CAPITOLO I – Contesti malerbian
4. Figure e topoi matrimoniali nelle opere di Luigi Malerba: proposta critica di un corpus di riferimento.
La vasta bibliografia critica reperita ai fini della presente ricerca rivela la complessità degli studi malerbiani che si sono di volta in volta concentrati sul carattere eversivo del suo linguaggio letterario con ripercussioni sulla natura del personaggio e sulla vicenda narrativa; sulla scelta del romanzo storico; sul tratto comico e umoristico che caratterizza numerose opere; sulla sua legittima appartenenza al postmoderno, allo sperimentalismo o alla neoavanguardia.
Anche sul piano tematico si sono spese molte pagine sul significato del volo, sul senso del vuoto, sulla dissolvenza dei personaggi, sulla voce, sull’erotismo o sulla violenza,67 ma non sul matrimonio. Nel presente paragrafo si completa la rassegna dei loci matrimoniali iniziata in questo capitolo. Alcuni romanzi offriranno al lettore l’occasione per una maggiore comprensione rispetto alla funzione della scena matrimoniale quale fonte di ispirazione narrativa e come metafora della relazione dello scrittore con il proprio lavoro e con il mondo.
Lo scenario coniugale rappresenta, infatti, un inesauribile crogiuolo di fatti reali, vicini e concreti che Luigi Malerba ha saputo «distanziar[e] con la scrittura, [creando] intorno ad essi quella “lontananza ansiosa” di cui parla Walter Benjamin e quell’alone di fantasia che li rende autonomi rispetto alla
67 Si rinvia alla bibliografia per riferimenti più estesi. Si suggeriscono tuttavia in primis Paolo Mauri,
Luigi Malerba, cit. sui temi del volo e del vuoto; Cristina Elisabetta Trevisan, Dialogo tra violenza e immaginazione nella prosa di Luigi Malerba, Université de Montréal, 1993, e Rossella De Palma, Lo scrittore indignato. Sperimentalismo, erotismo e critica sociale in Luigi Malerba, Bari, Stilo, 2012 sul tema della violenza e
dell’erotismo; i numerosi scritti di Maria Corti, Angelo Guglielmi, Francesco Muzzioli, Walter Pedullà e Guido Almansi includono una trattazione attenta e costante riguardante gli aspetti stilistici della scrittura malerbiana nel corso degli anni, quali la scelta del tono comico-umoristico o l’adesione alle istanze della neoavanguardia piuttosto che del postmoderno.
realtà che li ha ispirati».68
Fin dalla Scoperta dell’alfabeto, il matrimonio viene considerato sotto diversi aspetti. Vi si riconosce, in primis, l’urgenza di un linguaggio nuovo, di tipo performativo che funga da matrice ontologica alla realtà immessa nel racconto.69
In seguito la ricerca malerbiana si sposta sul piano della produzione di un linguaggio come ipotesi letteraria: 70 il matrimonio è un perfetto osservatorio che si presta ad essere costruito e decostruito al di fuori di qualsiasi ritualità. Al contrario, le cerimonie del corteggiamento, della seduzione, dell’adulterio e della celebrazione delle nozze divengono oggetto di scherno e parodia.
Nell’Amore in fondo al pozzo o in L’anello nella neve la coppia appartiene al mondo contadino e le dinamiche matrimoniali alludono al rapporto dialettico in cui stanno il mondo arcaico e il mondo della modernità, tra il linguaggio del fare e il linguaggio dei sentimenti: i personaggi maschili sono spesso muti o taciturni, hanno difficoltà ad articolare un discorso di più di quattro parole e gestiscono il proprio rapporto coniugale in funzione nelle necessità della vita di campagna.
Per esempio, l’affetto coniugale non è dimostrato dal romanticismo delle parole o dal contatto tra i corpi, ma è legato agli oggetti della vita quotidiana insieme all’adeguatezza della loro funzione: il fascio di ginepro va usato per scaldare il forno e profumare il pane, non come combustibile; la fede nuziale è fatta per essere portata al dito e attestare il matrimonio, non per
68 JoAnn Cannon, Intervista con Luigi Malerba, cit., p. 231.
69 Per un maggiore approfondimento sull’argomento si rinvia alla tesi di dottorato di Anna Chiafele,
Ironia: matafinzione nelle opere di Luigi Malerba, Phd Department of Italian Studies, University of Toronto,
2010 e ora ampliato e confluito in un volume intitolato Sfumature di giallo dell’opera di Luigi Malerba, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2016. Sulla performatività dell’atto linguistico, invece, si fa particolare riferimento al saggio di Jacques Derrida, Storia della menzogna, trad. it. Michele Bartolini, Roma, Lit edizioni, 2006.
70 È evidente l’eredità manganelliana di tale atteggiamento critico e lo sviluppo in termini letterari del
concetto di menzogna. Ciò che moralmente è sentito come un inganno, è presentato da Manganelli e da Malerba come il principio costitutivo della letteratura a tal punto che per Malerba senza menzogna non si dà alcuna possibilità di articolare una storia. Si rinvia a tal proposito a Giorgio Manganelli, La
essere persa nella neve. Il matrimonio di Otello e Dina va alla deriva quando i due capiscono che i figli non arrivano. Il matrimonio che nel mondo rurale ha una funzione procreatrice perde allora tutto il suo valore. Alla sterilità della coppia corrisponde una sterilità verbale perché i due smettono progressivamente di parlare e non hanno più niente da dirsi. La perdita della vera nuziale, momento culminante della crisi coniugale, mostra a Otello che non è rimasta nemmeno una ragione formale a tenerli insieme. Non potendo accettarlo, in quanto possibilità estranea al suo modo di pensare e di agire, egli impone alla moglie di continuare a cercare l’anello finché la morte non li separi. È l’attesa ora a sostituire il significato originario del matrimonio, l’attesa che il matrimonio si ricomponga e che nel frattempo li obbliga a rimanere sposati71.
Nell’Amore in fondo al pozzo la differenza tra il mondo acculturato e il mondo contadino è ancora più marcata, perché il personaggio di Govi è quello di un uomo che «sapeva fare una quantità di cose come risolare le scarpe vecchie, stagnare i paioli, ripulire le tombe del cimitero dalle erbacce»72 e anche il sapone. Govi però non parla mai perché non gli viene mai in mente niente. Quando la moglie lo minaccia di andarsene perché non vuole più stare con lui, Govi la implora di restare e poi la getta in fondo al pozzo. La morte della moglie suggella il sentimento amoroso, illusione su cui si fonda peraltro la relazione. L’assenza della donna si trasforma in una eterna presenza perché testimonia, cristallizzandolo, il gesto omicida compiuto nei suoi confronti. Tale presenza non è annullata ma semplicemente dislocata in fondo al pozzo. Il racconto, infatti, conferma questo scarto aporetico proprio nel finale: «Sulla tomba della moglie non crebbero mai le erbacce e i primi fiori di ogni primavera erano per lei». Nel rapporto silente e di fare quotidiano, Govi
71 Vale la pena di notare l’analogia con la vera nuziale di Madame Bovary. Nel romanzo flaubertiano
infatti si insinua, tra le cose terribili, che l’anello finisca per significare tanto quanto il portatovagliolo tornito dal Monsieur Binet, cioè nulla. L’isomorfismo li rende uguali nella forma e ugualmente vuoti di senso e allude ad una forma estrema di feticismo sviluppata dal mondo borghese nei confronti del matrimonio, così come dall’artista-artigiano nei confronti dei suoi manufatti per i quali mostra un eccessivo attaccamento.
recupera l’unico linguaggio amoroso, e più in generale l’unico linguaggio, in suo possesso.
Se in alcuni loci coniugali prevale la funzione del linguaggio, in altri invece il discorso ruota intorno al binomio matrimonio-adulterio o, come nel
Serpente o in alcuni racconti di Testa d’argento, l’operatività dell’immaginazione
ha il sopravvento: l’invenzione dunque, a seconda dei casi, assume i tratti della menzogna, della finzione, della deviazione. In ogni caso essa funge da velario nei confronti di una esperienza realmente vissuta ma irrappresentabile nella sua complessità.
La stessa Scoperta dell’alfabeto è ricca di personaggi inclini all’autoinganno. Si pensi, per esempio a Petronio, convinto che prima o poi Margherita riconoscerà il suo amore, oppure al già citato Govi o a Otello. Le storie narrate in questo primo libro sono destinate a concludersi tragicamente con la morte o con la sconfitta dei protagonisti perché ogni sovvertimento dello status quo, anche linguistico, richiede un sacrificio.73 La difficoltà di usare il linguaggio all’interno di un ambiente abituato a comunicare attraverso il corpo e lo sforzo fisico anticipa di quasi un trentennio la convinzione malerbiana, messa in bocca ad un Odisseo oramai maturo, che l’età degli eroi incarnata nell’uso delle armi e della forza sarà soppiantata dall’età dei numeri e delle parole. La mediazione compiuta dal linguaggio ingarbuglia certamente le relazioni perché il linguaggio è ambiguo e astratto. Tuttavia esso permette anche la simbolizzazione dell’esperienza vissuta e ne consente la comprensione. Di qui il senso profondo del romanzo Itaca per sempre (1997) in cui si assiste ad un compimento dei personaggi e della loro relazione attraverso il linguaggio e non più attraverso l’azione.
L’intervento di riscrittura e reinterpretazione in chiave moderna di brani, opere o testi appartenenti al cosiddetto “canone occidentale” rivela
73 Petronio si taglia la testa per dimostrare il suo amore a Lisabetta, Govi getta la moglie in fondo al
pozzo, Dina è costretta a cercare fino allo stremo la sua fede nuziale, Oreste si taglia una gamba nella trebbia e con la gamba finta che gli ha comprato la madre scappa di casa, Fortunato si lascia morire di stenti, Armisdo che parla l’italiano invece che il dialetto viene ucciso, ecc.
ancora una volta un radicale ribaltamento dei valori borghesi come si ha modo di osservare anche nel Pataffio (1978).74
In tale romanzo, per esempio, il modello del romance è interamente dissacrato: con un abile gioco di parole il cavaliere è trasformato in un antieroe più simile al picaro che all’hidalgo. Il marconte Berlocchio infatti non solo si fregia di un titolo inesistente, ma è un «cavallaro, cioè cavalliere di stalla».75 I suoi soldati sono invece un’accozzaglia di lazarillos stremati dalla fame, senza cavalli e senza ambizioni di conquistare la gloria sul campo di battaglia o di possedere una donna.76 Infatti, per sbarazzarsi della moglie ingombrante, pur “degnissima e dilettissima” consorte, Berlocchio la vende ai soldati come si usa fare con una vacca al mercato (IX capitolo),77 soldati che ne fanno un ottimo stufato, e la sostituisce con un animale, la somara Bianchetta.
Nel Pataffio l’ideale cortese viene meno: non solo Bernarda non è di gentile aspetto, in quanto grassa e impacciata, ma non conosce nemmeno le buone maniere, russa, si infila le dita nel naso e fa una moltitudine di rumori corporali. Parodia tragicomica di Madame Bovary,78 Bernarda è anch’essa un’appassionata lettrice di «mendacissime romanzerie» (PA, 113). Ella, infatti, non traendo alcuna soddisfazione dal matrimonio, assilla il marito leggendogli tutte le sere le avventure di messer Tristano e ne loda l’eroismo, il coraggio e le doti di cavaliere. Un eroe apprezzato da Bernarda non perché incarni il prototipo del cavalier d’arme e d’onore, ma perché nella sua visione distorta cavaliere è colui che sa “cavalcare” la moglie e gratificarne le aspettative
74 Le riscritture o gli inserti intertestuali dialoganti con i classici quali Virgilio, Omero, il romanzo
cavalleresco, il Dante della Vita Nuova, Manzoni ecc. sono registrate da Giovanni Ronchini in Dentro il
labirinto, cit., p. 19.
75 Luigi Malerba, Il pataffio, Milano, Bompiani, 1978, p. 93. Da ora in poi le citazioni da questo testo
saranno indicate tra parentesi tonde e contrassegnate con sigla PA seguita dal numero di pagina.
76 Le donne Bernarda, Cesira e la damigella del Castellazzo sono gli unici personaggi del romanzo ad
esprimere il proprio istinto sessuale e a pretenderne il soddisfacimento.
77 Il capitolo IX è interamente dedicato alla coppia di Baldassarre e Cesira. Il marito, per sopravvivere
agli inesauribili assalti della moglie, la ripudia e mette in atto una vera e propria compravendita i cui proventi gli permetteranno di acquistare del cibo e recuperare le energie vitali che la donna gli ha sottratto nel suo desiderio compulsivo di accoppiarsi.
78 Va ricordato che Luigi Malerba e Fabio Carpi avevano lavorato alla trasposizione per la televisione
in sei puntate di Madame Bovary nel 1976 e che lo sceneggiato fu mandato in onda negli stessi mesi in cui è pubblicato il Pataffio.
sessuali.
Il mondo descritto nel romanzo cavalleresco non ha più senso e il sentimento amoroso è ridotto a pura parodia. Il ribaltamento eroico del contesto storico-culturale della società cortese investe coerentemente anche la rappresentazione delle scene matrimoniali che possiedono un insolito lato comico, di eredità rabelaisiana. Marylin Schneider lo descrive come un ammasso di norme letterarie e culturali deformate che si traducono nel romanzo di Malerba in strutture sociali, politiche, romanzesche e linguistiche altre.79 La marcontessa infatti è destinata a morte per mano del marito fin da subito, perché il suo sogno nuziale è inaccettabile per lui.
Nell’evocare Tristano ella accusa indirettamente il marito di essere inadeguato. Come per Madame Bovary, il continuo rifarsi al modello romanzesco svela l’incompatibilità della finzione letteraria con la vita: il vero rivale di Berlocchio non è un personaggio in carne ed ossa, come il Frate Cappuccio, ma un personaggio fittizio frutto dell’immaginazione letteraria. La tragedia di Berlocchio e Bernarda è racchiusa nell’impossibilità, anche nella finzione, che lui si comporti come un vero cavaliere, perché di fatto egli non lo è. Bernarda, come Emma, è vittima di un immaginario amoroso e coniugale storicamente superato, trasmessole dalla lettura dei romanzi. La sua condanna non deriva dalla passione di lettrice, quanto dal falso mito secondo cui il racconto corrisponde mimeticamente al vero. Nella scelta stilistica di un registro basso-comico, Malerba riesce ad astenersi dal pronunciare un giudizio e ne demanda al lettore la formulazione.
Il tentativo della marcontessa di vivere nel passato, scambiando la vita e il matrimonio per un romance, risulta ridicolo e fatale per la sopravvivenza della coppia che è nuovamente una coppia sterile. L’infertilità del modello sociale e letterario del mondo cortese si traduce perciò in una infertilità non solo filiale,
79 Si rinvia per un maggiore approfondimento all’articolo di Marylin Schneider, Il Pataffio, or How to
ma soprattutto sentimentale.80 La marcontessa esercita il proprio potere all’interno della coppia manifestando un insaziabile desiderio che però è fine a se stesso perché non è suscitato dalla prestanza o dalla presenza di Berlocchio. Ella è spinta dalla brama di incarnare Isotta e quindi metonimicamente, attraverso l’atto sessuale, di diventare l’eroina reale del romanzo di Tristano. Ciò è confermato dal fatto che per Bernarda non fa alcuna differenza che a soddisfarla siano il marito o il Frato Cappuccio81 e nemmeno è scossa dal fatto che il marito le preferisca un’asina con la quale riesce addirittura a essere unito in matrimonio. Tutto ciò le risulta accettabile perché non interferisce con la trama del romanzo di Tristano alla quale Bernarda aderisce completamente. Non vi è gioia nella quête della marcontessa. Nel Pataffio la passione, che nella tradizione trobadorica nasce solitamente «dalla semplice presenza dei due esseri»,82 è negata.
La coppia è la cellula sociale originaria, le cui forze costitutive sono due essere giuridicamente singoli e diversi ma che scelgono di comporre una «unione senza fusione, senza separazione e senza subordinazione» […] Ogni tentativo di abolire uno dei poli di questa tensione, di confonderli con il suo opposto, di ridurlo alla legge dell’altro (il più forte o il più raffinato) per annessione o colonizzazione, o di stabilire una qualsiasi subordinazione dell’uno all’altro fonda e suscita lo Stato autoritario e distrugge ai miei occhi, in generale,
80 Riferendosi al diritto canonico, Berlocchio sostiene l’invalidità del suo matrimonio perché non è
stato consumato. La fine del modello medievale e il suo congedo dalla tradizione romanzesca è decretata dalla morte simbolica della marcontessa il cui corpo è finalmente in grado di sfamare i soldati permettendo di ripristinare l’equilibrio sterilità-fame. Nel tentativo di restituire al padre le ossa della figlia morta perché possa onorarne la memoria, Berlocchio infatti ordina che ne venga bollito il corpo in modo che se ne possano estrarre le ossa pulite. Tuttavia prima che possano essere consegnate dentro uno scrigno, le ossa della marcontessa vengono rubate da un cane, così i soldati incaricati le sostituiscono con delle pietre, a significare che della chanson de geste non rimane nemmeno una reliquia. A proposito del Pataffio, vale la pena ricordare anche che la trattazione comica del topos matrimoniale è riconducibile ad un filone romanzesco e teatrale che prende avvio verso la metà del Cinquecento e arriva fino agli inizi dell’Ottocento come ci conferma lo studio di Fabio Danelon in Né domani, né mai, cit..
81 La passione è frutto di un esercizio retorico e di una abitudine ad un certo linguaggio amoroso, non
dell’amore. Nel momento dell’amplesso, infatti, la marcontessa si rivolge al Frato suo amante in questi termini: «Adesso fai come se fussi il cavalliero Tristano gran cavalcatore! Corri più forte! Uuh!» (PA, 167).
l’interesse stesso per la vita e, quanto al tema che qui ci riguarda, distrugge l’esistenza dell’amore essenziale.83
Nel romanzo di Berlocchio la presenza è invece di ostacolo alla passione. Con la propria presenza, senza proferire parola, Bernarda manifesta il rifiuto nei confronti dello stalliere e pretende di ridurre il marito alla legge del romanzo.
Il tema dell’adulterio non si esaurisce nel Pataffio, anzi, è ancora oggetto di interesse in molti racconti, ma alla sua struttura apparentemente semplice e scontata fa eco una articolata e molto più complessa costruzione di un significato “altro”.
Si prenda per esempio Il cannocchiale (2004), incluso nella raccolta pubblicata nello stesso anno con il titolo Ti saluto filosofia. La confusione realtà- romanzo è qui sostituita dal binomio realtà-visione. Il narratore, sostituendo l’uso di un semplice binocolo con un telescopio astronomico, amplifica la sua conoscenza della realtà a tal punto da non distinguere più ciò che è la visione dall’autenticità del soggetto che ne fa l’esperienza. Nell’arco del racconto, l’io del narratore, marito tradito ma ignaro, trova una sua ragion d’essere solo e grazie all’adulterio di cui è vittima. La sua esistenza, infatti, trova giustificazione unicamente nel lasso di tempo in cui riesce a riallacciare un legame con la moglie, anche se solo attraverso l’obiettivo telescopico. Il tempo dell’esperienza si addensa a tal punto da diventare visibile e concretizzarsi nello sdoppiamento dello spazio della coppia: la casa dalla quale si osserva e la casa sotto osservazione. Restituita la coppia alla sua polarità, il rapporto coniugale si sposta sul piano della percezione e dell’analisi d’ispirazione scientifica, disconoscendo definitivamente ogni istanza passionale.
In altri casi il tema dell’adulterio diventa invece l’occasione per la ristrutturazione della coppia: Malerba attua una sorta di duplicazione che non è una rappresentazione distopica del matrimonio, ma che, partendo
dall’assunto fondamentale dell’eternità del suggello, rivoluziona la modalità del proponimento matrimoniale e il suo mantenimento.
In Strategia, ancora una volta, l’artificio retorico coincide con l’artificio della storia e ricalca nella pratica letteraria l’affermazione di Alfredo Giuliani secondo cui «ciò che la poesia fa è precisamente il suo contenuto: se, poniamo, fa sospirare o annoia, la sua verità è, definitivamente, il sospiro e il tedio del lettore. E nei periodi di crisi il modo di fare coincide quasi interamente con il significato».84 È degno di nota che anche in questo caso il matrimonio è ridotto a pura coppia. L’elemento scatenante della vicenda è da ricondursi all’incapacità del matrimonio di resistere al di fuori della famiglia, in quanto marito e moglie si ritrovano di nuovo soli, dopo molti anni e dopo che i figli sono usciti di casa. Il protagonista, che come spesso accade è anche voce narrante a fuoco zero, architetta un piano meticoloso per far ingelosire la moglie e ridare slancio al matrimonio.
Se sul piano della storia il tradimento anziché rilanciare il matrimonio lo fa naufragare definitivamente, sul piano del racconto, grazie alla sua energia duplicante, avviene quanto Tony Tanner afferma a proposito dell’adulterio cioè l’istituzione di “contratto extracontrattuale”.85