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3.3 Valutazione successiva degli strumenti finanziari

3.3.1 Il Fair Value

Il criterio prioritario di valutazione delle poste di bilancio è quello del fair value, che è definito dallo IAS 32 come “Il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata, o una passività estinta, in una libera transazione tra le parti consapevoli e indipendenti32”.

Da tale definizione si evince come esso non si identifichi necessariamente come il prezzo di mercato, ma rappresenti un parametro astratto, dato dl valore teorico di scambio di un’attività o di una passività, cui possono tendere ragionevolmente la parti di un potenziale transazione di mercato. Il fair value esclude la presenza di asimmetrie informative e quindi si qualifica come valore ideale al quale puntano le potenziale al quale puntano le potenziali controparti in un’operazione di scambio33.

Il fair value è considerato dallo IASB uno strumento utile per il miglioramento della veridicità e dell’intelligibilità informativa riguardo alla valutazione delle attività e delle passività finanziarie che nella banca ricoprono un ruolo centrale.

Tale criterio, rispetto a quello del storico, introduce il riferimento alla logica di mercato nella misurazione del valore delle attività e delle passività. Questa nuova logica di misurazione implica la prevalenza dell’evoluzione dinamica del valore di tali voci di bilancio rispetto alla loro valorizzazione storica.

32 Cfr. Regolamento (Ce) n. 1126/2008, IAS 32, paragrafo 11, 181.

33 Si precisa che il fair value non consiste in un accoglimento automatico del valore rilavato sul mercato in un

determinato momento, ma si deve fare riferimento a un valore formatosi senza le distorsioni di prezzo che potrebbero essere causate dalla specificità dello scambio, quali ad esempio operazioni di dimensioni rilavanti, rapporti di forza tra le parti.

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E’ doveroso ricordare che l’utilizzo del valore di mercato, sebbene circoscritta al alcune voci di bilancio, era già presente anche nella normativa precedente all’introduzione dei principi contabili internazionali (decreto legislativo n.87 del 27 gennaio 1992).

L’impiego del fair value offre all’utilizzatore del bilancio la disponibilità d’informazioni che, pur connotate da un maggior grado d’incertezza e volatilità, sono decisamente più utili per le decisioni in campo economico e ciò a motivo della visione dinamica del patrimonio aziendale e dell’andamento della gestione.

La determinazione del fair value degli strumenti finanziari viene effettuata secondo differenti modalità in relazione alle caratteristiche di ciascuno strumento.

La miglior proxy del fair value di un’attività finanziaria è il prezzo pubblicamente disponibile ed effettivamente negoziato su un mercato attivo. Infatti, in presenza di un mercato attivo, il valore di quotazione esprime la migliore rappresentazione del fair value. Si è in presenza di un mercato attivo quando sono disponibili con regolarità prezzi che riflettono normali transazioni di mercato per l’attività finanziaria valutata (ad esempio, per i titoli di Stato). Uno strumento finanziario è considerato quotato su un mercato attivo34 se i prezzi quotati sono prontamente e regolarmente disponibili da specifiche fonti (listini, operatori, intermediari, settori industriali, agenzie di diffusioni di prezzi, autorità di regolamentazione) e tali prezzi rappresentano operazioni di mercato effettive che avvengono regolarmente in normali contrattazioni.

L’attività bancaria comporta spesso il ricorso ad attività finanziarie non quotate oppure quotate ma poco scambiate; in questo ultimo caso l’utilizzo del prezzo di mercato non è corretto in quanto quest’ultimo non è attendibile come proxy.

In presenza di un mercato non attivo, il fair value deve essere determinato utilizzando una tecnica di valutazione. Le tecniche di valutazione includono l’utilizzo di informazioni relative a recenti operazioni libere di mercato tra le parti consapevoli e disponibili, il riferimento al fair value di uno strumento simile, l’analisi con flussi finanziari attualizzati e i modelli di prezzo di opzioni. Se esiste una tecnica di valutazione utilizzata comunemente dai partecipanti al mercato per assegnare un prezzo allo strumento e tale tecnica ha dimostrato di fornire stime attendibili dei prezzi praticati in operazioni correnti di mercato, deve essere utilizzata tale tecnica.

Nel Marzo del 2009 lo IASB ha emesso un emendamento all’IFRS 7 introducendo una serie di modifiche volte a dare adeguata risposta alle esigenze di maggiore trasparenza suscitate dalla crisi finanziaria mondiale manifestatasi nel 2007 e connesse con l’elevata

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incertezza dei prezzi espressi dal mercato. Fra tali modifiche rileva l’istituzione della scala gerarchica del fair value. In particolare, l’emendamento definisce tre livelli di fair value, da seguire nell’ordine35.

LIVELLO DESCRIZIONE

LIVELLO 1 Se lo strumento finanziario è quotato in un mercato attivo

LIVELLO 2

Se il fair value è misurato sulla base di tecniche di

valutazione che prendono a riferimento parametri osservabili sul mercato, diversi dalle quotazioni dello strumento

finanziario

LIVELLO 3 Se il fair value è calcolato sulla base di tecniche di valutazione che prendono a riferimento parametri non osservabili sul mercato.

Tabella 5. Livelli di strumenti finanziari

In un sistema imperniato sul fair value come criterio principale di valutazione degli strumenti finanziari il ricorso al criterio del costo riveste carattere residuale. E’ il caso degli strumenti di capitale non quotati in un mercato attivo che sono valutati al costo perché il fair value non è rilevabile in modo affidabile, ovvero la gamma delle stime disponibile mostra un’eccessiva volatilità e la probabilità delle stime non può essere ragionevolmente misurata36. Questo vale anche per i correlati derivato da regolare con la consegna di uno strumento di capitale non quotato.

Vantaggi e svantaggi fair value

Cercando di fare un passo oltre per valutare l’utilità dell’utilizzo del fair value, occorre considerarne vantaggi e svantaggi al di là dell’attuale contesto congiunturale. Un principio contabile dovrebbe favorire l’esercizio, da parte degli investitori, dei diritti informativi (conoscere quante più informazioni relative alle società in cui si sta investendo) e di stewardship (valutare la capacità del management di massimizzare il valore della società).

Rispetto al metodo del costo storico il fair value presenta indubbi vantaggi di natura informativa, in quanto permette di trasmettere al mercato informazioni relative al valore effettivo degli asset detenuti da una società finanziaria o industriale. Si tratta, però, di un

35 L’emendamento all’IFRS 7 è stato recepito in ambito europeo con il Regolamento (Ce) n. 1165 del 27 Novembre

2009. Si veda al riguardo anche quanto riportato dal documento congiunto Banca d’Italia/Consob/Isvap n.4 del 3 Marzo 2010, punto 5, pag.12.

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valore «di rimpiazzo» (quanto varrebbe l’azienda se si decidesse di uscire dal business) e non indica quanto cash flow potrà essere generato dagli asset detenuti. Quindi fornisce agli investitori un’indicazione relativa al costo-opportunità dell’investimento (se uscissi dal business quanto potrei ricavare) e di rischiosità dello stesso (a un basso fair value corrisponde un rischio maggiore in quanto, in caso di insuccesso del business, il valore di rimpiazzo sarebbe basso). Non fornisce, invece, indicazioni circa la capacità di generare cash flow. Se prendessimo, ad esempio, quanto avvenuto in corrispondenza della «bolla» dei titoli legati alla new economy, il fair value delle aziende sarebbe stato in quel caso piuttosto basso: scarse immobilizzazioni e scarse possibilità di riutilizzo delle stesse in business alternativi. Questa indicazione non avrebbe però permesso in alcun modo di distinguere le aziende con elevate potenzialità di generare flussi di cassa futuri rispetto a quelle per cui tali proventi rappresentavano poco più che una malriposta speranza.

Anche per quanto riguarda il diritto di stewardship, il fair value presenta lacune evidenti. Innanzitutto non è un principio «incentive compatible»: non ci sono incentivi sufficienti a impedire che i manager determinino valori di riferimento maggiori a quelli reali per «abbellire» i bilanci. Un CEO giudicato in base a parametri che incorporino valori al fair value farà pertanto il possibile per scegliere i metodi di valutazione più favorevoli. Inoltre, per quanto sostenuto sopra, il criterio di valutazione non trasmette informazioni sulla capacità di generare flussi di cassa futuri. Paradossalmente, verrebbero premiate le società (e i loro dirigenti) che possiedono immobilizzazioni di valore utilizzandole male (e non permettendo la creazione di profitto) rispetto a società che con asset limitati riescono a creare valore per i propri azionisti. Di nuovo, tornando all’esempio della new economy, una società come Google non sarebbe probabilmente stata premiata da un utilizzo estensivo del principio del fair value. Eppure flussi di cassa ne ha generati e valore per gli azionisti ne ha creato eccome.

Criticità del fair value37

L’uso del fair value è stata una delle caratteristiche principali e più controverse degli IFRS. L’IFRS 13 “Valutazione del fair value” indica “il fair value come il prezzo che si percepirebbe per la vendita di un’attività ovvero che si pagherebbe per il trasferimento di una passività in una regolare operazione tra operatori di mercato alla data di valutazione” e già dalla definizione si evidenzia uno dei problemi più significativi:

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infatti se esiste un mercato attivo è altrettanto facile determinare il suo fair value, ma se il mercato non esiste oppure è illiquido allora nascono le prime difficoltà nella determinazione del fair value. Il fair value non è un concetto inoltre limitato solo agli strumenti finanziari (e cioè allo IAS 39 ed al nuovo IFRS 9), ma è presente in altri standard tra i quali ad esempio quello relativo alle aggregazioni aziendali (IFRS 3), ai pagamenti basati su azioni (IFRS 2), all’agricoltura (IAS 41) oppure nell’impairment test per la riduzione delle attività (IAS 36) ed in misura minore come alternativa al costo storico per quanto riguarda immobilizzazioni materiali (IAS 16) ed immateriali (IAS 38). Se però mancano i mercati allora bisogna applicate dei modelli con tutte le loro difficoltà applicative legale alle variabili soggettive a volte difficilmente verificabili. L’altra grande critica al fair value è rappresentata dal suo supposto effetto pro-ciclico38

perciò moltiplicativo in caso di trend positivi e di segno opposto in caso di flessioni dei valori di mercato, come ad esempio l’applicazione del fair value è stata additata come una delle concause della crisi finanziaria del 2008, dove per esempio Zingales39 imputò parte della responsabilità della stessa crisi del sistema bancario americano alla debt inflation che producendo perdite obbliga gli operatori più indebitati a vendere per ridurre le perdite realizzate.

In realtà queste discussioni entrano ormai anche nella realtà italiana con il D.Lgs. n. 139/2015 che ha introdotto il nuovo art. 2426, comma 12, del Codice civile ad indicare il riferimento dei principi contabili internazionali che per la definizione di fair value e di “modello e tecnica di valutazione generalmente accettato” si fa “riferimento ai principi contabili internazionali adottati dall’Unione Europea”. L’introduzione del fair value nel contesto italiano è soprattutto riferita all’ambito degli strumenti derivati finanziari che con il nuovo n. 11-bis dell’art. 2426 del Codice civile stabilisce che “sono iscritti al fair value” e poi “le variazioni del fair value sono imputate al conto economico” oppure, se lo strumento copre il rischio di variazione dei flussi finanziari attesi di un altro strumento finanziario o di un’operazione programmata, direttamente ad una riserva positiva o negativa di patrimonio netto40.

38 BIANCHI S., Fair value: scelta di trasparenza oppure uno degli imputati del credit crunch?, in Rivista dei Dottori

Commercialisti, Giuffrè, Milano, 2008, pag. 1335-1344.

39 L. Zingales, “Causes and Effects of the Lehman Brothers Bankruptcy” Before the Committee on Oversight and

Government Reform United States House of Representatives, october 6, 2008.

40 S. Bianchi, “Riflessioni sull’applicazioni dei principi contabili internazionali IAS/IFRS dopo 10 anni dalla loro applicazione sistemica in Italia ed Europa”, in Rivista dei Dottori Commercialisti, Anno LXVII, n. 4/2016, Giuffrè, Milano.

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Nella seguente tabella si espongono, in sinetsi, gli aspetti positivi e negativi legati all’applicazione del fair value.

ASPETTI POSITIVI DEL FAIR VALUE

ASPETTI NEGATIVI DEL FAIR VALUE

- ha una maggiore rilevanza informativa rispetto al costo

storico; - consente una maggiore

confrontabilità dei bilanci nello spazio e nel tempo posto che il riferimtno è a data/elementi omogenei mentre il costo storico è ancorato ad elementi non

omogenei; - determina una sensibile

riduzione delle cosidette politiche di bilancio, non essendo possibile gestire il rientro di operazioni ancorate al costo storico

- genera una volatilità del Patrimonio Netto in funzione della volatilità dell'Attivo e del

Passivo; - genera una volatilità dei

risultati. E' certamente l'aspetto più importante e di questa volatilità si è avuta

manifestazione nel 2008 in relazione ai problemi di classificazione, e quindi di valutazione, delle attività

finanziarie, emersi a seguito della crisi finanziaria mondiale. tale criticità hanno portato ad introdurre un' emendamento allo IAS 39, nel secondo semestre del 2008, per fronteggiare l'impatto sui bilanci della fortissima volatilità dei mercati conseguenti

alla crisi. - è soggettivo relativamente alle

attività finanziarie che vengono valutate sulla base di imput che non sono basati su dati di mercato osservabili (Livello 3)

Tabella 6. Aspetti positivi e negativi del Fair Value

Esempio di valutazione al 31/12 di un titolo di stato al fair value:

Isin Descrizione Q.tà nominale

prezzo SOLE 24

ORE 31.12.2016

Controvalore Rateo Controvalore tel quel IT0004966401 BTP-01MG21 3,75% 19.000.000 113,988 21.657.720,00 118.093,92 21.775.813,92

Prendiamo ad esempio un istituto bancario che ha acquisito 19.000.000 (quantità nominale) di BTP 01.05.2021 tasso d’interesse 3,75%, stacco cedola semestrale. La banca al 31.12 dovrà valutare il titolo al fair value.

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1. Calcolo del Controvalore del titolo moltiplicando la quantità nominale 19.000.000 per il prezzo del titolo 113,988. Tale importo è indicato, ad esempio, nella pagina finanziaria del Sole 24 Ore o in qualsiasi altro provider (Bloomberg). Si evidenzia in giallo, nell’immagine sottoriportata, le caratteristiche del titolo al 31/12.

Figura 5. Il Sole 24 Ore al 31/12/2015

2. Si calcola lo stacco cedola riparametrato e si riconduce il rateo a voce propria, così come evidenziato di seguito:

Q.TA’ NOMINALE TASSO CEDOLA ANNUALE DATA PARTENZA DATA FINE DATA CUT OFF GIORNI TOTALI GIORNI 2015 RATEO SEMESTRALE RICALCOLATO 19.000.000,00 3,75% 712.500 01/11/2016 01/05/2017 31/12/2016 181 60 118.093,92

3. Il valore finale di bilancio è dato dalla somma del controvalore (21.657.720) + il rateo di competenza dell’esercizio (118.093). Quindi, il valore al 31/12 del BTP 01.05.2021 ammonta ad € 21.775.814

4. Se si tratta della valutazione di un titolo già presente in portafoglio, la differenza di valore tra l’iscrizione in bilancio e la valutazione effettuata andrà a alimentare o diminuire la riserva AFS localizzata nei fondi proprio della banca. Per quanto

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concerne gli stacchi cedola, questi sono registrati a conto economico, così come l’eventuale plusvalenza (minusvalenza) derivante dalla vendita del titolo.

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