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6.1 – PROGNOSI E TASSO DI MORTALITA’

Sfortunatamente, la prognosi per i cani affetti da AIHA è tuttora riservata. I tassi di mortalità segnalati variano tra il 21 e l’83%4,5,7,8,39,73,79,84,153. La maggior parte dei cani va incontro a morte o ad eutanasia nella fase acuta della malattia, ovvero nelle prime due settimane dall’insorgenza5,7,8,11. I cani che ricevono un adeguato supporto trasfusionale e un’appropriata terapia immunosoppressiva raramente muoiono a causa dell’anemia 158, ma muoiono soprattutto per lo stato di ipercoagulabilità che li predispone alla CID e al tromboembolismo5,7,8,11,39,93.

Lo studio che più di recente ha valutato gli indicatori prognostici e i tassi di mortalità della malattia ha registrato una mortalità del 43,9%, con un range di sopravvivenza di 2-96 giorni, una media di 19 giorni ed una mediana di 7,5 giorni87. Tuttavia il gruppo di animali di quest'ultimo studio era piuttosto ridotto, in quanto consisteva di soli 41 cani. Considerando uno studio su scala più grande, condotto da Piek et al. nel 2008 su 149 cani, la sopravvivenza a sei mesi è risultata del 72,6% per l’intero gruppo e del 92,5% per i 96 cani che erano sopravvissuti ai primi 14 giorni, confermando l'ipotesi di un tasso di mortalità più elevato nel periodo vicino all’insorgenza della malattia8.

Alcuni cani con IMHA mostrano un eccellente recupero a seguito di una appropriata terapia immunosoppressiva e di supporto, ma rimangono comunque a rischio di una ricaduta. Spesso in questi pazienti si assiste ad una risposta clinica ed ematologica alla terapia molto rapida; tuttavia, il monitoraggio mediante test di Coombs seriali ha rivelato, in molti casi, una persistenza di autoanticorpi legati agli eritrociti per molti mesi57. La ricaduta della malattia è definita come una nuova diminuzione dell'ematocrito dopo un iniziale miglioramento 8. Questa può verificarsi dopo mesi o anni dall'episodio iniziale e spesso si manifesta in forma più grave rispetto alla prima presentazione, portando spesso a morte l’animale14. In uno studio, la ricaduta si è presentata tra 32 e 1750 giorni, con un valore mediano pari a 112 giorni8. In un’altro studio, la ricaduta clinica nella malattia è stata osservata nel 15% dei cani che erano sopravvissuti oltre i 60 giorni; durante questo intervallo

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di tempo, il trattamento era stato interrotto o era in fase di graduale diminuzione del dosaggio, e la ricaduta si è presentata sia durante la riduzione del farmaco sia dopo la sua sospensione7.

Nei cani guariti dall’IMHA, inoltre, possono rendersi evidenti o svilupparsi altre patologie immunomediate, a volte anche svariati anni più tardi. Ad esempio, cani che erano affetti da IMHA (senza concomitante trombocitopenia) possono successivamente sviluppare trombocitopenia immunomediata (senza anemia), LES o malattie immunomediate della cute14.

Pertanto l’IMHA, anche durante la fase di remissione, richiede un regolare monitoraggio. Il monitoraggio ematologico è il mezzo più conveniente; è raccomandato un controllo dell'ematocrito ogni 2 settimane durante il trattamento e per i 6-12 mesi successivi alla sospensione della terapia14.

Nei cani che sono guariti da una IMHA associata alla vaccinazione è necessario prestare particolare attenzione alla somministrazione dei successivi richiami e condurre un’accurata analisi del rapporto rischi-benefici. È possibile ricorrere alla misurazione del titolo anticorpale relativo al vaccino di base e, nel caso in cui sia necessario rivaccinare, utilizzare un prodotto diverso e che garantisca la più lunga durata possibile dell’immunità. Tuttavia, non vi è chiara evidenza del fatto che la vaccinazione di richiamo possa provocare una ricaduta della malattia o un suo aggravamento14.

6.2 – FATTORI PROGNOSTICI

La misurazione e la valutazione dei fattori prognostici possono migliorare la gestione clinica dei casi di IMHA nel cane e consentire una scelta mirata delle risorse. In letteratura sono riportati molti fattori prognostici per l’IMHA canina, ma variano ampiamente nei vari studi. Tra i fattori prognostici proposti sono inclusi parametri ematologici, biochimici e clinici, e molti studi hanno anche valutato l'effetto dei diversi protocolli di trattamento sulla sopravvivenza82. Tra gli svariati parametri di laboratorio che, nella letteratura veterinaria, sono stati correlati ad una prognosi peggiore in corso di IMHA è possibile annoverare: l’autoagglutinazione, la trombocitopenia, l’iperbilirubinemia, l’ipoalbuminemia, la leucocitosi con spostamento a sinistra, l’ipokaliemia, l’aumentata attività sierica della CK, l’aumentata

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concentrazione sierica di urea e/o creatinina, l’assenza di rigenerazione eritroide, l’anemia grave, l’aumentata attività sierica della ALP e l’alterazione dei parametri della coagulazione.

 Autoagglutinazione

L’autoagglutinazione è stata associata in maniera variabile ad un ridotto tasso di sopravvivenza nei cani con IMHA4,7,37. Nello studio di Weinkle et al. è stata riscontrata un’associazione significativa tra l’autoagglutinazione e il tasso di mortalità a breve termine, ma non a lungo termine. L’autoagglutinazione, infatti, era significativamente più frequente nei cani che sono morti naturalmente o per eutanasia durante il ricovero iniziale, rispetto ai cani che sono sopravvissuti e sono stati dimessi (97% vs. 72%); nei cani che sono sopravvissuti a 60 giorni, invece, l’autoagglutinazione non era significativamente associata al tasso di mortalità (l’87% dei cani morti aveva ottenuto risultati positivi al test di agglutinazione, rispetto al 73% dei cani sopravvissuti). Questo potrebbe essere legato alla risoluzione dell’autoagglutinazione nel tempo, in risposta al trattamento con azatioprina7.  Trombocitopenia

La trombocitopenia (PLT < 150x109/L) è stata associata ad un significativo aumento della mortalità in tre studi7,8,39 e la trombocitopenia grave è stata anche associata ad un aumentato rischio di trombosi39,85. La trombocitopenia, nei cani con IMHA, può comparire come conseguenza del consumo risultante dallo sviluppo di CID, della distruzione immunomediata delle piastrine, del sequestro splenico o di un difetto nella produzione piastrinica (per un meccanismo immunomediato o per una tossicità farmaco-indotta)7. La combinazione di IMHA e ITP (sindrome di Evans) è stata associata ad una prognosi peggiore rispetto a quella delle due malattie prese singolarmente15.

 Iperbilirubinemia

L’iperbilirubinemia grave (concentrazione sierica di bilirubina > 5 mg/dl) è stata associata ad una prognosi infausta in vari studi8,39,73,102, ma uno studio ha indicato un'associazione tra iperbilirubinemia e aumentato tasso di mortalità anche ad una concentrazione di bilirubina

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sierica inferiore (> 1,5 mg/dl, con range di riferimento < 0,3 mg/dl), concentrazione oltre la quale l’iperbilirubinemia si manifesta clinicamente come ittero. In questo studio, la maggior parte dei cani che sono morti presentavano ittero, mentre il 50% dei cani sopravvissuti non lo avevano7. L’iperbilirubinemia associata all’IMHA può derivare da cause emolitiche o epatobiliari (ad es. compromissione della captazione della bilirubina da parte degli epatociti, del trasporto citosolico, dell’immagazzinamento, della coniugazione o dell’escrezione canalicolare). Le alterazioni epatobiliari in corso di IMHA possono derivare dalla necrosi epatocellulare secondaria all’ipossia, al tromboembolismo, all’ischemia o al danno endoteliale provocato dall’emoglobinemia93. Una associazione inconsistente tra le lesioni istologiche epatiche riscontrate alla necroscopia e la gravità dell’iperbilirubinemia è stata riportata in uno studio93. L’aumentata concentrazione sierica di bilirubina e di emoglobina libera può complicare la risposta sistemica in corso di IMHA, a causa degli effetti proinfiammatori181. Lo studio di Carr et al. ha associato significativamente l’iperbilirubinemia anche ad un aumentato rischio di tromboembolismo39.

 Ipoalbuminemia

L’ipoalbuminemia (concentrazione sierica < 3 g/dl) è stata associata ad una prognosi infausta in due studi7,39. L’ipoalbuminemia in corso di IMHA può essere il risultato: della reazione di fase acuta (diminuita produzione epatica di albumina in corso di infiammazione acuta); della compromissione della funzionalità epatica (diminuita produzione epatica di albumina a causa della necrosi epatocellulare); della perdita di albumine dovuta ad emorragie (che possono svilupparsi come conseguenza di una concomitante trombocitopenia grave), a danni renali (proteinuria) o ad enteropatia7,39. Qualsiasi sia la causa, quindi, l’ipoalbuminemia può essere indicativa di una maggiore gravità della malattia. Perciò, anche se l’ipoalbuminemia è un fattore predittivo di prognosi infausta nell’uomo, indipendentemente dalla causa di fondo, non è noto quale sia il suo specifico ruolo fisiopatologico182. In ogni caso, la concentrazione sierica dell’albumina può dare informazioni sullo stato di salute generale del paziente39.

Lo studio di Carr et al. ha associato significativamente l’ipoalbuminemia con un aumentato rischio di tromboembolismo. La natura dell'associazione tra tromboembolismo e ipoalbuminemia è incerto. In cani nefrosici ipoalbuminemici è stato identificato un aumento

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della reattività piastrinica all’adenosina difosfato in vitro, che è stata corretta con l'aggiunta di albumina alle piastrine39.

 Leucocitosi con spostamento a sinistra

Anche se l’IMHA è tipicamente caratterizzata da una risposta rigenerativa midollare, accompagnata da neutrofilia, è stata riportata da diversi studi una associazione tra tasso di mortalità e gravità della leucocitosi e spostamento a sinistra, dato che questi reperti possono riflettere una necrosi tissutale ischemica o ipossica, tipica di una grave anemia93. Lo studio di Weinkle et al. ha rilevato un’associazione significativa tra neutrofilia con neutrofili banda (≥ 0,3x109 cellule/L) e aumentato tasso di mortalità, che è stata poi confermata anche dallo studio di Piek et al.7,8.

 Ipokaliemia

Anche se un'associazione tra ipokaliemia (concentrazione sierica di potassio < 3,5 mEq/L) ed aumento del tasso di mortalità non è mai stata dimostrata, l'associazione tra criticità della malattia ed ipokaliemia non è nuova107. L'ipokaliemia promuove la costrizione vascolare e può quindi aumentare il rischio di complicanze vascolari e trombotiche. Dallo studio di Weinkle et al. è risultato che i cani che sono morti avevano una concentrazione sierica di potassio media significativamente inferiore rispetto ai cani che sono sopravvissuti7.

 Aumentata attività sierica della creatininchinasi

Lo studio di Weinkle et al. ha riscontrato un’associazione significativa tra tasso di mortalità e attività sierica della creatininchinasi (CK > 250 U/L) nei cani con IMHA. La più alta attività sierica della CK può riflettere l'influenza combinata di più fattori, tra cui l’ipossia, il decubito, l’alterata permeabilità di membrana e le lesioni muscolari secondarie alla compromissione della perfusione, al tromboembolismo, al ripetuto posizionamento del catetere endovenoso e/o alla somministrazione sottocutanea o intramuscolare dei farmaci7.

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 Aumentata concentrazione sierica di urea e/o creatinina

La correlazione tra aumentata concentrazione di urea e prognosi infausta è stata riportata per la prima volta da Piek et al. ed è stata recentemente confermata anche da Goggs et al.8,102. L’aumentata concentrazione di urea plasmatica nei cani con IMHA può essere il risultato di lesioni renali indotte dall’ipossia o dal tromboembolismo oppure può essere di derivazione prerenale (da emolisi)183. L’urea si è rivelata uno dei principali fattori predittivi di morte nelle prime due settimane o comunque alla dimissione8,102, mentre la creatinina è stata individuata da Goggs et al. come variabile predittiva di morte a 30 giorni e non alla dimissione. La causa di questa differenza non è chiara, ma l'associazione tra la concentrazione di creatinina e l'esito a 30 giorni suggerisce che la disfunzione d'organo associata all’ipossiemia, alla nefrotossicità da farmaci o all’emoglobinemia influenzi l’esito a medio termine102.

 Assenza di rigenerazione eritroide

Uno studio retrospettivo73 ha riportato un minor tasso di sopravvivenza nei cani che non avevano avuto una vigorosa risposta rigenerativa durante l’ospedalizzazione iniziale, ma questa associazione non è stata confermata da uno studio condotto su cani con IMHA non rigenerativa18. Anche lo studio di Weinkle et al. non ha riscontrato differenze nel tasso di mortalità a breve e lungo termine tra i cani che presentavano una risposta rigenerativa e quelli che presentavano un’anemia non rigenerativa al momento della diagnosi7.

 Gravità dell’anemia

L’ipossia tissutale dovuta all’anemia, spesso grave, che si sviluppa in corso di IMHA sembra rivestire un ruolo centrale nel decorso della patologia8,93, anche se solo pochi studi hanno identificato la gravità dell’anemia come fattore di rischio della malattia73,184. L'ossigenazione dei tessuti è gravemente compromessa quando l'ematocrito scende al di sotto del 10%88,185, quindi l’ipossia tissutale si sviluppa solo nei casi più gravi di anemia83. Una grave anemia (Hct < 20%) prima del trattamento immunosoppressivo riflette probabilmente la gravità dell’emolisi immunomediata o dell’emorragia derivante dai disturbi della coagulazione. Per

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questi motivi, i cani che presentano un’anemia grave alla diagnosi possono presentare una prognosi peggiore184. Nello studio di Klag et al., la differenza tra l’ematocrito medio dei cani che sono morti (13%) e quelli che sono sopravvissuti (16%) è risultata statisticamente significativa e quindi il grado di anemia è stato considerato un fattore prognostico utile73. La durata dell’anemia grave può essere un altro fattore importante da considerare. Uno studio ha dimostrato che la durata dell’iperlattacidemia è associata ad una scarsa sopravvivenza, e questo fornisce una prova indiretta dell'impatto dell'anemia sul tasso di sopravvivenza, dato che le concentrazioni di lattato sono inversamente correlati all’ematocrito186.

 Aumentata attività sierica della fosfatasi alcalina

L’associazione tra tromboembolismo e aumentata attività della ALP è stata documentata per la prima volta da Carr et al. nel 2002; in questo studio, i pazienti trattati con corticosteroidi da più di due giorni erano stati esclusi dalla valutazione, a causa del potenziale confondimento esercitato da questi farmaci39. L’aumentata attività della ALP è stata identificata come fattore prognostico negativo per i cani con IMHA anche in un altro studio; tuttavia, in questo studio i pazienti pretrattati con corticosteroidi non erano stati esclusi4. La concentrazione di bilirubina e l’attività della ALP sono risultate significativamente correlate, e l’aumento della ALP si è verificato come conseguenza degli stessi fattori responsabili dell’ittero39.

 Alterazione dei parametri della coagulazione

Il prolungamento del PT e/o dell’aPTT è stato indicato come fattore prognostico negativo da diversi studi7,39,184, dato che in corso di IMHA può suggerire la presenza di CID, insieme ad altre alterazioni quali la trombocitopenia e l’aumento degli FDP159,184.

6.3 – SISTEMI DI PUNTEGGIO

Soprattutto negli ultimi anni, diversi studi hanno tentato di collegare le alterazioni clinico- patologiche con la prognosi nei pazienti affetti da IMHA e, anche se i singoli studi hanno

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rilevato associazioni tra specifici parametri di laboratorio ed esiti, solo pochi indicatori prognostici si sono costantemente ripetuti nei diversi studi, forse a causa delle differenze esistenti tra le popolazioni di studio o a causa di una mancata standardizzazione. L’impossibilità di stabilire la prognosi sulla base di un singolo reperto clinico o di laboratorio ha portato al recente sviluppo di un sistema di punteggio prognostico. I sistemi di punteggio sono abitualmente utilizzati in medicina umana per predire la prognosi del paziente, dare priorità alle risorse e confrontare diversi protocolli di trattamento102,158,187. Finora, nei cani con IMHA sono stati proposti due diversi sistemi di valutazione per predire l'esito della malattia: il CHAOS (Canine Hemolytic Anemia Objective Score)187 e il Tokyo score184, ma nessuno dei due è stato ancora valutato in maniera indipendente per determinare se rimangono prognostici anche al di fuori della popolazione che li ha generati. Le istruzioni per il calcolo del punteggio con questi due sistemi sono riportate nella tabella 6.1. In entrambe le scale, la prognosi peggiora con l'aumento del punteggio102.

L'identificazione dei pazienti ad alto rischio, per mezzo di un sistema di punteggio, potrebbe consentire un intervento precoce ed un miglioramento nel processo decisionale clinico e

Tabella 6.1 Istruzioni per il calcolo del punteggio prognostico mediante i

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nella prognosi di questa comune e frustrante malattia158. I sistemi di punteggio consentirebbero, infatti, di identificare i cani maggiormente a rischio, che potrebbero beneficiare di una intensificazione del trattamento102.

6.3.1 – Sistema CHAOS

Lo studio retrospettivo di Whelan et al. del 2006 si è proposto di individuare una serie di fattori clinici che possono avere un valore prognostico nei cani affetti da IMHA e, quindi, di sviluppare un sistema di punteggio che permetta di stimare la gravità della malattia. Uno schema di punteggio obiettivo potrebbe essere utilizzato per valutare la prognosi del paziente e per fornire una base per un confronto prospettico tra diversi regimi di trattamento in cani similmente affetti187.

Il sistema CHAOS è stato creato assegnando un punteggio a vari parametri clinici che sono stati considerati indicatori prognostici: età, temperatura corporea, presenza di autoagglutinazione e concentrazioni di bilirubina ed albumina. Ad ogni paziente è stato quindi attribuito il proprio punteggio cumulativo finale, tra 0 e 7. L’esito è stato considerato come sopravvivenza alla dimissione, morte o eutanasia. Per confrontare la differenza tra sopravvissuti e non sopravvissuti è stato utilizzato il MannWhitney test. Il risultato dello studio è riassunto nella tabella 6.2. Il CHAOS mediano dei sopravvissuti è risultato significativamente inferiore rispetto a quello dei non sopravvissuti.

Il CHAOS rappresenta un sistema di punteggio semplice per determinare la gravità della malattia e può aiutare a stratificare i casi negli studi volti ad esaminare la prognosi dell’IMHA. Tuttavia, la sua applicazione deve essere ancora convalidata187.

CHAOS 0 1 2 3 4 5 6 7

% sopravvissuti 100 100 85 86 79 43 50 0 Tabella 6.2 Risultato dello studio di Whelan et al. circa l’applicazione

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6.3.2 – Sistema Tokyo

Lo studio di Ishihara et al. del 2009 è stato condotto allo scopo di rivalutare l'associazione tra i parametri clinici, antecedenti al trattamento immunosoppressivo, e la prognosi dell’IMHA e di stabilire un sistema di punteggio per mezzo di questi fattori prognostici. Lo studio ha suggerito, come fattori prognostici, il sesso, il peso corporeo, la stagionalità, l’ematocrito, la stima piastrinica, le proteine plasmatiche totali, la concentrazione di urea, l’albuminemia, la bilirubinemia, la natriemia, il tempo di protrombina e i prodotti di degradazione della fibrina. Tra questi, il sesso, il peso corporeo, la stagionalità, l’urea, il sodio e gli FDP non erano mai stati segnalati come fattori prognostici nei cani con IMHA in precedenza. I fattori prognostici significativi simultaneamente sono stati determinati effettuando diverse combinazioni tra i 12 singoli fattori prognostici mediante il modello di Cox. La combinazione di sesso, stagionalità (stagione calda, tra aprile e settembre), ematocrito (PCV), stima piastrinica (PLT) e proteine totali (TP) è risultata essere la più appropriata per predire la prognosi (tabella 6.3). Questi cinque fattori sono quindi stati valutati in 58 cani e sono stati attribuiti i punti come descritto nella tabella 6.4. Una volta sommati i singoli punti per ogni paziente, i pazienti sono stati classificati in sei gruppi di punteggio (da 0 a 5): i cani con punteggio 0 e 1 (gruppo a basso rischio) hanno mostrato la prognosi migliore, dato che nessuno tra questi è morto di IMHA durante il periodo di ricerca; i cani con il punteggio 2 e 3 (gruppo a medio rischio) hanno mostrato una prognosi intermedia; i cani con il punteggio 4 e 5 (gruppo ad alto rischio) hanno mostrato una prognosi sfavorevole, dato che la maggior parte di essi è morta entro un mese dal trattamento iniziale.

Tabella 6.3 Risultato del modello di Cox in 58 cani con IMHA

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Questo sistema di punteggio può essere utile nella pratica clinica e per il consenso informato dei proprietari. È auspicabile che siano messi in atto studi prospettici volti a verificare l’utilità di sistema e la sua applicazione clinica184.

6.3.3 – Sistemi alternativi

In alternativa ai suddetti schemi di punteggio specifici per la malattia, sistemi che possono essere più facili da stimare sono la classificazione ASA (American Society of Anesthesiologists) e la valutazione della presenza di marcatori di SIRS (Systemic Inflammatory Response Syndrome)102.

La classificazione ASA è in genere utilizzata per valutare il rischio anestesiologico di un paziente188, ma la classificazione è facile da applicare e quindi è stata utilizzata anche come marker di gravità di malattia in altre popolazioni canine156.

La risposta infiammatoria associata all’IMHA nel cane è ben riconosciuta e può essere valutata attraverso la misurazione delle proteine di fase acuta100 o delle concentrazioni di citochine172. Tuttavia, questi valori non sono ampiamente disponibili, mentre un punteggio SIRS calcolato facilmente sulla base dei dati clinici è un mezzo più universale per identificare i cani con infiammazione sistemica189.

6.3.4 – Valutazione della capacità predittiva dei sistemi di punteggio

Un recente studio102, condotto su una popolazione di 276 cani con AIHA proveniente da 10 centri di riferimento del Regno Unito, ha verificato l'associazione tra lo stato ASA e SIRS

Tabella 6.4 Sistema di punteggio proposto dallo studio di

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dell’animale e l’esito della malattia ed ha anche valutato la capacità predittiva dei due sistemi di punteggio di gravità della malattia precedentemente menzionati (CHAOS e Tokyo score). Inoltre, ha identificato dei marcatori prognostici indipendenti utilizzando un approccio di analisi multivariata ed ha ipotizzato che un sistema di punteggio multivariato sarebbe in grado di predire meglio la sopravvivenza rispetto alle singole variabili. Lo studio non ha riscontrato alcuna associazione tra il punteggio di Tokyo e il tasso di mortalità, né alla dimissione né a 30 giorni. Al contrario, il CHAOS, quando dicotomizzato come < 3 o ≥ 3, è stato associato con la mortalità sia in ospedale che entro 30 giorni dal ricovero. Inoltre, anche la classificazione ASA ≥ 3 è risultata associata ad un esito negativo, suggerendo che la valutazione personale di clinici esperti può essere un ragionevole indicatore della gravità della malattia. Infine, anche i marker della funzionalità renale e la concentrazione sierica di bilirubina sono risultati associati in modo indipendente all’esito (in particolare, l’urea è risultata associata alla morte alla dimissione mentre la creatinina alla morte a 30 giorni).

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