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L’evoluzione del mercato europeo

L’evoluzione del mercato del private equity e venture capital

2.2 Il mercato del private equity e venture capital in Europa

2.2.1 L’evoluzione del mercato europeo

Il mercato europeo del PE e del VC ha vissuto una profonda trasformazione dalla fine degli anni ’90 ad oggi. Il boom della new economy ha condotto ai maggiori livelli di attività di venture capital nei 30 anni circa di storia del mercato del PE e VC in Europa. Questo periodo è stato seguito dalla crescita dell’attività di raccolta e investimento in operazioni di buy out, le quali hanno dominato il panorama europeo fino all’arrivo della crisi finanziaria. Da quel momento, la crisi finanziaria ha inevitabilmente affetto sia il livello di attività di buy out che venture capital.

Figura 2.10: Raccolta, investimenti e disinvestimenti 1999-2013 – IS

Fonte: Elaborazione propria su dati EVCA. Dati in miolioni di euro.

0 2.000 4.000 6.000 8.000 10.000 12.000 0 20.000 40.000 60.000 80.000 100.000 120.000 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 raccolta investimenti IS disinvestimenti IS numero di imprese

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Nel dettaglio, in relazione all’evoluzione dell’attività di venture capital (figura 2.11) si propone un analisi per cercare di ottemperare ai problemi interpretativi che conseguono al cambiamento metodologico intercorso nel periodo.

Figura 2.11: Investimenti Venture capital  Ammontare e numero di imprese – IS

Fonte: Elaborazione propria su dati EVCA. Dati in milioni di euro.

Dal grafico sembra emergere che nel periodo compreso tra il 1999 e il 2006 le operazioni di early stage e di later stage seguano lo stesso trend. Nel 2007 gli investimenti classificati come later stage subiscono un ridimensionamento non verosimile a causa del cambiamento di metodologia. Presumendo di continuare a classificare gli investimenti growth nella categoria dei later stage (ipotesi evidenziata in rosso), si osserva nuovamente un allineamento nell’andamento del numero di investimenti early stage e later stage (compreso il growth) e comunque un trend decrescente dell’ammontare investito a seguito della crisi finanziaria.

Complessivamente, questo grafico mostra un mercato del venture capital che, ha registrato andamenti crescenti in risposta al boom delle tecnologie nel 2000 e poi alla crescita del mercato nel periodo antecedente la crisi finanziaria (2003-2007), mentre in seguito la congiuntura negativa dell’economia ha condotto ad una generale contrazione, a partire dal 2009. Negli anni successivi non ci sono segnali di una ripresa dell’ammontare investito: nel 2013, rispetto al 2008, si registra ancora un -48% nei finanziamenti all’avvio (VC in senso stretto) e -47% nei finanziamenti allo sviluppo, comportando complessivamente un dimezzamento del VC in senso ampio100. In termini

100 In questo lavoro per VC in senso ampio si intende la somma delle operazioni inserite nella categoria del venture capital e delle operazioni growth.

- 500 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000 3.500 4.000 4.500 5.000 - 2.000 4.000 6.000 8.000 10.000 12.000 14.000 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013

ES ammontare LS ammontare G ammontare

LS + G ammontare ES numero di imprese LS numero di imprese G numero di imprese LS +G numero di imprese

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di numero, l’andamento del settore appare migliore: nel 2013, rispetto al 2008, si mantengono pressoché costanti gli investimenti early stage (-6%), mentre la contrazione degli investimenti later stage (-43%) è bilanciata da un maggior incremento del growth (+89%), nonostante la sostanziale decrescita in termini di ammontare investito (-47%). Complessivamente si trova che il numero di imprese target di investimenti di venture capital in senso ampio è rimasto stabile (- 4%).

Tuttavia, confrontando i livelli di attività di venture capital nel “periodo d’oro” con quelli attuali, si vede chiaramente il declino subito dal settore. Mentre i fondi di venture capital europei avevano raccolto nel 2000 una cifra vicina ai €20 miliardi101, nel 2013 hanno raccolto solo €4 miliardi (€5

miliardi se si considera anche la raccolta dei fondi growth). Osservando il numero di imprese oggetto di investimento, nel 2000 sono state acquisite partecipazioni in 9.182 imprese, mentre nel 2013 solo in 3.184 imprese (4.382 se si considera anche il comparto growth), circa un terzo rispetto al numero record del 2000. All’interno dell’industria del venture capital, la contrazione più significativa è stata nel comparto degli early stage financing, che avevano investito oltre €6,6 miliardi nel 2000 (in 4.676 imprese), mentre negli ultimi 10 anni, tranne un raddoppio anomalo nel 2006, hanno investito mediamente meno di €2,3 miliardi l’anno (in circa 2.300 imprese l’anno).

Passando ad esaminare le operazioni di buy out, la figura 2.12 mostra la forte crescita dell’attività di investimento dal 1999 al 2007, sia in termini di ammontare sia in termini di numero.

Figura 2.12: Investimenti Buy out  Ammontare e numero di imprese – IS

Fonte: Elaborazione propria su dati EVCA. Dati in miioni di euro.

101 Cfr. A. Gervasoni, Private equity and venture capital, Incisive Media, London 2014. 0 500 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000 0 10.000 20.000 30.000 40.000 50.000 60.000 70.000 ammontare numero

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Ad eccezione della leggera flessione nel 2001, tale comparto ha visto un tendenziale andamento crescente dell’attività fino all’arrivo della crisi finanziaria che ha comportato un forte declino degli investimenti nel biennio 2008-2009. Seguono poi anni di ripresa, ma i numeri dell’industria dei buy out rimangono comunque inferiori al periodo di massima espansione del mercato e, a causa dei cambiamenti che si sono manifestati, non è detto che possano tornare in futuro a raggiungere quei livelli. Il 2013, infatti, rispetto al 2007, segna ancora un -50% di ammontare investito e, a differenza del VC in senso ampio, anche un -36% in termini di numero di imprese. Di seguito si propone un’analisi dei periodi che coincidono con i principali cambiamenti dell’economia e dei mercati finanziari in Europa102, al fine di contestualizzare l’evoluzione nei

principali comparti del private equity. Le osservazioni generali che vengono realizzate sono valide anche per i singoli Paesi Europei analizzati nel seguito, con sfumature diverse a seconda del singolo contesto.

1999-2003: la new economy e la bolla di internet

Questo è stato il periodo migliore per gli investimenti in VC, i quali complessivamente hanno rappresentato il 43% dell’ammontare investito, realizzati per la gran parte nel biennio 1999-2000 grazie allo sviluppo della new economy. In particolare, l’ammontare investito nei settori tecnologici103 è quasi raddoppiato sia nel 1999 che nel 2000, soprattutto nei settori delle tecnologie

informatiche. Di conseguenza, nel 2001 il declino dei mercati azionari e delle valutazioni nei settori tecnologici hanno condotto al declino anche delle performance dei VCs in Europa. La nascente industria del VC, che non vantava la stessa longevità ed esperienza statunitense, ha subito un forte ridimensionamento, senza più riuscire a recuperare i livelli record registrati nel “periodo d’oro” (periodo evidenziato nella figura 2.11).

La necessità di ridurre i livelli di rischio fortemente avvertita nel mercato del PE/VC ha portato a partire dal 2002 un cambiamento strutturale: si evidenzia uno spostamento verso gli investimenti buy out (meno di metà dell’ammontare investito nel 2000, oltre due terzi nel biennio 2002-2003) insieme all’orientamento verso le PMI più tradizionali, con una progressiva contrazione della quota di capitale di rischio destinata ai settori tecnologici (42% dell’ammontare investito nel 2000, 33% nel 2003).

Dal lato dei disinvestimenti (figura 2.9), invece, la modalità più diffusa è stata la cessione ad acquirenti strategici, seguita dal disinvestimento tramite offerta pubblica (IPO e vendita di azioni quotate), mentre la quota di cessioni ad acquirenti finanziari o ad altri private equiter risultava abbastanza contenuta.

102 Cfr. A. Gervasoni, op.cit.

103 Per settori tecnologici si intendono il settore delle comunicazioni, computer e consumer electronics, life science (tra cui biotecnologie, farmaceutica e apparecchiature mediche).

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2004-2008: Il boom dei buy out e l’arrivo della crisi finanziaria

In questi anni la raccolta dei fondi di buy out ha raggiunto livelli pari ad almeno tre volte la media del fund raising realizzato tra il 1999 e il 2003104 e la stessa dinamica si osserva nell’ammontare

investito. Infatti, dal confronto delle quote di mercato dei buyout in questo periodo rispetto al precedente emerge una rilevante differenza: 52% nel 1999-2003 contro un 73% nel 2004-2008. Specularmente, il comparto del venture capital scende a quota 23%, contro il 43% del 1999-2003. Una delle ragioni dello spostamento verso le operazioni di buy out è stata la capacità degli operatori di realizzare performance soddisfacenti, mentre nel comparto del venture capital non sempre sono state raggiunte le aspettative105. Inoltre, la ripresa del mercato azionario e la vivacità

degli acquirenti industriali hanno fornito un ambiente favorevole ai disinvestimenti, unito alla disponibilità di debito a basso costo che ha favorito la ricapitalizzazione delle imprese e la generazione di maggiori rendimenti per i private equiter.

Seppure ridimensionato, anche il mercato del venture capital ha beneficiato del favorevole contesto economico (figura 2.11). Specificatamente sono stati gli interventi later stage a registrare consistenti tassi di crescita dal 2004 al 2006, salvo poi “crollare” nel 2007. In questo periodo, però, iniziano ad essere collezionati i dati sugli investimenti growth, che tra il 2007 e il 2008 hanno rappresentato complessivamente il 9% del mercato sia in termini di numero che di ammontare.

Mettendo insieme le informazioni raccolte, è possibile immaginare che a partire dal 2004 nel comparto del venture capital si sia verificato uno spostamento verso gli investimenti allo sviluppo di imprese mature, che sono cresciuti nel periodo di espansione dell’economia e hanno continuato anche negli anni subito dopo la crisi a registrare dei tassi di crescita positivi. Dall’altro lato gli investimenti all’avvio non hanno recuperato quote di mercato dopo lo scoppio della bolla di internet e si sono in questo periodo mantenuti pressoché costanti, sia in termini di ammontare investito (tranne il picco del 2006 che aveva fatto sperare in un rinnovato interesse per il finanziamento alla nascita di nuove imprese), sia in termini di numero di imprese.

Complessivamente, i tassi di crescita del mercato del private equity raggiungono il picco massimo nel 2006 (figura 2.10), anno record dell’attività di fund raising, che sfiora i 112 miliardi (in crescita del 55% rispetto al 2005), e dell’attività di investimento, che supera la soglia dei 70 miliardi (in crescita del 51% rispetto al 2005). Inoltre, in questo periodo, il numero di operatori nel mercato europeo è aumentato del 50%.

Dal lato dei disinvestimenti (figura 2.10), diminuisce il numero e il valore dei write off grazie alla ripresa del mercato. Anche in questo periodo la modalità di cessione più comune è stata il trade sale, seguita in termini di numero dalla vendita al management (MBO) e in termini di ammontare dalla cessione ad altri private equiter, con un picco nel 2007. Anche le offerte pubbliche

104 Cfr. A. Gervasoni, op.cit.

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aumentano sia in termini di numero che di ammontare fino al 2006, e iniziano a contrarsi nel 2007 con l’arrivo della crisi finanziaria.

In questo scenario, hanno dominato le operazioni di buy out e molti dei rendimenti sono stati raggiunti grazie alla ricapitalizzazione, imponendo livelli di indebitamento elevati alle imprese in portafoglio sostenuti dalla fiorente economia, piuttosto che grazie a cambiamenti nella strategia e a reali ristrutturazioni del business. A seguito del fallimento di Lehman Brothers nel 2008 lo scenario è radicalmente cambiato.

2009-2013: Il private equity dopo la crisi dell’area Euro

In questo periodo, il cambiamento delle condizioni esterne ha condotto a ridisegnare le dinamiche del mercato.

Il volume della raccolta complessiva nel 2009 è diminuito al 24% del livello registrato nell’anno precedente. Questa riduzione è stata guidata in larga misura dalla contrazione del comparto dei buy out, il quale ha raggiunto solo il 17% dei livelli del 2008. Anche la raccolta growth ha subito una forte contrazione, raggiungendo solo il 30% della raccolta realizzata l’anno precedente. Dall’altro lato, la raccolta di venture capital ha subito una contrazione minore, raggiungendo il 60% del livello dell’anno precedente. Complessivamente, il fund raising medio annuo per il periodo 2009-2013 è stato inferiore anche a quello registrato nel periodo 1999-2003.

Una flessione negativa si evidenzia anche nel livello degli investimenti, che è ora possibile distinguere tra VC, growth e buyout. La contrazione, in termini di ammontare investito, ha colpito tutti i comparti, mantenendo costanti le quote di mercato degli stessi, mentre la dinamica del numero di imprese è stata favorevole al comparto del venture capital in senso ampio.

Nel comparto dei buy out l’effetto della crisi finanziaria è stato diretto: nel 2007 sono stati investiti quasi €60 miliardi, finanziando 1.314 imprese, mentre nel 2009 i capitali investiti erano poco più di €13 miliardi in appena 626 imprese. Ora si assiste ad una lenta ripresa, registrando nel 2013 investimenti pari a €29,5 miliardi rivolti a 832 imprese, ma l’attività rimane lontana dal suo picco, anche per effetto del generale rallentamento del mercato delle M&A. I cambiamenti che hanno investito il segmento dei buy out, tuttavia, non sono solo di natura quantitativa, ma anche qualitativa:

 anche nel contesto europeo, come a livello internazionale, si assiste al fenomeno di concentrazione nel segmento del mid market, in gran parte per effetto della riduzione della disponibilità di capitale di debito per finanziare i mega deal;

 alcuni sostengono106 che si sta verificando o dovrebbe verificarsi un passaggio verso una

strategia più “operativa” da parte del private equiter come strumento per generare rendimenti, per effetto del processo descritto come “the commoditisation of value

106 Cfr. A.Gervasoni, Private equity and venture capital, 2014, E. Talmor, F. Vasvari, International private

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creation by financial leverage”, iniziato già nei primi anni 2000 quando i tassi di interesse hanno iniziato a scendere e le condizioni per ottenere il credito hanno iniziato a diventare più accomodanti. Secondo gli autori, l’arrivo della crisi finanziaria ha solo accelerato il passo del cambiamento.

 Il livello di indebitamento degli LBO si è contratto in maniera significativa. Mentre nel 2007 la percentuale di debito in un LBO in Europa era mediamente pari al 50,4%, nel 2012 la componente di debito è scesa al 28,5%.107

Spostando l’attenzione sul growth capital, se dal lato della raccolta ci sono stati dei problemi, dal lato degli investimenti il comparto ha saputo reagire meglio al difficile contesto economico. Il capitale per lo sviluppo è normalmente fornito da investitori later stage, che sono spesso fondi buy out o fondi specializzati in operazioni growth. Dopo la crisi finanziaria del 2007, dal momento che è diventato più difficile ottenere credito dalle banche, molti fondi buy out che prima erano focalizzati su operazioni di leveraged buy out, hanno iniziato a guardare alle imprese in questo stadio di sviluppo108. In termini di numero di imprese, dal 2007 gli investimenti sono incrementati

considerevolmente e in maniera costante (361 imprese nel 2007, 1018 nel 2010, 1155 nel 2013); in termini di ammontare investito, si è verificato un trend positivo fino al 2010 (tranne una flessione nel 2009), quando sono stati investiti oltre €6 miliardi, ma nell’ultimo triennio, invece, si è verificata un’inversione di tendenza, con un CAGR pari a -15,8%.

Infine, in relazione alle operazioni di venture capital in senso stretto, nel 2008 l’ammontare investito era pari ad oltre €6 miliardi, mentre negli anni successivi è sempre stato compreso tra €3,4 e €4 miliardi. La contrazione a seguito della crisi si può attribuire, comunque, in parte alla scarsità di capitali di rischio (bassi livelli di fund raising), in parte alle valutazioni delle imprese target significativamente più basse rispetto al periodo precedente109. Questa interpretazione trova

conferma nel fatto che a livello di numero di imprese il comparto non ha subito significative contrazioni.

Tornando ad osservare il mercato del PE e VC nel suo complesso, è interessante notare che il livello di investimenti ha risentito in misura minore della crisi rispetto al fund raising, come si può notare dal livello medio di capitale investito annuo (tabella 2.3), in discesa rispetto al periodo 2004-2008 del 41% ma abbondantemente sopra i livelli del periodo 1999-2003. Questo risultato probabilmente dipende dall’abbondanza di capitali disponibili nel mercato, ovvero sottoscritti e non ancora richiamati. Non vi è un dato disponibile a livello europeo (EVCA) del livello di dry powder, ma in base ai dati Preqin110, anche se non perfettamente comparabili, il dry powder

ammontava ad oltre $150 miliardi nel 2008 e a circa $100 miliardi nel 2012.

107 Dati CMBOR, in Cfr. A.Gervasoni, Private equity and venture capital, 2014. 108 Cfr. A.Gervasoni, Private equity and venture capital, 2014.

109 Ibidem.

110 I dati Preqin realtivi al dry powder suddiviso per area geografica sono presentati in Crf. EY, Global

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Infine, dal lato dei disinvestimenti, rimangono prevalenti i trade sales, anche se in contrazione, seguiti dalla cessione ad altri private equiter, cresciuti in maniera significativa nel periodo post- crisi. In un contesto in cui gli operatori di private equity sono costretti a disinvestire, la carenza di acquirenti industriali interessati comporta la scelta di cessione ad un partner finanziario come prima altra alternativa percorribile. La crisi, ovviamente, ha anche portato a contabilizzare numerosi write off e, contestualmente, la debolezza del mercato azionario ha ridotto il numero e il valore delle offerte pubbliche. Infine, un fenomeno legato al disinvestimento osservato in un recente studio111, è l’allungamento dell’holding period, che passa da una media di 2,1 anni nel

2007 a una media di 4,7 anni nel 2012, come del resto si osserva nel panorama internazionale.

La tabella 2.3 sintetizza i principali aspetti che riguardano l’attività di raccolta, investimento e disinvestimento in Europa nei tre periodi economici individuati, i quali verranno nel seguito indagati anche per l’Italia, così da poter evidenziare alcune rilevanti differenze.

Tabella 2.3: I dati di sintesi nei periodi che caratterizzano l’evoluzione del mercato europeo del PE e VC - IS 1999-2003 2004-2008* 2009-2013 RACCOLTA Capitale raccolto (€mld) 168 372 161 Capitale raccolto – media annuale (€ mld) 34 +117% 74 -57% 32 Capitale raccolto da operatori indipendenti (%) 122 312 152 73% 84% 95% Capitale raccolto da fondi di: VC n.a. 15 20 (9%) (12%) Growth n.a. 5 10 (3%) (6%)

Buy out n.a. 123 112

(77%) (70%)

Numero di fondi che hanno realizzato attività di raccolta (valore medio annuo):

VC n.a. 181 131

(41%) (44%)

Growth n.a. 25 25

(6%) (8%)

Buy out n.a. 148 77

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(33%) (26%)

Tipologia di fonti Banche (24%), fondi pensione (22%) fondi di fondi (12%) e compagnie assicurative (12%) Fondi pensione (24%), fondi di fondi (14%) e banche (13%) Fondi pensione (23%), fondi di fondi (12%) e banche (9%) INVESTIMENTI Ammontare investito (€mld) 141 283 191 Ammontare investito - media annuale (€mld) 28 +103% 57 -33% 38

Numero di imprese che hanno ricevuto investimenti - media annuale 8.575 -23% 6.580 -21% 5.190 Quote di mercato**: VC 43% (85%) 23% (78%) 23% (81%) Buy out 52% (11%) 73% (21%) 72% (16%) Altro*** 5% (4%) 4% (2%) 5% (3%) Settori di investimento (ammontare) Produzione di beni industriali (20%), produzione di beni per il consumo (19%), comunicazione (13%) Produzione di beni industriali (15%), produzione di beni per il consumo (18%), comunicazione (14%) Produzione di beni industriali (12%), produzione di beni per il consumo (15%), comunicazione (11%), life science (14%) Settori di investimento (numero) Computer (24%), produzione di beni industriali (16%), comunicazione (15%) Computer (20%), life science (18%) e produzione di beni industriali (14%) Computer (17%), life science (17%) e comunicazione (13%) Quota di investimenti high tech** 26% (41%) 14% (36%) 10% (26%) DISINVESTIMENTI Ammontare disinvestito (€mld) 54 124 118 Numero di disinvestimenti - media annuale 4.639 3.626 2.144 Canali di disinvestimento

Trade sales Trade sales Trade sales

Fonte: Elaborazione propria di dati EVCA.

Note: *La suddivisione della raccolta per fondi di VC, buy out e altro fa riferimento solo al biennio 2007-08. **La percentuale fuori parentesi è relativa all’ammontare, la percentuale tra parentesi è relativa al numero. ***Altro si intendono le operazioni di replacement e turnaround.

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