Parte III – Analisi del Programma nazionale di Riforma
3. Le politiche pubbliche nel programma nazionale di riforma
3.1. Finanza pubblica e tassazione
3.1.1. Politica di bilancio
All’interno della prima Raccomandazione del Consiglio si chiede
all’Italia di “Assicurare che il tasso di crescita nominale della spesa
pubblica primaria netta non superi lo 0,1 % nel 2019, corrispondente a un
aggiustamento strutturale annuo dello 0,6 % del PIL.”, in sostanziale
continuità con quanto richiesto nelle raccomandazioni degli anni precedenti.
Al riguardo nel DEF si afferma che il Governo, pur condividendo
l’enfasi sulla riduzione del debito, opta per un “miglioramento del saldo
strutturale più graduale rispetto alla Raccomandazione del Consiglio,
che implicherebbe una eccessiva restrizione di bilancio”, osservando che
“considerazioni di carattere sociale debbano ricevere altrettanta attenzione
dei saldi di bilancio nella definizione della politica economica”.
Per quanto riguarda i saldi di finanza pubblica il DEF individua il
seguente scenario programmatico.
L’indebitamento netto della PA è confermato pari al 2,4 per cento del
PIL nel 2019, per poi scendere al 2,1 per cento nel 2020, all’1,8 per cento
nel 2021 e all’1,5 per cento nel 2022.
Il saldo strutturale peggiora di 0,1 punti percentuali nel 2019 (ma
risulterebbe in lieve miglioramento al netto della clausola per eventi
eccezionali), mentre nei successivi tre anni è previsto in miglioramento, di
0,2 punti percentuali di PIL nel 2020 e di 0,3 all’anno nel 2021 e nel 2022,
Nel complesso, quindi, il saldo strutturale scende dal -1,5 per cento del PIL
nel 2019 al -0,8 per cento nel 2022.
A giudizio del Governo tali valori sarebbero “in linea con una graduale
convergenza verso il pareggio strutturale” previsto dal Patto di stabilità e
crescita, […] pur puntando in media a miglioramenti del saldo strutturale
più contenuti in confronto ad un’interpretazione letterale delle regole”.
Il rapporto debito/PIL è previsto salire dal 132,2 per cento del 2018 al
132,6 per cento a fine 2019, mentre una graduale discesa è prevista per il
successivo triennio, al 131,3 per cento nel 2020, 130,2 per cento nel 2021 e
al 128,9 per cento nel 2022.
Al riguardo il Governo osserva che “La sostanziale compliance del
programma di finanza pubblica con il braccio preventivo del patto di
stabilità e crescita dovrebbe costituire un fattore rilevante per la valutazione
dell’osservanza della regola del debito da parte dell’Italia, che la
Commissione europea dovrà effettuare sulla base del consuntivo 2018”.
Si segnala che nella Relazione Paese per l’Italia del 2019 la Commissione
conclude che “Il rapporto debito pubblico/PIL rimane molto alto e i piani di
bilancio attuali, insieme all'indebolimento della ripresa e all'aumento dei costi di
finanziamento, impediscono che continui a diminuire. […] Secondo le previsioni,
gli squilibri che permangono non dovrebbero riassorbirsi nel breve periodo o
potrebbero addirittura deteriorarsi nei prossimi anni. Le proiezioni del Governo
51danno un rapporto debito pubblico/PIL in crescita a quasi il 132 % nel 2018 e
indicano che tale valore dovrebbe rimanere stabile nel 2019 e nel 2020, senza
prendere in considerazione i proventi presunti da privatizzazioni e il gettito IVA
previsto dall'attivazione delle clausole di salvaguardia. […] L'espansione di
bilancio prevista dal governo non prevede misure efficaci per far fronte alla
debole crescita potenziale dell'Italia e, in particolare, per colmare il persistente
divario di produttività rispetto alla media dell'UE. […] Alcune misure previste nel
bilancio 2019 rappresentano un'inversione di marcia rispetto a componenti di
precedenti importanti riforme, in particolare nel settore delle pensioni, che
possono minacciare la sostenibilità delle finanze pubbliche”.
Poiché la risposta del Governo a tale raccomandazione è illustrata in
maniera diffusa all'interno del DEF si rinvia (anche al fine di evitare
duplicazioni di contenuti tra le diverse parti del presente dossier), in
particolare, alla sezione relativa al Percorso programmatico di finanza
pubblica, nonché alle schede che seguono (della presente sezione) per
quanto concerne gli interventi della strategia di riforma del Governo
suscettibili di incidere in modo più rilevante sull’andamento della spesa
pubblica e, quindi, sull’aggiustamento strutturale richiesto.
3.1.2 Tassazione e contrasto all’evasione
Nella raccomandazione 1, il Consiglio dell’Unione europea dopo avere
rilevato che nessun progresso è stato realizzato nel 2018 riguardo
all'alleggerimento della pressione fiscale sui fattori produttivi, alla revisione
delle agevolazioni fiscali e alla riforma del sistema catastale, mentre
progressi limitati si sono avuti nel potenziamento delle fatturazioni e dei
pagamenti elettronici obbligatori, raccomanda che si sposti la pressione
fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e
riformando i valori catastali non aggiornati, e che si intensifichino gli
sforzi per ridurre l'economia sommersa, in particolare potenziando i
pagamenti elettronici obbligatori mediante un abbassamento dei limiti
legali per i pagamenti in contanti.
La Commissione europea, nella Relazione per Paese 2019 relativa
all'Italia, sottolinea che il sistema fiscale italiano grava pesantemente sul
lavoro e sul capitale, mentre altre fonti di entrate sono sottoutilizzate; le
entrate derivanti dalle imposte sul lavoro in percentuale del totale del
gettito fiscale corrispondono alla media dell'UE, ma rimangono
relativamente elevate in percentuale del PIL. Di fatto, il cuneo fiscale sul
lavoro a parere dell’UE è uno dei più elevati dell’Unione, pari al 47,7% nel
2017 sul salario medio del lavoratore a fronte di una media UE del 42,8%.
Analogamente, nel 2017 il carico fiscale sul capitale era ben superiore alla
media UE.
Al contrario, la Commissione rileva che le entrate derivanti dall'imposta
sul valore aggiunto (IVA) sono relativamente basse, pari al 14,9% del
gettito fiscale complessivo nel 2017, rispetto al 18,1% per l'UE.
La Commissione sottolinea anche che non vi sono ancora piani per
ridurre il numero e la portata delle spese fiscali, non sia stato riformato
l'obsoleto sistema catastale e che l’estensione del regime forfettario
determinerà una perdita netta di gettito mentre viene valutata
positivamente l’introduzione dell'obbligo della fatturazione elettronica.
In tema di tassazione, il Governo attribuisce un ruolo centrale alla
riduzione della pressione fiscale sui redditi per la creazione di un clima
più favorevole alla crescita. In particolare, l’azione di riforma fiscale
riguarderà l’attuazione progressiva di un sistema di flat tax come
componente importante di un modello di crescita più bilanciato.
La pressione fiscale, che nel 2018 si è attestata al 42,1 per cento del
PIL, rimane infatti elevata, ma il Governo intende agire per ridurla
gradualmente su famiglie e imprese, anche grazie alle azioni di contrasto
dell’evasione e dell’elusione fiscale.
Per il 2019 è stata introdotta una prima riduzione attraverso
l’estensione del regime forfetario (fino a 65.000 euro di ricavi), sostitutivo
di IRPEF e IRAP, che assoggetta all’aliquota del 15 per cento una base
imponibile forfettizzata (i soggetti che aderiscono a questo regime
agevolato sono anche esentati dal versamento dell’IVA). A partire dal 1°
gennaio 2020, un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e dell’IRAP con
aliquota del 20 per cento sarà applicata a imprenditori individuali e
lavoratori autonomi con ricavi compresi tra 65.000 e 100.000 euro.
Inoltre per incentivare gli investimenti, il cd. decreto-legge crescita, in
via di emanazione, consente alle imprese di beneficiare di una riduzione
Si segnala che tale norma è già contenuta nella legge di bilancio 2019 (commi
28-34) che prevede - dal periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2018 -
l’applicazione di un’aliquota IRES agevolata al 15 per cento (in luogo
dell’ordinaria 24 per cento) a una parte del reddito delle imprese che
incrementano i livelli occupazionali ed effettuano nuovi investimenti, nonché
l’applicazione di tale agevolazione alle imprese soggette a IRPEF.
L’azione di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale, fondamentale
nell’assicurare l’equità del prelievo e tutelare la concorrenza tra le imprese,
sarà perseguito attraverso il potenziamento di nuove tecnologie per
effettuare controlli mirati.
Dall’analisi della Relazione sull’economia non osservata e
sull’evasione fiscale e contributiva 2018, emerge che per il triennio
2014-2016 - per il quale si dispone di stime complete per tutte le imposte e
contributi considerati - il tax gap complessivo è stato pari a circa 109
miliardi, di cui 97,6 miliardi di mancate entrate tributarie e 11,4 miliardi di
mancate entrate contributive.
Nel 2019, il Governo si impegna a monitorare - attraverso la
Commissione che redige la predetta relazione - l’applicazione dei recenti
interventi adottati per la prevenzione e il contrasto dell’evasione, come
l’inserimento del canone RAI nella bolletta elettrica e la fatturazione
elettronica.
Sul punto il Governo rileva che con l’introduzione dal 1° gennaio
dell’obbligo di fatturazione elettronica tra operatori economici e dal 1°
luglio 2019 dell’obbligo di invio telematico dei corrispettivi (per i
soggetti con un volume d’affari superiore a 400.000€), le basi dati saranno
alimentate da nuovi flussi informativi utilizzabili per incentivare
l’adempimento dei contribuenti. A tale proposito si rileva che già nel primo
mese di operatività dell’obbligo di fatturazione elettronica sono più che
raddoppiate le fatture elettroniche inviate all’Agenzia delle Entrate: i
dati mostrano un trend in forte ascesa, con 228 milioni di file inviati da
parte di oltre 2,3 milioni di operatori.
Il Governo rappresenta come con il decreto-legge n. 119 del 2018
(decreto fiscale) sono state introdotte disposizioni volte ad agevolare la
chiusura delle posizioni debitorie aperte, per consentire all’attività di
riscossione ordinaria di riprendere con maggiore efficienza. Lo stesso
obiettivo viene perseguito con riguardo al contenzioso, favorendo la
chiusura delle liti pendenti Nel 2019 sarà valutata la possibilità di
introdurre misure simili anche per le posizioni debitorie delle imprese.
Il medesimo decreto fiscale ha disposto inoltre che dal 1° luglio 2019 il
processo telematico diventerà obbligatorio anche in materia tributaria,
imprese: il valore economico delle controversie tributarie attivate nel 2018
è stato pari ad oltre 24 miliardi, mentre il valore dei giudizi pendenti, nei
due gradi di giudizio al 31 dicembre del medesimo anno, si attesta a circa
43 miliardi.
Tra gli interventi in materia fiscale adottati con la legge di bilancio
2019, il DEF ricorda la sterilizzazione per il 2019 dell’aliquota IVA
ridotta del 10 per cento e dell’aliquota IVA ordinaria del 22 per cento, con
un impatto di circa 12,5 miliardi; la proroga delle detrazioni per interventi
di efficienza energetica, ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di
mobili e grandi elettrodomestici, nonché per interventi di sistemazione a
verde. In materia di tassazione immobiliare, si segnalano l'aumento dal
20% al 40% della deducibilità dell'IMU sugli immobili strumentali dal
reddito di impresa e di lavoro autonomo, l'introduzione della cedolare
secca anche per le locazioni degli immobili commerciali (categoria C/1
entro i 600 mq), l'estromissione agevolata dell'immobile strumentale
dell'imprenditore individuale e la rivalutazione del valore dei terreni (e
delle partecipazioni), agli effetti della determinazione delle plusvalenze.
Il Governo sottolinea che è attualmente all’esame della Camera - già
approvato dalla Commissione Finanze e ora in discussione in Assemblea -
anche un disegno di legge sulle semplificazioni fiscali che ha l’obiettivo di
modificare il calendario fiscale e snellire gli adempimenti dichiarativi e
comunicativi. Tra le misure contenute nel testo vi sono il divieto per
l’amministrazione finanziaria di chiedere ai contribuenti, in sede di
controllo formale delle dichiarazioni dei redditi, certificazioni e documenti
relativi a informazioni disponibili nell’anagrafe tributaria;
l’ampliamento dell’ambito operativo del versamento unitario F24; misure
agevolative, sotto forma di abbuoni sui prezzi e di credito d’imposta, per
incoraggiare l’aumento della percentuale di imballaggi riutilizzabili o
avviati al riciclo immessi sul mercato e benefici finanziari e fiscali, sotto
forma di crediti d’imposta per l’acquisto di prodotti da riciclo e da riuso.
3.1.3 Privatizzazioni e valorizzazione del patrimonio pubblico
All’interno della prima Raccomandazione del Consiglio si chiede
all’Italia di “utilizzare le entrate straordinarie per accelerare la riduzione
del rapporto debito pubblico/PIL”, in continuità con quanto richiesto nelle
raccomandazioni degli anni precedenti.
Come già previsto nei precedenti documenti programmatici del Governo,
anche nel DEF 2019 il programma di privatizzazioni viene richiamato
come uno degli strumenti che contribuiscono all’azione di consolidamento
dei conti pubblici
Il DEF 2019 conferma, tra gli obiettivi programmatici, introiti da
privatizzazioni e da altri proventi finanziari per 1 punto di PIL nel 2019 e
per 0.3 punti nel 2020 (non sono previsti introiti, invece, nel 2021), senza
tuttavia fornire elementi informativi in merito agli introiti fin qui conseguiti
e alle procedure di privatizzazione avviate o programmate.
Il Documento ricorda, quindi, che nel corso del 2018 (come anche nel
2017) non sono stati registrati introiti da privatizzazioni, al contrario di
quanto ipotizzato nei precedenti obiettivi programmatici.
Si segnala che nella Relazione Paese per l’Italia del 2019 la Commissione
osserva che “Gli obiettivi di privatizzazione fissati per i prossimi anni,
particolarmente ambiziosi per il 2019, sono soggetti a significativi rischi al
ribasso alla luce dei risultati insoddisfacenti osservati negli ultimi anni”,
concludendo che senza prendere in considerazione i proventi da privatizzazioni, il
rapporto debito pubblico/PIL dovrebbe rimanere stabile intorno al 132 % (a fronte
delle proiezioni del Governo, nella NADEF 2018, pari al 130,7% ipotizzando tali
proventi).
Il DEF conferma, altresì, il ruolo della valorizzazione del patrimonio
immobiliare nella strategia economica e di bilancio; tali interventi
rientrano infatti tra le misure volte alla riduzione del rapporto debito/PIL.
Il PNR stima che per il 2018 i proventi derivanti dalle vendite di
immobili pubblici ammontino a 825 milioni di euro. Il programma
straordinario di dismissioni immobiliari stabilito dalla legge di bilancio
2019 per il triennio 2019-2021 prevede un introito di 1,25 miliardi, ulteriore
rispetto agli 1,84 miliardi già previsti a legislazione vigente.
Più precisamente, il Governo ricorda che la Legge di Bilancio per il 2019
(articolo 1, commi 422-433 della legge n. 145 del 2018) prevede un
programma di dismissioni immobiliari volto a conseguire un introito pari a
950 milioni di euro nel 2019 e 150 milioni per ciascuno degli anni 2020 e
2021. La dismissione è effettuata secondo un piano, da adottarsi entro il 30
aprile 2019 con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su
proposta del Ministro dell'economia e delle finanze (al momento della
redazione del presente lavoro detto decreto non risulta ancora emanato).
Nel Programma Nazionale di Riforma il Governo fornisce alcuni dati
sugli immobili pubblici: sulla base della ricognizione annuale del MEF, il
valore patrimoniale dei fabbricati pubblici censiti, pari a circa 1 milione di
unità catastali, è stimato in 284 miliardi, per la maggior parte (78 per cento)
riconducibile a fabbricati utilizzati direttamente dalla PA (circa 222
miliardi) e quindi non disponibili, nel breve-medio termine, per progetti di
valorizzazione e dismissione. Il restante 22 per cento è dato in uso, a titolo
gratuito o oneroso, a privati (48 miliardi), oppure risulta non utilizzato (12
miliardi) o in ristrutturazione (2 miliardi). Al 31 dicembre 2018, i beni
statali affidati all’Agenzia del Demanio risultano pari complessivamente a
42.866 immobili, fabbricati e terreni, per un valore di circa 60,82 miliardi.
In termini di valore, l’85 per cento è costituito da immobili in uso
governativo, circa il 12 per cento da beni del demanio storico-artistico e
altro patrimonio indisponibile e solo il restante 3 per cento da patrimonio
disponibile.
Con riferimento alle attività dell’Agenzia del demanio sugli immobili
utilizzati a fini istituzionali, l’esecutivo rileva come esse siano orientate ad
una gestione economica più efficiente, attraverso la razionalizzazione degli
spazi in uso e la rinegoziazione dei contratti di locazione. Le locazioni
passive per la PA centrale ammontavano per l’anno 2014 a oltre 900
milioni; a seguito delle misure di rilascio e razionalizzazione intervenute
nel corso del tempo, nel 2018 la spesa per canoni complessiva si è ridotta
attestandosi a circa 800 milioni. Il Governo prevede di ottenere un
risparmio, a regime, di circa 200 milioni rispetto alla spesa sostenuta al
31 dicembre 2014.
Per quanto invece concerne le risorse affidate all’Agenzia del Demanio,
il Governo afferma che essa intende gestire nei prossimi anni 2,3 miliardi di
euro - già stanziati dalle vigenti leggi - di cui circa 1,1 miliardi per la
riqualificazione sismica ed energetica degli immobili statali e 1,2 miliardi
destinati alla razionalizzazione degli usi governativi per l’abbattimento
della spesa per locazione passiva. Ricorda inoltre le iniziative per la
riduzione del rischio sismico, avviate dall’Agenzia a dicembre 2018 e in
prosecuzione nel 2019.
Per quanto riguarda l’attuazione del federalismo demaniale, l'Agenzia
del Demanio ha effettuato 5.244 trasferimenti di immobili nell’ambito di
quello ordinario e 150 trasferimenti con il federalismo culturale.
Quanto ai fondi immobiliari gestiti da INVIMIT Sgr, interamente
partecipata dal MEF, si segnala che gli immobili pubblici apportati a detti
fondi, al 31 dicembre 2018, presentavano un valore in termini di Asset
Under Management, pari a circa 1,38 miliardi; a fronte di tali apporti sono
state emesse quote destinate a essere successivamente collocate sul
mercato. I proventi generati dalla vendita delle quote dei fondi, se facenti
riferimento agli immobili dello Stato, possono essere destinati al Fondo per
l’ammortamento di titoli di Stato, mentre quelli relativi agli immobili degli
altri enti sono contabilizzati a riduzione del debito dell’ente, contribuendo
in tal modo al contenimento del debito pubblico consolidato.
3.1.4 Revisione della spesa
Per quanto riguarda la revisione della spesa (spending review), il
Documento preannuncia “un paziente lavoro di revisione della spesa
corrente”, che porterà a un primo pacchetto di misure nella legge di
bilancio per il 2020.
Il programma di spending review comporterà risparmi di spesa corrente
pari a 2 miliardi nel 2020 (ammontare invariato rispetto al 2019) a 5
miliardi nel 2021 e a 8 miliardi nel 2022 (valori cumulati).
Il DEF riporta poi (in un apposito focus: Sezione I, pag.13) i risultati
della nuova procedura di spending review dei ministeri integrata nel ciclo di
bilancio. La procedura è stata adottata per la prima volta nella fase di
formazione del disegno di legge di bilancio 2018-2020, nell’ambito della
quale è stato definito un contributo aggregato dei Ministeri alla manovra
di finanza pubblica pari a 1 miliardo in termini di indebitamento netto,
successivamente ripartito tra i vari ministeri con il D.P.C.M. del 28 giugno
2017. Per un obiettivo complessivo di risparmio pari a 1 miliardo di euro
sono stati ridotti gli stanziamenti dei capitoli di bilancio corrispondenti per
circa 1,3 miliardi di euro.
Nel focus si rileva che sulla base delle evidenze contabili e delle
informazioni contenute nelle relazioni trasmesse da ciascun Ministero, le
voci del bilancio statale interessate dalla procedura mostrano un’effettiva
riduzione della spesa nel 2018 rispetto agli andamenti tendenziali e, anche,
in confronto con la gestione 2017. La situazione è, tuttavia, differenziata a
seconda degli interventi considerati e, per alcuni di essi, sono emersi rischi
per il completo conseguimento dell’obiettivo di risparmio, a fronte dei
quali le amministrazioni hanno raramente proposto interventi correttivi.
Ulteriori elementi sui risultati e le criticità della prima applicazione della nuova
procedura di spending review dei ministeri sono contenute nell’apposito allegato
al DEF, trasmesso in attuazione dell’articolo 22-bis, comma 5, della legge n. 196
del 2009 (Legge di contabilità) (Doc. LVII, n. 2 - Allegato VI).
Nel documento
2019 D OCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA
(pagine 128-136)