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La più grave e comune complicazione dell’IMHA è rappresentata dal tromboembolismo, che contribuisce in maniera considerevole all’elevato tasso di mortalità tipico della malattia5,7,8,11,39,93. I principali fattori che influenzano la formazione dei trombi, descritti dalla triade di Virchow, sono l’ipercoagulabilità, i danni endoteliali e le variazioni emodinamiche (come la stasi), ciascuno dei quali può essere presente in corso di IMHA. Vari studi confermano che la maggior parte dei cani affetti da IMHA si trova in uno stato di ipercoagulabilità al momento della diagnosi11,153,154, e sembra che l’emolisi possa contribuire all’instaurarsi di questa condizione155. Il danno vascolare può verificarsi secondariamente al rilascio di citochine infiammatorie innescato dalla distruzione degli eritrociti e dall’ipossia tissutale93. La stasi ematica può essere favorita, nei pazienti ospedalizzati, dal confinamento in gabbia. Inoltre, anche il posizionamento di cateteri endovenosi sembra predisporre alla formazione di trombi156,157, perciò alcuni veterinari raccomandano di evitare il posizionamento di cateteri giugulari nei pazienti con IMHA e la pronta rimozione di tutti i cateteri endovenosi appena possibile158.

La presenza di uno o più tra questi fattori associati alla triade di Virchow predispone i pazienti con IMHA allo sviluppo di CID e di tromboembolismo11. La CID è un disordine tromboemorragico sistemico caratterizzato generalmente da una prognosi infausta. Una ipotetica diagnosi di CID può essere formulata sulla base di anomalie ematologiche ed emostatiche, tra cui la diminuzione della conta piastrinica, l’allungamento di PT e aPTT, l’aumento del D-dimero e degli altri FDP, la diminuzione del fibrinogeno e la presenza di schistociti all’esame dello striscio ematico11,159. Alcuni studi hanno segnalato che il 14-45% dei cani con IMHA presentano evidenze di CID durante il decorso della malattia5,11,73. In molti pazienti con IMHA può essere difficile identificare in modo conclusivo una vera CID, in quanto il tromboembolismo può indurre molte delle anomalie tipiche del profilo coagulativo dei pazienti con CID158.

I vari studi in cui è stata eseguita la necroscopia sui cani morti di IMHA hanno dimostrato che la trombosi può interessare sia le vene che le arterie e che si verifica molto comunemente a

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livello polmonare10,85,160; tuttavia, la trombosi è stata individuata anche in altri siti, tra cui la vena cava craniale161, la vena porta162 ed i vasi venosi di cuore, milza e reni39,93.

Diversi studi condotti su cani con IMHA hanno dimostrato la presenza di una maggiore attivazione delle piastrine e di alterazioni dei parametri tradizionali della coagulazione, come PT e aPTT, fibrinogeno, D-dimeri e antitrombina11,39,81,163, che sono test utili per identificare i cani che sono in uno stato di ipocoagulabilità. Tuttavia, come già sottolineato, la maggior parte dei cani affetti da IMHA si trovano in uno stato di ipercoagulabilità al momento della diagnosi.

Uno studio 81 che ha identificato la presenza di piastrine attivate nel 75% dei pazienti con IMHA, ha anche asserito che la quantificazione dell’espressione della P-selectina da parte delle piastrine sia un metodo più sensibile rispetto ai classici test della coagulazione nel rilevare le tendenze protrombotiche. Questo test potrebbe aiutare ad identificare, e quindi trattare, precocemente i pazienti a rischio, migliorando potenzialmente la prognosi158. La tromboelastografia (TEG) è un metodo diagnostico che permette la valutazione viscoelastica della coagulazione, fornendo una rappresentazione grafica della formazione dei coaguli nel tempo153. Un recente studio retrospettivo ha riportato l'uso della TEG per identificare l’ipercoagulabilità nei cani con IMHA154. In linea con precedenti studi che hanno collegato la trombosi con un esito sfavorevole dell’IMHA, Sinnott e Otto hanno ipotizzato che i cani con IMHA siano ipercoagulativi e che i risultanti profili TEG siano associati ad una prognosi peggiore. Da questo studio è risultato, inaspettatamente, che nessuno tra i cani con indice di coagulazione normale è sopravvissuto, a suggerire che i soggetti che non erano in stato di ipercoagulabilità avevano un maggiore rischio di morte. Questo risultato appare controintuitivo. Una possibile interpretazione è che gli animali con IMHA e indici di coagulazione normali siano relativamente ipocoagulativi, e ciò è potenzialmente coerente con la presenza di una coagulopatia da consumo (CID). Quindi un profilo TEG normale in un cane con IMHA non può escludere l'esistenza di una coagulopatia153.

Sulla base dei risultati di Sinnott e Otto, uno studio condotto successivamente da Goggs et al. nel 2012 ha investigato, mediante la TEG, l’ipercoagulabilità dei cani affetti da IMHA e, attraverso ulteriori test, i cambiamenti dello stato di coagulazione nel corso del tempo. Sulla base della TEG, i cani affetti da IMHA sono risultati significativamente ipercoagulativi rispetto ai controlli al momento del ricovero e, durante il periodo prestabilito di cinque giorni, 3/4 dei parametri della TEG hanno comprovato un progressivo aumento della cinetica della

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coagulazione. La sopravvivenza a 30 giorni di questi pazienti era dell’80% e, al momento del ricovero in ospedale, l’ampiezza massima della TEG era significativamente maggiore nei sopravvissuti rispetto ai non-sopravvissuti. L’ipocoagulabilità relativa identificata mediante TEG al momento della valutazione iniziale è risultata essere un indicatore prognostico negativo153.

Per comprendere adeguatamente i meccanismi protrombotici che stanno alla base dello stato di ipercoagulabilità tipico dell'IMHA è necessario innanzitutto prendere in considerazione il processo fisiologico dell'emostasi.

5.1 – EMOSTASI FISIOLOGICA

Il sistema emostatico è un sistema atto a mantenere la normale pervietà dei vasi ematici, ridurre le perdite ematiche dall’endotelio vascolare danneggiato e facilitare la riparazione tissutale. Il meccanismo emostatico consiste in una sequenza di variazioni fisiche e biochimiche, scatenate da un insulto ai tessuti e ai vasi ematici, che comporta la trasformazione finale del sangue in un coagulo solido e la riparazione dell’endotelio vascolare leso. I tre elementi fondamentali dell’emostasi sono il vaso ematico, le piastrine e i fattori della coagulazione e della fibrinolisi. Tutti i fattori devono essere mantenuti in un equilibrio dinamico, altrimenti si va incontro ad un anomalo sanguinamento o alla formazione di trombi94. L’emostasi primaria si riferisce alla formazione del tappo piastrinico, mentre l’emostasi secondaria si riferisce all’attivazione della cascata coagulativa e alla formazione di una rete di fibrina. Dal punto di vista clinico è utile separare l'emostasi in queste due fasi, in quanto i disturbi dell'emostasi primaria e secondaria hanno sintomi e cause distinti. Tuttavia, durante il normale processo di emostasi, l’attivazione della coagulazione e delle piastrine avviene simultaneamente. Per consentire una corretta emostasi, un coagulo di piastrine e fibrina si forma attraverso tre fasi sovrapposte: l'iniziazione, l’amplificazione e la propagazione155.

Il danno endoteliale avvia la formazione di un tappo piastrinico attraverso il legame delle piastrine al collagene subendoteliale, che è promosso dal fattore di von Willebrand (vWF). Il fattore tissutale (TF) o tromboplastina, presente all'interno della parete del vaso sanguigno, attiva contemporaneamente la via estrinseca della cascata della coagulazione, che coinvolge anche il fattore VIIa. La via estrinseca avvia la coagulazione durante l’emostasi normale e in

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molti stati protrombotici. Il fattore tissutale è normalmente assente nello spazio vascolare, essendo espresso sulla superficie delle cellule circostanti i vasi sanguigni, come i periciti e i fibroblasti subendoteliali. La fase estrinseca della coagulazione inizia, quindi, in caso di esposizione del TF al plasma per danni endoteliali o per sua espressione da parte di cellule endoteliali attivate, monociti o microparticelle (MPs). Le MPs circolanti derivano dalle membrane cellulari dei globuli rossi, delle piastrine, dei megacariociti, delle cellule endoteliali, dei neutrofili e dei monociti. Queste, esprimono molecole di superficie derivanti dalle loro cellule di origine, con le quali sono in grado di interagire, e inducono segnali anche ad altri tipi di cellule, tra cui quelle endoteliali. Alcune evidenze suggeriscono che le piastrine attivate rilascino microparticelle che espongono fosfatidilserina (PS) sulla loro superficie e che, deficienze nell’esposizione di PS e nel rilascio di microparticelle da parte delle piastrine, possano causare tendenze di sanguinamento, sia nel cane che nell’uomo. Indipendentemente dalla fonte, l'esposizione del TF al fattore plasmatico VII/VIIa avvia la coagulazione e si traduce nella produzione di una piccola quantità di trombina (indicata anche come fattore IIa)155.

La fase di amplificazione della coagulazione avviene principalmente sulle piastrine. La trombina attiva le piastrine e il fattore V associato alle piastrine. Il fattore Va agisce come cofattore per il fattore Xa ed insieme formano il complesso protrombinasi, che converte la protrombina in trombina, con la conseguente produzione di una maggior quantità di trombina. La via intrinseca comprende il chininogeno ad alto peso molecolare, la precallicreina e le serin proteasi fattore XII, fattore XI, fattore IX e fattore VIII. La trombina attiva il fattore VIII e il fattore XI155.

La fase di propagazione è indotta dall’attivazione del fattore XII della via intrinseca ad opera della trombina, che si ritiene avvenga principalmente attraverso la formazione e l’attivazione del complesso tenasi (fattori VIII e IX) e l’attivazione del fattore XI. Il complesso fattore VIIa- TF attiva la cascata intrinseca anche attraverso l'attivazione del fattore IX. La formazione del complesso tenasi e la successiva ulteriore attivazione dei fattori X e V si traducono in un'ulteriore generazione di trombina155.

Quindi, con la fase di propagazione vengono prodotte grandi quantità di trombina. La trombina catalizza la conversione del fibrinogeno in fibrina ed attiva il fattore XIII, il quale stabilisce legami crociati tra i vari monomeri della fibrina rendendo più resistente il coagulo. Oltre a svolgere un ruolo fondamentale nella propagazione della cascata coagulativa per la

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formazione di fibrina, la trombina è anche un potente attivatore delle piastrine e delle cellule endoteliali mediante adesione ai recettori attivati da proteasi. Le piastrine ed altre cellule rilasciano microparticelle che migliorano la coagulazione fornendo una superficie di membrana per l'assemblaggio dei complessi protrombinasi e tenasi; quindi le piastrine e la cascata della coagulazione lavorano insieme nella generazione del coagulo di sangue155. Il principale inibitore della via estrinseca della coagulazione è il TFPI (Tissue Factor Pathway Inhibitor), principalmente espresso sulla superficie delle cellule endoteliali ma presente, in piccole quantità, anche in circolo. Un altro anticoagulante espresso dall’endotelio attivato è la trombomodulina: quando la trombomodulina si lega alla trombina, la specificità del suo substrato si modifica e diventa una proteina anticoagulante mediante attivazione della proteina C; la proteina C attivata, insieme al suo cofattore (la proteina S) aderisce ai fattori Va e VIIIa e li inattiva. Infine, l’antitrombina (AT) inibisce i fattori Xa, IIa, VIIa, IXa, XIa e XIIa. La sua attività aumenta drammaticamente dopo essersi legata all’eparan solfato, che viene espresso sulla superficie delle cellule endoteliali155.

La fibrinolisi si compie gradualmente dopo la formazione del coagulo. L’endotelio attivato e i monociti producono l’attivatore tissutale del plasminogeno (tPA), che converte il plasminogeno in plasmina. L’annessina A2 presente sulla superficie delle cellule endoteliali facilita la localizzazione di tPA e plasminogeno in stretta vicinanza l'uno all'altro. L’attività del tPA è drammaticamente aumentata dal plasminogeno legato alla fibrina, perciò la produzione di plasmina è confinata alla regione del coagulo di sangue. La plasmina è una endopeptidasi che degrada la fibrina, destabilizzando il coagulo e dando origine ai prodotti di degradazione della fibrina (FDP). La plasmina, inoltre, inattiva i fattori V, VIII, IX e XI, scinde il componente C3 del complemento e migliora la conversione del fattore XII in fattore XIIa e della precallicreina in callicreina.

Gli inibitori della produzione e dell'attività della plasmina comprendono il PAI-1 (inibitore dell'attivatore del plasminogeno), l’2-antiplasmina, l’2-macroglobulina e altri inibitori delle proteasi. L’incremento dei procoagulanti, la diminuzione degli anticoagulanti e la compromissione dell’attività fibrinolitica possono spostare l'equilibrio emostatico verso la trombosi155.

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5.2 – PATOGENESI DELLA TROMBOSI IN CORSO DI IMHA

La trombosi è definita come la formazione patologica di un coagulo di sangue all'interno di un vaso sanguigno, venoso o arterioso. La patogenesi dello sviluppo di un trombo arterioso differisce da quella dello sviluppo di un trombo venoso. I trombi arteriosi si formano principalmente come conseguenza dell'attivazione piastrinica in condizioni di elevato flusso di sangue (in arterie ed arteriole) ed sono descritti come “trombi ricchi di piastrine”. I trombi venosi, invece, si formano in condizioni di basso flusso di sangue (in vene e venule) e sono ricchi di fibrina a causa dell'attivazione della cascata della coagulazione155.

Il tromboembolismo polmonare sembra verificarsi a causa del rilascio di emboli venosi e, come precedentemente accennato, è molto comune nei cani con IMHA5,7,11,39,73. Inoltre, l’IMHA è una comune malattia sottostante nei cani che sviluppano una trombosi della vena cava craniale161. Sono stati descritti trombi anche a livello della vena porta, della vena cefalica, della vena splenica, della vena epatica164,165. Nonostante sembrino essere più comuni i trombi venosi, nei cani con IMHA sono stati descritti anche infarti delle coronarie, dell’arteria splenica, dell’arteria renale, dell’arteria iliaca e dell’arteria mesenterica e tromboembolismi a carico dell'ipofisi39,73,93,164,166,167. In studi recenti, l’80-100% delle autopsie eseguite sui cani che sono morti di IMHA hanno rivelato prove di tromboembolismo7,39. In molti cani, gli emboli sono stati trovati in più di un organo39. Sembra quindi che l'IMHA possa essere responsabile di una malattia tromboembolica generalizzata, la cui manifestazione clinica più comune è rappresentata dal tromboembolismo polmonare155.

La presenza di una trombosi sia venosa che arteriosa suggerisce che nei cani con IMHA si verifichino alterazioni sia a carico della cascata coagulativa sia a carico delle piastrine. Studi recenti che hanno impiegato la tromboelastografia hanno riscontrato che la maggior parte dei cani con IMHA si trovano in uno stato di ipercoagulabilità generalizzata153,154. Infatti, i cani con IMHA mostrano una eccessiva attivazione piastrinica81,163, dei parametri della coagulazione indicativi di un’attivazione del meccanismo coagulativo (AT diminuita, trombocitopenia, aPTT e PT allungati, FDP elevati) e una diffusa deposizione di fibrina all’esame necroscopico. Molti cani con IMHA soddisfano i criteri clinici tipici di una coagulazione intravasale disseminata. La liberazione dello stroma degli eritrociti durante l’emolisi può rappresentare una causa scatenante della CID. Secondo uno studio, la CID non

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rappresentava un fattore di rischio per la trombosi39. Tuttavia, il prolungamento del PT, che suggerisce un consumo dei fattori della via estrinseca, è associato ad una mortalità più elevata5,166.

Il complesso meccanismo che porta allo stato di ipercoagulabilità tipico dei cani con IMHA è stato recentemente descritto da Kidd e Mackman.

5.2.1 – Espressione del fattore tissutale

La via estrinseca è essenziale nel meccanismo dell’emostasi fisiologica, ma gioca un ruolo importante anche nella formazione patologica dei trombi. Normalmente, il TF non è espresso dalle cellule endoteliali e dalle cellule che sono a contatto con il sangue. L’espressione del TF sulla superficie delle cellule endoteliali e monocitiche attivate può essere responsabile dell’avvio della coagulazione intravascolare negli stati patologici associati alla formazione di trombi155. Alcuni studi suggeriscono che anche l’espressione del TF da parte delle microparticelle (MPs) possa rivestire un ruolo importante nella formazione patologica dei trombi nell’uomo168.

Studi condotti su esseri umani e animali da laboratorio suggeriscono che le cellule endoteliali attivate giochino un ruolo centrale nella trombosi associata ai disturbi emolitici. L'emoglobina libera determina il sequestro dell’ossido nitrico (NO), e la riduzione dei livelli di NO sembra contribuire ad una maggiore espressione di TF da parte dell’endotelio polmonare dei topi con anemia falciforme ereditaria e nelle cellule endoteliali umane in vitro169,170. Il sequestro dell’NO da parte dell’emoglobina si traduce anche nell’aggregazione piastrinica171. Anche le citochine infiammatorie possono indurre l'espressione di TF sulla superficie delle cellule endoteliali. I monociti attivati dall’eritrofagocitosi sembrano rilasciare citochine infiammatorie responsabili dell’attivazione delle cellule endoteliali e dell’espressione di TF sulla loro superficie. Un recente studio ha dimostrato che le citochine associate all’attivazione dei monociti e dei macrofagi erano significativamente più elevate nei cani con IMHA che sono morti rispetto a quelli che sono sopravvissuti172.

Nei cani con IMHA, quindi, è possibile che le citochine infiammatorie, i monociti attivati e l’emoglobina libera possano indurre l’espressione di TF da parte delle cellule endoteliali e che le microparticelle che esprimono il TF, derivate dai monociti, si leghino all’endotelio e contribuiscano alla trombosi nei cani con IMHA.

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5.2.2 - Esposizione della fosfatidilserina

Normalmente le membrane plasmatiche presentano una distribuzione asimmetrica dei fosfolipidi, in cui i fosfolipidi anionici come la fosfatidilserina (PS) sono situati nel foglietto interno. La perdita di questa asimmetria e l'esposizione della PS sulla superficie esterna si verifica fisiologicamente in caso di senescenza degli eritrociti e di attivazione delle piastrine. Le piastrine attivate, gli eritrociti danneggiati e le microparticelle sono procoagulanti proprio perché esprimono fosfolipidi anionici, come la PS, sulla loro superficie. I fosfolipidi anionici, infatti, forniscono un sito di attacco con carica negativa per i complessi tenasi e protrombinasi della cascata della coagulazione. Gli eritrociti PS-positivi si legano anche ai recettori dei macrofagi per la PS, con conseguente induzione dell’eritrofagocitosi. L’espressione della PS da parte delle cellule endoteliali aumenta in risposta alle citochine infiammatorie, all’ipossia e alla presenza di emoglobina libera. Anche i reticolociti esprimono livelli aumentati di PS sulla propria superficie, ed è stato ipotizzato che anch’essi possano contribuire al rischio di trombosi nella malattia emolitica173. Anche le piastrine svolgono un ruolo importante nella formazione del trombo, dato che in seguito alla loro attivazione si ha la perdita di asimmetria e l'esposizione della PS sulla superficie esterna155,168.

5.2.3 – Rilascio di microparticelle procoagulanti

Recenti ricerche suggeriscono che le MPs circolanti possano giocare un ruolo nella trombosi patologica e servire anche come marker di rischio trombotico per diverse patologie dell’uomo. Le MPs derivano da un meccanismo di vescicolazione o protrusione della membrana citoplasmatica di molti tipi cellulari e vengono rilasciate in seguito ad attivazione o danno cellulare; vengono poi eliminate principalmente dal sistema reticoloendoteliale168. Le MPs che derivano dai globuli rossi e dalle piastrine attivate esprimono la PS, mentre quelle derivanti dai monociti e dalle cellule endoteliali, esprimono il TF155. Tra le cause che possono determinare un aumento della microvescicolazione dei globuli rossi è possibile annoverare l’attacco da parte del complemento, lo stress e il danno ossidativo, tutte condizioni che sono presenti nei cani con IMHA168. Le MPs piastriniche che espongono la PS sono da 50 a 100 volte più procoagulanti delle piastrine attivate, ed è stato dimostrato che nei cani con IMHA sono più elevate del 100% rispetto ai cani sani163. Un recente studio

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condotto su 32 cani ha dimostrato che alcuni cani con IMHA presentano una maggiore attività procoagulante associata alle MPs positive alla PS e al TF nel sangue periferico. Tuttavia, in questo studio non è stata identificata la cellula di origine di queste MPs, non vi era alcuna standardizzazione dei protocolli terapeutici e non era stato stabilito nessun criterio di esclusione sulla base di patologie concomitanti; perciò sono giustificati e consigliati studi per determinare l’origine cellulare delle MPs nei cani con IMHA ed ulteriori studi più ampi, comprensivi di uno screening delle malattie sottostanti e di un trattamento medico standardizzato, per determinare se le MPs possono essere usate come marker di rischio trombotico168.

Inoltre le microparticelle, insieme agli eritrociti autoagglutinati, possono contribuire anche all’occlusione diretta della vascolarizzazione e quindi al peggioramento della trombosi. L’autoagglutinazione è un riscontro comune nei cani con IMHA e in alcuni studi è stata associata ad una ridotta sopravvivenza7,8,155.

5.2.4 – Ridotta attività anticoagulante

L'eccessiva attivazione della coagulazione nei cani con IMHA è accompagnata da una diminuita quantità dei fattori anticoagulanti. La diminuzione dell’attività dell’antitrombina è comune in questi pazienti11,95 e probabilmente contribuisce allo stato protrombotico, anche se in uno studio non è stata riscontrata alcuna associazione tra attività dell’AT e mortalità11. Non è ancora stato chiarito, né nell’uomo né nel cane, se in corso di IMHA possa verificarsi una diminuzione di altri inibitori della coagulazione (diversi dall’AT) o uno squilibrio della fibrinolisi155. L'aumento dei livelli di PAI-1 (inibitore dell'attivatore del plasminogeno), che inibisce la fibrinolisi, è stata documentata in alcuni pazienti umani con sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi (APLA), che è una comune complicazione del LES nell’uomo174,175. Tuttavia, in una recente serie di casi solo due cani su 20 hanno mostrato evidenze di una attività anti- fosfolipidica11.

5.2.5 – Influenza del trattamento sullo stato protrombotico

La terapia immunosoppressiva e le misure di supporto impiegate nel trattamento dei cani

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