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V. Azienda Moda: Quo Vadis?

5.2 Fashion Marketing

Dove c’è sviluppo aziendale c’è marketing.

Tra le tante applicazioni che il marketing può avere (industriale, internaziona le, globale, politico, turistico, bancario, dei servizi, non profit, ecc.), emerge una significativa presenza: il marketing della moda o fashion marketing. Non esiste alcuna parola in lingua italiana che sia in grado di esprimere letteralmente il valore semantico dell’etimo fashion marketing; potremmo tradurlo con:

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“commercializzazione della moda”, “dinamica commerciale della moda”, “fare mercato per il prodotto moda”, “riscontrare il mercato della moda” [Foglio, 2001]. Il fashion marketing diviene un elemento qualificante della vita aziendale ed al tempo stesso determinante per il suo sviluppo, trovando un terreno fertile nell’imprenditorialità, nella genialità e creatività che l’impresa sarà in grado di alimentare. Per quanto riguarda le funzioni che competono al fashion marketing, queste vengono identificate dal Foglio nel testo Il marketing della moda [Foglio, 2001] e riassunte nelle seguenti:

 Funzione d’analisi e ricerca;  Funzione di sviluppo prodotto;  Funzione di distribuzione e vendita;  Funzione di promozione;  Funzione di pianificazione;  Funzione d’organizzazione;  Funzione di controllo;  Funzione d’integrazione;  Funzione d’efficienza.

«Con il marketing ogni indirizzo viene così finalizzato ed il raggiungime nto d’ogni obiettivo costituisce un punto d’arrivo e al tempo stesso di partenza per il conseguimento d’altri obiettivi» [Foglio, 2001].

Realizzare una pianificazione di marketing per l’azienda vorrà dire muoversi nella logica d’uno schema razionale e d’un ordine programmato. Gli elementi fondamentali che caratterizzano una buona metodologia di pianificazione sono di tre ordini:

- Obiettivi: ben individuati qualitativamente e quantitativamente, basati su un rapporto conoscitivo, lontani dall’astrattezza e dall’impossibilità, per non rischiare di degenerare nell’approssimazione, facendo perdere coerenza e consistenza all’impostazione strategica del piano stesso. Gli obiettivi potranno essere generali (massimizzazione delle vendite) o particolari (maggiore

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penetrazione nel mercato, mantenimento di particolari posizioni oggetto d’una sostenuta battaglia concorrenziale, ecc.), e dovranno essere SMART (specific, dettagliati in modo chiaro e preciso; measurable, in grado di generare risulta t i misurabili; achievable, compatibili con lo scenario di riferimento o le risorse a disposizione; relevant, rilevanti per la clientela obiettivo; timed, riferiti ad uno specifico intervallo temporale);

- Strumenti: riguardano l’azione, i mezzi per il raggiungimento degli obiettivi generali e particolari prestabiliti;

- Programma d’attuazione: definiti obiettivi e mezzi, è necessario codificare il tutto in un programma operativo per dare concretezza alla stessa pianificazio ne, che dovrà disporre di una serie di requisiti fondamentali come l’obiettività (dati veri e realistici), la flessibilità (per le esigenze contingenti del mercato), la completezza (non bisogna lasciare spazi vuoti, in balia dell’improvvisazione/approssimazione).

Qualsiasi piano di marketing richiede un continuo ed attento feedback; il controllo è un intervento di primaria importanza nel processo di marketing in quanto è in grado di assicurare all’impresa la necessaria e costante verifica del suo operare, e può avvenire in diverse fasi: controllo globale dei risultati dell’azione di fashion

marketing attraverso la valutazione dei risultati ottenuti, del profitto aziendale,

della posizione dell’azienda nel mercato rispetto ai concorrenti; controllo della regolarità dei costi delle operazioni, delle spese e del budget; controllo delle strategie, delle politiche, delle tecniche, delle soluzioni impiegate rispetto ai fini proposti. Il controllo non consisterà solamente nel verificare il successo di quanto fatto, ma soprattutto nel riscontrare l’insuccesso, gli scostamenti dagli obiettivi e quindi nel saperli prevenire, porvi i giusti rimedi, individuarne le cause.

Dettagliando le operazioni marketing relative alle aziende operanti nel settore moda, il merchandise planning riguarda, nello specifico, il processo di pianificazione strategica di una collezione attraverso la traduzione degli obiettivi di marketing in linee di prodotto e collezione, mediando fra le component i estetiche/creative dell’ufficio stile e le esigenze di tipo economico, logistico e commerciale del management, in modo da assicurare la realizzazione di un giusto

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prodotto nel giusto posto al giusto momento e nelle giuste quantità. La stessa pianificazione di una collezione parte dunque da un processo di analisi strategica, che consente di definire gli obiettivi del sistema stagionale di offerta in termini di

target, occasioni d’uso, categorie di prodotto, volumi attesi di vendita, mercati

geografici, canali distributivi e prezzi di vendita agli intermediari commercia l i (prezzi di sell-in) ed al consumatore finale (prezzi di sell-out). Una volta individuati gli obiettivi del sistema stagionale di offerta, il merchandise plan definisce per ogni linea di prodotto e destinazione d’uso quali tipologie merceologiche inserire nella collezione, in quale quantità e con quali tempi di immissione nel mercato [Ironico, 2014].

Lo scenario impone al prodotto moda una maggiore aderenza alla società, al mercato, alle sue istanze, ai consumatori. L’azienda, al pari di un organismo, ha mediato la componente destra e razionale del proprio cervello (strategie,

economics attesi) con quella sinistra, rappresentativa di creatività e capacità di

adattamento flessibile. Il punto di partenza di tutto questo percorso è l’evoluzio ne del marketing tradizionale, orientato prevalentemente ad influenzare il mercato con l’offerta, verso quello “relazionale”, in cui lo stesso concetto di “mercato” viene sostituito da quello di “cliente” (multiplo, differenziato ed in grado di influenzare con i propri comportamenti la produzione). In un tale contesto, la prima sfida che le imprese si trovano ad affrontare è quella della coerenza fra ciò che si promette e ciò che si offre realmente al consumatore, utilizzando in modo razionale e diversificato tutte le leve disponibili, tutti gli strumenti ed i punti di interazione tra azienda e cliente. La seconda, e più impegnativa sfida, è evitare quella che Ornati definisce «diluizione del brand» [Ornati, 2011], ossia la massificazione del proprio messaggio, rendendolo indistinto da quello dei diretti

competitors.

Contare su un orientamento di marketing significherà per l’impresa sentire la voce del mercato e trarre indicazioni preziose per la crescita creativa, economica, qualitativa, competitiva [Foglio, 2001].

Pertanto, si indica una trasformazione definitiva della struttura delle imprese del settore moda da push system a pull system, ossia verso una situazione in cui è il consumatore ad orientare le tendenze del gusto e le scelte produttive; in

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quest’ottica, rifacendoci ad un’espressione utilizzata da Gerken, la chiave di lettura che possiamo adottare è di «interfusione» [Gerken, 1994] e partnership piuttosto che di persuasione.

«Anzi, oggi l’unico modo per conquistare la fedeltà dei clienti è metterli in condizione di essere infedeli. La fedeltà dei clienti va conquistata in un contesto di libertà; non si può imporre» [Normann, 2001].

Tutto ciò rappresenta un cambiamento radicale, nella strategia e nell’archetipo del modello di business, rispetto al paradigma industriale. «Il mercato come bacino viene sostituito dal cliente come fonte» [Normann, 2001]. Attualmente, qualsias i strategia di fashion branding capace di generare un vantaggio competitivo è sviluppata con il presupposto che il consumatore sia il «maître du jeu» [Hetzel, 2002]. Ed è il consumatore stesso a cambiare le regole del gioco, in quanto si appropria, spesso inconsapevolmente, di strumenti e leve di valore del brand, possedendo: un ruolo proattivo nel mercato, capacità di accedere a mercati a livello globale, massima facilità di accesso e di produzione di informazio ni, capacità di networking e di sviluppare community [Iacobelli, 2010].

Considerando l’evoluzione del rapporto impresa-consumatore, assistiamo ad un rovesciamento del paradigma, «da cliente-preda a cliente-cacciatore» [Wind e Mahajan, 2002], con un cambiamento delle dinamiche di comunicazione, che mutano da una promozione unidirezionale ad un dialogo e ad un ruolo assolutamente autonomo dei consumatori stessi.

In tal modo giustifichiamo l’aumento sostanziale della partecipazione attiva dei consumatori nei processi aziendali, che rende sempre più labili i confini fra produzione e consumo. Emblema di tale trasformazione è sicuramente la crescita esponenziale di processi di mass customization, ovvero dell’utilizzo di tecniche di produzione flessile volti alla produzione di oggetti personalizzati in base alle richieste del cliente (made-to-measure).

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