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La flessibilità e l'attivazione nelle politiche del lavoro europee

3. Le politiche del lavoro e i giovani

3.2 La flessibilità e l'attivazione nelle politiche del lavoro europee

A partire dalla metà degli anni ’90 il dibattito che vede riuniti studiosi e decisori politici in merito agli assetti regolativi del mercato del lavoro e alle politiche di inserimento lavorativo si concentra sulla questione della flessibilità. Il concetto, che viene ampiamente diffuso a partire dalle sue declinazioni nell’ambito della Strategia Europea per l’Occupazione66, viene individuato come

strumento chiave per accrescere l’occupabilità dei giovani, considerato un ambito critico per la partecipazione al mercato del lavoro (De Luigi e Rizza 2011). La logica di questo discorso si fonda sulla convinzione che lo sviluppo economico e produttivo, fortemente influenzato da globalizzazione, innovazione tecnologica e terziarizzazione, sia possibile solo aumentando il livello di flessibilità e riducendo il costo dell’apparato normativo (Esping-Andersen 2000).

Secondo tale interpretazione le cause della disoccupazione sono da ricercarsi, in particolare, oltre che nella scarsa occupabilità dei giovani anche nel disequilibrio tra incentivi e vincoli nelle politiche attive del lavoro. Le soluzioni indicate riguardano l’attenuazione delle rigidità del mercato del lavoro, troppo regolato normativamente, e della protezione sociale, che non incentiva l’iniziativa individuale e favorisce la creazione di circoli viziosi, a causa della dipendenza dai benefici di welfare (De Luigi e Rizza 2011).

Una prospettiva critica rispetto a tale interpretazione a favore di politiche di de-regolamentazione del mercato del lavoro e, conseguentemente, dei contratti a termine, si riallaccia al concetto di segmentazione duale del mercato del lavoro, secondo cui, a lato di un segmento primario che garantisce alla manodopera carriera e stabilità, esiste un secondo segmento, caratterizzato da bassi salari, instabilità dell’impiego e forti rischi di restare immobilizzati in una continua successione di

65 Si fa riferimento in questo caso al Titolo VII del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, in tema di norme

comuni sulla concorrenza e in tema di aiuti di stato.

66 SEO, Strategia Europea per l’Occupazione, viene definita nel processo di Lussemburgo del 1997, e prevede 4 assi

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impieghi temporanei e discontinui oltre a episodi di disoccupazione. E’ questo, ad esempio, il caso dell’Italia in cui alcuni interventi legislativi67 volti a liberalizzare il mercato del lavoro e i rapporti di

impiego temporanei hanno prodotto una forte crescita del coinvolgimento dei più giovani in occupazioni temporanee. Le conseguenze di tali scelte sono l’aumento di precarietà nelle carriere dei giovani, con l’alternanza di contratti a termine e disoccupazione non protetta, la strutturazione di un sistema del lavoro dualistico68, la mancanza di passaggi tra i due sistemi, la persistente e crescente

disoccupazione giovanile e la crescita dell’area dell’inattività69.

Accanto alla flessibilità, un ulteriore elemento, rappresentato dalla politica di attivazione, ha caratterizzato la strategia europea per aumentare l’occupazione degli ultimi anni.

Il concetto di attivazione è introdotto a seguito del vertice di Lisbona del 200070, che, al fine di

estendere il processo di unificazione europea, oltre alle politiche monetarie e commerciali, anche alle politiche occupazionali, avvia una modernizzazione delle politiche sociali e del lavoro con l’identificazione di specifici obiettivi da raggiungere71, risultato di un nuovo orientamento delle

politiche stesse verso una maggiore partecipazione al mercato del lavoro, e individua, come la principale causa della cattiva performance economica e occupazionale registrata in alcuni Paesi, un deficit di competitività strutturale causato da ritardi negli investimenti in innovazione tecnologica e in economia della conoscenza. Tale approccio condurrà alla definizione della Strategia europea per l’occupazione che, allo scopo di conciliare la crescita economica con l’incremento dei posti di lavoro, sancisce che i principali limiti per la crescita economica e occupazionale europea nella sovra regolamentazione dei mercati dei beni e dei servizi siano da attribuire alla eccessiva rigidità del mercato del lavoro. La strategia, per garantire il raggiungimento degli obiettivi prefissati, introduce un sistema di governance basato su un ampio coordinamento transnazionale, che prevede il coinvolgimento di diversi attori, anche al fine di avviare un approccio di apprendimento circolare e partecipativo. Tale approccio, denominato Metodo aperto di coordinamento (MAC)72, prevede linee

67 Legge 24 giugno 1997, n. 196, "Norme in materia di promozione dell'occupazione", comunemente detta Pacchetto

Treu; Legge 14 febbraio 2003, n. 30, “Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro”, comunemente detta Legge Biagi.

68 Sistema primario: lavoratori tutelati, a tempo indeterminato. Sistema secondario: lavoratori non tutelati, periferici, con

contratti a termine e bassi redditi, per lo più giovani.

69 Con particolare riferimento alla popolazione dei Neet, a livello europeo e italiano.

70 L'obiettivo fissato dal Consiglio di Lisbona del marzo 2000 era di fare dell'Europa in dieci anni "l'economia basata

sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale".

71 I quattro macro-obiettivi attengono, in particolare, alla sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici,

all’integrazione dei gruppi a rischio di esclusione, alla maggiore partecipazione al mercato del lavoro e alla garanzia di cure sanitarie qualitativamente elevate e sostenibili (Gualmini e Rizza 2013).

72 Il “metodo aperto di cooperazione (MAC)" crea un equilibrio fra la responsabilità della comunità e quella degli Stati

membri (il principio di "sussidiarietà"), la definizione di obiettivi comuni quantificati da perseguire a livello comunitario e istituisce la sorveglianza a livello europeo sostenuta dallo scambio di esperienze. La MAC facilita il dibattito politico a vari livelli e segue un approccio integrato: le iniziative intraprese nel settore dell'occupazione devono

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guida europee con la specificazione di obiettivi e calendari specifici per ogni Paese e indicatori comuni utili alla comparazione e diffusione delle buone pratiche oltre al monitoraggio e alla valutazione, con modalità di peer review, ovvero di valutazione tra pari.

E’ in questo specifico contesto politico e culturale che ha origine la politica di attivazione, che si prefigge l’obiettivo, in particolare, di favorire una maggiore partecipazione al mercato del lavoro, attraverso il rafforzamento delle politiche di istruzione e formazione, e di attivare una maggiore selettività nella concessione delle prestazioni di sostegno sociale, e che i nuovi concetti di capitale umano e occupabilità assumono un peso crescente nell’agenda europea, rappresentando la necessità di innalzare il livello delle conoscenze, delle abilità e delle competenze delle persone per aumentare la loro capacità di essere occupabili, ovvero di cercare, di trovare, o di ritrovare, e di mantenere stabilmente un lavoro. Un aspetto importante dell’attivazione riguarda anche la determinazione di un rapporto più stretto tra la protezione sociale e la partecipazione al mercato del lavoro, introducendo dei meccanismi di vincolo che legano l’accesso alle indennità economiche alla effettiva realizzazione di azioni di ricerca attiva del lavoro, da realizzarsi di concerto con le agenzie pubbliche per l’impiego. Va infine sottolineato come queste politiche esprimano un approccio favorevole all’allentamento delle norme che regolano il mercato del lavoro in quanto prevedono un ampliamento delle forme contrattuali flessibili, come il part time e il tempo determinato, soprattutto con riferimento alle categorie di target più vulnerabili, ovvero le donne, i giovani e tutti i lavoratori a bassa qualifica, che si qualificano come outsider del mercato del lavoro.

L’applicazione della politica di attivazione ha fatto emergere alcune criticità che indicono ad auspicare azioni di miglioramento su cui ulteriormente lavorare, da ricondursi principalmente al miglioramento del matching tra domanda e offerta di lavoro, aprendo alla concorrenza tra i servizi al lavoro pubblici e privati, e facilitando il dialogo e la condivisione di esigenze, pratiche e linguaggi, e, tra i sistemi istruzione formazione e lavoro e i sistemi produttivi, all’adeguamento dei servizi pubblici per l’impiego, per quanto concerne l’accoglienza e il sostegno della richiesta di assistenza da parte delle persone in cerca di lavoro, sempre più complessa e sfaccettata, alle capacità di intervento del sistema pubblico di protezione del lavoro e delle politiche di inserimento al lavoro che dovrebbero esprimere migliori capacità di intervento per quanto riguarda l’accompagnamento al lavoro e il raccordo con la formazione, operando una riorganizzazione delle strutture e delle pratiche di assistenza alle persone in cerca di lavoro (Gualmini e Rizza 2013).

essere coerenti con i settori afferenti a quelli dell'occupazione quali le politiche sociali, l'istruzione, il regime fiscale, la politica delle imprese e lo sviluppo regionale.

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