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Il federalismo sanitario a costituzione invariata: il d.lgs n 56/2000

3. Il federalismo sanitario a costituzione invariata: il d.lgs. n. 56/2000.

Per dare avvio alla riforma della finanza regionale si dovette attendere il decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56280 di attuazione dell’art. 10 della legge delega 13 maggio 1999, n. 133, con il quale si è proceduto, sotto la spinta del Patto di stabilità interno, alla soppressione del Fondo sanitario nazionale e all’introduzione di una serie di compartecipazioni regionali a tributi statali ed all’istituzione del Fondo perequativo nazionale281

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Lo spirito riformatore del d.lgs. n. 56/2000 risiedeva nella necessità, da parte dell’autorità di governo, da un lato di delegare alle Regioni la gestione e la responsabilità dell’impiego delle risorse finanziarie ed evitare il ricorso a livello centrale per ripianare i deficit, dall’altro di mantenere fermo il principio di uniformità delle prestazioni sul territorio nazionale e della garanzia di assistenza per tutti i cittadini.

In particolare, la ratio del provvedimento legislativo si rinviene nell’abbandono del modello di finanza derivata e da trasferimento, in ragione di una più accentuata autonomia e responsabilità delle Regioni nel far fronte alle spese necessarie a finanziare le proprie funzioni.

La riforma in generale ha riguardato gli strumenti di finanziamento del complesso delle attribuzioni regionali. Per quanto riguarda il settore sanitario, l’art. 1 ha previsto l’abolizione dei trasferimenti erariali dello Stato a favore del Fondo sanitario nazionale, il quale avrebbe dovuto mantenere la sua funzione di finanziamento della sanità solo per i livelli essenziali delle prestazioni delle Regioni Sardegna e Sicilia, per gli interventi previsti da accordi internazionali, per quelli di cui a normative speciali, per il funzionamento di determinati istituti del Servizio sanitario nazionale e per gli investimenti alla ricerca.

I trasferimenti erariali erano sostituiti dalla compartecipazione delle Regioni al gettito dell’Imposta sul valore aggiunto (Iva); dall’addizionale regionale sull’Irpef e dall’aumento della compartecipazione all’accisa sulla benzina (art. 2, 3 e 4 del d.lgs. n. 56/2000).

La diversificata incidenza sul territorio nazionale delle varie fonti di entrata per le Regioni previste dagli artt. 2, 3 e 4 del d.lgs. n. 56/2000 comporta come ovvia conseguenza un certo squilibrio territoriale nella disponibilità delle risorse necessarie al finanziamento della sanità e delle altre funzioni.

Al fine di consentire la copertura del fabbisogno sanitario anche alle Regioni con capacità fiscale insufficiente, l’art. 7 del decreto prevedeva un Fondo perequativo nazionale, teso a riequilibrare gli assetti di finanziamento a favore dei territori con una minore capacità fiscale per abitante e, dunque, minor gettito proveniente dalle fonti indicate e, a tal fine, avrebbe provveduto una quota della compartecipazione all’Iva.

280 Pubb. in G.U. 15 marzo 2000, n. 62.

281 Vedi VICECONTE N., Il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, in Manuale di diritto sanitario, BALDUZZI R. - CARPANI G. (a cura di), cit., pag. 373.

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Tale sistema, tuttavia, sarebbe dovuto andare a regime solo nel 2013, mantenendosi per il 2001 comunque un finanziamento pari alla spesa storica corrispondendo a ciascuna Regione l’eventuale differenza tra l’importo dei trasferimenti soppressi e quello derivante dalle nuove entrate, da ridursi progressivamente negli anni successivi282. A partire dal 2013, invece, la perequazione sarebbe dovuta avvenire secondo rigorosi criteri sociodemografici quali popolazione residente, capacità fiscale, fabbisogno, ecc., ma il sistema previsto dal d.lgs. n. 56/2000, rimasto formalmente in vigore, ha subito profonde inattuazioni e numerose deroghe ed è stato di fatto sostituito dalla concertazione Stato-Regioni in ordine al fabbisogno finanziario necessario alla copertura della spesa sanitaria283.

Si registra, pertanto, il costante sforamento da parte di alcune Regioni dei tetti di spesa e la conseguente previsione nelle annuali leggi finanziarie di vincoli sempre più stringenti, anche di natura organizzativa, posti quale condizione per l’accesso a finanziamenti aggiuntivi dello Stato.

Pertanto, l’attuale sistema di quantificazione delle risorse destinate alla spesa sanitaria non appare in grado di garantire stabilmente, su tutto il territorio nazionale, il finanziamento dei livelli essenziali. Inoltre, i meccanismi predisposti dal legislatore per limitare l’incremento incontrollato della spesa sanitaria regionale, subordinando a specifiche condizioni l’accesso ai fondi necessari al ripiano dei disavanzi, appaiono al limite della compatibilità con i principi costituzionali di autonomia finanziaria regionale.

Un elemento di indubbio rilievo è che tra le diverse e possibili interpretazioni dell’impatto dell’art. 119 sul finanziamento dei livelli essenziali dei diritti, le stesse Regioni hanno da sempre sottolineato l’esigenza di un ampliamento della loro autonomia finanziaria unita all’esigenza di coordinamento e di mantenimento in vita di un sistema unitario di finanziamento delle prestazioni essenziali ancorato ai fabbisogni.

282 Cfr. VICECONTE N., Il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, in Manuale di diritto sanitario, BALDUZZI R. - CARPANI G. (a cura di), cit., pagg. 373-374.

283 In particolare, con l’Accordo sancito in Conferenza Stato-Regioni l’8 agosto 2001 si è cercato di perseguire una effettiva responsabilizzazione dei due livelli di governo sulla quota di deficit sanitari a ciascuno attribuibile. A fronte del finanziamento per il 2001, le Regioni si sono impegnate ad adottare specifiche misure per contenere i disavanzi attraverso l’adesione alle convenzioni in tema di acquisti di beni e servizi con onere a loro carico per la spesa eccedente, l’adeguamento alle prescrizioni del patto di stabilità interno, l’erogazione di tutte le prestazioni comprese nei livelli essenziali di assistenza, l’impegno a mantenere la stabilità delle gestioni. A tali adempimenti da parte delle Regioni veniva collegata la sanzione di natura finanziaria, cioè il mancato accesso al finanziamento integrativo. Nei termini stabiliti dall’Accordo del 2001, con il d.l. n. 347/2001 è stato recepito il tetto della spesa per l’assistenza sanitaria per gli anni 2002, 2003 e 2004 ed è stato ribadito che i deficit che superassero le entrate derivanti dal riparto del finanziamento statale previsto per quell’anno avrebbero dovuto essere coperti integralmente dalle Regioni; in seguito con la legge finanziaria 2005 sono stati fissati nuovi tetti di spesa per il triennio 2005-2007 e, in deroga al d.l. 347/2001, previsti ulteriori fondi statali per ripianare il disavanzo degli anni 2001, 2002 e 2003, subordinandone l’accesso alla stipula di un’apposita intesa fra Stato e Regioni interessate, relativa ad una serie di adempimenti organizzativi e finanziari, volti al contenimento della dinamica dei costi. Lo stesso meccanismo è stato ripreso con la legge finanziaria 2006, dove l’accesso delle Regioni al finanziamento integrativo statale per il ripiano dei disavanzi del Servizio sanitario nazionale per gli anni 2002, 2003 e 2004 è stato subordinato a nuove condizioni, ed è stato confermato dalle successive leggi finanziarie disciplinando ulteriormente gli adempimenti richiesti alle Regioni per avere accesso alle risorse aggiuntive, oltre ad introdurre una serie di misure direttamente finalizzate al contenimento della spesa sanitaria.

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Il punto è quello di individuare il modello di finanziamento dei livelli essenziali di assistenza che sia in grado di assicurare tali obiettivi senza replicare i difetti dell’attuale. La quantificazione dei costi costituisce un’operazione indispensabile proprio al fine di individuare i costi medi o adeguati da utilizzare come parametro di riferimento per il finanziamento dei livelli superando la logica del finanziamento della spesa storica, fonte principale del deficit della spesa sanitaria. Il riferimento è ai costi standard previsti nel decreto di attuazione dell’art. 119 Cost., il quale non include espressamente le spese per la sanità tra quelle riconducibili alle attività assoggettate al vincolo dell’art. 117, co. 2 lett. m), ma include tra i compiti del legislatore statale l’individuazione dei costi standard associati ai livelli essenziali delle prestazioni citando quali parametri i principi di efficienza ed appropriatezza284.