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La fiducia in ambito economico: dalla percezione soggettiva ai criteri oggettivi

Il sistema creditizio nella realtà ed in jES Open Foundation

4.2 La fiducia in ambito economico: dalla percezione soggettiva ai criteri oggettivi

L’esigenza di introdurre un meccanismo esplicito per il credito in jES OF ha comportato una riflessione sul diverso tipo di valutazioni che sono richieste agli agenti per stabilire se concedere fiducia alla controparte nell’ambito del sistema produttivo ed in quello creditizio e sul significato che tali scelte hanno nel mondo reale.

Nella parte della simulazione che rappresenta l’ambiente produttivo i processi decisionali in base ai quali un’impresa decide di collaborare con un’altra non sono esplicitati, ma sono riassunti nella crescita e nell’incontro delle rispettive aree di visibilità; si può immaginare che nella realtà le scelte siano riconducibili a quelle del singolo imprenditore, che tenderà a basarsi sulla propria esperienza passata in fatto di affidabilità della controparte e si tratterà quindi di valutazioni prevalentemente soggettive, per quanto riferite ad una serie di fatti concreti (esempi di puntualità del fornitore, di abitudine al rispetto dei contratti…). Nel caso di imprese di dimensioni limitate infatti spesso non esistono regole codificate esplicitamente ed in modo vincolante per stabilire se sia opportuno o meno considerare affidabile l’interlocutore e quale sia la misura della sua affidabilità e la valutazione è spesso affidata ad euristiche di giudizio soggettive.

Le condizioni che favoriscono la cooperazione in luogo dello sfruttamento fra soggetti economici sono state studiate in particolare con riferimento al caso concreto dei distretti industriali italiani; si tratta di una situazione in cui il capitale sociale, presente nel sistema produttivo nella forma di una conoscenza tacita e non facilmente codificabile, offre criteri per la scelta di una controparte affidabile. La particolarità

dei distretti è, infatti, la presenza di un sistema di valori che accomuna i soggetti, le istituzioni e le imprese che vivono e lavorano al suo interno, e che consente di selezionare, ad un costo relativamente basso, le risorse umane più adatte da inserire nella produzione; questo sistema di rapporti interpersonali di fiducia spinge le imprese a scegliere come partner preferenziali produttori di fase che, pur operando a costi relativamente più elevati rispetto a soggetti esterni al distretto, offrono garanzie di qualità e di affidabilità, come dimostra il caso delle produzioni tessili del tipo “pronto moda” in cui la puntualità di consegna costituisce un fattore cruciale.

In tempi recenti si è manifestata con maggiore evidenza nel sistema economico la ricerca di criteri oggettivi e standardizzati di valutazione dell’affidabilità dei prodotti e dei soggetti che prendono parte alla produzione; questo ha dato origine ad una serie di iniziative in parte obbligatorie (a livello europeo la Marcatura CE di prodotti pericolosi o associati a gravi rischi), in parte su base volontaria, che hanno portato alla nascita di sistemi di certificazione di conformità di prodotti e processi produttivi ad una serie di norme tecniche legate alla qualità, alla tutela ambientale (standard ISO 9000, 14000 elaborati a livello mondiale dalla International Organization for Standardization, Marchio di uniformità UNI dell’Ente Nazionale Italiano di Unificazione, …) ed alla responsabilità sociale delle imprese (Social Accountability – SA 8000, Global Social Report, …).

L’emergere spontaneo di questa forma di autodisciplina all’interno del mercato costituisce un tentativo di sopperire ad una carenza informativa del sistema economico, individuando una serie di soggetti chiamati a garantire il rispetto di requisiti standard di affidabilità; si tratta di strumenti intesi a gestire una parte del rischio legato alla mancanza di conoscenza della controparte contrattuale. Con una forma di assicurazione tradizionale, a fronte del pagamento di un premio, si copre il rischio “a posteriori”, nel senso che il danno è liquidato e pagato dopo che si sia verificato. Nel caso della certificazione, invece, si cerca di gestire l’asimmetria informativa fra i soggetti, per ridurre a priori la probabilità del danno attraverso una scelta mirata dell’impresa con cui collaborare; questo non garantisce che un soggetto che in passato abbia tenuto un comportamento coerente con gli standard di affidabilità non si comporti in maniera differente nel futuro, causando un danno alla

controparte, ma disincentiva questo tipo di comportamento, soprattutto nella prospettiva di un rinnovo della certificazione.

Il premio per questa forma particolare di assicurazione apparentemente non è pagato dal beneficiario della riduzione dell’asimmetria informativa che potrà individuare con relativa sicurezza le imprese affidabili; i costi di certificazione, infatti, sono a carico dell’impresa che risulterà certificata, ma è evidente che si rifletteranno sul prezzo dei beni o dei servizi offerti da quest’ultima e quindi, di fatto, ricadranno sul soggetto assicurato. La diffusione dei sistemi di certificazione ha posto però in luce una serie di problemi legati alla loro applicazione e ad un’eventuale trasformazione del sistema da volontario ad obbligatorio (uniformità degli standard, controllo dei certificatori sulla base di apposite norme tecniche della serie EN 45000 elaborate dal Comitato Europeo di Normazione, che indicano i requisiti di professionalità e competenza per l’inserimento nel Registro degli organismi accreditati, …).

Inserendo nella simulazione con jES OF il mercato del credito ci si è dovuti confrontare con un meccanismo di attribuzione della fiducia diverso da quello puramente soggettivo, ma basato piuttosto su elementi quantificabili in modo più diretto e riconducibili ai criteri che guidano comunemente le scelte di affidamento creditizio delle banche. Come nell’ambito produttivo, anche nei sistemi bancari reali si è manifestata un’esigenza crescente di strumenti di valutazione del rischio di credito più precisi e questo ha stimolato le banche più attive ad elaborare al proprio interno sistemi di rating per la valutazione dei clienti da affidare. La libertà nella scelta di concedere credito o meno ha comportato però il fatto che non sempre le banche abbiano adottato criteri oggettivi di valutazione e, di fronte alla necessità di garantire la tenuta del sistema bancario internazionale, prevenendo possibili crisi a catena, si è posto il problema di definire regole comuni per orientare l’operato delle banche e favorire la stabilità del sistema. Nel 1974 è stato istituito a questo scopo il Comitato di Basilea, formato dai rappresentanti delle Banche Centrali dei Paesi del G10, che ha promosso studi e realizzato accordi in questa direzione nell’ambito della vigilanza bancaria internazionale.

L’esigenza di definire le regole di funzionamento del sistema bancario nella simulazione ha offerto lo spunto per una riflessione sia sulle caratteristiche fondamentali dei sistemi creditizi reali, sia sulle novità introdotte dagli Accordi, noti come Basilea II, le cui disposizioni saranno attuate a partire dal 2006, e sulle prevedibili conseguenze che queste avranno sul mondo produttivo, anche in considerazione del fatto che si tratta di regole stabilite da un’autorità centrale (e più precisamente da un gruppo di autorità centrali a livello internazionale) per quanto nel definirle ci siano state forme di confronto con la prassi di mercato. Questo significa che, pur essendo state elaborate in collaborazione con le parti interessate e quindi essendo state desunte dall’operato di alcuni soggetti bancari e produttivi reali, non sono ancora state messe alla prova attraverso un’applicazione generalizzata nel mercato reale e potrebbero rivelarsi adeguate per alcune categorie di soggetti, ma svantaggiose per altri, senza che sia possibile una completa previsione a priori dei loro effetti concreti. Le interazioni all’interno del sistema bancario e fra questo ed il mondo produttivo presentano infatti elementi di complessità che sono legati sia alla loro numerosità che ne rende difficilmente prevedibili gli esiti, sia ai fenomeni di retroazione che possono derivare dalle scelte attuate sia dalle banche che dalle imprese; ad esempio l’introduzione di standard troppo elevati per l’accesso al credito e la richiesta di una certificazione ufficiale del merito di credito, potrebbe selezionare le imprese da affidare in virtù della loro possibilità di acquistare il servizio di rating presso i soggetti autorizzati, prima ancora che sulla base della loro effettiva solvibilità, determinando un aumento del costo del finanziamento per via diretta (costo del servizio di rating) o indiretta (maggior costo del finanziamento in assenza di rating) o fenomeni di razionamento del credito per alcune imprese, con conseguenze sia sul sistema produttivo, sia sulla composizione della clientela delle banche stesse.

In situazioni come questa la predisposizione di un piano di simulazione del fenomeno che sia in grado di coglierne gli aspetti fondamentali, pur senza garantire la possibilità di prevedere con certezza gli effetti dell’introduzione di nuove regole, consente di delineare gli elementi del problema ed offre un ambiente di prova in cui sperimentare varianti alternative delle regole da introdurre, senza dover affrontare i

costi e le conseguenze di una concreta applicazione dei cambiamenti ipotizzati nel mondo reale. Questo dovrebbe permettere, nella fase di successiva attuazione, di evitare gli errori più evidenti che un modello virtuale, per quanto semplificato, è in grado di cogliere. In questa prospettiva è stata affrontata la costruzione del modello del credito di jES OF, con la consapevolezza che la portata e l’ampiezza del fenomeno simulato rendono questi primi tentativi soltanto una premessa per un successivo raffinamento del modello, in particolare per quanto riguarda la parte che esplicita le interazioni fra sistema bancario e mondo produttivo.

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