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L’evoluzione degli orientamenti all’interno dell’ IMEMO negli anni delle trattative

Nel documento L'Adesione della Russia al WTO (pagine 56-66)

Il governo russo e il WTO

4.1 L’evoluzione degli orientamenti all’interno dell’ IMEMO negli anni delle trattative

Gli anni più caldi del dibattito sul tema dell’ingresso russo nel WTO, sono stati quelli tra il 1999 - 2003 e il 2011-’12. Ormai 10 anni fa, il 28 Giugno 2000 Putin approvava la concezione di politica estera della Federazione Russa99 e l’ingresso

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V. Volotin, Social’no ékonomičeskie pokazateli zapada i Rossii, “Mirovaja ékonomika i meždunarodnye otnošenija”, n. 8, 1999, pp. 114- 128.

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V.V. Putin, Koncepcija vnešnej politiki Rossijskoj Federacii, 15 luglio 2008, oficial’nij sajt

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nel WTO divenne obiettivo di politica statale, mentre il 2011-’12 sono gli anni a ridosso della ratifica del protocollo d’ingresso. Gli articoli pubblicati nella “Mirovaja ékonomika i meždunarodnye otnošenija” confermano questo fatto. Ci fanno anche notare che nel 1994 ,anno successivo all’ insediamento del gruppo di lavoro incaricato di valutare la candidatura russa al WTO, si parla molto di politica estera; l’intelligencija si interroga e dibatte soprattutto sul volto e ruolo da dare alla Russia dopo la caduta dell’URSS. Come sostiene Ch. Timmerman nell’articolo: Vnešnaja politika Rossii: poiski novoj identičnosti, l’obiettivo di El’cin è quello di percorrere un cammino verso l’Occidente, verso un sistema di governo liberale; l’Occidente non è più considerato alla stregua di un nemico da combattere, ma come un possibile partner e alleato per il proprio sviluppo. Al Consiglio di Sicurezza dell’ONU nel 1992, il presidente El’cin menzionò come obiettivo base della politica estera russa, l’adoperarsi per l’accettazione del paese nella “comunità degli stati civilizzati”100. L’ingresso nel WTO è un passo che rientra in tale obiettivo. Per la formazione della politica estera della nazione, governo ed intellettuali erano costretti ad affrontare questioni importanti e diverse. In primo luogo la questione del commercio internazionale intersecava quella geopolitica, in quanto si poneva l’alternativa tra il legare a sé gli ex stati sovietici, per mezzo di un consiglio economico e di un sistema collettivo di sicurezza, oppure rispettarne l’autonomia. In secondo luogo c’era una questione ideologica per cui, dopo il crollo dell’URSS, ci si chiedeva se la Russia dovesse cercare di entrare a far parte del gruppo delle grandi potenze e con esse condurre una politica pragmatica di accordo di interessi e cooperazione, oppure formare un nuovo impero generato dalla particolarità storica, culturale e geopolitica del paese. Le maggiori scuole di pensiero della politica estera attorno alle quali è ruotato il dibattito sono: quella europeo- atlantica, i cui sostenitori erano El’cin e Kozyrev, quella eurasista rappresentata da Aleksandr Gel’evič Dugin e quella russo imperiale (velikorussko-imperskoe napravlenie) portata avanti dai comunisti della vecchia guardia e dai nazionalisti.

Secondo la corrente europeo-atlantica, la cosa più affascinante della società occidentale era il fatto che questa funzionasse, ovvero garantisse alla maggioranza delle persone un alto livello di vita rispetto agli standard russi. L’idea base è che

100

Ch. Timmerman, Vnešnjaja politika Rossii: poiski novoj identičnosti, “Mirovaja ékonomika i meždunarodnye otnošenija”, n. 2, 1994, pp. 16-25.

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fosse sufficiente assimilare tale modello per arrivare in breve tempo ad una società efficiente, dimenticando tuttavia che l’attuale modello sociale ed economico tipico delle democrazie occidentali ha invece una storia lunga e sofferta. La corrente euroasiatica riteneva che la Russia dovesse fare un cammino personale come paese multinazionale e multiculturale, partendo dalle sue tradizioni, i suoi valori ed interessi divisi tra l’Europa e l’Asia. Tale corrente ha cominciato a farsi strada durante l’immigrazione degli anni ’20 dall’idea di “Eurasismo” che guardava alla Russia come risultato della combinazione di tratti occidentali ed orientali.

La corrente russo imperiale è un’ estremizzazione dell’eurasismo: essa mira al ritorno della Russia al suo status di potenza mondiale, e le ambizioni dello zarismo e dell’epoca sovietica sono visti come elementi desiderabili, l’ unione degli stati della CSI in un unico governo guidato dalla Russia è considerata necessaria. Il carattere distintivo di questa concezione è la decisiva separazione della politica estera e di sicurezza dalla politica e dalla morale dell’Occidente. Tra le tre, la corrente che ha avuto maggiore influenza e ha giocato il ruolo più decisivo nell’elaborazione della politica estera ed economica russa dei primi anni di negoziati per l’adesione al WTO è stata quella europeo-atlantica. Prevaleva infatti negli anni post sovietici una fiducia e un interesse nei confronti dell’Occidente. Il sondaggio esposto di seguito ne è la riconferma.

Rispetto alla questione sul nuovo ruolo della Russia nel mondo, il VCIOM

Vserossijskij centr izučenija obšestvennogo mnenija (Centro russo nazionale di

ricerca e studio sull’opinione pubblica), tra luglio-agosto del 1993 ha condotto una ricerca sociologica. Il lavoro si è focalizzato sui seguenti punti: Chi è responsabile della formazione dei tratti della politica estera russa? Qual è la sua percezione riguardo alla questione del ruolo della Russia nel mondo? Che cosa pensano i rappresentanti dell’élite riguardo ai problemi concreti di politica estera, ai conflitti internazionali, quelli delle singole regioni e dei Paesi? Come valutano la situazione politica interna, il corso delle riforme economiche, le attività degli istituti influenti e dei leader politici? Infine si è cercato di verificare le ipotesi di chi sostiene la linea a favore dell’Occidente e di chi sostiene quella di un “cammino personale russo”. A questo scopo sono stati intervistati 113 rappresentanti di diverse organizzazioni e gruppi che lavorano o hanno un ruolo

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nella conduzione della politica estera. Tra questi, i ministri di tutte le fazioni parlamentari presenti al Ministero degli affari esteri, i direttori degli istituti e dei fondi di ricerca scientifica sulla politica estera, critici, riviste, radio e televisione. L’élite della politica estera si può dividere tra: “occidentalisti” che assumono l’Occidente come modello di sviluppo, e “slavofili”, sostenitori di un percorso autoctono della Russia, legato alla situazione delle Nazioni euroasiatiche. Gli occidentalisti rappresentano la maggioranza dell’élite. Il 52% degli intervistati sostiene che la Russia debba seguire il cammino degli altri Paesi sviluppati e aggiungersi alla comunità mondiale realizzando l’esperienza e la civilizzazione occidentale. Il 45% degli intervistati è invece legato agli slavofili e sostiene che la Russia, a partire dalla sua storia e collocazione geografica nella linea di giunzione tra Europa e Asia, debba trovare un proprio percorso. Alla domanda: a cosa dobbiamo attenerci per la soluzione dei nostri problemi interni, politici, economici, sociali ed ecologici? Il 61% degli intervistati ha affermato: dobbiamo orientarci alle norme e agli standard mondiali; il 30%: dobbiamo basarci su regole personali e tradizioni. Il 10% non sa scegliere tra i due punti di vista. Tra gli occidentalisti il 91% è in linea con la prima posizione, il 3% con la seconda, tra gli slavofili c’è invece più divisione, il 24% sostiene la prima e il 62% la seconda101.

Il 70% degli intervistati ritiene che in politica estera sia molto importante non impiegare troppe forze nella formazione della sicurezza, quanto utilizzarle per la soluzione di problemi interni. Il 68% ritiene sia invece più utile fissare relazioni alla pari con gli USA e gli stati europei.

Il 47% ritiene che sia necessaria la formazione di un sistema di sicurezza collettiva e l’eliminazione della guerra come fenomeno sociale e metodo di soluzione delle discussioni internazionali.

Alla domanda, quale deve essere la politica riguardo agli equipaggiamenti strategici russi? le risposte sono state:

un 47% afferma: dobbiamo sostenere l’equilibrio delle forze strategiche con l’Occidente

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N. Popov, Vnešnjaja politika Rossii (Analiz politikov i ékspertov), “Mirovaja ékonomika i meždunarodnye otnošenija”, n. 3, 1994, pp. 52-59.

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un 42% : dobbiamo sostenere le nostre forze strategiche al livello minimo, al fine di respingere la caduta di aggressori che sfuggono al nostro controllo

un 8%: gli USA e l’Occidente non sono più potenziali aggressori, possiamo perciò diminuire i nostri armamenti

un 2%: dopo la caduta dell’URSS, le nostre posizioni strategiche sono peggiorate e perciò il nostro potenziale strategico deve superare quello occidentale.

Infine, alla domanda: con quali nazioni è più interessante e utile per la Russia sviluppare rapporti, in particolare da un punto di vista economico? le risposte sono state: Europa Occidentale secondo il 47% degli intervistati; USA secondo l’11%; Europa Orientale secondo l’8%; Cina secondo il 7% e CSI secondo il 5%102.

Nel 1994, anno di inizio delle trattative, secondo quanto sostenuto da Ch. Timmerman, collaboratore dell’Istituto federale di ricerca orientale e internazionale (Germania), la priorità della politica estera russa dovrebbe essere quella di concentrarsi sulla stabilità interna del paese, attraverso la formazione di efficienti istituti statali che abbiano la stessa forza d’azione a Mosca e negli altri soggetti della Federazione. In secondo luogo ritiene che l’economia russa debba poter difendersi dalla discriminazione nel mercato occidentale e del terzo mondo per essere dunque in grado di attivare una politica di esportazione, in particolare per quanto riguarda il commercio di tecnologia spaziale e di armi. Questo mercato si era già ridotto da 17,7 miliardi di dollari (nel 1987) a 3,9 miliardi (nel 1991)103. Possiamo quindi notare che le opinioni dei primi anni di trattative, rispetto alla piena adesione al WTO, così come rispetto al vantaggio di un’apertura dell’economia russa ad Occidente, non sono così concordanti e chiare. Questo ad ogni modo, non impedirà il procedere delle trattative di adesione.

La discussione che risale al 1999 fa invece affiorare qualche critica rispetto alle condizioni di ingresso che sembrano sfavorire gli interessi russi. Vladimir Sergevič Zagašvilj dichiara: “L’attività del WTO ha scarso interesse per la

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N. Popov, Vnešnjaja politika Rossii (Analiz politikov I ékspertov), “Mirovaja ékonomika i meždunarodnye otnošenija”,n. 4, 1994, pp. 5-9.

103

Ch. Timmerman, Vnešnjaja politika Rossii: poiski novoj identičnosti, , “Mirovaja ékonomika i meždunarodnye otnošenija”, n. 2, 1994, pp. 16-25.

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Russia”104. La sua affermazione si spiega guardando alle richieste avanzate dall’organizzazione internazionale in quegli anni. Esse comprendevano in primo luogo la domanda di ammissione delle compagnie straniere nel mercato dei servizi nazionali così come la possibilità per queste di concorrere all’acquisto statale. Tutto questo rappresentava una minaccia per le imprese locali, ritenute incapaci di reggere la concorrenza con quelle straniere. Uno dei miti più diffusi negli ultimi anni prima dell’adesione prospetta che le compagnie russe andranno in bancarotta e verranno acquistate dagli stranieri105.

In secondo luogo abbiamo un abbassamento dei dazi all’economia agricola; la Russia si era infatti assunta l’obbligo di diminuire il livello di difesa tariffaria sul commercio dei prodotti agricoli dal 15,2% all’11,3% , e sui prodotti industriali dal 11,3% al 6,4%106. Infine era stato stabilito un periodo di transizione pari a 3 anni, aumentati a 7, in quanto ritenuti più adeguati107. Nel dibattito riscontriamo anche una preoccupazione legata al flusso dei capitali dall’estero che possono avere effetti destabilizzanti nei mercati dei paesi emergenti come lo è la Russia. Andrea Goldstein nel suo libro sui BRIC, ci espone la problematica secondo la quale i capitali in entrata dall’estero possono avere effetti negativi soprattutto perché eliminano la difficoltà per la Banca Centrale russa di gestire simultaneamente tasso di interesse e tasso di cambio, un trilemma che gli economisti definiscono la “trinità impossibile”. La situazione che si viene a creare è la seguente: quando il cambio è fisso e i mercati finanziari sono pienamente liberalizzati, fissare il tasso di interesse ad un livello superiore rispetto ai principali partner condurrebbe a massicce entrate di capitali, fare il contrario porterebbe a fughe altrettanto pericolose. In ogni caso sarebbe praticamente impossibile condurre una politica monetaria autonoma. Da ciò il ricorso frequente a misure come i requisiti di riserva obbligatoria per evitare gli attacchi speculativi e la sterilizzazione (cioè l’acquisto di titoli pubblici per ritirare liquidità dal mercato), con il rischio però di

104

V. Zagašvilj, Mirovaja Torgovlja, “Mirovaja ékonomika i meždunarodnye otnošenija”, n. 8, 1999, pp. 12-24.

105

S. Afoncev, Prisoedinenie Rossii k VTO: čego bojat’sja i na čto nadejat’sja?,vystuplenie na konferencij: Rossijskaja ékonomika v uslovijach prisoedinenija k VTO, Mosca, 19 febbraio 2012.

106

V .Obolenskij, Rossia v VTO: Objasatelstva,vosmožnosty,riski, “Mirovaja ékonomika i meždunarodnye otnoshenija”, n. 6, 2012, pp. 59-69.

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gonfiare a dismisura il bilancio delle autorità monetarie, rendendolo insostenibile e generando crisi finanziarie108.

Nel 2000 Putin si espresse apertamente facendo un intervento a sostegno dell’ingresso della Russia nel WTO, “Da quel momento - sostiene Dimitrij Ivanovič Orlov - questo fatto si trasformò in un obiettivo concreto di politica statale, la critica al WTO quindi diventava non solo una posizione contro la struttura del potere ma anche scomoda e pericolosa per gli affari”109.

Putin diventa presidente e comincia ad attuare una politica di avvicinamento e collaborazione con l’UE e gli USA; si rende infatti conto che per portare avanti una riforma interna ha bisogno del sostegno dell’Occidente. Un fatto fondamentale nell’avvicinamento tra le potenze è stato l’attentato alle torri gemelle, l’11 settembre 2001, dopo il quale Putin dimostrò solidarietà agli Stati Uniti con una telefonata a Bush e con il sostegno diplomatico alla guerra in Afghanistan110. Dov Lynch, ricercatore EUISS da Luglio 2002 a Luglio 2006, specializzato in relazioni russo europee, sicurezza in Russia e politica dell’URSS, sostiene che la guerra globale al terrorismo abbia dato a Mosca la possibilità di diventare consigliere dell’alleanza Euroatlantica nella lotta ad un nemico comune. “I punti di vista differenti tra Russia e Occidente non sono scomparsi - scrive Lynch - semplicemente Putin ha deciso che è molto più semplice decidere in casa piuttosto che tenere un piede in mezzo alla porta per evitare che questa si chiuda”111.

Il 28 Giugno del 2000, il presidente Putin approva la concezione sulla politica estera della Federazione Russa: il punto 3 della dichiarazione si riferisce alle relazioni economiche internazionali e ci fa capire in modo immediato come la Russia abbia rafforzato il giudizio già espresso nel 1994, riguardo alla necessità di legami economici con l’Occidente, sottolineando inoltre la necessità di avere un ruolo attivo all’interno delle organizzazioni internazionali.

108

A. Goldstein, BRIC, Brasile, Russia, India, Cina alla guida dell’economia globale, Il Mulino, Bologna, 2011, p. 65.

109

D. Orlov, Anti-VTO kak bol’šoj proekt, “Novoe vremja”, 15 marzo 2002.

110

S. Medvedev,Rossija: vnešnjaja politika, bezopasnost’, identičnost’, “Mirovaja ékonomika i meždunarodnye otnošenija”,n. 7, 2003, pp. 22-30.

111

D. Lynch, Russia faces Europe, Chaillot papers n. 60, Institute for security studies, European Union, Parigi, maggio 2003, p. 54.

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La priorità principale in politica estera della Federazione Russa nelle relazioni economiche è quella di promuovere lo sviluppo dell’economia nazionale che in condizioni di globalizzazione non è immaginabile senza un’ampia integrazione della Russia nel mercato economico internazionale112.

Tale tesi è evidenziata anche da Vladimir Arkadevič Martynov, politologo dell’IMEMO che nel suo articolo: Vyzovy, Realii i šansy Rossii (Sfide, realtà e opportunità russe) afferma:

Il 2000 ha aperto nella storia della Russia una nuova pagina: l’inizio della stabilità politica. Il rafforzamento del governo e il consolidamento delle forze socio-politiche, attorno al presidente Putin, cambiano tutta la situazione nel paese. Il principale obiettivo per la Russia del XXI secolo è il superamento dell’arretratezza economica e tecnica del paese e, su queste basi, l’aumento della qualità di vita della popolazione113.

Per raggiungere tali obiettivi, Putin ritiene necessario assicurare condizioni esterne favorevoli per la formazione di un’economia orientata al mercato e allo stesso tempo, rinnovare la specializzazione dell’economia estera della Federazione Russa appena questa sia in grado di garantire il massimo ritorno economico rispetto alla sua partecipazione nella divisione internazionale del lavoro. Dichiara inoltre che la Russia deve promuovere la formazione di un sistema di commercio internazionale onesto, attraverso una partecipazione completamente sviluppata della Federazione nelle organizzazioni internazionali economiche che assicurino nel contempo, al loro interno, la protezione degli interessi nazionali del paese.

Un altro tema di discussione del dibattito nei primi anni del 2000 è quello posto da Robert Skidel’skij, membro del comitato Rossija v obedinennoj Evrope (Russia nell’Europa unita), il quale si interroga sulla linea politica che la Russia assumerà nelle trattative per entrare a far parte dell’economia e del commercio internazionale. Il comitato Russia nell’Europa unita è stato fondato ed è

112

V.V. Putin,The foreign policy concept of the Russian Federation, 28 Giugno 2000,

http://www.fas.org/nuke/guide/russia/doctrine/econcept.htm, (ultimo accesso 22 marzo 2013).

113

V. Martynov, Vyzovy,Realii i šansy Rossii, “Mirovaja ékonomika i meždunarodnye otnošenija”, n. 10, 2001, pp. 3-9.

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coordinato dal deputato della Duma Vladimir Aleksandrovič Ryžkovym, e riunisce parlamentari, economisti, politologi russi ed europei nella discussione di temi di interesse comune alle due realtà.

La domanda che Skidel’skij pone al seminario sul tema: Accesso russo al WTO,

un passo verso l’Europa o una nuova linea di contraddizioni? organizzato dal

Comitato Russia nell’ Europa unita, il 14 Novembre 2003 a Mosca, è la seguente: rispetto al ruolo di potenza e di imperialismo degli USA sulla tematica della sicurezza mondiale, che posizione assumerà la Russia? Secondo questo autore si prospettano due varianti. La prima consiste nell’uniformarsi completamente alle norme del mercato internazionale ed entrare a pieno titolo nel mercato europeo continuando a fare il gioco dell’America; come seconda alternativa può spingere per una collaborazione con Stati come la Cina, l’India e possibilmente la Francia e la Germania con cui creare un mondo multipolare e mettere in gioco alcuni elementi di contro bilanciamento al potere americano. Rispetto a questo, ciò che emerge più chiaramente al giorno d’oggi – secondo questo autore - è il ruolo debole ricoperto dalla Russia nella conduzione delle trattative114.

Abbiamo visto come nel 2000 la discussione fosse caratterizzata dalla difficoltà di trovare equilibrio tra interessi nazionali ed integrazione nel sistema internazionale, così come da tentativi poco efficaci di arrivare ad un comune consenso sulla definizione di quali fossero gli effettivi interessi nazionali. Nel 2011-’12 invece, c’è un’intesa generale tra le parti sul fatto che la Russia abbia molti problemi interni da risolvere, di natura non solo economica ma anche sociale e giuridica. Il dibattito comincia perciò a svilupparsi tra coloro che sostengono l’ingresso come fattore risolutivo di tali problemi, ovvero gli studiosi dell’IMEMO e tra coloro che lo ritengono invece un ostacolo, o un obiettivo da raggiungere in un momento successivo come alcuni partiti ed economisti.

La posizione dell’economista Kirill Akžigitov, invece, sembra voler trovare un compromesso tra le due opinioni: “Se la Russia non entra nel WTO nel paese continuerà ad esistere un sistema “di management amministrativo” e un atteggiamento “noncurante” verso la qualità del lavoro”115. La soluzione che

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I.S. Korolev, Wto, Rossia i Evropeiskij Sojuz: problemy i perspektivy, Izd. Vo Probel, Mosca, 2000.

115

K. Akžigitov, Vto:počemu nelsja ne vstupat. I počemu nelsja vstupat, “Rossiskaja Federacija segodnja”, n. 18, 2009.

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quindi propone consiste nel tentativo di adottare in casa le regole del gioco, esercitarsi per poi lanciarsi nella grande arena internazionale.

Contrario invece ad un accesso immediato è Michail Vasilevič Emel’janov, deputato di Spravedlivaja Rossija (Russia giusta): “Ratificando l’adesione russa al WTO commettiamo un errore, la Russia entra nel WTO per modernizzare la sua economia, ma con quali soldi? ”116.

Secondo l’economista Aleksandr Michailovič Kondakov altre scottanti ragioni, per cui l’adesione sarebbe azzardata, sono quelle legate alla nuova redazione del codice doganale, alle norme sulla regolamentazione governativa degli affari di economia estera e alla regolazione per il controllo monetario: “Per fare tutto questo, c’è bisogno di preparare dei progetti di legge da presentare in parlamento ma questo richiede del tempo”117.

Un parere favorevole all’adesione immediata ci viene invece dato da Sergej Aleksandrovič Afoncev, professore all’Università MGIMO Moskovskij gosudarstvennyj institut meždunarodnych otnošenij (Istituto statale di relazioni

internazionali di Mosca), dottore di scienza economica e caposezione all’IMEMO: Aspettare di accedere al WTO fino a che l’economia russa non sarà concorrenziale è inutile. Con questa preoccupazione abbiamo già aspettato 18 anni e ci siamo resi conto che senza stimoli all’aumento della produzione non c’è stato e non ci sarà alcun progresso118.

Il gruppo di esperti dell’Università di San Pietroburgo, guidati da Sergej Feliksovič Sutyrin, dichiara che: “Gli impegni presi dalla Russia per l’adesione al WTO, così come quelli presi dalle altre nazioni, sono complicati e vari e presentano per gli enti economici russi sia vantaggi che svantaggi”119. Rimanendo comunque favorevoli all’adesione, il punto di snodo sarebbe quindi, a loro parere,

Nel documento L'Adesione della Russia al WTO (pagine 56-66)