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Nel grande fervore edilizio si sono raggiunti, ad ogni modo, anche risultati degni di nota, come le costruzioni di Terragni (1904-1943) e Lingeri (1894-1968), tra i primi architetti a

mettersi sulla nuova via («mentre, nella stessa Lombardia, il gruppo capeggiato da Gio.

Ponti, pur innovando, appariva tuttavia sensibile a certe ricercate eleganze

neoclassicheggianti»); lo Stadio Berta di Firenze di Pier Luigi Nervi (1891-1979);

l’Università di Roma, costruita sotto la direzione di Marcello Piacentini (1881-1960); o

ancora le costruzioni di Sabaudia, che erano state realizzate da poco. A tutti i progetti

citati, dalla nuova stazione al nuovo stadio di Firenze, dalla città universitaria a Roma agli

edifici di Sabaudia, erano stati dedicati articoli nella rivista «Casabella».

327

È infine citato – con un passo indietro a prima della guerra – il Sant’Elia (1888-1916),

presentato, in accordo al ritratto che ne avevano offerto Persico e Argan, come anticipatore

del nuovo stile, non tanto per la sua produzione architettonica, che consta di disegni in cui

predominano aspetti immaginari e aspirazioni fantastiche, quanto per la sua attività di

325 Ivi, pp. 532-545; per le citazioni pp. 533, 536-537, 540, 544-545.

326 Ivi, p. 546. Circa il dibattito sorto intorno alla costruzione della nuova stazione di Firenze si veda La

stazione di Firenze, in P. BAROCCHI, Storia moderna dell’arte in Italia, cit., pp. 238-247. La faccenda è così riassunta dalla Barocchi, a partire dalla posizione di Ojetti, che per l’occasione sfoderò le armi di «una retorica arcaica e sprovveduta. […] Le stesse ritrattazioni pubbliche di alcuni giudici (Brasini cercò di giustificare il proprio voto favorevole come dato per un’opera “industriale”) dimostrarono da un lato la ormai assicurata vittoria del “nuovo” e dall’altro le arbitrarie avversioni nazionalistiche (di Ojetti, Soffici) che accusavano le “ispirazioni tedesche” ma non valevano a impedirle. Gli stessi artisti contemporanei (Carrà, Rosai) si dimostrarono contrari a simili “scaramucce”, e così i letterati (Palazzeschi), assicurando una solidarietà che fu abilmente patrocinata da “Casabella”» (Ivi, pp. 205-206).

327 Si veda, in merito al nuovo stadio di Firenze e al «grande piano della città universitaria», P. BAROCCHI,

storico e di critico. A differenza di tutti gli altri architetti, Sant’Elia ha fin da subito intuito

«il valore ideale ed espressivo» dell’attività architettonica, che «“rimane arte, cioè sintesi,

espressione”», finalizzata a «“rendere il mondo delle cose una proiezione diretta del

mondo dello spirito”». Pare qui riassunta quella che è anche la posizione della stessa Brizio

rispetto al metodo con cui affrontare lo studio dell’architettura: gli aspetti materiali o

tecnici non sono certamente trascurabili, ma non ci si può limitare ad essi; vi è nell’attività

architettonica anche una componente più profonda, di pensiero e creazione, che è ciò che

la rende “arte”:

Sol quando l’architettura «abbia la sua ragione di essere nelle condizioni speciali della vita

moderna», essa acquisterà «la sua rispondenza come valore estetico della nostra sensibilità».

È questa del Sant’Elia un’interpretazione altamente idealistica e drammatica, che lascia

chiaramente scorgere i legami con la maggiore critica romantica dell’ottocento e pone in risalto

quanta passione di coerenza con tutto il modo d’essere dell’uomo moderno sia nelle nuove forme

architettoniche.

328

328 A. M. BRIZIO, Ottocento Novecento, 1939, cit., p. 548; si vedano anche CASA BELLA (E. PERSICO),

Sant’Elia oggi, in «La Casa Bella», III, 1930, 6, pp. 9-11, in partic. p. 10: «Ma il valore di Sant’Elia non è, in

fondo, nell’aver intuito e disegnato un sistema nuovo di costruzione: consiste piuttosto nel modo con cui ha sentito l’impostazione del problema di un’architettura moderna, ed il fine a cui essa è indirizzata. Come in tutti i precursori, in lui contano più i motivi dell’azione, che l’azione stessa», e G. C. ARGAN, Il pensiero

critico di Antonio da Sant’Elia, cit., ove il giovane studioso afferma, fra l’altro, che «Quel carattere di unità e

di totalità che manca ai teorici dell’architettura modernissima, costituisce invece il merito maggiore di Antonio Sant’Elia, il quale si preoccupa anzitutto di giustificare la sua costruzione teorica di fronte al fine ideale dell’arte» (Ivi, p. 493); entrambi i testi sono stati parzialmente antologizzati dalla Barocchi (P. BAROCCHI, Storia moderna dell’arte in Italia, cit., pp. 181-187); il secondo appare inserito in bibliografia dalla Brizio, che per Persico fa invece riferimento a «numerosi articoli in giornali e riviste», menzionandone solo alcuni editi nel ’35 e nel ’36 (A. M. BRIZIO, Ottocento Novecento, 1939, cit., p. 557). Per tutte le citazioni della Brizio da Sant’Elia si veda il Manifesto dell’architettura futurista del 1914: A. SANT’ELIA,

L’architettura futurista. Manifesto [Milano, Direzione del Movimento Futurista, 1914], in Manifesti, proclami, interventi e documenti teorici del Futurismo. 1909-1944, vol. I, a cura di L. Caruso, Firenze,

Coedizioni Spes-Salimbeni, 1980, n. 66. Si veda ancora, a conferma del fatto che anche Persico dava «un’interpretazione altamente idealistica e drammatica» dell’architettura moderna, E. PERSICO, Profezia

dell’architettura, cit., p. 122: «anch’io penso talvolta a una storia dell’architettura che s’identifichi con quella

stessa dell’uomo moderno. La confusione degli interessi pratici con la teoria e la critica si risolverebbe, così, nell’unità della coscienza moderna»; e, più avanti: «Ma ritengo che fino a quando si continuerà a discutere di arte utile […] sfuggirà sempre il senso profondo dell’arte, che è indipendenza e libertà dello spirito. Questo è l’insegnamento non solo delle estetiche valide, ma della costante tradizione dell’arte europea» (Ivi, p. 124). Eugenio Battisti ha rimarcato, con riferimento alla seconda edizione di Ottocento Novecento, sostanzialmente invariata rispetto alla prima, l’attualità della parte che nel testo è dedicata all’architettura moderna: «C’è poi tutto quello che potrebbe desiderarsi ancora oggi: Gropius […] e Le Corbusier, riferiti a monte a Sullivan e a Wright; Neutra è associato con Sant’Elia, che poi conclude ma apre verso l’avvenire; fra i giovani sono sottolineati Terragni e Pier Luigi Nervi. Per nessuna forma d’arte la Brizio ha usato parole altrettanto entusiaste […]» (E. BATTISTI, Solo un ricordo, p. 180); si noti che in realtà l’associazione tra Neutra e Sant’Elia avviene unicamente a livello delle immagini, che si trovano in pagine immediatamente successive, e non nel testo (A. M. BRIZIO, Ottocento Novecento, 1944, cit., pp. 551-554).

Nella conclusione del volume il filo rosso di cui il testo appare intessuto nella sua trama