• Non ci sono risultati.

Le fasi del processo

Nel documento UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE MILANO (pagine 142-148)

6. IL PROCESSO E IL MODELLO

6.1. Le fasi del processo

Il processo di definizione del MODELLO ha preso avvio dall’identificazione delle variabili necessarie a creare uno strumento di valutazione orientato a definire gli effetti della presenza di cooperative sociali di tipo B per gli enti pubblici e la collettività.

È doveroso definire alcuni presupposti, fondamentali per le successive analisi.

1. L’analisi che il MODELLO consente di effettuare è di tipo aziendale e svolta internamente, in genere annualmente e non sul lungo periodo. Lo schema è costruito in base a riferimenti normativi specificatamente riguardanti la Regione Lombardia e la Provincia di Brescia. In caso di applicazione futura o in altri territori, tali presupposti vanno verificati.

2. L’analisi non misura i benefici sociali, ma il beneficio corrente tra costi sostenuti e risparmi garantiti alla P.A dalle cooperative sociali di tipo B. Dal calcolo sono esclusi il valore dei beni e servizi prodotti dagli svantaggiati e tutti i risparmi

“sociali” indiretti garantiti da minor criminalità, maggior benessere diffuso, ecc. Il modello intende consentire una migliore contabilità sociale della cooperativa.

3. Lo stakeholder di confronto per l’analisi è la Pubblica Amministrazione seppure, in via indiretta, si faccia riferimento alla collettività esterna. Diversi autori ritengono che i riflessi di tipo economico sulla collettività siano leggibili tramite l’analisi dei costi/benefici sostenuti dalla P.A., considerando che le entrate di quest’ultima sono garantite dalla collettività e si riflettono in spese e investimenti a favore della stessa.

4. Si stabilisce che gli svantaggiati, in mancanza di uno specifico intervento, non sarebbero automaticamente in grado di reperire un’occupazione. Inoltre, si considera che i normodotati trovino comunque occupazione, viceversa vi sarebbe un effetto sostituzione a causa del quale al reperimento del lavoro da parte di uno svantaggiato corrisponde la perdita del lavoro o il mancato reperimento dello stesso da parte di un altro lavoratore156. L’ipotesi è dunque che nel territorio bresciano vi sia una condizione di piena occupazione delle risorse umane non svantaggiate, affermazione difficilmente contestabile in una zona dove i tassi di disoccupazione sono tra i più bassi di tutto il Paese.

156Marocchi G., Integrazione lavorativa, impresa sociale, sviluppo locale, Franco Angeli 1999

133 5. Si considera che l’applicazione della L 68/99 e dunque l’occupazione degli svantaggiati in imprese private non sia a “pieno regime”. Se tale ipotesi potrebbe risultare azzardata, è però opportuno ricordare che l’alternativa all’assunzione dei soggetti svantaggiati in cooperativa sociale di tipo B non è sempre l’assunzione da parte di imprese private. A riprova di ciò, mostriamo alcuni dati sull’occupazione dei disabili fisici, psichici, sensoriali; sul disagio psichiatrico e le dipendenze in provincia di Brescia. I dati sono stati concessi dal N.I.L di Brescia e riguardano le assunzioni del periodo 2000-2007. Ogni anno sono state considerate solo le nuove entrate sul mondo del lavoro, distinguendo le imprese tra cooperative sociali e non.

Tabella 6-1: Soggetti svantaggiati inseriti in azienda nel periodo 2000-2007. Fonte: rielaborazione su dati interni N.I.L. Brescia

Tipologia Svantaggio N. ingressi 2000-2007

In cooperativa sociale tipo B

% In impresa privata

%

Disabilità fisica 796 116 14,57% 680 85,43%

Disabilità sensoriale 66 9 13,64% 57 86,36%

Disabilità intellettiva 302 60 19,86% 242 80,14%

Disagio psichico 519 199 38,34% 320 61,66%

Dipendenze 134 61 45,52% 73 54,48%

Emarginazione 66 46 69,69% 20 30,31%

I dati mostrano una prevalenza di inseriti da parte delle imprese private, ma bisogna effettuare alcune considerazioni.

Sul totale delle imprese bresciane, solo lo 0,9% è formato da cooperative sociali che hanno inserito il 26,07% dei casi segnalati, mentre il 5% di imprese con più di 15 addetti ha inserito il 73,93% dei casi. Se volessimo mantenere una proporzionalità tra le due forme di impresa, le cooperative avrebbero dovuto effettuare la metà degli inserimenti, oppure, le imprese private avrebbero dovuto inserire circa il doppio dei soggetti effettivamente integrati al lavoro.

I dati misurano le entrate nel mondo del lavoro, ma non verificano la durata dell’inserimento e il mantenimento del posto di lavoro in impresa profit. Non si conoscono inoltre le tipologie di contratto utilizzate nelle aziende profit, mentre nelle cooperative sociali bresciane la quasi totalità dei contratti è di tipo subordinato.

Non sono rilevate le indicazioni di provenienza dei soggetti, che spesso dopo un periodo di inserimento in cooperativa approdano in azienda profit. Infine, non è misurata la gravità delle condizioni degli inserimenti, quando si è consapevoli che

134 nelle cooperative sociali di tipo B vi sono strumenti e personale adeguato per accogliere anche i casi più gravi.

A parere di chi scrive, molto bisogna ancora fare perché si realizzi un reale inserimento degli svantaggiati in imprese private, rafforzando gli strumenti legislativi, ma soprattutto la sensibilità degli imprenditori alla tematica. È da tempo che le associazioni dei disabili157 denunciano la scarsità di attenzioni del mondo profit all’assunzione di svantaggiati, denunciando l’assenza di interventi effettivi e la permanenza di forti discriminazioni. Per questo motivo, nei calcoli suddetti, si è preferito considerare solo le imprese profit con più di 15 addetti, seppure nulla impedisca alle imprese minori di inserire svantaggiati all’interno dei propri organici.

6. In tutti i calcoli, si è optato per una valutazione di tipo prudenziale a favore della P.A. Nella scelta tra due variabili, si è sempre optato per quella meno “costosa” per essa.

7. Tutti i calcoli relativi all’anno si rifanno ai 12 mesi, seppure in alcuni casi il dato pubblico faccia riferimento ai 13 mesi, è il caso ad esempio delle pensioni. Anche in questo caso, poichè le valutazioni di beneficio superano quelle di costo, si è optato per un approccio prudenziale.

8. Da un punto di vista aziendale, non è precisamente corretto parlare di costi/benefici, in quanto spesso ci si riferisce a flussi finanziari o, meglio, ad entrate/uscite.

Ciononostante si è mantenuta la dicitura originaria per coerenza con la tipologia di analisi svolta.

Dati questi assunti di base, il punto di partenza è costituito da una serie di variabili fissate da chi scrive, accanto alle quali sono state poste delle domande sottoposte al primo gruppo di 5 cooperative. Nello specifico, lo schema proposto era il seguente.

Tabella 6-2:Prima fase del processo: le domande Indicatore Dato rintracciabile

in cooperativa?

Valore effettivo o da stimare?

Modalità di stima

Se il dato non è rintracciabile in cooperativa, chi potrebbe fornirlo?

Altre osservazioni

La prima colonna “indicatore”, riportava quanto incluso nella Tab. 6-3

157 Un intervento in merito è stato sostenuto dal dott. Pietro Barbieri,Presidente della FISH e rappresentante del Forum Italiano sulla Disabilità, durante la Conferenza Business, Entrepreneurship and Disability tenutasi presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore il 16 ottobre 2009

135

Tabella 6-3: Prima fase del processo: gli indicatori di “beneficio” per la P.A.

IRPEF versata dai soggetti svantaggiati: gettito fiscale direttamente imputabile al reddito da lavoro di soggetti svantaggiati.

IVA generata dall’attività svolta dai soggetti svantaggiati: gettito fiscale sul valore aggiunto creato dalla manodopera svantaggiata.

Spese evitate per i soggetti che – se non impiegati – sarebbero in strutture di assistenza o di recupero. Tra i soggetti in inserimento, si riesce a definire chi di loro sarebbe in alternativa in un ospedale/struttura/comunità?

Stima spese sanitarie evitate grazie all’intervento della cooperativa. Vi sono costi per medicinali, strumenti o strutture residenziali che si accolla la cooperativa e non la P.A.?

Stima spese disagio sociale dei disoccupati: stima di costo dell’utente non inserito, in qualità di disoccupato. Si può individuare il “costo” per la P.A. di un disoccupato?

Sussidi che il soggetto svantaggiato riceveva prima dell’inserimento e che ora la P.A. non deve più versare:

pensione di invalidità, ecc.: esistono supporti economici a favore delle categorie di svantaggio? Si può sostenere che, dato l’aumento del reddito, la P.A. non interviene e sostiene il costo?

Sostegno e intervento che, se non garantiti dall’ente pubblico, dovrebbero essere garantiti dalla collettività tramite la beneficienza, il privato sociale, ecc.: si può determinare il costo di sopravvivenza di una persona?

Minor spesa dell’ente pubblico che – essendo il soggetto inserito in cooperativa – non deve garantire il sostegno per l’inserimento in imprese private: si può sostenere che, dato l’inserimento in cooperativa, la P.A. non deve provvedere al sostegno di altri tipi di inserimento?

Altro (specificare)

Per valutare quali siano i “costi” sostenuti dalla P.A. a favore delle cooperative sociali, bisogna considerare che, rispetto alle società di capitali aventi fine di lucro, le cooperative sociali godono di particolari agevolazioni fiscali, di seguito riportate.

− Imposta di Bollo: esclusione degli atti costitutivi e modificativi e degli atti di ammissione e recesso dei soci.

− Imposta di Registro: esenzione degli atti di nomina e accettazione delle cariche sociali e degli atti che comportano variazione del capitale sociale per i quali non è previsto l’obbligo di registrazione.

− Tasse di Concessione Governative: esenzione per l’iscrizione nel registro delle imprese degli atti costitutivi e degli atti soggetti a registrazione.

− Imposte Ipotecarie e catastali: riduzione ad un quarto per la stipula di contratti di mutuo, di acquisto o di locazione, relativi ad immobili destinati all’esercizio dell’attività sociale.

− Secondo la L 381/91 le aliquote complessive della contribuzione per l'assicurazione obbligatoria previdenziale ed assistenziale dovute dalle cooperative sociali,

136 relativamente alla retribuzione corrisposta alle persone svantaggiate, sono ridotte a zero.

− In Regione Lombardia, dal primo gennaio 2002 sono esentati dal pagamento dell’IRAP e della tassa automobilistica regionale (Bollo), per i veicoli dei quali risultino proprietari, i soggetti individuati dall’articolo 10 del D. Lgs. 460/1997158, ovvero le Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale (ONLUS). Il comma 8 del citato art. 10 ricomprende di diritto tra le ONLUS le Cooperative sociali di cui alla L 381/91. Ai sensi della circolare Regione Lombardia n. 6 del 23 gennaio 2002, per le cooperative sociali e loro consorzi, l’iscrizione all’Albo delle società cooperative è condizione necessaria e sufficiente per fruire delle agevolazioni fiscali sopra descritte.

In termini di imposte dirette, esiste l’esenzione IRES solo se le cooperative sociali sono registrate come cooperative di produzione e lavoro e solo in caso l’ammontare delle retribuzioni effettivamente corrisposte ai soci che prestano la loro opera con carattere di continuità non sia inferiore al 50% dell’ammontare complessivo di tutti gli altri costi, esclusi quelli relativi alla materie prime e sussidiarie159, clausola c.d. della “mutualità prevalente”.

Questo consente la detassazione dal reddito imponibile degli utili destinati a riserva indivisibile. In sintesi, per le cooperative sociali non concorrono alla formazione del reddito imponibile:

o la quota degli utili destinati alla riserva minima obbligatoria;

o la quota degli utili destinata ai fondi mutualistici;

o la quota degli utili destinata a riserva indivisibile.

L’esenzione IRES non è stata considerata poiché dipendente dalla classificazione di cooperativa di produzione & lavoro e riconosciuta a tutte le cooperative a mutualità prevalente, non solo alle sociali.

Tabella 6-4: Prima fase del processo: gli indicatori di “costo” per la P.A.

Oneri sociali a carico della P.A.

Contributi garantiti alla cooperativa, in generale o in particolare per categorie di svantaggio Esenzione Bollo Auto ed esenzione IRAP

Altro (specificare)

158 Decreto Legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 2 gennaio 1998, n. 1

159 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601: Disciplina delle agevolazioni tributarie, Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 16 ottobre 1973, n. 268

137 Ogni indicatore è stato brevemente descritto per meglio chiarire agli intervistati ciò che si andava ricercando. Dato il primo set di indicatori, le cooperative partecipanti al gruppo hanno dato un rimando su ognuno, specificando se, dove e come fosse stato individuabile nei documenti o comunque dai dati in possesso della cooperativa. Le cooperative hanno inoltre aggiunto considerazioni nella colonna “altro”, specificando le proprie osservazioni e eventuali altri indicatori che sarebbe stato opportuno aggiungere (ad es. gli interventi di housing sociale che sono garantiti ai soggetti svantaggiati assunti in cooperativa).

Dato il primo risultato, le variabili sono state riviste e raggruppate, eliminando quelle non identificabili dalla cooperativa e aggiungendo altre voci recuperabili. Il nuovo modello prevedeva dunque le seguenti variabili, ognuna delle quali presentata con alcuni esempi per spiegarne il contenuto.

Tabella 6-5: Seconda fase del processo: gli indicatori BENEFICI

IRPEF IVA

Spese evitate per il posizionamento alternativo del soggetto

Reddito minimo (sostituisce le spese di disagio sociale e l’intervento della società. Non si considera lo stipendio pagato, ma una cifra omogenea che rappresenti l’intervento richiesto alla P.A. in caso di assenza di reddito)

Pensione invalidità evitata grazie al reddito da lavoro

Altre spese pagate dalla cooperativa a favore dei soggetti svantaggiati COSTI

Oneri sociali

Contributi a favore della cooperativa

Contributi a favore del soggetto inserito in cooperativa Esenzione IRAP

Esenzione Bollo auto

La tabella è stata sottoposta nuovamente all’analisi delle cooperative, che hanno confermato la possibilità di rintracciare le informazioni richieste. Successivamente è stata riproposta sotto forma di MODELLO più strutturato ai soggetti intervistati, dai quali sono stati raccolti alcuni suggerimenti, ma soprattutto alcuni documenti a supporto (circolari, decreti regionali, accordi contrattuali, ecc.).

Il MODELLO definitivo è stato dunque predisposto e testato dalle 12 cooperative facenti parte del secondo gruppo. Nel paragrafo che segue è presentato in dettaglio il MODELLO.

138

Nel documento UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE MILANO (pagine 142-148)