A. Centro crisi
3. Finalità ed intervento nella crisi
Da questa definizione deriva immediatamente il concetto di intervento nella crisi, da intendersi come un processo di aiuto e di facilitazione focalizzato sulla risoluzione della crisi stessa, attraverso la mobilitazione delle risorse personali, relazionali, sociali ed ambientali dell’individuo coinvolto, mediante un intervento interdisciplinare intensivo e concentrato in
un arco di tempo molto limitato. Ne sono destinatari tutti i pazienti e/o utenti che attraversano un momento di difficoltà, conformemente a quanto sopra esposto, che possono usufruire del servizio ottenendo una risposta tempestiva. Questo, secondo la letteratura e le esperienze internazionali, consente di ridurre sensibilmente i ricoveri in clinica psichiatrica e conseguentemente i costi sociali, permettendo a circa il 50% delle persone che utilizzano questo servizio (sempre in accordo con la letteratura) un rientro al proprio domicilio in tempi rapidi.
Un intervento orientato in tal senso si basa su alcuni principi ispiratori che possono essere così riassunti:
1. una crisi presenta sempre in sé stessa un potenziale di cambiamento positivo ed evolutivo e quindi deve essere considerata come una chance nella vita della persona;
l’intento fondamentale dell’intervento risiede pertanto nella non patologizzazione della persona;
2. la relazione interpersonale assume un carattere di centralità imprescindibile, sia nel senso di riconsolidare relazioni esistenti, che di costruirne di nuove (ad esempio, con gli operatori sociosanitari e con gli attori coinvolti nella rete terapeutico-assistenziale);
3. la mobilitazione delle risorse possedute dall’individuo, a cominciare dai meccanismi di risorse personali, rappresenta il fulcro dell’intervento, così come lo sviluppo di soluzioni alternative a quelle intraprese dall’individuo che permettano di affrontare la crisi attuale e di prevenire possibili crisi in futuro (ruolo di consulenza del personale specializzato coinvolto);
4. l’intervento, quindi, è strettamente individualizzato e deve considerare gli obiettivi, i bisogni e le condizioni di vita di ogni singolo utente, mettendo in secondo piano gli aspetti clinico-diagnostici; per garantire ciò, l’intervento deve ovviamente essere molto duttile e flessibile e gestito obbligatoriamente da un’équipe multidisciplinare altamente specializzata;
5. per promuovere l’autoefficacia e ripristinare meccanismi di coping adattivi, l’interessato deve necessariamente essere un partner attivo nel processo decisionale; l’équipe non deve in alcun caso sostituirsi al soggetto interessato;
6. occorre creare un ambiente tranquillo e sicuro, che venga percepito come una reale possibilità di rifugio (una base sicura); questo permette di ridurre lo stress senza introdurre un lavoro specifico per il contenimento delle emozioni;
7. occorre considerare la globalità della persona, la cui eventuale patologia psichica costituisce solo un fattore fra i tanti da valutare; in tal senso, non vanno sottovalutati gli aspetti quotidiani così come i bisogni culturali, religiosi e socio-economici;
8. la crisi presenta molti aspetti fenomenologici e processuali sovrapponibili alle conseguenze di un trauma psichico subito dall’individuo; molto spesso il trauma, di qualunque natura esso sia, costituisce la scaturigine della crisi stessa; sono conseguentemente numerose le sovrapposizioni fra l’intervento sulle conseguenze del trauma psichico e quello sulla crisi;
9. la crisi, per definizione, è temporanea; di conseguenza, temporaneo deve essere anche l’intervento. Se la crisi non è un’urgenza-emergenza psichiatrica, la risposta non necessariamente deve essere immediata, ma neppure può essere procrastinata troppo;
l’intervento idealmente dovrebbe essere attivato entro poche ore dalla segnalazione;
10. per garantire tutto quanto sopra esposto, soprattutto la costituzione di un luogo sicuro e la riattivazione delle risorse possedute dalla persona che viene ammessa al Centro,
il funzionamento del Centro stesso e la sua organizzazione spazio-temporale devono essere estremamente naturali e familiari, ricostituendo un ambiente domestico e sereno, in cui la dimensione dell’abitare riacquisti da subito tutte le connotazioni terapeutiche che le sono proprie.
Come già accennato, il Centro si rivolge a tutti i pazienti e/o utenti psichiatrici. Le segnalazioni possono arrivare da chiunque (autosegnalazione, familiari ed amici, medici generalisti, medici psichiatri, ecc.). Perché un intervento intensivo ed altamente specialistico possa avere un buon esito la fase iniziale (assessment dell’idoneità all’essere ammesso presso il Centro crisi, e accoglienza all’ingresso) costituisce un momento cardine di tutto il processo. Occorre stabilire dei criteri molto chiari affinché il Centro di contatto OSC possa verificare tempestivamente e dettagliatamente l’esistenza dei presupposti per l’ammissione, nonché gli obiettivi dell’intervento stesso ed indirizzare i pazienti al Centro crisi.
Considerata la peculiarità dell’intervento proposto e la sua intensività, utile sarebbe che l’operatore che effettua l’assessment e l’accoglienza rediga con l’ospite una sorta di contratto terapeutico iniziale.
Il Centro è attivo continuativamente 24/24 ore e 7/7 giorni all’anno e garantisce brevi ammissioni della durata di 7 giorni con la possibilità di prolungare il periodo in casi specifici.
Dal punto di vista operativo, risulta molto più semplice definire chiaramente i seguenti criteri di inclusione ed esclusione per il Centro crisi:
Criteri di inclusione per il Centro crisi:
1. età dai 18 a 65 anni;
2. volontarietà per la presa a carico;
3. crisi psichica nel contesto di un disturbo di personalità;
4. pazienti affetti da sindrome da disadattamento (in seguito a un lutto, a una separazione, a una perdita del posto di lavoro, ecc.);
5. pazienti affetti da reazione acuta da stress e disturbo post traumatico da stress;
6. pazienti affetti da episodio di depressione e di psicosi;
7. pazienti affetti da suicidalità e/o aggressività senza pericolo acuto;
8. pazienti affetti da scompenso di disturbi di ansia e di altri disturbi nevrotici.
Criteri esclusione per il Centro crisi:
1. età < di 18 anni e > di 65 anni (l’età si riferisce all’utente diretto dell’intervento del Centro crisi, ferma restando la possibilità di accogliere un figlio minore se convivente con l’utente);
2. progettazione suicidale attiva o grave tentativo di suicidio;
3. rischio di agiti etero aggressivi;
4. intossicazione acuta da sostanze psicotrope di qualunque natura;
5. comorbidità internistica in fase di scompenso;
6. ricovero in clinica psichiatrica con dimissione nelle ultime quattro settimane dalla richiesta di ricovero presso il Centro crisi (dal momento che è molto probabile che la richiesta di intervento sia correlata in realtà ad una riacutizzazione del quadro
psicopatologico che aveva condotto al precedente ricovero in clinica, più che ad una condizione di crisi);
7. precedente ammissione al Centro crisi nelle sei settimane antecedenti la nuova richiesta di ammissione (dal momento che, in questo caso, è più che verosimile che la nuova crisi sia determinata da una sostanziale instabilità del quadro psicopatologico, che pertanto meriterebbe un ricovero in ambiente stazionario e non una gestione territoriale).
Valutando un prospetto relativo alla possibile utenza del Centro crisi, a fronte del numero di ammissioni in CPC effettuate nel corso del 2020 (1718) e utilizzando unicamente i criteri di volontarietà del ricovero, età compresa tra i 18-65 anni, assenza di intossicazione acuta, avremmo i seguenti dati:
1. pazienti con degenza di 5 gg o meno: 112 pazienti volontari all’ammissione di età tra i 18 e i 65 anni e senza intossicazione acuta da alcol o sostanze;
2. pazienti con degenza di 7 gg o meno: 179 pazienti volontari all’ammissione di età tra i 18 e i 65 anni e senza intossicazione acuta da alcol o sostanze;
3. pazienti con degenza di 14 gg o meno: 366 pazienti volontari all’ammissione di età tra i 18 e i 65 anni e senza intossicazione acuta da alcol o sostanze.