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Fa ori cri ci di successo per fasi
• Andamento tipo all’interno della variazione del clima di un’azienda creata in Cina da soli Moderato o mismo incertezza Stress fid u ci a O mismo Cl im a tempo Fig 2
Essendo infatti intimamente connessi l’ambiente esterno del business e la vita “interna” dell’azienda, non è più possibile pensare che la WFOE sia anche una struttura veramente autonoma e completamente difendibi-le dai fattori esterni (e addirittura più forte che non l’azienda “mista”). Anche nel caso di una joint venture, la crescita è soggetta a uno stress che appare solo in seconda fase ma che può risultare egualmente deleterio per la riuscita del progetto.
Il territorio come socio dell’azienda
L’ambiente del business e il territorio, nelle loro molteplici espressioni, rappresentano per la WFOE un partner a pieno titolo e, in alcuni casi, un partner ancora più determinante per il successo dell’azienda.
Si potrebbe ipotizzare che in Cina la differenza fra stakeholder e sha-reholder non sia poi così netta, ma che anzi entrambi gli elementi creino e determinino la crescita del valore dell’azienda e del beneficio sul ter-ritorio, secondo una struttura relazionale molto articolata e anomala ri-spetto alla tradizione dei Paesi capitalisti, tipica invece di quelli sociali-sti.15 Mentre l’azienda dovrebbe perseguire l’obiettivo di massimizzare il valore dell’equity attraverso il lavoro dei manager e dei componenti degli organi di governo societario (tenuti a gestire le risorse e accrescere il va-lore solo o prevalentemente a beneficio dello shareholder),16 spesso viene distolta da questo per cercare di favorire (o di non scontentare) il gruppo di stakeholder (e dunque il bene sociale nelle sue varie sfaccettature) che rappresentano i vari livelli sociali interessati al suo insediamento in Cina. Tipicamente, il pensiero di stampo socialista richiede che gli interessi della società (nel senso di Stato) e dei dipendenti debbano prevalere sugli interessi dei clienti e degli azionisti. Per questa ragione, se si analizzano i differenti livelli di stakeholder e le interazioni con ogni azienda che inve-sta in Cina, si comprende come i fattori esterni17 possono essere determi-nanti per la nascita e lo sviluppo di un’azienda.
15 Robert Edward Freeman, Strategic Management. A Stakeholder Approach, Boston, Pitman, 1984.
16 R.E Freeman, A Stakeholder Theory of Modern Corporation, New York, L.P. Hartmann, 2005.
17 R. E. Freeman, Response. Divergent Stakeholder Theory, Academy of Management Review 24, 1999.
Fin dall’inizio, le aziende sperimentano in Cina barriere e ostacoli am-ministrativi e normativi che ne frenano la velocità di crescita e che ser-vono al sistema per controllare l’inserimento del “corpo estraneo” (inve-stimento estero) nel contesto domestico, a partire dalla presentazione e scelta del nome dell’azienda, che deve essere obbligatoriamente tradotto in lingua cinese e approvato e annotato presso l’Administration for Indu-stry and Commerce, condizione imprescindibile per i passaggi successivi del processo incorporativo. Segue la presentazione dei documenti costi-tutivi al Ministero del Commercio (Mofcom) che ne determina la con-gruità, emettendo una valutazione qualitativa di merito sulla sostanzialità del progetto e determinando la sua utilità, efficacia e generale interesse per gli stakeholder che ne verranno coinvolti (e dunque: aree industriali, distretti fiscali, dipendenti, filiera di fornitori) fino a esprimere un parere vincolante per l’investitore ma anche per l’autorità deliberativa.
Se il progetto non è ritenuto interessante o i ritorni per gli stakehol-der non sono consistakehol-derati ragionevoli in modo equipollente per i differen-ti compardifferen-ti della società (fisco, banche, risorse umane, fornitori, cliendifferen-ti), potrebbe non superare il primo livello di scrutinio. Anno dopo anno le autorità delegate all’analisi e valutazione degli investimenti esteri hanno utilizzato criteri sempre più severi e professionali.
Dopo l’incorporazione societaria, altri gruppi di stakeholder, a volte congiuntamente, a volte separatamente nei differenti comparti di compe-tenza, valuteranno e metteranno alla prova le aziende chiedendo loro di dimostrare che il bene comune che possono arrecare alla società sia supe-riore al “beneficio” per gli shareholder.
In questo senso si leggono i controlli e le normative sempre più seve-re applicate dai vari organi amministrativi e di controllo, quali l’Ufficio ambientale e gli uffici delle Imposte che periodicamente “ingabbiano” l’operatività delle aziende. Basta pensare alle norme ambientali che ven-gono modificate continuamente (ormai quasi mensilmente) e complicano la vita dei manager rendendo spesso inadeguata la loro capacità di
preve-dere e rimediare.
Ci si dovrebbe chiedere se, in alcuni casi, la presenza di un socio po-trebbe aiutare a rendere meno “invasivi” alcuni dei metodi che il grup-po degli stakeholder utilizza per distogliere risorse e anche attenzione, alleviando alcuni dei fattori deflagranti che investono un’azienda. La
ri-valutazione del socio locale potrebbe magari rendere più semplice gesti-re l’impgesti-revedibilità delle norme e dei lori effetti, anche se non esiste una letteratura in merito.
Nell’interessante volume di John M. Hood sulle “imprese eroiche”, si legge che le aziende possono servire la società pur attraverso la ricerca del profitto. E che il miglior modo di servire la società è quello di cercare di inserire e bilanciare, all’interno della ricerca del profitto, anche un in-teresse concreto per la crescita e la protezione dell’ambiente e del territo-rio.18 Ma non si cita il fatto che spesso, proprio per un estremo e radica-le approccio da parte del sistema (gli stakeholder), il manager è talmente distolto dall’obiettivo finale che non riesce a creare nessun beneficio, nè per gli shareholder nè tantomeno per gli stakeholder.
Sono convinta che alcune delle ragioni che hanno determinato che in molti settori industriali fosse obbligatoria la co-partecipazione del so-cio cinese, e persino la redazione dei vari “Cataloghi” degli investimenti, seguissero questa logica e dunque derivassero dalla necessità di definire quanto impatto abbiano i progetti di tali settori sulla società. A seguito della valutazione, in alcuni casi le autorità richiederebbero la presenza di un socio anche allo scopo di designare un “garante interno” che vigili sugli intenti dell’azienda e monitori il suo effettivo impatto sulla società.
Tutto legittimo, se non fosse che spesso, in tentativi estremi di forza-re la cforza-reazione del beneficio verso gli stakeholder, si cforza-reano per l’azienda tanti e tali ostacoli normativi che essa si indebolisce a tal punto da non ri-uscire a creare valore né per i propri azionisti, né per la società, arrecando dunque danno a entrambi.
Questo meccanismo complesso e delicato determina quella che ho chiamato la condizione di joint venture permanente per ogni azienda che decida di investire in Cina. La maggiore presenza di WFOE può essere anche interpretata come una maggiore capacità di integrazione fra i fat-tori interni (profitto e valore aziendale) e quelli esterni (capacità di mo-dificare e cercare un impatto virtuoso sul territorio) che i manager degli investimenti esteri hanno appreso e stanno sviluppando.19
Le aziende che arrivano in Cina da sole oggi hanno anche imparato
18 John Hood, The Heroic Enterprise: Business and the Common Good, Beard books, 1997 19 Sumanjeet Singh, Rethinking Corporate Governance: from Shareholder Value to Stakeholder
che, per crescere, devono non solo saper difendere se stesse e le proprie risorse (diritti industriali e know how), da dipendenti poco fedeli e imita-tori, concorrenti o soci locali privi di scrupoli, ma a volte devono armo-nizzare e articolare un rapporto equilibrato con gli stakeholder. Nel caso non siano in grado di trovare l’equilibrio necessario con l’ambiente ester-no, molto spesso falliscono perché il “corpo estraneo” viene rigettato per la sua incapacità di generare anche un valore sociale.
Con o senza socio, la vita di un’azienda in Cina è comunque deter-minata da interessi esterni e interni a volte non allineati e spesso in con-trapposizione. Mentre venti anni fa la questione era come armonizzare, controllare o utilizzare il rapporto con il socio investitore in una joint venture, oggi l’azienda matura si deve chiedere anche come armonizza-re, controllaarmonizza-re, utilizzare il complesso sistema in cui si muove, a volte an-che proteggendosi. Nello stato permanente di joint venture an-che si applica alla condizione dell’azienda in Cina, per beneficiare in modo equilibrato delle forze interne ed esterne alla sua struttura (forze che, positivamente coordinate fra sistema e società, possono essere vincenti), l’imprenditore deve ricordare che le aziende sono principalmente ventures sociali, ossia devono portare vantaggi alla società senza generare troppa alienazione e troppo stress all’azienda. Per esempio: sistemi di tassazione troppo pe-santi creerebbero infatti l’improvvisa perdita di interesse per un’azienda ad investire in un determinato luogo, costi sociali troppo elevati delle ri-sorse umane renderebbe la manodopera cinese meno competitiva con al-tri paesi dell’Asia, un corpus di norme amministrative troppo vincolanti e “punitive” per le aziende renderebbero il sistema poco attraente per gli investimenti.
Non è sempre facile trovare un punto di equilibrio che soddisfi tutti gli elementi coinvolti, ma nei prossimi anni, in un panorama sempre più articolato e competitivo, le aziende che investono in Cina dovranno tro-vare un modus operandi che garantisca uno sviluppo sostenibile della so-cial venture e che garantisca il perseguimento, la creazione e l’accresci-mento del valore dell’azienda, delle sue risorse ma anche del territorio, e dunque del bene sociale complessivo.