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Legenda per la comprensione della tabella:

6. Eventi quotidiani e Il lavoro è pensato e Il lavoro è organizzato Facciamo un lavoro

Il lavoro educativo nell’accompagnamento peri traumatico con minori vittime di abusi

organizzazione: è fondamentale la costruzione e l’organizzazione degli eventi ricorrenti e familiari che caratterizzano la quotidianità, come i momenti dei pasti, del dormire, del gioco o della cura dell’igiene personale, i quali rappresentano una sorta di palestra entro cui il bambino può sperimentarsi, raggiungendo così capacità e apprendimenti sempre più evoluti.

organizzato per favorire lo sviluppo delle autonomie personali, lo sviluppo della capacità di rispettare le regole e per aiutare il bambino a stare meglio all’interno delle situazioni. L’educatore deve dare una certa attenzione agli aspetti della vita quotidiana, più precisamente in quelle situazioni di particolare vicinanza fisica e di accudimento dei bisogni primari; deve fornire un modello di “normalità” accompagnando il bambino ad un processo di acquisizione dell’autonomia, della sicurezza di sé, della felicità di essere capaci di fare, su un modello il più normale possibile.

tramite attività che favoriscono la relazione e la parola, che vanno a lavorare sul piano relazionale, motorio e simbolico; le attività sono organizzate per permettere al bambino di imparare a giocare, imparare a stare con gli altri, ad accettare le regole e i limiti. Ci vuole sempre un’attenzione

particolare quando, ad esempio, vanno in bagno, per questo bisogna stare sempre in due col bambino, si deve vigilare sempre bene, specialmente quando il bambino è solo o sta in relazione con gli altri coetanei e ha modo di manifestare

comportamenti aggressivi verso se o verso gli altri. I vari giochi e le varie attività favoriscono la relazione tra i bambini e la parola, lo scambio, la comunicazione, la dimensione simbolica e l’imparare a giocare rispettando gli altri bambini, i turni e le regole.

soprattutto di tipo psicodinamico, sulle emozioni e sulla loro espressione, sulla tolleranza alla frustrazione,

sull’accettare le regole, sullo stare insieme; la cosa più importante per noi è riuscire a dargli degli strumenti affinché possano vivere, integrarsi o sopravvivere nel mondo esterno. Bisogna evitare di far sentire il bambino incapace e colpevole ma creare anzi quelli situazioni in cui il egli può esercitarsi – senza giudizio e senza critiche – a fare, a imparare. Puntiamo a favorire un aumento dell’autostima, al raggiungimento di un buon grado di autonomia, a favorire il riconoscimento e l’espressione delle emozioni, a riuscire a tollerare la frustrazione. 7. Gestione dei comportamenti sintomatici: l’educatore sociale potrebbe trovarsi in una posizione debole e di estrema confusione, in una continua ricerca di equilibrio poiché vi è la necessità del minore di non subire più alcun tipo di vittimizzazione e quindi ha bisogno di

Il gruppo spesso inibisce o limita il bambino nella sua espressione. Capita comunque spesso di vedere disegni con riferimenti sessuali o delle scritte con parolacce estreme o con atti sessuali. Prima di tutto è necessario fare molta attenzione nel fare

Il bambino qui da noi sa che è libero di esprimere ciò che vuole, il bambino ha la sicurezza di poter essere se stesso senza essere giudicato o colpevolizzato. L’assenza di giudizio è importante per I comportamenti tipici che noi vediamo sono il passaggio all’atto, difficoltà ad esprimere attraverso le parole un disagio; c’è sempre scarsa autostima che porta al non mettersi in gioco, a provare angoscia subito, all’aggressività come

Il lavoro educativo nell’accompagnamento peri traumatico con minori vittime di abusi

essere protetto, allo stesso però vi è la necessità che le strutture si configurino come luoghi di cura in cui le piccole vittime possano esprimere liberamente il proprio disagio anche attraverso comportamenti sintomatici, in modo tale da essere accolti, riconosciuti e compresi. Vi possono essere tre modalità per la gestione di questi comportamenti sintomatici: il contenimento (interventi che mirano a tranquillizzare il bambino e ad aiutarlo a porre fine all’espressione del comportamento sintomatico), la comprensione (tentativo di collegare un certo comportamento al vissuto traumatico) e il controllo (si deve costantemente vigilare i bambini); non per forza deve essere presente una sola dimensione.

conclusioni affrettate, qualsiasi cosa è da contestualizzare e da capire (per poter affermare qualcosa non è sufficiente la sola manifestazione di comportamenti

sessualizzati o aggressivi), sono tutti piccoli campanellini d’allarme ma non si tratta mai di certezze. Questi comportamenti li gestiamo parlandone col bambino e con i genitori o i docenti, per poterne vedere le reazioni. Bisogna trovare altri modi da proporre al bambino per esprimersi o per vivere e gestire tutte le emozioni che prova.

questo, per poter mettere il bambino nella condizione di esprimere qualsiasi contenuto lui voglia con la certezza che l’operatore non si arrabbierà con lui e sarà sempre lì per aiutarlo, sostenerlo e contenerlo. In ogni caso vediamo spesso atteggiamenti agitati, aggressivi o provocatori, ed anche sessualizzati. Spesso vogliono mostrarsi più grandi di quel che sono, potenti, invincibili (bisogna fare attenzione però perché non sempre dietro questi comportamenti vi è dietro un abuso); alcuni sono anche depressi; abbiamo poi manifestazioni di atteggiamenti ipomaniacali, esibizionisti o bambini che si difendono tantissimo; tanti bambini infine hanno il grande vissuto di impotenza e il loro comportamento può essere il cercare di passare da una posizione relazionale passiva ad una attiva. Per gestire questi comportamenti cerchiamo di non giudicare e di non essere oppressivi, di contenere il bambino e fargli capire che attuando certi comportamenti non ricava niente di positivo; si deve

risposta, ad avere difficoltà nello stare insieme o nello stare bene insieme agli altri. In questi casi cerchiamo di dar un rimando al bambino, di mostrare quello che sta succedendo; si usano a volte le assegnazioni di piccoli castighi, ma non si tratta di punizioni vere e proprie, si tratta più che altro di avvalersi di un qualcosa che al bambino importa per potergli dare un segnale e potergli spiegare che sono comportamenti da evitare, che esistono altre modalità per esprimere la rabbia o la delusione. Qui al CPE si cerca sempre di parlare, di rimandare il messaggio che non bisogna essere violenti; in ogni caso finché non è passata la crisi il bambino non è raggiungibile, ma loro sanno bene che qui verranno sempre accolti, che noi non siamo arrabbiati con loro o che comunque il giorno dopo l’operatore sarà ancora lì e che quindi non è successo nulla di irreparabile.

Il lavoro educativo nell’accompagnamento peri traumatico con minori vittime di abusi

lasciar esprimere il bambino per capire il suo malessere, mettendo però sempre il limite laddove risulta necessario. Si cerca di creare un ambiente rassicurante e portare il bambino alla parola e non all’atto.

8. Ricostruire la fiducia e