CAPITOLO I – Contesti malerbian
3. Luigi Malerba e alcuni esempi della tradizione del racconto matrimoniale in Italia.
Alla libertà e al gusto per il paradosso, peculiari nella narrativa malerbiana di argomento matrimoniale, si contrappone la scrittura di autori come Natalia Ginzbur che concentrata la rappresentazione della scena coniugale scavando intorno a temi quali l’intimismo domestico e il lessico familiare e che per Luigi Malerba rappresentava l’emblema di una generazione di intellettuali con lo sguardo rivolto ancora solo al passato.
Tuttavia, l’indubbia distanza esistente tra le opere dei due andrebbe oggi riletta anche alla luce della costante attenzione di entrambi per la rappresentazione della figura femminile e delle scene matrimoniali che in più occasioni manifestano i tratti di una sensibilità comune.
Sia la dimessa ironia della scrittrice torinese che la veemenza polemica di Malerba, per esempio, hanno il pregio di sfociare in una normalizzazione del linguaggio privato liberandolo da una patina innaturale che non riflette la vita umana ma l’illusione flaubertiana che la vita sia un romanzo. Il linguaggio domestico adottato dalla Ginzburg, proprio in quanto frutto d’artificio retorico, è il risultato di un progetto di sperimentazione di tipo avanguardistico: scavando all’interno delle relazioni interpersonali e dei rapporti familiari che «a un certo punto è anche giusto mandar[e] un poco a farsi benedire»,61 la scrittrice piemontese rivendica non diversamente da Malerba e, aggiunge Domenico Scarpa, da Arbasino e Manganelli l’irrinunciabilità al primato della parola.
61 Natalia Ginzburg, Ti ho sposato per allegria, in Tutto il teatro, a cura di Domenico Scarpa, Torino,
Einaudi, 2005, p. 62. È significativo che mentre il Gruppo 63 si riuniva per la prima volta a Palermo,
Lessico famigliare fu insignito del premio Strega. Malerba, a mio avviso, si era limitato ad una lettura
superficiale dei testi della Ginzburg e ne aveva frainteso il potenziale innovativo riconducendo lo stile ginzburgiano alla «lagna» di pavesiana definizione e alla banalità del quotidiano, della consuetudine, del luogo comune e dell’imperativo categorico. Come sottolinea invece Domenico Scarpa, curatore delle più recenti riedizioni Einaudi dell’opera ginzburgiana, la scrittrice parla di come si formi una famiglia e di come il matrimonio sia una delle sue modalità esplicata nel linguaggio.
Come già nelle opere degli autori citati, l’ambiente in cui si muovono i personaggi ginzburgiani è puramente verbale anche laddove il lettore si aspetterebbe di trovare uno spazio scenico e il linguaggio diventa il luogo fisico in cui il matrimonio si legittima da sé. Le scene matrimoniali descritte sono generalmente ambientate in interni domestici, ma diversamente che nelle opere della Ginzburg le vicende malerbiane di rado ruotano62 intorno alle dinamiche della gestione della casa.
Diversamente che nelle trame del secolo precedente, nei racconti e nei romanzi di Malerba le mogli sono solo sporadicamente colte nell’atto di svolgere faccende domestiche: pulire, cucinare, rassettare, preparare i figli, organizzare un evento sociale. Non per nulla le eroine del romanzo di fine Ottocento sono in fuga dalle pareti in cui sono rinchiuse e scappano dalle costrizioni del matrimonio.
Lo scarto è ancora più evidente se prendiamo in esame il romanzo bölliano E non disse nemmeno una parola (1954): Käthe è madre e serva tra le pareti domestiche ed è moglie all’aperto, in un luogo pubblico, al luna park, per la strada, in negozio, in chiesa, al motel. Nel romanzo tedesco i personaggi sono indifesi, schiacciati tra la morale cattolica che vede nel matrimonio un legame indissolubile e nella realtà quotidiana, che inviterebbe alla separazione, la soluzione contro l’abbrutimento e il peccato.
La progressiva secolarizzazione cui va incontro la modernità e il venir meno della fiducia nelle istituzioni familiari lasciano un vuoto che è la lingua letteraria a colmare dando legittima dimora anche al matrimonio. La parola è l’unica casa possibile dove costruire o mantenere il rapporto di coppia, un rapporto che non funziona più sul piano sociale, ma che si mantiene ricco di promesse a livello dell’immaginario.
I personaggi di Itaca per sempre e di Fantasmi romani, per esempio, raccontano il loro matrimonio, non lo vivono. Il lettore li riconosce come
62 Le uniche eccezioni riguardano La scoperta dell’alfabeto le cui storie e personaggi sono legati ai cicli
della vita del mondo contadino e i racconti Il marito femminista e Il mostro inclusi nella raccolta intitolata
coppie perché essi intrecciano, riprendono, modificano, sovrappongono e correggono i loro stessi discorsi rendendoli inestricabili agli occhi del lettore. Egli infatti non può prescindere dall’uno o dall’altro durante il processo di interpretazione.
La ripetizione lessicale e la ripresa discorsiva che sono in Malerba l’occasione per mettere in discussione ogni certezza e porre interrogativi, acquistano invece nella scrittura di Natalia Ginzburg la puntualità e la precisione semantica che contraddistingue la commedia matrimoniale Ti ho
sposato per allegria.
Lo spettatore osserva i due protagonisti Giuliana e Pietro, nel primo atto sposi da pochi giorni, mentre costruiscono la loro relazione attraverso un instancabile confronto sul piano discorsivo. I due sono pressoché immobili sulla scena, ma stanno l’uno di fronte all’altro come due poli opposti:63 lui è in piedi, lei è a letto; lui crede ragionevolmente nel matrimonio, lei lo trova insensato; lui è metodico e serio, lei ingenua ma divertente. Le caratteristiche che li rendono così unici e complementari rappresentano inizialmente i due differenti approcci, maschile e femminile, di vedere e parlare del mondo. Ciò almeno fino all’ultimo atto della commedia, quando il lettore o lo spettatore si accorgono che marito e moglie hanno imparato a possedere un linguaggio comune che in sostanza è ciò che li rende una vera coppia sposata (e una delle rare coppie della letteratura che ride e sa ridere di sé):
Vittoria: «Io per mia madre potrei buttarmi nel fuoco» Pietro: «È proprio una salamandra»
Giuliana: «Una salamandra inutile».64
63 L’opposizione su cui si basa la pièce si ritrova anche nel racconto Lui e io incluso nelle Piccole virtù. 64 Natalia Ginzburg, Ti ho sposato per allegria, cit., p. 49. È pertinente in questo contesto rilevare anche la
funzione del ritratto del defunto Lamberto Genova. Entrambi i coniugi lo annoverano tra le loro più care amicizie, tuttavia sia il lettore sia i due personaggi sanno perfettamente che si parla di due persone diverse. Ne risulta che tale Lamberto, sdoppiato nell’aspetto e nel carattere, è in realtà presente perché occupa linguisticamente le conversazioni tra marito e moglie durante i tre atti della commedia, e consente a ciascuno dei due coniugi di esprimere la propria unicità. Ciò avviene interamente sul piano del linguaggio e favorisce la sintesi dei due opposti nella scena matrimoniale, invece che lo scontro aperto. La discussione intorno al signor Genova neutralizza nel presente l’unheimlich conservato nel passato di Pietro e Giuliana, prima del matrimonio.
La battuta di Pietro è in realtà una battuta che Giuliana aveva fatto precedentemente e di cui lui si è appropriato includendola nel proprio linguaggio. Questo è solo uno dei numerosi esempi presenti nel testo dove, con lo svolgersi della vicenda, le modalità espressive del marito e della moglie si modulano l’una sull’altra fino ad unificarsi a significare il compimento del matrimonio nel linguaggio.
Nelle Piccole virtù, invece, che segnano una svolta nella carriera della Ginzburg perché la rivelano anche come saggista degna di stima, emerge una concezione del matrimonio quale naturale evolversi dei rapporti umani durante tutto il corso della vita. La semplicità di tale affermazione non esclude dalla narrazione la difficoltà di condurre un rapporto coniugale, ma induce il lettore a credere che poco sia lo spazio di azione e di partecipazione dei singoli alla costruzione della coppia. La vita si fa dà sé. In quanto momento quasi inconsistente dell’Entwicklung, sembrerebbe, a differenza che nelle opere di Luigi Malerba, che il matrimonio non comporti alcuna presa di posizione, espressione di una volontà o di un vero e proprio atto creativo del soggetto.
Al contrario tale atto è ciò che contraddistingue la rappresentazione della scena matrimoniale nelle opere malerbiane: l’impulso alla creazione accomuna, paradossalmente, il Serpente a Fantasmi romani, romanzi in cui i due protagonisti maschili danno vita, l’uno nella propria mente, l’altro nel proprio progetto romanzesco, alla propria moglie. Penelope dà dignità e consistenza al proprio matrimonio perché trasforma il suo immaginario in materialità. Nel
Pataffio o nel Fuoco greco, invece, il matrimonio rappresenta una vera e propria
presa di posizione nei confronti un determinato codice di esercitazione del potere.
Se ne evince, peraltro, che per la Ginzburg, il cui primo legame fu di brevissima durata rispetto al seguente con Gabriele Baldini, il matrimonio non riveste né una funzione prettamente sociale, né una funzione prettamente privata, bensì si inscrive in un più complesso sistema che comprende i temi
eterni dell’esistenza.65 Tuttavia anche in questo caso, come nei testi malerbiani, i figli costituiscono un capitolo a sé rispetto alla vicenda della coppia, che è sempre colta nel mentre in cui si costituisce, cerca di comprendersi e di definirsi in quanto tale e non in quanto nucleo genitoriale.
Scritto nel 1962, questo testo fu definito da Italo Calvino «il più affettuoso poema della vita coniugale». Esso si inserisce in un trittico che secondo Domenico Scarpa potrebbe essere ribattezzato con il titolo comiques
maritales comprendendo anche La casa (1965), duetto buffo dai toni
autobiografici, e la commedia in tre atti Ti ho sposato per allegria (1965). I tre testi, rappresentativi della famiglia mononucleare senza figli prediletta anche da Malerba, presentano allo stato nascente quella struttura dialogica che interesserà i romanzi analizzati nel prossimo capitolo. Alla dialettica passato- futuro, generazione dei vecchi e dei giovani, infanzia-età adulta, va aggiunta l’intenzione di rappresentare le differenze che rendono unici e compatibili l’uomo e la donna.
La Ginzburg e Malerba condividono l’idea che non si tratti di differenze esteriori quanto di modalità di guardare e percepire il mondo. I loro personaggi imparano dalla lunga convivenza a bastare a se stessi per quello che sono e non hanno più bisogno del proprio passato. Vivere nel presente significa per la coppia creare una relazione di affetto ed intimità in cui in qualche modo il resto dei rapporti familiari resta escluso (le madri, le sorelle, i figli, gli amici). I caratteri ginzburgiani, però, partono da una condizione di inquietudine ed erranza per approdare al matrimonio come ad un porto sicuro di eredità manzoniana. Malerba invece capovolge la prospettiva e dallo stato
65 «[S]offriamo e ci lamentiamo, bisbigliamo domande sospettose, pur sapendo ormai così bene come
si svolge la lunga catena dei rapporti umani, la sua lunga parabola necessaria, tutta la lunga strada che ci tocca percorrere per arrivare ad avere un poco di misericordia», in Natalia Ginzburg, in I rapporti
umani, in Le piccole virtù (1962), Torino, Einaudi, 1998, p. 112. Ma anche qualche pagina prima: «La
cosa strana, con questa persona, è che ci sentiamo sempre così bene e in pace, con un largo respiro, con la fronte che era stata così aggrottata e torva per tanti anni, d’un tratto distesa; e non siamo mai stanchi di parlare e ascoltare […] Dopo molti anni, solo dopo molti anni, dopo che fra noi e questa persona si è intessuta una fitta rete di abitudini, di ricordi e di violenti contrasti, sapremo infine che davvero era la persona giusta per noi, che un’altra non l’avremmo sopportata, che solo a lei possiamo chiedere tutto quello che è necessario al nostro cuore» (pp. 104-105).
matrimoniale di quiete apparente scoperchia un vaso e mette alla berlina l’incoerenza delle relazioni umane e un legame a due tutt’altro che consuetudinario. A prescindere dal tempo vissuto insieme, i personaggi di entrambi gli autori per lo più si conoscono poco e male oppure mentono, a se stessi prima ancora che ai loro compagni. Le loro menzogne, di fatto, sono rivelatrici almeno quanto le verità, tant’è vero che, come afferma Malerba, la bugia è solo una delle possibilità a nostra disposizione per raccontare il vero, cioè raccontarlo alterandolo. Non è casuale che sia in Itaca per sempre sia in
Fantasmi romani il matrimonio sfoci proprio nella propensione alla scrittura:
Ulisse, o il presunto tale, rinuncia al folle volo per scrivere un poema sulle sue ventennali imprese e Giano decostruisce e ricostruisce il proprio matrimonio mentre sta scrivendo un romanzo segreto il cui soggetto coincide con il romanzo malerbiano di cui lui stesso è uno dei protagonisti.
Se vi è un testo della scrittrice piemontese che forse si avvicina maggiormente alla sperimentazione del Malerba maturo, quello è Lui e io. Esso rappresenta un riuscito tentativo di ripercorrere le tappe di un matrimonio guardando alle piccole cose: i tic, le abitudini e le manie che rendono i personaggi letterari un po’ più umani. La Ginzburg opta per una forma giustappositiva in cui i coniugi sono soggetti complementari, tuttavia mantengono modi e spazi di azione che li caratterizzano singolarmente. Pur rimanendo fedele alla concezione di una voce narrante unitaria, in questo racconto l’autrice insinua attraverso la descrizione dei comportamenti una duplicità del punto di vista che fa presagire l’evoluzione del romanzo matrimoniale italiano in seno allo sperimentalismo.
Se da un lato viene garantita l’individualità del soggetto all’interno della coppia grazie a un discorso su base antinomica, dall’altro la specularità dei personaggi li pone in relazione tra loro e li trattiene dentro la stessa cornice coniugale creata da un discorso narrativo di tipo monologico.
Una simile struttura con l’aggiunta di una tensione straniante vicina a quella malerbiana si riscontra in un racconto pubblicato nel 1968 da Dacia
Maraini. Mio marito si apre con una serie di elementi anaforici che riprendono il titolo del testo e della raccolta in cui è contenuto, e ad una prima lettura sembra caratterizzarsi per uno stile celebrativo del matrimonio basato su una sintassi quasi telegrafica e di tipo analettico.
Il narratore è connotato da una voce femminile interna ascrivibile alla moglie la quale, come nel Serpente, non dà mai una descrizione di sé. Si intuisce fin da principio che la moglie è pura voce e che la figura maritale, come nei due altri autori, è frutto di una operazione di story telling. La sua consistenza è una proiezione verbale dell’immagine che la donna ne ha, poiché ella osserva il suo matrimonio da spettatrice.
Il monologismo su cui è imperniato Mio marito, il linguaggio ironico e straniante e il paradosso della trama rivelano che il personaggio della moglie è solo apparentemente assente. Lo è dal punto di vista della storia perché la figura del marito occupa completamente lo spazio del racconto, ma al contempo tale figura è costruita linguisticamente dalla narrazione della donna. La celebrazione del marito infatti è costruita per essere ironicamente contestata. Essa è il frutto di una abnegazione totale della narratrice nei confronti dell’uomo che non le permette di vedere con onestà il proprio legame coniugale. L’elimiazione sua fisica, di cui il lettore viene a conoscenza solo alla fine della storia, crea uno iato dal quale prende avvio la liberazione della parola nella forma di story telling. La strategia narrativa messa in atto dalla Maraini richiama per la sua forza immaginativa lo sperimentalismo malerbiano66 in cui si assiste ad una modificazione della realtà attraverso uno sguardo deformante, ma anche attraverso la necessità di narrare un vuoto proveniente dall’esperienza del reale.
Tuttavia, se il libro della Maraini offre una collezione di ritratti di donna con lo scopo di mostrare i lati oscuri della femminilità e il matrimonio come
66 Per inciso, il personaggio della Maraini è a sua volta un collezionista di francobolli e ha le stesse
uno dei suoi luoghi di relegazione, nell’opera malerbiana la funzione del matrimonio rimane puramente narratologica.
4. Figure e topoi matrimoniali nelle opere di Luigi Malerba: