migliorata notevolmente. Il riconoscimento effettivo dell’Inghilterra, nel gennaio di quell’anno, e gli enormi vantaggi commerciali che da ciò provenivano, avevano trascinato anche il governo francese di Carlo X, il cui ministro di stato barone de Damas collaudava contatti commerciali con le nuove repubbliche e anche una mediazione politico-religiosa tra queste e la Santa Sede. Lo stesso gabinetto spagnolo aveva finalmente permesso che potesse risiedere a Roma l’agente della Gran Colombia, don Ignacio Texada, in modo che non gli si potesse riconoscere carattere diplomatico139.
Nonostante tutto ciò, Leone XII e il suo segretario di Stato cardinale della Somaglia non diedero un passo decisivo in avanti fino alla sessione degli affari straordinari del 13 agosto 1826. In essa i cardinali studiarono lo scisma che era scoppiato nella città de El Salvador, allora diocesi del Guatemala, dove le autorità politiche avevano eretto da sé un vescovato e fatto prendere possesso di questo, prescindendo da Roma, al Dr. José Martí Delgado. L’indizio era minacciatore. Se rimanevano di più i rimedi alle necessità religiose di Ispanoamerica, quella scintilla poteva diventare un incendio, come più volete aveva indicato l’agente della Colombia, Texada. Né sarebbe bastato come rimedio, secondo il voto dell’abate don Albertino Bellenghi che fece allora da consulente, l’antico espediente consalviano di nominare vicari
apostolici con carattere episcopale, perché quei governi non lo avrebbero accettato. Gli atti dicono che la congregazione si trovò in grave imbarazzo, infatti l’argomento sembrava decisivo ma d’altra parte si temeva la reazione di Madrid e delle potenze assolutiste. Finalmente ci si decise a procedere alla nomina di vescovi residenziali motu proprio, come si era fatto in Portogallo in occasione del sollevamento di questo regno contro Filippo IV140.
Leone XII approvò il 3 settembre la decisione della congregazione degli affari straordinari, però volle che la questione venisse esaminata a fondo in una nuova sessione dedicata alla Gran Colombia di Bolívar, e che il voto lo desse don Mauro Capellari, che già da tanto tempo studiava questa materia. Questa era un’eccezione, perché i voti non li redigevano i cardinali, e Capellari era stato proclamato tale nel concistoro del 13 marzo di quello stesso anno 1826, ed elevato inoltre alla prefettura della congregazione de Propaganda Fide. I biglietti che il segretario di Stato passò in quei mesi al nuovo cardinale mostrano l’ansia con la quale aspettava il suo voto. E il nuovo segretario della congregazione, mons. Castracane, ridusse il compito dei suoi membri nella successiva sessione all’esame e giudizio di questo stesso voto141.
E il voto fu veramente profondo. Capellari ha molto ben chiaro che si deve procedere alla nomina di vescovi perenni, come lo aveva chiesto il rappresentante Texada e come lo aveva determinato la sessione sul Guatemala. Insiste perciò su due punti. Per primo: non si deve concedere al
140 Ivi, Rubrica 228, pp. 4‐6.
governo colombiano né a nessuno degli altri d’America di esercitare il diritto di presentazione che essi pretendono. Soddisfare i loro desideri nella designazione di persone, ameno che i nuovi vescovi si vedano incapacitati ad esercitare il proprio ministero; nominarli dopo la loro presentazione per nessuna ragione: equivarrebbe a riconoscere la legittimità delle nuove repubbliche, a dichiarare finito il patronato del Re di Spagna e a dare per vera la dottrina erronea secondo la quale il patronato è un attributo inerente alla sovranità. La nomina, quindi, la deve fare il papa, motu proprio142.
Il secondo punto sul quale sua eminenza insiste si riferisce alla Spagna e alle Potenze che appoggiavano la sua «Legittimità» in America. Una volta che il papa procede ex proprio motu non possono opporsi razionalmente all’atto pontificio, ogni volta che questo non implichi la cessazione del patronato stesso, ma anche solo la sospensione del suo esercizio a causa di circostanze del momento presente. Esigere che il Vicario di Cristo, concedendo un patronato, gli si sia legato in modo tale che in qualsiasi tempo e luogo lo debba attuare anche quando si converta in rovina delle anime e della Chiesa, sarebbe la «massima assurdità». Di conseguenza, come non si cede alla pressione delle nuove repubbliche d’America per non approvare il riassorbimento del patronato in esse né rompere con i governi europei, così non si deve cedere alla pressione di questi per non compromettere gli interessi eterni delle anime. Conformemente a questi principi, indica la strada concreta
che potrebbe seguirsi nella provvista delle sedi della Colombia, Venezuela e della nuova repubblica di Bolivia143.
E arrivò, nella sessione del 18 gennaio 1827, la decisione dei cardinali sull’importantissimo verdetto del prefetto della Propaganda Fide. Si chiese in primo luogo se il criterio di fornire in eterno le sedi vacanti, esattamente come si approvò nella sessione precedente e come lo ha prospettato il cardinale Capellari, si dovesse applicare alla Colombia. La risposta fu affermativa, però con un’eccezione interessante: quella del cardinale della Somaglia, segretario di Stato. Gli atti non spiegano il perché, però è facile indovinarlo nel maggior contatto che il segretario manteneva con la nunziatura di Madrid. Dovette pensare, come il nunzio Giustiniani, che con la soluzione dei vescovi in
partibus applicata da Consalvi anni prima, si prestava sufficientemente
attenzione alla religione senza compromettere la politica. Alla seconda risposta, se si doveva omettere nelle Bolle qualsiasi menzione del governo colombiano e farsi la nomina motu proprio, risposero tutti conformemente al voto di Capellari, anche escludendo ancora più di lui qualsiasi apparenza di presentazione delle autorità di Bogotá: nemmeno in nota confidenziale a Texada conveniva dichiarare che si era proceduto a proposta del governo, cosa che Capellari aveva permesso144.
Così si arrivò alla celebre promozione dei vescovi di Bogotá e Caracas, dei vescovi di Quito e Cuenca in Ecuador, di Santa Marta e Antioquia nella
143 Ivi, pos. 6.
Nuova Granada e di un vicario apostolico per Charca in Bolivia, verificata nel concistoro segreto del 21 maggio 1827. Non toccava al Cardinale Capellari, ma al segretario di Stato, portare avanti la negoziazione diplomatica affinché il colpo fosse meno duro a Madrid145.
La gestione diplomatica del cardinale della Somaglia fu insufficiente e portò come conseguenza una transitoria ma clamorosa interruzione delle relazioni diplomatiche tra il governo spagnolo e la Santa Sede. Alla sessione straordinaria del 24 agosto che il papa convocò per sistemare il conflitto, prese parte il cardinale Capellari; e alcuni mesi più tardi fu lui ad essere scelto per portare avanti la negoziazione con il marchese de Labrador, nuovo ambasciatore che il re Fernando inviò a Roma per cercare una sistemazione definitiva nello spinoso contenzioso ispanoamericano146.