anno successivo, delle pubblicazioni annuali di una rivista interdisciplinare specializzata, “Studi Etruschi”, diffondono un vero interesse per la questione etrusca. Minto e i suoi collaboratori organizzano in questo periodo una seconda iniziativa di etruscologia, questa volta di carattere internazionale, che si tiene nella primavera del 1928 tra Firenze e Bologna. Il I Congresso internazionale etrusco viene inaugurato di nuovo a Palazzo Vecchio a Firenze, il 27 aprile 1928. Presentando gli atti del

474 Comitato Permanente per l'Etruria (Ente per le Attività Toscane), I° Convegno Nazionale Etrusco, vol. II, cit., p. 12. 475 Ivi, p. 13. 476 Ivi, pp. 16-18. 477 Ivi, p. 19. 478 Ivi, pp. 21-22. 479 Ivi, vol. I, p. 9. 480 Ivi, vol. II, p. 148. 481 Ivi, p. 163.

congresso al momento della loro pubblicazione, Minto ringrazierà per il “contributo governativo” Alessandro Martelli e Francesco Giunta, figura importante dello squadrismo a Firenze e poi al confine orientale482. Nella seduta inaugurale a Palazzo Vecchio, oltre agli

studiosi, ci sono consoli ed ambasciatori di paesi europei e sudamericani, parlamentari, generali dell'esercito, rappresentanti del PNF, il rettore dell'università di Firenze. Il congresso riceve anche la visita di Vittorio Emanuele III nella seduta del 3 maggio. L'iniziativa si svolge in effetti sotto l'alto patronato del re, e con la presidenza onoraria di Mussolini. Rispetto al convegno nazionale del 1926, dunque, nel 1928 l'interesse per gli Etruschi e la dimensione internazionale dell'iniziativa determinano una grande partecipazione della classe dirigente italiana alla questione etrusca. Il 27 aprile 1928 la seduta inaugurale è aperta da Antonio Garbasso, podestà di Firenze. Garbasso (1871-1933), docente di fisica sperimentale all'università di Firenze dal 1913, si era arruolato nell'esercito da interventista e aveva partecipato allo squadrismo fiorentino nel dopoguerra. Dal 1921 è il sindaco fascista di Firenze, rappresentando i partiti di destra usciti vincitori delle elezioni amministrative, e nel 1924 è nominato senatore483. A

Palazzo Vecchio, Garbasso apre i lavori del congresso lodando Minto e il Comitato Permanente per l'Etruria. Nella sua presentazione, i Toscani

sentono l'orgoglio di avere per antenati i sapienti che levarono di fronte a Pallade Atena il simulacro di Minerva, etrusca prima che latina, che a Roma diedero i riti e le leggi, che all'Italia antica e alla nuova hanno dato il simbolo augusto dell'autorità allo Stato e della inesorabile giustizia.

Il Fascio di Vetulonia è tornato, dopo venticinque secoli, alla luce del sole toscano segno dell'antica nobiltà e promessa di sicuro avvenire484.

È proprio Garbasso a volere che, come nel convegno del 1926, il fascio di Vetulonia sia posto sul tavolo della presidenza del congresso internazionale del 1928: di fronte agli studiosi e ai rappresentanti stranieri, si espone un manufatto etrusco come simbolo politico fascista485.

All’intervento di Garbasso segue quello di Antonio Minto. Secondo il soprintendente

482 Comitato Permanente per l'Etruria (Ente per le Attività Toscane), Atti del primo congresso internazionale

etrusco, Rinascimento del libro, Firenze, 1929, p. 5. Su Francesco Giunta cfr. Mauro Canali, Giunta, Francesco, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma, 2001, vol. 57;

Annamaria Vinci, Sentinelle della patria. Il fascismo al confine orientale 1918-1941, Laterza, Roma-Bari, 2011; Roberto Cantagalli, Storia del fascismo fiorentino, cit., p. 72.

483 Alessandro Martelli, Antonio Garbasso, in “Illustrazione Toscana e dell'Etruria” XI, 5, maggio 1933, pp. 4-8; Roberto Cantagalli, op. cit., p. 316.

484 Comitato Permanente per l'Etruria (Ente per le Attività Toscane), Atti del primo congresso internazionale

etrusco, cit., p. 22.

archeologo, la Toscana moderna “attraverso il mondo Romano ed alla Rinascenza, dell'antica Etruria ha conservato l'eredità preziosa”486. Tra i principali temi dell'etruscologia, Minto indica

il problema delle “persistenze” tra Etruschi e popolazioni preesistenti (Villanoviani), i rapporti con l'arte ellenistica e con Roma (“le sopravvivenze della civiltà etrusca del mondo romano” sarebbero state fondamentali per la “potenza di Roma”), la questione della lingua vista come chiave del problema delle origini etniche, le scienze naturali. Il soprintendente e presidente del Comitato, però, indica anche una finalità divulgativa: una “opera di educazione nel popolo, per la conservazione delle antiche memorie, abituandolo a riconoscere in esse un sacro patrimonio della sua più antica storia”487. Riporta anche l'approvazione di Mussolini per l'iniziativa:

accettando la presidenza onoraria del congresso, il capo del regime avrebbe dichiarato: “Voglio che a Firenze si costituisca un centro internazionale di Studi Etruschi”488. L'interesse della

questione etrusca è ricollegato da Minto alla formazione di una prima unità nazionale italiana: gli Etruschi sono secondo lui un popolo che, “uscendo dalla cerchia della propria razza, ha affratellato, con la sua organizzazione civile e politica, gli altri popoli che si trovavano ad esso a contatto, preparando così, in certa guisa, la missione politica e civile di Roma489”. Come si

vede, l'interesse dello studio degli Etruschi è rivendicato esplicitamente in senso nazionalista. Uno degli aspetti più evidenti dell'adesione di Minto al regime è la sua collaborazione con il CNR per lo studio geologico dei giacimenti minerari sfruttati dagli Etruschi. Questo lavoro, che prosegue un interesse già ottocentesco per lo sviluppo minerario della Toscana, subirà un'accelerazione durante il periodo delle sanzioni economiche secondo la politica autarchica490.

Al congresso internazionale del 1928, nella “seduta preliminare” del 28 aprile 1928, prende la parola anche Enrico Burci, il rettore fascista dell'università di Firenze, giunto a ricoprire la carica accademica in seguito a pressioni politiche fasciste491. In questa sede, Burci cita le parole

di Cesare Correnti, fisico e statistico ottocentesco, già ministro della Pubblica Istruzione nel 1867 e teorico della sopravvivenza razziale delle popolazioni preromane nell’Italia

486 Comitato Permanente per l'Etruria (Ente per le Attività Toscane), Atti del primo congresso internazionale

etrusco, cit., p. 23.

487 Ivi, p. 25. 488 Cit. ivi, p. 29. 489 Ivi, p. 30.

490 Massimo Tarantini, Archeologia e scienze naturali in Italia, cit., pp. 144, ss; Marie-Laurence Haack, De

la veine au crâne. L'étruscologie entre éclatement et ouverture: le cas des sciences naturelles, in Id. (a cura

di), La construction de l'étruscologie au début du Xxème siècle, cit., pp. 171, ss.

491 Cfr. Gabriele Turi, Lo Stato educatore. Politica e intellettuali nell’Italia fascista, Laterza, Roma-Bari, 2002, p. 245.

medievale492. Il rettore fascista cita queste parole di Correnti: “Le reliquie etrusche sono il

nostro più antico diploma storico, il primo titolo della nobiltà civile d'Italia”493. A conferma di

questa impostazione, nel giorno dell'inaugurazione interviene Alessandro Martelli, che al momento del congresso è sottosegretario alle Comunicazioni e dunque rappresentante del regime:

Inaugurare questo Congresso Internazionale nella ricorrenza della rivoluzione che nel '59 condusse la Toscana a riunirsi nel Regno Italico, vuol dire superare ogni giustificabile orgoglio regionale nella celebrazione dei progenitori, che seppero forgiare una razza perennemente votata al culto del bello estetico e morale, e nell'esaltazione dell'antico popolo etrusco, che seppe contribuire ad una delle più belle civiltà della terra, trasfondendo il suo spirito e legando ogni tesoro a Roma vittoriosa e conquistatrice494.

Come già nel 1926, si sottolinea l'intento nazionalista e non regionalista nello studio degli Etruschi, legati al mito di Roma antica, e come nell'intervento di Minto si parla di “razza”. A questo proposito, Martelli sostiene che la “gente etrusca” è “lontana sì nel tempo, ma sopravvivente oltre i secoli nella vivace e atavica attività della razza”495. L'arte etrusca viene

vista continuare il suo sviluppo nell'arte romana, medievale e rinascimentale.

Sono dunque etrusche le basi del poderoso edificio inalzato [sic] dalla civiltà latina e italiana, ma tante volte interrotto dalle vicende della storia.

Solo le generazioni educate con animo nuovo allo spirito antico sapranno condurre l'edificio fino al suo vertice creando nuove forme di bellezza, di forza e di dottrina in ogni campo dell'arte, della civiltà e del pensiero496.

Martelli sottolinea l'interesse del governo fascista per lo sviluppo dell'etruscologia, da Fedele fino a Mussolini stesso, “così appassionato tutore di quanto accresce il valore morale della nostra stirpe”497. Annuncia la volontà del governo, tramite il ministro Fedele, di iniziare degli

scavi archeologici per risolvere la questione delle origini degli Etruschi in modo definitivo498.

492 Edoardo M. Barsotti, At the 'roots' of Italian identity: 'race' and 'nation' in the Italian Risorgimento, 1796-

1870, Tesi di dottorato, Fordham University, 2019, pp. 284, ss.

493 Comitato Permanente per l'Etruria (Ente per le Attività Toscane), Atti del primo congresso internazionale

etrusco, cit., p. 36. 494 Ivi, p. 30. 495 Ivi. p. 31. 496 Ivi, p. 33. 497 Ivi. p. 31. 498 Ivi, p. 32.

La convergenza di interessi in senso nazionalista tra studiosi e regime fascista emerge chiaramente nei convegni del 1926 e 1928, che pongono le basi dell'etruscologia almeno fino alla Seconda guerra mondiale.

Nel documento La questione etrusca nell'Italia fascista (pagine 90-96)