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L’interesse delle scienze sociali per l’imprenditorialità

4. L'imprenditorialità: i paradigmi di riferimento

4.2 L’interesse delle scienze sociali per l’imprenditorialità

Come anticipato, nel corso degli anni, anche le scienze sociali, oltre a quelle economiche, hanno contribuito allo sviluppo della conoscenza dell’imprenditorialità attraverso una corposa produzione di teorie. Tra esse ci si riferisce in particolare alla sociologia, alla psicologia, all’antropologia e alla storia economica, che, rispetto alle scienze economiche, hanno privilegiato un approccio descrittivo e maggiormente fondato sulla ricerca empirica (Swedberg 2000: 24-28).

Considerata l’entità del corpo della letteratura scientifica e la sua parcellizzazione all’interno di svariati ambiti tematici, il presente paragrafo fornisce solo una sintesi dei principali contributi offerti dalle scienze sociali, al fine di ricomprendere e considerare le prospettive di analisi più utili all’inquadramento della ricerca.

Tra i molti apporti delle scienze sociali si è innanzitutto considerato l’impianto teorico offerto da Weber106, che nell’insieme della sua vasta opera si è occupato a più riprese del fenomeno. Come

evidenziato da Swedberg, spesso, ed erroneamente, la visione sull’imprenditorialità di Weber è associata alla teoria del carisma, secondo la quale sarebbe il possesso di tale virtù a risultare strategico per l’imprenditore, cioè la capacità di essere “seguiti” dagli altri grazie a una straordinaria personalità. Sebbene suggestiva tale interpretazione del pensiero weberiano è tuttavia fuorviante in quanto, a partire dall’avvento della società capitalistica, il cambiamento economico risulta fortemente correlato alla spinta delle imprese verso i guadagni provenienti dal mercato e secondo Weber, infatti, il carisma,

Essi perturbano l’equilibro dei mercati, portando, a lungo termine, una crescita evolutiva dell’economia (Ocse 2010: 32).

104 Kirzner ha sottolineato il ruolo degli imprenditori come scopritori e primi esploratori di opportunità di profitto non

ancora sfruttate. Essi guadagnano monopoli temporanei fino a quando l'attenzione sulla nuova opportunità attrae altri concorrenti facendo calare il profitto. L'innovazione in questo caso consiste nello scoprire nuove opportunità. A differenza della visione di Schumpeter questa è una visione statica in quanto l'imprenditore facilita incontro tra la domanda e l’offerta e il raggiungimento dell'equilibrio a seguito degli shock di mercato (Ocse 2010: 32).

105 Knight si è concentrato su un aspetto correlato al rapporto tra gli imprenditori e l’innovazione. Gli imprenditori

assumono rischi, offrendo nuove soluzioni sul mercato a fronte dell’incertezza sulla redditività delle loro soluzioni. L’imprenditore viene visto come facilitatore dell’adeguamento economico in virtù della sua abilità a prevedere nuove opportunità di profitto e fornendo prodotti, processi e modelli di impresa che si adattano al rischio di fallimento. In questo caso l’imprenditore innova attraverso la sperimentazione (Ocse 2010: 32).

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che sicuramente ha giocato l’importante ruolo di motore del cambiamento nei primi stadi dello sviluppo umano, sicuramente perde di importanza con l’avvento del capitalismo. In questo senso si può affermare che la tendenza del mondo moderno verso un approccio di razionalizzazione superi la visione del carisma107. Secondo Weber quindi l’imprenditore può essere individuato solo in

un’economia di scambio, e l’imprenditorialità ha più a che fare con l’azione economica nella forma delle imprese che con le operazioni economiche dei singoli; conseguentemente, la condizione affinché l’imprenditorialità esista è il bisogno di un’impresa o di un’organizzazione moderna capace di ottenere successo e che metodicamente approfitti di opportunità di guadagno. Una personalità creativa con molte buone idee non sarebbe pertanto sufficiente (Ivi).

Un altro filone interpretativo dell’apporto di Weber sull’imprenditorialità prende in considerazione un suo importante studio in cui la questione è trattata secondo un approccio maggiormente culturale e politico108. Nell’opera, Weber offre due importanti contributi alla comprensione del fenomeno, il

primo dei quali è rappresentato dalla evidenza di un decisivo cambiamento nell’approccio all’imprenditorialità, a seguito della riforma protestante del mondo occidentale, che da elemento ostile e di alienazione diventa elemento di accettazione e promozione attiva, mentre il secondo riguarda l’analisi di come alcune religioni, che egli definisce di protestantismo ascetico (calvinismo, pietismo, metodismo e altre), abbiano favorito lo sviluppo di un orientamento culturale e di un’attitudine positiva nei confronti del profitto e del lavoro. Secondo l’osservazione di Weber l’influenza delle religioni protestanti non ha solo contribuito ad un cambiamento della considerazione culturale della società nei confronti dell’imprenditorialità, passando da una visione negativa a una positiva, ma ha anche profuso nell’intero sistema economico un nuovo approccio che insieme al profitto esprime una metodica e quasi ascetica attitudine e dedizione al lavoro (Ibidem).

Weber ha approfondito ulteriormente la questione dell’imprenditorialità, nei suoi scritti successivi, ma mentre nei suoi primi lavori l’enfasi è maggiormente sull’azione dell’impresa che risponde alle opportunità del mercato piuttosto che sulla personalità dell’imprenditore, in queste opere l’attenzione è posta sulla contrapposizione tra l’imprenditore e l’apparato amministrativo, in una società capitalistica sempre più razionalizzata dove il peso della burocrazia si fa sempre più permeante sia a livello di stato che di sistema produttivo, e l’imprenditorialità gioca un ruolo fondamentale nell’equilibrio tra economia e politica, contrastando la supremazia della burocrazia con un approccio orientato alla presa di decisone, all’assunzione di responsabilità e alla competitività (Ibidem).

Nell’insieme dei contributi offerti dalle scienze sociali alcune teorie hanno approfondito in particolare il tema del cambiamento e dell’innovazione, risultando pertanto di interesse anche per il

107 Secondo Swedberg con il passaggio dal mito e dalla religione alla scienza e al pensiero metodico, calcolabile. 108 Ci si riferisce all’opera The Protestant Ethic and the Spirit of Capitalism (1904-5, si veda Weber 1988).

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presente studio. A tale proposito un’interessante teoria proviene da Durkheim (1965), secondo il quale le nuove istituzioni e i nuovi valori emergono in situazioni di effervescenza collettiva, in cui l’interazione sociale raggiunge un livello di traboccamento109. Da questo punto di vista anche la teoria

di Merton (1968), nota con il termine serendipity, che riconduce l’atto della scoperta ad un evento accidentale risulta evocativa. Il sociologo offre anche altri punti interessanti ipotizzando ad esempio l’esistenza di possibili legami imprenditorialità e crimine, osservando che presso i contesti culturali in cui esiste una forte enfasi su come le persone dovrebbero impegnarsi (come ad esempio negli Stati Uniti in relazione al mito del successo economico) e nel contempo pochi mezzi su cui la media della persone possa contare per raggiungere le mete auspicate, il risultato sia, spesso, l’emergenza di nuove vie di successo e di comportamenti innovativi da parte dei potenziali imprenditori, ma, nel contempo, anche l’emergenza di forme di devianza e crimine per coloro che non hanno accesso a mezzi legittimi. Altri studi di sociologia si sono concentrati sulla prospettiva comparativa dell’imprenditorialità considerando l’apporto valoriale delle diverse culture nell’influenzare i processi di impresa (Lipset 1997), o, ancora, hanno ampiamente indagato il rapporto tra imprenditorialità e etnicità (Aldrich e Waldinger 1990), considerando in particolare la portata dell’elemento della fiducia per lo sviluppo di impresa (per una rassegna ragionata sulla tematica si veda il contributo di Martinelli 1994, 2001, 2003). Collegato a questo filone di studi altri ricercatori, come sarà meglio precisato nel paragrafo dedicato, hanno approfondito il tema del contesto sociale (Gerschenkron 1966, Shapero e Sokol 1982) e delle reti di relazioni che influenzano i processi di imprenditorialità (Granovetter 1972, 1985; Burt 1992, 2000, 2001, 2010).

Nel rapido excursus, si considera, in quanto specificamente attinente al tema della presente ricerca, l’apporto della psicologia, nonostante mantenga una considerazione piuttosto bassa nell’ambito delle scienze sociali che studiano l’imprenditorialità, che considerano un fallimento il tentativo di individuare tratti di personalità come tipici del profilo dell’imprenditore, ponendo addirittura il dubbio sull’esistenza di tale profilo di personalità. Tralasciando queste considerazioni l’apporto degli studi di psicologia si è dedicato a due ambiti di studio, il primo rivolto ad isolare la personalità dell’imprenditore (Boyatzis 1992), il secondo maggiormente rivolto a considerare le interazioni con l’ambiente sociale in cui l’imprenditore è inserito (McClelland 1961, Hagen 1962, Boyd e Vozikis 1994). Per quanto riguarda il primo indirizzo gli studi, attraverso la realizzazione di indagini, spesso condotte su campioni abbastanza limitati, raramente con gruppi di controllo, e con la somministrazione di semplici questionari, esso ha prodotto elenchi molto ampi di caratteristiche, tra

109 A tale proposito l’autore si riferisce a periodi storici come il rinascimento o la rivoluzione francese. Swedberg

suggerisce di considerare anche, a livello economico, i primi periodi della rivoluzione industriale in Inghilterra, il passaggio a cavallo dei due ultimi secoli negli Stati Uniti e, passando ai tempi più recenti, la storia della Silicon Valley (2000: 29)

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cui emergono tratti come l’indipendenza, il problem solving, la flessibilità, la creatività, l’alta considerazione di sé, la perseveranza, e altro ancora, senza peraltro riuscire a far convergere, su qualcuno di essi o su una loro possibile combinazione, l’accordo generale degli studiosi, situandosi così in una situazione abbastanza contradditoria e di parziale condivisione. Il secondo indirizzo di tipo socio-psicologico ha ampliato l’analisi enfatizzando la valenza delle interazioni dell’imprenditore con l’ambiente sociale circostante. Il contributo della psicologia alla comprensione del fenomeno necessita di essere maggiormente integrato con la prospettiva delle scienze sociali e probabilmente risulterebbe maggiormente efficace se centrato non tanto sulla personalità dell’imprenditore quanto piuttosto sui differenti tipi di imprenditorialità o della caratterizzazione dell’imprenditorialità di genere o, ancora sull’imprenditorialità in differenti tipi di organizzazione (Swedberg 2000: 33).

Per completare il quadro del contributo delle scienze sociali all’interpretazione dell’imprenditorialità, utile e funzionale alla ricerca, va ricordato il contributo fornito dal Centro di Ricerca per la Storia dell’Imprenditorialità (presso l’università di Harvard) nel periodo 1948-1958, e in particolare il suo fondatore, l’economista storico A. H. Cole, che ha convogliato la partecipazione di celeberrimi studiosi di scienze sociali110, con interesse in discipline diverse, a contribuire a livello

interdisciplinare all’attività di ricerca del Centro. Il tema centrale di molti studi condotti dal Centro poggia sull’idea che l’imprenditorialità non debba essere studiata considerando l’imprenditore, come individuo, bensì analizzando l’impresa, e in particolare, le relazioni sociali all’interno dell’impresa e le relazioni tra l’impresa e il suo ambiente. Molto impegno è stato profuso per cercare di applicare i concetti di ruolo e di attitudine sociale allo studio dell’imprenditorialità, anche se con evidenze spesso contrastanti (si veda a tale proposito il contributo di Gerschenkron, 1966). Dall’apporto di questi e di altri studiosi di scienze economiche e sociali si consolida in sintesi l’orientamento a considerare, trattando di imprenditorialità, dimensioni diverse e tra loro connesse, anche dal punto di vista dell’approccio disciplinare, e a considerare con particolare attenzione le relazioni che intercorrono tra gli imprenditori e il loro contesto.

Come ricorda Swedberg, sono molti gli attori coinvolti nei processi di imprenditorialità, a partire dalle istituzioni di governo e dalle loro politiche, passando per le organizzazioni intermedie della società civile, fino ad arrivare alla famiglia (Swedberg 2000: 37), e come anticipato un successivo paragrafo approfondirà tale specifico ambito.

110 Come ricordato da Swedberg studiosi del calibro di Bernard Bailyn, storico, Thomas Cochran, economista storico,

Alexander Gerschenkron, economista storico, David Landes, economista storico, Talcott Parsons, sociologo, Fritz Redlich, economista storico e Joseph Schumpeter, economista hanno partecipato all’attività del Centro (Swedberg 2000: 35).

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