Le imprese familiari nel loro percorso di crescita, a volte non voluto ma necessario per sopravvivere sul mercato, come già detto in precedenza, aumentano la complessità in ambito di struttura e organizzazione. Con lo sviluppo inoltre assume sempre più importanza la gestione della funzione finanza, il cui ruolo principale consiste nel predisporre i mezzi finanziari per sostenere impieghi caratteristici della gestione corrente e della politica degli investimenti: sarà dunque opportuno conoscere i flussi finanziari globali dell’azienda per esercitare al meglio tale funzione e ottimizzare la struttura finanziaria, quindi raggiungere il giusto equilibrio tra fonti di finanziamento e impieghi al minimo costo del capitale.
Dalle indagini condotte nel corso degli anni si riscontra che, nelle piccole realtà, tale comparto non presenta un responsabile d’area ma è l’imprenditore ad occuparsene; le scelte in tema, quindi, non sono oggetto di specifiche analisi, data la mancanza di una direzione finanziaria con proprie responsabilità e autonomie141.
Richiamando un termine già utilizzato in letteratura142, la finanza nelle realtà delle PMI familiari, viene definita “finanza povera” che rimane indistinta dalla funzione amministrativa e viene affiancata da una catena di comando ridotta nonché da una sovrapposizione tra controllo e gestione. L’arretratezza rilevata nell’ambito in questione è giustificata dai motivi richiamati anche dalla carenza in ambito di struttura organizzativa: si fa riferimento alla mancanza delle competenze necessarie dell’imprenditore che, come appena detto, tende ad accentrare in se ogni funzione, senza compiere una pianificazione finanziaria e
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NEWFIN Ricerche, Università Bocconi n.52 di settembre 1995, pag. 63. 142
65 affidandosi spesso all’istinto e all’esperienza per il superamento di alcune difficoltà. Ciò che manca è la definizione di una strategia finanziaria che rispetti gli obiettivi economici prefissati e raggiunga l’equilibrio tra gli investimenti e le fonti di finanziamento: il soddisfacimento dei bisogni aziendali quotidiani prevale dunque sulla necessità di definire una pianificazione finanziaria143. In ambito finanziario, a rivestire un ruolo di notevole importanza è la banca, che ha la capacità di indurre le imprese a modificare i livelli di indebitamento, quindi le scelte strategiche ad essi associati. Il peso di questa figura è determinato da motivi quali, ad esempio, la possibilità di accedere al credito senza duri condizionamenti e di rispondere al fabbisogno aziendale in modo più preciso. La complessità del sistema bancario ha però negli anni inasprito il rapporto banca-impresa. È su questo proposito che interviene il Comitato di Basilea144, il cui compito principale è quello di garantire la stabilità del sistema finanziario globale attraverso un insieme di regole sulla vigilanza bancaria. La novità più
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SAVARIS R., La pianificazione finanziaria integrata dell’impresa familiare, Progetto SMEFIN – Ridisegno dell’infrastruttura finanziaria delle reti di imprese.
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Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria è stato fondato alla fine del 1974 dai governatori delle banche centrali del Gruppo dei Dieci (G 10) in seno alla Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) di Basilea. Il Comitato è composto dai rappresentanti delle banche centrali e dalle autorità di vigilanza bancaria di 27 Paesi; non ha il potere legislativo ma interviene sull’ordinamento interno degli Stati attraverso l’emanazione di proposte che ogni paese recepisce modificando proprie norme.
Il primo accordo venne elaborato dall’organo suddetto nel 1988 e denominato Basilea I: con esso venne introdotto per le banche il requisito patrimoniale minimo con lo scopo di regolarne il comportamento e contenere i rischi relativi all’intermediazione creditizia (rischio di credito) e quelli derivanti dagli investimenti in strumenti finanziari (rischio di mercato).
Dati i consistenti limiti di Basilea I, si elaborò e pubblicò nel 2008 una seconda versione, dal nome Basilea II, fonte di consistenti novità e basata su un sistema integrato, sorretto da 3 pilastri: (1) requisiti patrimoniali, (2) controllo prudenziale e (3) disciplina del mercato.
In risposta alla crisi finanziaria del 2007-2008 e con l'intento di perfezionare la preesistente regolamentazione prudenziale del settore bancario, il Comitato approvò infine Basilea III, strumento per prevenire l’eccessiva assunzione di rischi da parte degli operatori, rendere il sistema finanziario più solido e stabilire un terreno di gioco uniforme.
66 importante in tema di aziende venne introdotta dalla seconda versione dell’accordo (Basilea II), pubblicato dall’organo suddetto nel 2008: all’interno del pilastro relativo ai requisiti di adeguatezza patrimoniale richiesti alle banche per la salvaguardia dal rischio di credito vi è l’introduzione di un nuovo strumento di valutazione, il “rating”: il rischio di credito dell’azienda cliente viene misurato dal valore di rating ad essa associato e dal quale deriva la definizione di merito creditizio buono o critico; il tal modo l’impresa verrà giudicata più o meno capace di assolvere totalmente e in modo puntuale i propri doveri di pagamento. Il mancato rispetto dei doveri finanziari è compensato da condizioni finanziarie peggiori quindi da tassi d’interesse applicati più alti145. Gli istituti di credito possono avvalersi di una valutazione fatta da un soggetto esterno ovvero di un rating elaborato al loro interno.
Questa novità in tema di giudizio sul merito creditizio comporta un cambiamento nel rapporto banca-impresa che può però definirsi in parte negativo se si guarda alle imprese di piccole e medie dimensioni che in tal modo, data la loro minore qualità, subiscono una restrizione di accesso al credito e delle condizioni di finanziamento peggiori. Per queste realtà il sistema di rating è divenuto uno strumento di calcolo del costo e quindi una variabile dalla quale far dipendere la struttura e le strategie in campo finanziario.
Fondamentale è dunque il ruolo della funzione finanza, soprattutto per il mantenimento della coerenza tra la struttura delle fonti e quella degli investimenti: è richiesta la massima attenzione in tema di programmazione di risorse e di sviluppo.
Un mezzo per attenuare questi limiti legati alla propria dimensione è rappresentato dalla comunicazione: attraverso la riduzione delle asimmetrie informative presenti tra i soggetti coinvolti, azienda e istituti di credito, si potrà
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Mauro M., “Il ruolo della funzione finanza nelle aziende a proprietà familiare. L’influenza sul valore”, in Enrico Viganò (a cura di), La sensibilità al valore nell’impresa familiare, Cedam 2006.
67 compiere, attraverso modelli di pricing, la definizione delle condizioni di credito più vicine alla realtà aziendale richiedente fondi.
Purtroppo la comunicazione informativa non è un’abitudine presente nelle imprese con a capo una famiglia, data la loro limitata propensione a diffondere dati economici, patrimoniali e finanziari a terzi e, questo “difetto” si verserà sul merito creditizio calcolato dalle banche che chiederanno maggiori garanzie e applicheranno condizioni che renderanno più alto costo d’indebitamento.