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Gli eventi sismici del 1783 e del 1908 (caso territoriale: Reggio Calabria e Messina)

IL PROBLEMA ED I TERMINI DELLA RICERCA

3. Gli eventi sismici del 1783 e del 1908 (caso territoriale: Reggio Calabria e Messina)

La crisi sismica conosciuta come ‘Terremoto della Calabria del 1783’ durò quasi 3 anni e fu caratterizzata da 5 scosse catastrofiche del XI grado della scala Mercalli (5, 6 e 7 febbraio, 1 e 28 marzo 1783) e da varie centinaia di scosse ‘minori’ (alcune delle quali del IX grado, come quella del 26 aprile 178314. Le scosse interessarono l’intera Calabria meridionale e,

in parte, la Sicilia orientale (Messina). Fu senza dubbio uno dei terremoti più catastrofici che abbiano mai colpito il nostro Paese: centinaia furono i paesi completamente distrutti; i morti per cause dirette furono quasi 30.000 (6,7% della popolazione), ai quali se ne dovettero aggiungere altri 5.000 per malattie e stenti negli anni successivi. Il territorio subì drammatici cambiamenti morfologici e idro-geologici: frane, smottamenti e crolli cambiarono la geografia della regione, il corso dei fiumi e la morfologia delle coste, e nacquero oltre duecento nuovi laghi, alcuni dei quali di notevoli dimensioni.

La prima documentazione relativa al terremoto del 1783 ci viene fornita dall’ Istoria dè

Fenomeni del Tremoto avvenuto nelle Calabrie, e nel Valdemone nell’anno 1783 posta in luce dalla Reale Accademia delle Scienze, e delle Belle Lettere di Napoli, e dall’ Atlante

iconografico ad essa allegato. L’ Istoria fu pubblicata a Napoli nel 1784 quando la crisi sismica, iniziata il 5 febbraio 1783, non era ancora del tutto terminata (a cura dell’Impressore Giuseppe Campo). L’ Atlante consiste in una raccolta di 69 tavole eseguite dagli architetti Pompeo 13 Piemontese A., “Terremoti, ecco la mappa del rischio sismico in Italia”_Istituto Nazionale di Geofisica.

Fonte : http://www.panorama.it/scienza/terremoti-ecco-la-mappa-del-rischio-sismico-in-italia/ 14 Istituto Nazionale di Geofisica, Catalogo dei forti terremoti in Italia dal 461 a.C. al 1980, SGA Editore,

Schiantarelli ed Ignazio Stile durante la spedizione organizzata dall’ Accademia e guidata da Michele Sarconi (redattore dell’Istoria) che, partita da Napoli il 5 aprile 1783 (a soli due mesi dalla prima catastrofica scossa), si concluse a Messina, nel mese di settembre dello stesso anno. Si tratta della prima ricognizione ufficiale post-terremoto organizzata da un istituto scie ntifico in Italia15.

Oltre al dolore e al senso di rovina, le Tavole dell’Atlante ci mostrano anche la grande voglia di

ricominciare di quelle popolazioni: a pochi mesi dal sisma, il paese di Polistena è già in fase di ricostruzione (cfr. Documentazione grafica n°003) in una posizione geologicamente più sicura, secondo un preciso schema urbano e con costruzioni in legno realizzate secondo una “prescritta

tecnologia antisismica” descritta da Vivenzio pochi anni dopo16. Purtroppo Polistena resterà

un’eccezione che conferma la regola dei ritardi e delle inefficienze nella ricostruzione, in que- sto caso dovuti soprattutto all’arretratezza e alla miseria della vita sociale ed economica della Calabria dell’epoca, soggetta ad un regime ancora di tipo feudale in più dell’80% del territorio. Infine, vale la pena di ricordare il lavoro svolto da Padre Eliseo della Concezione, il cartografo della spedizione che, con l’ausilio di una “macchina equatoriale” dal lui stesso concepita (rap- presentata dallo Schiantarelli in un fatigatissimo disegno allegato all’Atlante) elabora la prima carta geografica della Calabria Ulteriore realizzata su basi astronomiche. Fu lo stesso presidente della Reale Accademia a volere che nella spedizione fatta a fine di esplorare i fenomeni dè

tremuoti, si desse opera a formare una carta topografica della desolata Calabria, perchè in un colpo d’occhio potesse vedersene il soqquadro in cui fu posta. La nuova carta (cfr. Documenta-

zione grafica n°001), non solo corregge gli errori di latitudine e longitudine presenti nelle vec- chie mappe, ma riporta anche la distribuzione dei danni del terremoto classificando quasi 200 centri abitati “in parte lesionati”, “in parte distrutti ed in parte resi inabitabili” e “interamente distrutti”. Essa costituisce il primo esempio di carta sismica in Italia ed ha fornito un contributo

15 Forni M., Immagini del Terremoto della Calabria del 1783.

16 G. Vivenzio, Istoria dè tremuoti avvenuti nella provincia di Calabria Ulteriore, e nella città di Messina nell’anno 1783, e di quanto nelle Calabrie fu fatto per il suo risorgimento fino al 1787. Preceduta da una teoria, ed istoria generale dè tremuoti, Napoli, 1788

importantissimo allo studio della crisi sismica del 1783. La prima edizione della carta, in for- mato 1416 x 1144 mm, venne data alla stampa nel mese di settembre del 1783, a soli quattro mesi dall’inizio della spedizione. Quelle terre di Calabria e Sicilia (cfr. Documentazione grafica dal n°003 al n°005), che già 90 anni prima avevano subito un terremoto catastrofico che aveva causato oltre 50,000 vittime, furono nuovamente sconvolte 125 anni più tardi dalla catastrofe Calabro-Messinese, che pretese un tributo ancora maggiore (oltre 60,000 vittime).

La notte tra il 7 e l’8 settembre 1905, alle ore 02:43, la Calabria fu scossa da uno dei terremoti

più violenti della sua storia. Una scossa violenta, durata 43 secondi di magnitudo 7,1 Richter.

L’epicentro fu a Nicastro, un piccolo paesino di allora che oggi è il centro storico di Lamezia Terme, nel pieno centro della Regione. Le conseguenze numeriche non sono catastrofiche: i dati ufficiali parlano di 557 morti e 2.615 feriti, ma secondo fonti di quell’epoca le vittime furono più di 3.000, tra il Catanzarese e il Vibonese, ma anche il Cosentino fu duramente colpito. La scossa provocò anche un violento maremoto nel litorale Tirrenico.

Quello del 1905 in Calabria è stato uno dei primi terremoti ad essere documentato dal cinema, e gli inviati dei quotidiani nazionali nelle cronache del tempo descrissero i danni dei 326 comuni, i lutti e il ritardo nei soccorsi. Fu talmente devastante che l’inviato del Corriere della Sera, Luigi Barzini, scriveva: “Non attendetevi un racconto ordinato di quanto ho visto nel rapido giro del- la regione devastata e neppure una cronaca del tremendo cataclisma. È troppo vasto il quadro dell’orrore e ho qualcosa di più urgente da dirvi”.

La Calabria è una Regione ad altissimo rischio sismico, la più esposta in Italia a questo tipo di fenomeni. Negli ultimi secoli ha vissuto due momenti critici: uno circa 220 anni fa, con la crisi sismica di fine ‘700, e un altro circa 100 anni fa, a cavallo tra fine ‘800 e inizio ‘900, con tanti forti terremoti che culminarono proprio in quello, finale e devastante, del 1908.

28 dicembre 1908 ore 05:21, una scossa di 37 secondi. “La tragedia”

«Un attimo della potenza degli elementi ha flagellato due nobilissime province – nobilissime e care – abbattendo molti secoli di opere e di civiltà. Non è soltanto una sventura della gente italiana; è una sventura della umanità, sicché il grido pietoso scoppiava al di qua e al di là delle Alpi e dei mari, fondendo e confondendo, in una gara di sacrificio e di fratellanza, ogni persona, ogni classe, ogni nazionalità. È la pietà dei vivi che tenta la rivincita dell’umanità

sulle violenze della terra. Forse non è ancor completo, nei nostri intelletti, il terribile quadro, né preciso il concetto della grande sventura, né ancor siamo in grado di misurare le proporzioni dell’abisso, dal cui fondo spaventoso vogliamo risorgere. Sappiamo che il danno è immenso, e che grandi e immediate provvidenze sono necessarie». Relazione al Senato del Regno d’Italia a commento dell’evento.

Danni ingenti si registrarono fino a Rosarno sul versante tirrenico e Siderno su quello jonico della Calabria, mentre in Sicilia fino a Patti su quello tirrenico e fino alla zona etnea, lungo la costa orientale dell’isola.

Il terremoto danneggiò o distrusse quasi il 90% degli edifici in città, le condotte del gas spaccate alimentarono un incendio e – tra i fenomeni più inusuali – 8 a 10 minuti dopo il terremoto il lungomare di Messina fu distrutto da uno tsunami di ~8 metri. Il terremoto di Messina è solo uno dei tragici eventi che hanno colpito l’Italia meridionale nella sua storia – una regione situata tra le due placche continentali dell´Europa e Dell´Africa e varie micro-placche e che è interessata da un’intensa attività tettonica.

Dopo la scossa del 28, che distrusse gran parte delle città dello Stretto e che di colpo fece abbassare il fondale marino di 1 metro, una grande onda di maremoto si abbatté su Reggio e Messina, causando altre vittime e spazzando via le macerie accumulatesi lungo la costa. Presso Pellaro fu registrata l’onda più alta, circa 13 metri. Di numerose abitazioni, rimasero solamente le fondamenta. In alcune località l’onda più grande arrivò per prima, in altre invece fu preceduta da onde più piccole.

Di seguito il run-up dell’onda nelle diverse località:

Messina, 3 m. (centinaia di vittime); Paradiso, (nord di Messina). 3.7 m; Pace, 4.7 m. (3 vittime);

Galati Marina, run-up non disponibile (14 vittime); Briga Marina, run-up non disponibile (46 vittime);

Giampileri Marina, 7.2 m;

S.Tecla, Torre Archirafi e Nizza di Sicilia, 5.7 m; Scaletta, Roccalumera, 8 m;

Giardini, 9.5 m. (2 vittime);

S. Alessio, 11.7 m. (il valore più alto lungo le coste siciliane);

Riposto, run-up non disponibile; il mare si spinse per 150 metri oltre la linea di costa (13 vittime);

Catania, run-up non disponibile; il mare si spinse per 100 metri oltre la linea di costa (3 vittime);

Augusta, run-up non disponibile; il mare si spinse per 700 metri oltre la linea di costa

Pellaro, 13 m;

Lazzaro, 10.5 m (90 vittime).

Studi successivi hanno individuato come struttura responsabile del terremoto una faglia normale ad andamento NNE-SSW localizzata all’interno dello stretto di Messina, ma l’esatta geometria e cinematica di tale struttura è ancora oggetto di discussione17. (Pino et al. 2000; Valensise e

17 Margheriti L., D’Anna G., Selvaggi G., Patanè D., Moretti M. e Govoni A., art. Alla ricerca di nuovi dati sulla relazione tra subduzione e cinematica crostale nell’arco Calabro-Peloritano. - Il disastroso sisma del 28 dicembre 1908 dello Stretto di Messina è stato uno dei più forti terremoti avvenuti in Italia (Mw = 7.1). Gli studi hanno evidenziato che la struttura responsabile del terremoto è una faglia normale ad andamento NNE-SSW localizzata all’interno dello Stretto, ma l’esatta geometria e cinematica di tale struttura è ancora in discussione (Pino et al. 2000, Valensise e Pantosti 2001; Billi et al. 2008, e in questo volume il contributo di G. Valensise, R. Basili e P. Burrato). Ancor più controverso è il quadro geodinamico all’interno del quale avviene l’estensione che caratterizza lo Stretto. Nell’area mediterranea, l’evoluzione del margine di placca tra Africa ed Eurasia dal Neogene ad oggi è stata caratterizzata da una lenta convergenza tra le due placche, accompagnata da una rapida subduzione legata all’arretramento dello slab (si veda per esempio Faccenna et

al. 2001). L’estensione laterale della subduzione si è progressivamente ridotta e questa si è articolata in archi, come è attestato dalle immagini tomografiche ottenute da vari autori (Piromallo e Morelli 2003; Montuori et al. 2007; Chiarabba et al. 2008). Uno di questi archi è quello Calabro, dove persiste un’attività sismica pro- fonda che disegna distintamente un piano di Benioff, ovvero un piano inclinato lungo cui la litosfera oceanica ionica sprofonda sotto la litosfera tirrenica. Questo piano è largo meno di 300 km e si sviluppa all’interno di un corpo ad alta velocità, che si immerge ad alto angolo verso NW, al di sotto del Tirreno, fino a più di 500 km di profondità (Figg.1, 2 e 3). Varie ipotesi sono state formulate sul ruolo delle discontinutà ai margini della placca in subduzione e su come queste influenzino i movimenti della crosta e del mantello (Lucente et al. 2006; Billi et al. 2006; Argnani et al. 2007; Rosenbaum et al. 2008). Poiché lo Stretto si trova in prossimità della terminazione meridionale del piano di Benioff, la sua tettonica è sicuramente influenzata dal processo di subduzione in quest’area. I dati sismologici degli ultimi anni non individuano terremoti superficiali legati direttamente al processo di sottoscorrimento. Resta quindi da chiarire se il piano di subduzione al di sotto della Calabria sia realmente attivo. Recenti lavori che utilizzano dati geodetici (ad esempio D’Agostino e Sel- vaggi 2004) hanno mostrato che l’arretramento della cerniera dello slab ionico – ossia il piastrone litosferico che nella subduzione sprofonda nel mantello terrestre – non è più attivo, ovvero lo è a una velocità inferiore al mm/anno, circa due ordini di grandezza inferiore al recente passato geologico (50-70 mm/anno). D’altra parte, l’analisi delle anomalie magnetiche del Monte Marsili (o; Nicolosi et al. 2006) mostra che nel Tirreno la formazione di crosta oceanica legata all’espansione del retroarco di subduzione è stata episodica, con ra- pide espansioni seguite da lunghi periodi di quiescenza. L’attuale fase potrebbe essere uno di questi periodi di stasi, ma non ci sono sufficienti elementi per confermarlo. Negli ultimi anni sono stati avviati diversi studi per migliorare la definizione dei modelli di velocità e di attenuazione delle onde sismiche nel basso Tirreno, nell’arcipelago delle isole Eolie e nell’arco Calabro-Peloritano (Barberi et al. 2006; Tuvè et al. 2006; Langer et al. 2007). Tali ricerche sono state finalizzate a migliorare la localizzazione dei terremoti, a definire meglio le strutture che sono delineate dalla loro distribuzione e a studiare le loro relazioni con le strutture sismo- genetiche principali (Scarfì et al. 2005; Amoruso et al. 2006). A scala regionale (Fig.3) la sismicità crostale appare frequente e diffusa nella zona dell’Arco Calabro–Peloritano (Castello et al. 2006 e aggiornamento fino al 2007 del CSI - Catalogo della Sismicità Italiana, gentilmente fornito da Claudio Chiarabba). La sismicità più superficiale si concentra lungo le creste della Sila, dell’Aspromonte e nella fascia ad andamento NW-SE, che collega le Eolie ai Peloritani; in questa ultima area spesso si registrano sciami sismici. Negli ultimi tre decenni, a partire da quando l’area è stata sottoposta a un monitoraggio sistematico, la sismicità all’interno dello Stretto è risultata piuttosto frequente e caratterizzata da piccole scosse superficiali. Il modello di de- formazione evidenziato a scala regionale dai dati geodetici e dalle osservazioni sismologiche è complesso (Fig.2). Attualmente la collisione tra la Placca Africana e quella Eurasiatica si esprime attraverso la defor- mazione di un’ampia fascia ad andamento E-W a nord della Sicilia, nella quale predominano i terremoti compressivi. Spostandosi verso lo Stretto, si osserva una forte variabilità dei meccanismi focali (Neri et al. 2004; Pondrelli et al. 2004; Scarfì et al. 2008; si veda in questo volume il contributo di G. Neri, B. Orecchio e D. Presti). Anche le soluzioni combinate di dati GPS da reti permanenti e non permanenti (D’Agostino e Selvaggi 2004) mostrano in questa area velocità relative dell’ordine di diversi mm/anno accompagnate da forti rotazioni. Il quadro cinematico regionale, in cui si inquadra l’estensione attiva nello Stretto, resta quindi ancora da chiarire, così come la relazione tra la subduzione e la cinematica crostale. Il campo di deforma- zione dell’area calabro–peloritana è dominato da alcuni processi geodinamici che interagiscono tra loro e la cui definizione non è ancora completa a causa della mancanza di dati strumentali di dettaglio, possibili solo

Pantosti 2001; Billi et al. 2008). La lunghezza dell’onda provocata dal terremoto di Messina, re- gistrata dalla nave Isis a 165 km a nord di Alessandria, è stata calcolata in 1.3 km, il suo periodo si aggirò sui 29 secondi e la sua velocità sui 161 km/ora18

L’effetto del sisma e del maremoto, probabilmente dovuto ad una frana nel mare Ionio, ha com- portato profondi cedimenti del terreno. L’orografia del Reggino ebbe numerose trasformazioni. La Palazzata, a Messina, ricostruita dopo il 1738, fu distrutta. Il lungomare è stato rialzato di qualche metro utilizzando le macerie. Gli edifici crollati nel terremoto del 1908 sono prevalen- temente quelli danneggiati in quello del 1783 e riparati in modo inefficace (cfr. Illustrazione grafica n°006). Dopo il sisma del 1738, i Borboni emanarono norme per la ricostruzione. I primi baraccamenti raggruppati in quartieri e villaggi, a seguito del sisma si propone un nucleo opera- tivo di protezione civile in caso di calamità, antesignano dell’attuale19. Importanti danni furono

registrati a carco delle abitazioni, che inevitabilmente furono rase al suolo.

Gli effetti del sisma e l’analisi quantitativa

Il bilancio di danni e vittime per i terremoti e il maremoto fu terribile: secondo le stime ufficiali del Vicario generale del re di Napoli, le vittime complessive furono quasi 30.000 (terremoto del 1783) e 100.000 (nel terremoto del 1909) in Calabria (1300 solo a Scilla per lo tsunami), cui si aggiunsero le vittime in Sicilia (almeno 700 nella sola Messina). Come conseguenza della se- quenza sismica, durata per più di tre anni, altre migliaia di persone morirono negli anni seguenti a causa di carestie, malattie e stenti (circa 5000). I centri totalmente rasi al suolo furono 182. Le dimensioni della catastrofe spinsero il governo borbonico, e più in generale tutta la classe con progetti multidisciplinari dedicati. Con queste premesse il Centro Nazionale Terremoti e la sezione di Catania, entrambe strutture dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, hanno avviato nel 2007 il progetto di ricerca Messina 1908-2008, dedicato appunto allo studio di questa area. Il progetto, che ha anche un’evidente ricaduta per la prevenzione e la previsione, è cofinanziato per alcuni aspetti dal Dipartimento della Protezione Civile (Progetto sismologico S5 Test sites della Convenzione DPC-INGV 2007-2009) .

18 Caputo M., e Faita G. “Primo catalogo dei maremoti delle coste italiane”. Il catalogo riporta un elenco documentato di 153 maremoti che hanno interessato le coste italiane dall’anno 79 d. C. al 1953. 19 AA. VV Messina, Laterza. - Bari 1989

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dirigente napoletana e calabrese dell’epoca, a prendere coscienza della necessità di una estesa e radicale riforma del sistema economico e abitativo della Calabria. Decine di paesi furono abbandonati e ricostruiti in siti diversi. La ricostruzione di intere città e paesi - come Reggio Ca- labria, Messina, Mileto, Palmi - fu pensata secondo regole e piani urbanistici totalmente nuovi, che a ragione possono essere visti come uno dei primi tentativi europei di introduzione di una normativa antisismica finalizzata alla riduzione del rischio sismico. Le Istruzioni Reali, cioè

le norme emanate dal governo borbonico il 20 marzo 1784, suggerirono la forma delle città, la regolarità della dislocazione degli edifici, la larghezza delle strade e diedero regole precise per la struttura degli edifici. Per quel che riguarda l’assetto urbanistico ci doveva essere una strada maestra diritta larga 8 metri per le città minori, da 10 a 13 per quelle più importanti; le strade secondarie, larghe da 6 a 8 metri, diritte e ortogonali tra loro; una piazza maggiore per il mercato grande, proporzionata alla popolazione, e piazze minori con le chiese parrocchiali o altri edifici pubblici. Il cosiddetto sistema delle case baraccate, poi, prevedeva la costruzione di case non

oltre i due piani di altezza, la demolizione dei piani in più, la rimozione di balconi e altri elemen- ti sporgenti, l’incatenamento delle travi e dei solai alle mura e l’eliminazione dei tetti spingenti.