• Non ci sono risultati.

4- LA DELIMITAZIONE DI UNA CERTIFICAZIONE: I CASI STUDIO DEL LARDO D

4.1 L‟evidenza empirica della Toscana

Produttori e trasformatori di prodotti tipici, sono in genere piccole realtà produttive, non in grado di segnalare individualmente la qualità ai consumatori, in particolare l‟origine ed i metodi produttivi dei loro prodotti. Risulta quindi necessario il ricorso a forme di segnalazione collettiva, come le denominazioni geografiche DOP/IGP, previste dal regolamento CE 510/2006. Al fine di ottenere una certificazione DOP/IGP, i produttori sono tenuti ad unirsi in consorzi ed effettuare una domanda di registrazione. In seguito, la Commissione Europea, dopo aver valutato le richieste ricevute dai consorzi richiedenti, deve assegnare i diritti di proprietà su una DOP/IGP, ad uno specifico gruppo di produttori o trasformatori.

Tuttavia, l‟utilizzo di un nome di origine, pur avendo un riferimento geografico, spesso, non si riferisce con chiarezza ad una specifica area di produzione. In effetti, i nomi di origine sono stati spesso utilizzati anche al di fuori della specifica zona geografica propriamente tipica, definita in base a criteri oggettivi, assumendo un significato puramente merceologico (Giorgi 1957). Quindi, l‟assegnazione dei diritti di proprietà sulle aree a denominazione di origine, determina l‟emergere di diverse questioni, alle quali non è stata ancora trovata una risposta univoca. Molte domande sorgono spontanee: sulla base di quali criteri il decisore pubblico delimita l‟estensione di un‟area a denominazione di origine? la denominazione di un prodotto, noto sul mercato con un certo nome geografico, spetta ai soli produttori della zona geografica propriamente tipica, oppure a tutti coloro che hanno contribuito ad affermarne il successo sul mercato? I produttori delle zone limitrofe, capaci di realizzare un prodotto con caratteristiche similari a quelle della zona geografica, dovrebbero essere inclusi nella denominazione?

Le domande sopra presentate non risultano di facile soluzione, in quanto, limitare un‟area di produzione ad una zona ristretta, significa escludere molti produttori, fino a quel momento autorizzati ad usare il nome di origine, determinando così una forte opposizione da parte dei produttori esclusi, in particolar modo se questi si trovano nelle vicinanze dei confini tracciati dal decisore pubblico. Allargare un‟area invece, significa permettere alle

48

zone limitrofe, produttrici di prodotti simili, di ottenere la protezione, provocando il malcontento dei produttori dell‟area propriamente tipica. Quindi, la delimitazione di un‟area a denominazione di origine non risulta una decisione facile ed univoca. In effetti, qualsiasi sia la visione adottata dal decisore pubblico, restrittiva od espansionistica, i confini devono essere tracciati, creando inevitabilmente il malcontento all‟interno di un gruppo di produttori.

L‟evidenza empirica mostra che la delimitazione dei confini di un‟area a denominazione di origine non è facile o chiara, poiché coinvolge spesso una miriade di interessi privati nella questione, che danno vita a lunghi dibattiti politici tra le parti interessate. Da una parte, i produttori dell‟area propriamente tipica, che esercitano una pressione sul decisore pubblico per ottenere un‟area ristretta, dall‟altro, i produttori delle zone limitrofe, che chiedono un allargamento dell‟area, in modo da essere inclusi all‟interno della zona a denominazione di origine. In effetti, i casi studio che illustreremo nei prossimi paragrafi, mostrano l‟esistenza di due aree concentriche (figura 4.1). La prima, è l‟area propriamente tipica30 (o zona

core), oggettivamente identificata sulla base di criteri geografici e tecnici. La seconda, è

rappresentata dalle zone limitrofe31, i cui produttori rivendicano l‟alta qualità della loro produzione, ed in particolare, la similarità con quella realizzata all‟interno della zona propriamente tipica. L‟inclusione nell‟area protetta di questa seconda zona, non definibile oggettivamente, è soggetta al dibattito tra i vari stake-holders. I diversi interessi privati in gioco, hanno quindi dato vita a lunghi dibattiti riguardo all‟estensione di un‟area a denominazione di origine. Da una parte, i produttori core che rivendicavano l‟esclusivo diritto ad una produzione certificata, dall‟altra, i produttori delle zone limitrofe che chiedono un allargamento. A volte anche i consumatori sono coinvolti nel dibattito, facendo pressione per l‟ottenimento di una qualità più elevata e prezzi inferiori. La figura 4.1 illustra graficamente il problema sopra citato, raffigurando più zone concentriche, a partire dall‟area propriamente tipica, fino ad arrivare all‟area di produzione della bassa qualità.

30

Colonnata e la zona del Chianti Storico, nei casi studio esaminati.

31

i comuni di Carrara, Massa e Montignoso nel caso del Lardo di Colonnata, ed i territori afferenti al consorzio del Chianti Putto nel caso del Chianti.

49

Figura 4.1- Collocazione territoriale dell‟area propriamente tipica e delle zone limitrofe

Fonte: propria elaborazione In Toscana ci sono due importanti testimonianze, che evidenziano il lungo processo politico che porta alla delimitazione di un‟area a denominazione di origine: il caso del vino Chianti32 e del lardo di Colonnata33. La delimitazione dell‟area Chianti risale al 1932, ed ha visto prevalere una visione espansionistica, che includeva un territorio molto esteso. Mentre, nel caso del lardo di Colonnata, il quale ha ottenuto la certificazione IGP nel 2004, ha prevalso la visione restrittiva, che garantiva la concessione del marchio comunitario alla sola frazione di Colonnata. Nei seguenti paragrafi, verrà esposta un‟analisi dettagliata di questi due casi studio, in particolar modo, sarà presentato l‟intero processo decisionale che porta alla delimitazione dei confini dell‟area a denominazione di origine, dal momento in cui viene inoltrata la richiesta, da parte dei produttori, fino alla decisione finale del decisore pubblico.