Cristiana Barbatelli
Una parte significativa del successo economico cinese degli ultimi vent’anni deriva sicuramente dall’efficacia delle ETDZ (Economic and Technological Development Zones) nell’attrarre, mantenere e far cresce-re gli investimenti esteri sul territorio cinese. Sono infatti il più evidente
key driver della crescita rapida e sostenuta del Paese. Sono state lo
stru-mento che ha trasformato villaggi in aperta campagna in centri industriali di livello tecnologico avanzato; il loro impatto sul territorio ha trasforma-to regioni intere e economie locali.
Oggi, in una situazione dove le regole del fare business in Cina si sono evolute, e dove la crescita del Paese ha determinato da una parte una maggiore capacità delle infrastrutture di accogliere investimenti esteri, dall’altra una minore differenziazione fra “aree aperte” e “parchi indu-striali”, è necessaria una riflessione sul futuro sviluppo, sul ruolo e sulla reale competitività che le zone industrializzate potranno offrire alle azien-de estere che vanno a investire in Cina.
Negli ultimi dieci anni, la Cina ha visto nascere più di 10.000 parchi industriali e “Investment Zones” in tutto il Paese, gestite da comitati am-ministrativi dipendenti da municipalità, distretti, comitati di zona, comu-nità rurali.1
La promozione che le aree fanno dei servizi offerti rende a volte con-fuso il panorama per le aziende, anche perché molti degli incentivi fiscali offerti originariamente dalle ETDZ oggi sono stati cancellati dalle auto-rità fiscali e dunque non rappresentano più un fattore di scelta da parte degli investitori.
Per questo motivo, oggi gli investitori guardano alle ETDZ sotto una nuova luce e più facilmente si riferiscono a parametri differenti (quali
vi-1 Sari Wahyuni, Esther Sri, Astuti S.A. Mardha, Thilla Amelia, The Role of Special Economic
cinanza di clusters di fornitori o di aziende dello stesso comparto, concen-trazione di università o scuole specialistiche, criteri logistici) e spesso, vi-sta la grande offerta e la apparente mancanza di differenziazione non solo fra Zones ma anche fra Zones e “territorio aperto”, ritornano a scegliere dove insediarsi seguendo motivazioni intrinseche del progetto e non le-gate alla caratteristiche delle aree.
Lo sviluppo futuro dunque deve prevedere la capacità delle ETDZ di dimostrare caratteristiche e vantaggi competitivi significativi per l’im-prenditore, altrimenti la maggior parte dei parchi industriali saranno de-stinati a una scarsa crescita se non addirittura alla cessazione naturale del-la loro attività.2
Gli investitori potranno riferirsi in futuro, nelle loro scelte, ad alcuni indicatori di competitività delle ETDZ che vanno oltre i fattori logistici e di prezzo:
• Capacità di aiutare lo start up delle aziende • Capacità di gestire le pratiche delle costruzioni • Velocità negli accatastamenti dei terreni
• Capacità di aiutare le aziende nel reperire finanziamenti bancari • Livello dimostrato nella protezione degli investitori e dei loro
inve-stimenti
• Pagamento delle imposte • Risoluzione delle insolvenze
Efficacia nell’aiutare le aziende negli start up
Nonostante le ETDZ abbiano attraversato parecchie riforme in un senso di maggiore internazionalizzazione e standardizzazione, il cambiamento non è riflesso nelle valutazioni sulla Cina quale Paese che attrae investi-menti, non evidenziando considerevoli vantaggi e miglioramenti rispetto a Paesi quali Stati Uniti o Australia che presentano i modelli generica-mente considerati più facili.3
La Cina ha attirato massicci investimenti dall’estero ma ancora non ri-sulta essere un Paese “semplice” per iniziare un business. Le ragioni sono
2 Douglas Zhihua Zeng, How Do Special Economic Zones and Industrial Clusters Drive China’s
Rapid Development?, The World Bank, 2011
molteplici: dall’entry cost, alle dimensioni del Paese, dalla regionalità delle condizioni del mercato alla complessità delle condizioni di accesso (capi-talizzazione, lunghezza delle procedure di registrazione e quant’altro) che penalizzano le aziende piccole e medie a vantaggio delle multinazionali.
Ho già discusso della complessità e della consequenzialità che i vari passaggi necessari alla costituzione di un’azienda in Cina richiedono.4 Ri-sulta evidente che, per una piccola azienda, il tempo di start up e i requisiti di capitale sono fattori decisivi per scegliere un’area piuttosto che un’altra.
Capacità di gestire le pratiche delle costruzioni edili Oggi parlare di permessi di costruzione in Cina richiede una particolare attenzione. Infatti, in questi ultimi anni, il governo cinese ha sempre più enfatizzato l’importanza della protezione ambientale e questa attenzione a volte ossessiva, in alcuni casi, ha creato uno spostamento degli investi-menti delle aziende verso le zone rurali, dove l’attenzione delle autorità è inferiore a quella esercitata nelle aree industriali, più evolute, vaste e den-se di investimenti esteri.
Per migliorare e proteggere l’ambiente, il governo ha imposto e im-pone requisiti molto stringenti sulle aziende che si accingono a costru-ire, con un intricato sistema di regole, approvazioni e standard emessi a livello centrale, provinciale e di zona che dovrebbero regolamentare i processi costruttivi. Molto spesso, le regole enunciate centralmente ven-gono in qualche maniera twisted a livello provinciale, anche per favorire per esempio alcune zone o città a scapito di altre, e le stesse regole emes-se a livello locale potrebbero trovarsi in contraddizione con la pratica na-zionale.
Uno dei metodi che ho adottato negli ultimi anni è quello di non rife-rirmi mai alle regole emesse a livello centrale, ma andare direttamente a verificare con le autorità amministrative locali quello che si può veramen-te fare, o quanto invece non sia permesso, veramen-tenendo in considerazione che il metodo empirico si applica sempre e che lungo la strada sono possibili aggiustamenti anche per gli investitori, in modo da far sì che le regole lo-cali a un certo punto convergano significativamente con regole nazionali
4 Cristiana Barbatelli, Dilemmi dell’imprenditore, in Maria Weber, La Cina non è per tutti, Mi-lano, Edizioni Olivares, 2005
(anche se tutti i player fino a quel momento le considerano solo “indica-zioni generali”).
Accatastamento delle proprietà e dei terreni
I tempi necessari all’accatastamento delle proprietà immobiliari e agli atti di acquisto dei diritti di uso dei terreni in genere richiedono circa 60 gior-ni. Anche in questo caso è importante vedere se i terreni o le proprietà siano in località e province dove c’è o no una massiccia presenza di in-vestitori esteri. Essendo infatti l’accatastamento una semplice procedura amministrativa “domestica”, in realtà le zone dove viene svolta con più speditezza sono quelle dove gli investimenti esteri sono minori e dunque la rilevanza dell’acquisto rende la pratica più veloce.
A volte, invece, proprio perché l’investitore estero non fa parte del si-stema amministrativo domestico e deve completare il suo accreditamen-to prima di poter accatastare terreni o immobili, la procedura ha tempi estremamente lunghi (anche 120 giorni) e le autorità delle ETDZ non hanno nessun potere di accelerarla.
Inoltre, non essendo ancora promulgata alcuna norma e procedura di “registrazione” della proprietà unificata (tranne che nelle città di primo livello), e visto che non è ancora chiaro se terreni e edifici debbano essere registrati tutti allo stesso Bureau (Land Bureau – Real Estate Registration Administrative Bureau), il processo di “accatastamento” delle proprietà è ancora soggetto a differenti iter burocratici a discrezione degli ammi-nistratori.
Poiché comunque i livelli di annotazione delle pratiche catastali sono quattro (Catasto di distretto, di città, di provincia e, in alcuni casi, anno-tazione a livello centrale) e devono essere completati in modo consequen-ziale, le aziende alla fine devono comunque attendere fino a quando il permesso viene trasmesso in senso verticale a cascata dall’alto.5
La capacità delle ETDZ di accelerare gli iter di annotazione può costi-tuire un importante fattore di scelta.
5 Zeng Jia, The Registration System of Real Estate in China (PRC), Xi’an, Northwest Univer-sity, 2010
Finanziamenti delle Banche
Se non si ha una storia creditizia, non si avrà mai credito dalle banche cinesi. Inoltre non esiste la possibilità che start up estere possano ricor-rere a finanziamenti locali fin dall’inizio dell’attività. Solo qualcuna delle banche cinesi, quelle più radicate territorialmente (per esempio le casse di credito cooperativo o anche tutte le casse di risparmio che oggi sono diventate banche di piccole dimensioni) potranno essere interessate a fi-nanziare un nuovo business.
È un fatto però che se l’azienda da start up incerta diviene un’impresa di successo, improvvisamente riceve la visita di molte delle banche loca-lizzate nelle ETDZ dove è collocata, e si sente offrire molti servizi.
Molto spesso il contatto delle banche è favorito dalle amministrazio-ni locali, che fungono anche da trasmissori di informazioamministrazio-ni e a volte da garanti, quasi come se quei beni, proprietà e immobili che vengono uti-lizzati come collateral e che servono a ottenere prestiti e linee di credito fossero in qualche modo proprietà loro.
Non essendo ancora attrezzate per poter valutare progetti e rischi di progetto in modo qualitativo, le banche cinesi, preferiscono assistere le aziende dopo che il progetto ha superato la fase dell’incertezza iniziale, e dunque si muovono su terreno più sicuro nell’offerta del credito e dei servizi.
Anche in questo caso, i gestori delle ETDZ molto raramente riescono a creare qualche facilitazione nei confronti delle aziende: spesso non fan-no che fungere da trasmettitori di informazioni sulle aziende per favorire le loro attività di marketing.
Come proteggere gli investitori e gli investimenti
La protezione degli investimenti è un tema lungamente e profondamente dibattuto e oggetto di trattati fra Stati e consessi di Stati;6 quanto i conte-nuti dei trattati stipulati fra nazioni si rifletta poi in modo efficace sull’im-plementazione che ne fanno a livello locale le ETDZ, può essere argo-mento di molta letteratura.
Talvolta si assiste a processi di reclamation di investimenti. Nel caso
6 Lauge N. Skovgaard Poulsen, Jonathan Bonnitcha, Jason Webb Yackee, Costs and Benefits
per esempio di maggiori difficoltà finanziarie e fasi di gravi insolvenze di investitori, anche stranieri, si assiste a processi quasi automatici di “esproprio” (non di reclamation) che le autorità delle aree economiche implementano “a fin di bene”, sempre con l’obiettivo di proteggere il bene sociale, la comunità, la società.
Negli anni, in quei casi in cui gli investitori hanno incontrato difficoltà economiche, la risoluzione di situazioni di contenzioso sociale (per esem-pio salari e debiti non pagati) è stata affidata agli amministratori delle aree, che hanno di fatto utilizzato metodi di esproprio ai fini di accelerare il processo. Ricordo un paio di casi in cui sfortunati imprenditori italia-ni sono ricorsi alla fuga a causa di difficoltà economiche incontrate nelle loro attività. L’area industriale ha agito velocemente (il primo obiettivo è quello di evitare pericolose proteste sociali) e, dopo aver ufficialmente in-formato l’imprenditore che avrebbe fatto ricorso ad altri rimedi se entro brevi termini non avesse offerto una soluzione economica soddisfacente, ha espropriato le attività dell’azienda (magazzino, macchinari, suppellet-tili e attrezzature degli uffici) e le ha vendute all’incanto o addirittura le ha usate come merce di scambio e compensazione per pagare debiti ver-so fornitori e dipendenti.
Anche se questo metodo è usato con il buon fine di salvaguardare la pace sociale, è innegabile che apre la porta ad altre possibilità, dove ma-gari il “bene sociale” è enfatizzato per altri scopi e interessi privati a sca-pito del diritto.
Nelle ETDZ dove questi espropri sono avvenuti, gli investitori esteri dovrebbero fare attenzione a come gestire non solo il proprio patrimonio ma anche il rapporto con gli amministratori, perché in qualche momen-to di instabilità sociale, non usino l’investimenmomen-to fatmomen-to dalle aziende quale leva di negoziazione e garanzia contro richieste di compensazione da par-te di fornitori e dipendenti, o anche di altri uffici governativi.
Il pagamento delle imposte
Le imposte sono sempre state utilizzate come il più importante incentivo per attrarre gli investitori esteri. Oggi rimangono solo alcuni di questi in-centivi. La politica dei 3 +2 (3 anni completa esenzione e seguenti 2 anni sconto pari al 50%) è stata cancellata più di cinque anni fa per la
mag-gior parte delle imprese industriali; resta valida per alcuni settori chiave di sviluppo futuro cinese, come quelli che trattano la conservazione delle fonti energetiche, la conservazione dell’acqua, progetti che implementa-no meccanismi per la protezione ambientale ed energia pulita. Riduzioni sono concesse alle aziende attive nei settori ambientali o valutate “high tech and new”, che possono accedere a sconti sulla Corporate income tax.
I settori premiati sono, anche in questo caso, energie pulite, conserva-zione delle risorse, adeguamento degli impianti e sostituconserva-zione degli stes-si con altri a energia pulita. In questi castes-si gli amministratori delle ETDZ sono sempre molto attenti e anche efficienti nell’aiutare le aziende a otte-nere incentivi fiscali su attività di ricerca e sviluppo, o accreditamento qua-li aziende ad alto contenuto tecnologico. Infatti, i risultati ottenuti dalle aziende presenti in un’area confermano la capacità degli amministratori di attrarre un grande e potenziale serbatoio di tecnologie e sviluppo.
Risolvere le insolvenze e chiudere l’attività
Come s’è detto, molto spesso le autorità amministrative di area provve-dono a regolare i rapporti con fornitori, uffici dell’erario e maestranze nel caso di cancellazione delle licenze, cessazioni anticipate di attività e casi più complessi, quali la messa in bancarotta, o provvedimenti coercitivi da parte delle autorità a riguardo delle aziende.
Il potere che viene dato alle autorità dell’area in relazione ad attivi-tà di esproprio e compensazione in genere non deriva da espresso man-dato delle autorità superiori (Planning Commission provinciale o State Council a seconda del livello delle ETDZ) né ‘deriva da norme ammini-strative precise, ma fa capo a un principio generalmente rispettato nel Pa-ese, e cioè che le dispute e i contenziosi trovano una prima soluzione at-traverso conciliazioni informali. Se una mediazione formale è necessaria, prevarrà su un atteggiamento di contenzioso quello, più tipico, dell’arbi-trato.
Considerando che la legge cinese proibisce la nazionalizzazione delle aziende e dei loro patrimoni, con l’eccezione di “circostanze speciali”,7
7 Albert H.Y. Chen, The Law of Property and the evolving system of property rights in China,
The Development of the Chinese Legal System – Change and Challenges, London and New York:
che sono più propriamente definite come sicurezza nazionale, sicurezza locale, ostacoli a progetti di ingegneria di larga dimensione, ecc. e che la Costituzione cinese (art. 18) protegge per definizione tutti gli investimen-ti in Cina purché rispetinvestimen-tino la legge, si può ipoinvestimen-tizzare che le autorità am-ministrative delle ETDZ si siano arrogate un diritto/compito che ricalca un contenuto da codice deontologico: declamazioni di principio che la-sciano spesso il tempo che trovano, in quanto gli organi preposti alla loro definizione agiscono e deliberano obbedendo esclusivamente a un inte-resse che non può essere quello generale.
Questo ovviamente non significa che quanto normato sia illogico, astruso o lesivo degli altrui diritti, ma certo nessuno si può aspettare che le istanze degli altri soggetti coinvolti (in questo caso dell’investitore este-ro) possano trovare una totale e fedele rappresentazione in quanto viene implementato dagli amministratori cinesi.
La sfida delle ETDZ
Nei prossimi dieci anni gli investitori in Cina dovranno affrontare fra le altre le seguenti questioni:
• Costo del lavoro in crescita
• Controllo della terra sempre più capillare da parte del governo cen-trale
• Popolazione dei lavoratori in continua migrazione interna
• Necessità e impegno del governo a trasformare comparti dell’indu-stria manifatturiera in indudell’indu-stria con alto contenuto di ricerca e svi-luppo
• Necessità di spostare gli investimenti verso le ETDZ in zone non co-stiere o in città di seconda fascia
Se ne evince che la sfida che le ETDZ dovranno affrontare è sicuramente articolata e non semplice.
In questo processo evolutivo delle aree industriali, sicuramente le aziende non potranno che beneficiare di un miglioramento complessivo dei servizi offerti e riceveranno maggior beneficio da un’atmosfera positi-va e di maggiore collaborazione da parte dei loro gestori e amministratori. I quali infatti, non potendo più sostenere l’offerta con la promessa di in-centivi fiscali e con strumenti tradizionali di marketing, saranno costretti
a vendere la capacità dell’area di esprimere valore e dunque “convince-re” i potenziali investitori, attraverso una migliore assistenza e un più sin-cero supporto.