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SILIO ITALICO

3. EVIDENZE ICONOGRAFICHE

L’apparato figurativo qui preso in analisi proviene esclusivamente da contesto cultuale o funerario, unici ambiti che abbiano restituito l’immagine del guerriero veneto tra IV e I secolo a.C.301 Ciò

esplicita da subito due grandi limiti della documentazione: la provenienza da contesti che interessano solo una minima parte della quotidianità di un individuo; il fatto che tali contesti, all’interno della quotidianità, costituiscano momenti per natura del tutto eccezionali. Va inoltre tenuto conto che entrambe le categorie di reperti osservati, offerte cultuali e stele funerarie, riservano particolari difficoltà in vista della ricostruzione di sequenze cronologiche e tipologiche. Da un lato, in ambito sacro si impone “la necessità di distinguere tra la datazione dell’oggetto in sé, la sua vita, cioè il suo arrivo nel santuario in forma ex-voto, la sua permanenza come tale ed infine la sua rimozione dalla sede di dedica e la deposizione negli scarichi, conseguente a periodici atti di pulizia. Di questa serie di attività il record archeologico conserva ovviamente solo quella finale”302. Dall’altro, laddove la provenienza funeraria offrirebbe una più sicura garanzia

interpretativa, pur costituendo uno spaccato piuttosto ridotto della vita del defunto, tutte le stele patavine mancano di un sicuro contesto di rinvenimento che non sia la semplice collocazione nel territorio della città. In entrambi casi dunque i tentativi di datazione e interpretazione si basano (quando possibile) su analoghi complessi di più sicura datazione o su criteri stilistici303.

E’ all’ombra di tali problematiche che si è qui cercato di offrire una tassonomia dei materiali iconografici militari relativi al territorio di interesse. Tassonomia che, basandosi sulle edizioni offerte a tutt’oggi dagli specialisti, tenta di gettare lo sguardo oltre l’ostacolo della “rarefazione e disomogeneità dei dati […] usando tutte le fonti disponibili e riconducendole ad un contesto comune”304.

301 Notevole la contrapposizione tra la palese rarità di armi nelle tombe venete ed un linguaggio figurativo che piuttosto

spesso si sofferma su “l’aspetto guerriero” (RUTA 2004, p. 277).

302 CAPUIS, GAMBACURTA 2001, p. 62. Sulla difficoltà nel catalogare e datare i reperti votivi paleoveneti anche

PASCUCCI 1990, p. 36.

303 PASCUCCI 1990, p. 36.

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BRONZISTICA

Ambiti e tipologie

Ad offrire la più rilevante quantità di evidenze di carattere iconografico pertinenti l’ambito militare tra IV e I secolo a.C. è la piccola bronzistica votiva. I devoti veneti solevano infatti offrire nelle aree sacre raffigurazioni in bronzo (raramente in metalli preziosi) che comunicassero, secondo diversi gradi di simbolicità, l’intenzione che muoveva l’offerta alla ‘divinità’305, rientrando in

quella che era di fatto una tradizione diffusa in tutto il complesso culturale etrusco-italico settentrionale306. Le motivazioni sottostanti la dedica di un ex voto appartenente alla sfera

semantica della guerra sono molteplici. Tra di esse una posizione non secondaria doveva essere occupata dalla ricerca di benefica assistenza da parte dell’entità cui era consacrata l’offerta. Poteva essere riposta sotto l’egida protettrice della ‘divinità’ la sorte degli scontri imminenti o più genericamente la propria attività di soldato, poteva essere richiesta una tutela nei confronti delle ferite future o la guarigione di quelle subite nelle battaglie passate (un’alternativa in tale caso era certo costituita dall’ex voto anatomico)307 nonché il ringraziamento in seguito alla soddisfazione

di una preghiera. A motivare tale genere di offerta poteva concorrere inoltre l’acquisizione dello status di ‘guerriero’ (non necessariamente realizzatasi in una effettiva messa in pratica dell’attività bellica)308 nel momento del raggiungimento della condizione necessaria, come ad esempio durante

il passaggio alla maggiore età. Era prassi assai diffusa nelle società del mondo antico quella di ritualizzare tale delicatissima fase di transito e vincolarla al contesto sacrale. Un esempio del valore di tale processo rituale e del suo legame con l’immagine del guerriero è pervenuto all’interno del

305 Il termine ‘divinità’ è da usarsi esclusivamente come categoria agevolante, dato che nessuna fonte diretta a tutt’oggi

ha riportato quale fosse la natura delle entità a cui i Veneti antichi prestavano culto nei propri santuari in età preromana.

306 Il votivo non funzionale, tipo maggiormente diffuso in Veneto, potrebbe essere stato mutuato dal mondo etrusco

italico a partire dal VI secolo a.C. (cfr. PASCUCCI 1990, p. 41 con ampia bibliografia) Sull’“area del bronzo” che distingue i santuari nord-italici ed etrusco-settentrionali dalla parte centro-meridionale della penisola Vd. CAPUIS 20093, pp. 262-263 con riferimenti.

307 Sulla possibilità che le statuette di guerriero rappresentassero un’offerta per propiziarsi aiuto in battaglia

ZAMPIERI 1986, p. 18; ZAMPIERI 1994, p. 123.

308 Similmente accadeva con le deposizioni di armi nelle tombe dove, pur con significati certamente differenti, si

possono incontrare armi chiaramente mai utilizzate dalla persona del cui corredo facevano parte (si veda ad esempio la tomba celtica a carro da S. Maria di Zevio datata al II secolo a.C nella quale ad un bambino di sette anni furono assegnati spada, lancia, scudo e giavellotto. - MARZATICO 2004, cat. 8,31; pp. 682-683 con bibl.; SALZANI 1996)

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mondo venetico per mezzo delle lamine figurate. In due località santuariali che si collocano al di fuori del territorio patavino, il nesso degli ex voto militari con la celebrazione di cerimonie di passaggio di età appare infatti evidente. Benché si tratti di realtà esterne al contesto geografico di studio, esse possono offrire importanti spunti per tentare di cogliere ulteriori elementi all’origine dei reperti qui analizzati, anche in considerazione della presenza di una produzione di lamine figurate affini nel centro chiaramente ‘patavinizzato’ di Altino309. Nei santuari di Reitia ad Este310

e di Piazzetta S. Giacomo a Vicenza311, la donazione per eccellenza è costituita da lamine figurate

ritraenti figure femminili e guerrieri che nei secoli di attività dei santuari corrispondenti all’arco di tempo qui interessato (IV e I secolo a.C.) appaiono inseriti in teorie, a genere unico o misto, dov’è possibile riconoscere il richiamo iconografico ad un rito collettivo coinvolgente determinate categorie di persone, verosimilmente giovani all’ingresso nell’età adulta. Riguardo i soggetti sui votivi del santuario vicentino, ove appunto si possono osservare teorie di donne, a volte nell’atto di giocare a palla, e di guerrieri non di rado associati nella medesima lamina a stampo secondo proporzioni numeriche dai criteri tutt’ora ignoti, Zaghetto parla della raffigurazione di un “ciclo legato all’età” e ribadisce in seguito che “le differenti teorie di personaggi del santuario di Vicenza (assieme ad Este-Baratella e Altino) testimoniano infatti con buona affidabilità l’introduzione di cerimoniali che diamo collegati non più (o non solo) al rango dei protagonisti, ma anche all’età e al ruolo”312. Ancora in ambito di lamine figurate (in questo caso atestine) sono significative le

considerazioni cui sono giunte Capuis e Chieco Bianchi per cui “iconografie certamente correlate a rituali iniziatici di passaggio d’età (la raggiunta attitudine militare per i fanciulli, l’età del matrimonio per le fanciulle) che esprimono gli ideali di una società fortemente elitaria e che si ispira al mondo etrusco di cui subisce anche forti influssi sul piano stilistico-iconografico”313

.

Ne

deriva che gli ex voto a carattere militare (certamente le lamine ma similmente doveva accadere per i bronzetti) non identificano necessariamente aree sacre e culti le cui ‘divinità’ di riferimento

309 Vd. infra sulle lamine di Altino e sul legame tra gli ex voto della città lagunare e quellli atestini e patavini. 310 Sulle lamine votive del santuario di Este in località Baratella su tutti si veda CAPUIS, CHIECO BIANCHI 2010

con bibliografia di riferimento. Si confrontino ZAGHETTO 2002 e ZAGHETTO 2002a per le lamine di guerrieri proveniente dalle altre principali stipi votive atestine (Meggiaro e Caldevigo).

311 Sulle lamine figurate di natura votiva dal santuario di Piazzetta S. Giacomo si vedano su tutti ZAGHETTO 2003 e

ZAGHETTO 2002b.

312 ZAGHETTO 2003 p. 150-158. Qui l’autore riconosce una connotazione militare della frequentazione maschile del

santuario altinate e sottolinea come l’omologia tra riti di passaggio maschili e femminili trovi riscontro nella Roma repubblicana.

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avessero come carattere distintivo l’associazione all’attività bellica. Molti dei reperti ivi presi in considerazione sono attribuibili a luoghi dove l’oggetto del culto fu probabilmente considerato garante dei rituali di passaggio di età o ‘specializzato’ nella tutela della salute (innanzitutto in legame con acque salutifere – aspetto maggiormente attestato nell’area qui considerata). Se certo i bronzetti rinvenuti a Montegrotto e Lagole appartenevano alla seconda di queste tipologie di offerta314, buona parte di quelli rinvenuti a Padova e ad Altino potrebbero essere riferibili alla

prima, dato che il passaggio dalla fase dell’infanzia a quella della virilità sembra richiamato non solo mediante l’acquisizione dello status militare rappresentato dalle armi imbracciate, ma anche per mezzo della resa spesso piuttosto pronunciata dei genitali maschili (in più casi unico dettaglio di ordine anatomico accanto alla resa schematica dei tratti del volto)315.

La quasi totalità degli ex voto a carattere militare rinvenuti tra territorio patavino, Altino e Valle del Piave316 è costituita da bronzetti di guerrieri di piccole dimensioni (tra i 5 e i 10 cm)317. Lo

schema utilizzato è generalmente il medesimo, con braccia e gambe divaricate, lancia nella mano destra e scudo al braccio sinistro (l’equipaggiamento non si è quasi mai conservato ma è di certa ricostruzione318). I soggetti si suddividono tra fanti e cavalieri, con il prevalere di una delle due

tipologie a seconda del sito di provenienza. Ognuna di esse conosce al suo interno una distinzione tra esemplari ‘naturalistici’ e schematici. I primi, pur nella semplicità di resa dovuta sia allo stile delle maestranze operanti nelle officine locali, sia al più spontaneo gusto popolare, possono vantare una certa cura per particolari anatomici, ponderazione, attributi (armi, protezioni, vesti, cinture) e realismo. I cosiddetti bronzetti schematici d’altro canto, pur riconoscendo l’elevato numero di varianti per forma dell’oggetto nonché per presenza e stile degli eventuali elementi aggiuntivi, sono raggruppabili secondo un medesimo criterio di sommaria (e simbolica) semplificazione dei tratti, priva di particolari attenzioni per i dettagli. Essi adottano una postura ‘bidimensionale’, con braccia e gambe divaricate sullo stesso piano, solitamente in maniera simmetrica, foro o scanso al braccio destro per l’applicazione dell’arma e perno o livellamento al braccio sinistro destinato ad ospitare lo scudo. Le proporzioni di membra, testa e busto possono variare anche di molto,

314 Vd. infra.

315 Vd. CHERICI 2012, p. 218 sul valore dell’itifallicità su bronzetti di guerrieri. 316 Per la connessione nel significato dei reperti archeologici dai tre centri vd. supra.

317 Sono pervenuti in tutto il Veneto (quasi esclusivamente in contesto votivo) complessivamente molti più bronzetti

votivi che lamine (secondo tipo di ex voto per quantità), i quali accomunano non solo i depositi patavini e plavensi ma anche quelli atestini e della valle del Livenza (PASCUCCI 1990, p. 93).

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raramente nel rispetto di quelle reali, mentre gli unici dettagli anatomici si limitano solitamente a lineamenti del volto grossolanamente abbozzati, rigonfiamenti a rappresentazione dei genitali, a volte capezzoli e ombelico individuati mediante punti o cerchietti (esistono tuttavia anche all’interno di questa categoria esemplari ove siano ben apprezzabili le articolazioni, le falangi e vengano resi con attenzione non solo alcuni tratti del volto ma persino la capigliatura). Analogie e differenze all’interno del gruppo dei bronzetti schematici hanno fatto ipotizzare l’esistenza di una produzione specializzata all’interno di differenti officine locali319. Su tutte dovettero spiccare per

importanza “quattro epicentri”320: l’officina patavina321, l’officina atestina322, l’officina dislocata

nell’area alto-plavense323 e probabilmente una facente riferimento ad Altino324. Nella città

antenorea la produzione appare caratterizzata dai cosiddetti ‘guerrieri in assalto’, distinguibili per il foro nel braccio destro orientato sullo stesso piano individuato dall’addome, in modo da poter ospitare una lancia disposta orizzontalmente a simulare l’atto dello scagliarsi in assalto contro il nemico. L’officina metallurgica i cui prodotti dovevano essere destinati innanzitutto al santuario di Lagole di Calalzo e alle comunità ad esso prospicenti, al contrario, si caratterizza per una serie di bronzetti definiti ‘stanti’, anch’essi rigidamente frontali ma con la lancia solitamente applicata verticalmente mediante collante in uno scanso all’estremità del braccio destro alzato e lo scudo

319 Secondo ZAMPIERI 1994, p. 124 “almeno per i bronzetti paleoveneti si può parlare di una produzione in loco,

anche se l’affermazione di un gusto ben determinato e la ripetitività di alcuni oggetti non sono sempre elementi sufficienti per garantire un centro di produzione nei luoghi di ritrovamento, anche laddove abbondano reperti”.

320 Considerazioni generali sui quattro epicentri di produzione in PASCUCCI 1990, p. 118; cfr. DE MIN 1993, p. 64. 321 ZAMPIERI 1994, pp. 123-124 riconosce come alcune particolari statuette siano esclusive della produzione

patavina, mentre altre, locali per tecniche e caratteristiche stilistiche, si riscontrano anche nell’agro altinate, rivelando un “interesse delle officine fusorie di Padova verso altri centri della Venetia”. Anche PASCUCCI 1990, p. 118 riconosce “il ruolo particolarmente rilevante svolto da Padova e dal suo territorio” nella produzione artigianale di ex voto in bronzo e nella loro diffusione. Cfr. TOMBOLANI 1976.

322 Si veda CHIECO BIANCHI 2002, p. 28 secondo cui “è altresì evidente che nel corso del IV e per tutto il III secolo

Este lentamente sviluppa una vivace autonoma produzione locale di piccola plastica bronzea, in cui gli schemi esterni vengono lentamente assimilati, adattati alle esigenze del culto e dei rituali e spesso rielaborati”.

323 Buson in FOGOLARI, GAMBACURTA 2001, p. 101, ritiene che la presenza di manufatti parzialmente fusi,

laminette di scarto con prove di stampaggio, statuette prodotte in serie facciano “supporre l’esistenza di una officina metallurgica legata al luogo sacro, specializzata nella produzione di bronzetti votivi, di armi, di oggetti d’ornamento e di attrezzature per le varie esigenze dell’antica comunità montana”. Buson ivi sottolinea “l’ottimo livello di conoscenza dei processi tecnologici posseduto dalle maestranze locali”. Cfr. FOGOLARI, GAMBACURTA 2001, p. 373.

324 TIRELLI 2002, p. 201 ipotizza per Altino la presenza di un’area autonoma di fusione. Il carattere misto dei votivi

rinvenuti in loco (bronzetti di gusto patavino, lamine direttamente confrontabili con quelle di Este e Vicenza, bronzetti ‘celtici’ in assalto che rimandano indirettamente a Lagole) potrebbero essere il frutto di un’officina ‘ibrida’ la quale conforterebbe le ipotesi sulle componenti miste che formarono la dimensione etnica di Altino tra fine IV e fine II a.C. (TIRELLI 2002, p. 203) tipica di un insediamento che fu inoltre vera e propria ‘cerniera’ culturale. Sugli influssi esterni ad Altino nell’ambito della bronzistica votiva vd. anche CAPUIS, GAMBACURTA 2001, p. 70.

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similmente sistemato sul sinistro abbassato, in modo da riprodurre un soldato in posizione di attesa, di guardia o di parata325.

Più difficili da delineare sono le caratteristiche dell’officina che doveva fare capo ad Altino, ove il tipo del guerriero stante lagoliano e quello in assalto patavino (da inserirsi in un diretto rapporto di influenza patavina in ambito iconografico altinate, ribadito da alcuni bronzetti di cavalieri)326

sono compresenti o addirittura ‘intrecciati’. Secondo Gambacurta il terzo tipo ibrido che viene a formarsi ad Altino costituisce un “sintomo indubbio di una produzione locale non semplicemente e passivamente ricettiva”, al punto da poter individuare dei bronzetti peculiarmente altinati caratterizzati “dal braccio destro alzato ad angolo retto e la mano forata in atto di scagliare la lancia”327. La produzione di statuine venete (le quali “si caratterizzano fortemente e si distinguono

dagli altri bronzetti italici”328), in particolare quella sviluppatasi a Padova, pare aver conosciuto

una direttrice extraregionale di diffusione nord-sud che portò ad una sensibile influenza sulla piccola plastica umbra329.

La critica concorda nel ritenere la produzione di bronzetti schematici come l’espressione della “tipica tendenza popolare alla schematizzazione […] in parte anche scaturita da esigenze di stringatezza ed essenzialità nei piccoli formati”330. In quanto frutto dell’arte popolare, tali oggetti

sono da considerarsi il segno di un progressivo allargamento del bacino di cultores in grado di permettersi l’offerta bronzea, ormai estremamente semplificata e più economica di quelle a più alto livello artigianale. Perciò, riguardo i bronzi da Lagole di Calalzo, si è ipotizzato che gli esemplari più piccoli e schematici (meno impegnativi per realizzazione) presuppongano modelli

325 Per l’analisi di tale tipologia specifica vd. FOGOLARI, GAMBACURTA 2001, p. 103. Le autrici sottolineano

l’antichità dello schema del guerriero stante; esso “sta a monte della produzione lagoliana da vari secoli, escludendo naturalmente diretti influssi dai prodotti più antichi” (lo si trova comunemente nello stile geometrico in Etruria in VIII secolo a.C. o in ambito umbro-sabellico – FOGOLARI, GAMBACURTA 2001, p. 103).

326 Vd. infra.

327 CAPUIS 1999, pp. 300-302. In CAPUIS, CHIECO BIANCHI 2010 è osservato come le affinità siano

prevalentemente con Este e Padova mentre l’armamento celtico richiamerebbe Lagole. I numerosi bronzetti d’importazione inoltre ribadiscono il carattere emporico e la frequentazione di provenienza sovraregionale del complesso cultuale altinate.

328 ZAMPIERI 1994, p. 123; cfr. sull’unicità della bronzistica paleoveneta FOGOLARI 1988, pp. 105-106;

ZAMPIERI 1986, p. 18.

329 TOMBOLANI 1976, p. 188.

330 TOMBOLANI 1976, p. 205. Cfr. FOGOLARI 1988, P. 107; ZAMPIERI 1986, p.p. 119-120; DE MIN 1993, pp.

70-76. Similmente ZAGHETTO 2003, p. 158 riguardo le lamine di Vicenza e le figure a stampo da Este ipotizza che esse siano “proprio per la loro serialità […] collegate a rituali periodici e a comuni cittadini, e quindi ad un bacino per definizione ampio”, codificando rituali e festività chiaramente pubblici (nelle quali differenti ‘cittadini’ fungevano comunitariamente da committenti). Considerata l’affine serialità e semplificazione di resa è forse possibile pensare che i bronzetti schematici abbiano conosciuto un ampliamento nel numero degli ‘utenti’ secondo dinamiche congruenti.

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ispiratori più complessi, riconosciuti nella fattispecie nei bronzi di più grandi dimensioni cosiddetti ‘naturalistici’ emersi nel medesimo complesso331.

Notevole come, in contrasto con i maggiori centri santuariali della Venetia occidentale, all’interno delle stipi votive riemerse nel territorio patavino o nella valle del Piave non siano state restituite che pochissime lamine figurate con immagini di guerrieri (i rarissimi esemplari si limitano ad Altino e sono quasi esclusivamente precedenti al IV secolo a.C.332). Non è chiaro se ciò costituisca

la sola manifestazione di una differenza di costume e gusto relativamente al genere di supporto prediletto dai locali per gli ex voto o anche la traccia di differenze cultuali e di significato intrinseco ai votivi. E’ interessante notare come l’iconografia di alcune lamine figurate successive al IV secolo dal santuario di Este Baratella e di Piazzetta S. Giacomo a Vicenza sia richiamata nei rarissimi casi in cui si sia conservata parte dell’armamento dei bronzetti votivi patavini e lagoliani333.

Da notare che in una stima approssimativa dei prodotti della piccola bronzistica votiva paleoveneta Pascucci segnala come quelli militari costituiscano la stragrande maggioranza degli ex-voto plastici in bronzo preromani: quasi duecento esemplari di soldati o cavalieri contro alcune decine di soggetti di altra natura (suddivisi tra oranti, offerenti, animali ed ex voto anatomici)334.

I reperti

x Padova e territorio (Figg. 21-24): Bronzetti raffiguranti guerrieri sono stati restituiti in numero rilevante sia in città che nell’ager circostante335. La quasi totalità di essi è costituita

da esemplari schematici in assalto di dimensioni oscillanti attorno ai 5 cm. Si tratta di circa quindici guerrieri appiedati ed una trentina di cavalieri (i cui cavallini in corsa sono anch’essi spesso resi mediante uno schema fisso) datati complessivamente tra V e IV secolo a.C.336 Notevole la consistente presenza (anche tra i bronzetti schematici) di

331 FOGOLARI, GAMBACURTA 2001, p. 103.

332 Su cui CAPUIS, GAMBACURTA 2001, pp. 63 e sgg.

333 Non è forse troppo remota la possibilità che esse costituiscano le varianti di supporto rispettivamente al centro di

produzione dettate da gusto e tradizione per offerte rituali di natura affine - cfr. infra.

334 PASCUCCI 1990, p. 110.

335 Un elenco piuttosto esaustivo anche se datato riguardo i rinvenimenti a Padova e territorio circostante già in

TOMBOLANI 1976, pp. 173-196. Cfr. ZAMPIERI 1986; ZAMPIERI 1994 pp. 111-124; ZAMPIERI 2000, pp. 59- 66.

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elementi propri dell’equipaggiamento latèniano, come elmi a cuffia con bottone apicale e

torques337. Due esemplari prettamente veneti si distinguono per dimensioni e cura dei

particolari. Il primo è un bronzetto di fante in assalto rinvenuto presso Albignasego di circa 10 cm dagli attributi fortemente celtizzati: elmo a bottone apicale ed ampio cinturone con lungo fodero porta spada agganciato a destra. Il soggetto, a differenza della maggior parte dei bronzetti, doveva impugnare una spada di tipo La Tène. Gli attributi d’influenza gallica lo fanno assegnare ad un periodo tra IV e III secolo a.C.338 Il secondo guerriero

‘naturalistico’ raffigura un cavaliere il cui destriero è andato perduto. Esso doveva essere provvisto di scudo, lancia e fodero per spada agganciata al fianco destro, ove è ancora osservabile il perno di aggancio dell’accessorio. Il cavaliere, di evidente fattura locale, porta un singolare elmo a cuffia con ‘cimiero’ trasversale non ignoto al mondo celtico. Significativa è la tunichetta svasata a motivi romboidali di cui pare vestito la quale, assieme allo stile di realizzazione, richiama ulteriormente l’influenza culturale dei vicini Galli cisalpini all’interno dell’ambito cultuale patavino339. Da prendere in considerazione anche