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L’apporto della letteratura alla comprensione dell’imprenditorialità

4. L'imprenditorialità: i paradigmi di riferimento

4.1 L’apporto della letteratura alla comprensione dell’imprenditorialità

Il fenomeno dell’imprenditorialità rappresenta da lungo tempo oggetto di studio e di indagine da parte di ricercatori e teorici di discipline diverse, soprattutto economiche e sociali, ma anche psicologiche, antropologiche e pedagogiche. Data la vasta e multidisciplinare produzione esistente, per ricostruire e identificare i passaggi fondamentali che hanno caratterizzato lo sviluppo del dibattito scientifico utile alla comprensione del fenomeno si è scelto di limitare e circoscrivere l’attenzione agli ambiti teorici funzionali all’oggetto della ricerca empirica, privilegiando pertanto la letteratura in merito alla definizione del profilo dell’imprenditore, per quanto attiene ad alcune dimensioni specifiche dell’iniziativa imprenditoriale, da ricondursi, in particolare, alle tre dimensioni principali dell’innovazione (Schumpeter 1934), della propensione a cogliere le opportunità di profitto (Kirzner 1973, 1979; Hayek 1945; Mises 1996) e della capacità di affrontare i rischi (Cantillon 1755; Knight 1921). A partire da quest’ultimo concetto i primi autori cui riferirsi sono gli economisti francesi Cantillon e Say95, che a partire dalla metà del settecento propongono la definizione di imprenditore

95 A Cantillon si riconosce di aver coniato il termine di imprenditore e di aver pubblicato la prima teoria economica

sull’imprenditorialità, come riportato da Swedberg (2000: 11-19) “the theory of entrepreneurship is to be found in a work entitled “Essai sur la nature du commerce en général” (circa 1730), written by a Paris banker of Irish extraction who had a real flair for economic analysis, Richard Cantillon. … The first two economists to write in an original matter

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come di colui che, operando autonomamente, esprime la capacità di assunzione del rischio, individuato, nello specifico, nell’incertezza insita nell’acquisto di prodotti o merci a prezzi definiti e, successivamente ad una lavorazione, nella loro rivendita a prezzi indefiniti. Secondo tale approccio il fenomeno imprenditoriale va attribuito all’inclinazione personale a creare una propria attività, a svolgere quindi un lavoro autonomo, e ad assumere il rischio del possibile fallimento. Rischio e incertezza costituiscono pertanto le prime sfide individuate come proprie del fenomeno imprenditoriale, e la capacità o l’attitudine ad affrontarle come le principali caratteristiche dell’imprenditore in quanto soggetto (Swedberg 2000: 18-20). I due temi saranno ripresi in seguito, e ulteriormente sviluppati, dalla teoria di Knight (1921), esponente della corrente economica neoclassica, fondata su un approccio utilitarista, che, affidando al mercato la funzione centrale di regolazione dei rapporti di produzione e di scambio, riconduce il comportamento umano esclusivamente al calcolo razionale teso alla massimizzazione dell’utilità. Ampliando l’analisi di Cantillon, l’impianto teorico di Knight introduce l’elemento del profitto come unico elemento in grado di far sopportare all’imprenditore il rischio dell’insuccesso, rappresentando quindi una sorta di incentivo o di ricompensa per l’incertezza sostenuta96. L’autore individua dunque nel rischio,

nell’incertezza e nel profitto le variabili che identificano e caratterizzano l’attitudine imprenditoriale rilevando peraltro come le situazioni e condizioni di incertezza rappresentino il presupposto per il raggiungimento di un certo margine di utile e, nel contempo, di uno stato di equilibrio nel mercato. L’imprenditore, sintetizzando il pensiero di Knight, è un soggetto disposto a sopportare un rischio non prevedibile spinto dall’obiettivo di realizzare un margine di profitto, a sua volta condizionato dall’incertezza (Swedberg 2000: 21-23).

Successivamente, un fondamentale riferimento scientifico cui attingere in tema di imprenditorialità è rappresentato da Schumpeter (1934), che, con una visione multidisciplinare, ha prodotto un’opera particolarmente significativa a carattere storico ed economico sull’imprenditorialità97, rappresentando ancora oggi un importante riferimento teorico cui

confrontarsi e da cui far discendere ulteriori ipotesi di ricerca. Noto particolarmente per le sue teorie sullo sviluppo economico, l’economista evince come il fattore imprenditoriale sia in grado di trasformare il mercato da realtà statica a realtà dinamica, attraverso l’introduzione di un nuovo elemento nel processo produttivo, in grado di produrre innovazione, come nuovo agente di equilibrio del mercato. Nella sua opera sulla teoria dello sviluppo economico, centrata sul concetto di

on the entrepreneur were both active in France: Richard Cantillon (circa 1680-1734) and Jean-Baptiste Say (1776- 1832).” Say, ispirato da Cantillon, suggerisce che l’imprenditorialità consista di un insieme di fattori produttivi all’’interno di un organismo (Ivi).

96 Nella sua opera “Risk, uncertainty and profit”, centrata sulla teoria del profitto Knight definisce come guadagno il

residuo tra i ricavi e i costi relativi agli impegni contrattuali assunti.

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innovazione, l’imprenditorialità è definita come la creazione di nuove combinazioni di materiali e risorse già esistenti, un’innovazione del fare, anziché un’invenzione, e un modo di essere e di agire, corrispondente all’azione innovativa, che non esiste per sempre, ma solo nel momento in cui si realizza98.

Un primo apporto rilevante offerto dalla sua analisi è rappresentato dalla definizione di una tipologia riferita alla combinazione di diversi tipi di comportamento imprenditoriale, identificandone, nello specifico, cinque, corrispondenti all’introduzione di nuovi beni, all’introduzione di nuovi metodi di produzione, all’apertura di nuovi mercati, alla scoperta di nuove fonti per supplire alla carenza di alcuni materiali e alla creazione di una nuova organizzazione dell’impresa. Inoltre, un ulteriore significativo contributo attiene alla definizione di una seconda tipologia, riferita alle motivazioni sottese all’imprenditorialità, che, secondo l’autore, sono da ricondurre a tre categorie, traducibili, in un linguaggio moderno, nei termini di desiderio di potere e indipendenza, volontà di successo e soddisfazione creativa, legata al fare delle cose99 (Ivi).

Dall’analisi dell’impianto motivazionale proposto da Schumpeter emerge chiaramente come egli, contrariamente all’ipotesi espressa dagli economisti neoclassici, non consideri il desiderio del profitto come la leva fondamentale che muove l’imprenditorialità, spostando le radici della motivazione dal campo dell’economia a quello, piuttosto, della psicologia. Nella sua visione l’imprenditore risulta essere il motore dell’innovazione e del cambiamento tecnologico, in grado di generare crescita economica, in quanto capace di rompere le strutture e gli schemi esistenti e consolidati, avviando così processi di ‘distruzione creatrice’, capaci di generare nuove strutture economiche. Le sue importanti intuizioni saranno ulteriormente studiate e verificate dalle analisi degli studiosi fino ai giorni nostri, e il focus sulle determinanti dell’innovazione e della creatività come leve per lo sviluppo economico e produttivo assumeranno sempre più importanza nel più ampio dibattito sull’imprenditorialità.

Completa la rassegna degli ambiti concettuali identificati come rilevanti per l’inquadramento scientifico del tema, una sintesi del contributo offerto dagli economisti mainstream, che restituendo un ruolo attivo alla figura dell’imprenditore, centrano la loro analisi sulla capacità degli imprenditori a cogliere le opportunità offerte dal mercato. Approfondendo tale dimensione il principale autore di riferimento è l’economista britannico Kirzner (1993, 1997), che propone una rilevante teoria

98 Esplicativo e suggestivo al tempo stesso, a tale proposito, l’incipit del secondo capitolo dell’opera di Schumpeter,

intitolato Entrepreneurship as Innovation, che cita “To produce means to combine material and forces within our reach. To produce other things, or the same things by a different method, means to combine these materials and forces

differently. In so far as the “new combination” may in time grow out of the old by continuous adjustment in small steps, there is certainly change, possibly growth, but neither a new phenomenon nor development in our sense. In so far as this is not the case, and the new combinations appear discontinuously, the the phenomeon characterising development emerges.” (Schumpeter, in Swedberg 2000: 51-75).

99 Come noto le tre categorie motivazionali che Schumpeter indica alla base della scelta imprenditoriale nella sua teoria

dello sviluppo economico corrispondono ai concetti di “dream and will fo found a private kingdom, will to conquer, joy of creating”.

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sull’imprenditorialità100, ponendo l’accento sul processo di mercato all’interno del quale l’agire

imprenditoriale svolgerebbe la sua funzione fondamentale. Il contributo di Kirzner, che risente dell’influenza di Mises101, nonché della visione neoclassica di Hayek102, definisce l’imprenditorialità

come prontezza dell’individuo nel cogliere nuove opportunità economiche. Nella sua visione l’imprenditore cerca, sostanzialmente, di scoprire nuove opportunità e, mettendole in essere, contribuisce a mantenere il mercato in equilibrio. La teoria, riprendendo il contributo teorico di Hayek in tema di conoscenza, rileva come lo stato di disequilibrio del mercato sia determinato da una forte e diffusa mancanza di conoscenza, che impedisce agli attori economici di sfruttare le occasioni vantaggiose. In questa visione l’imprenditorialità riguarderebbe quindi un’attitudine particolare dell’agire economico che si identifica con la prontezza a cogliere opportunità vantaggiose all’interno di un mondo in cui la conoscenza è imperfetta e non esiste una condizione di equilibrio. L’elemento che caratterizza l’azione imprenditoriale, tuttavia, non consiste nel possedere maggiori informazioni rispetto agli altri attori economici, quanto piuttosto nella propensione a utilizzarle. L’autore, oltre a enfatizzare la capacità dell’imprenditore ad utilizzare opportunamente la conoscenza per acquisire un vantaggio, enfatizza anche la creatività, in quanto il saper sfruttare la maggiore conoscenza genera delle nuove opportunità tramite cui intraprendere scoperte creative.

In conclusione, considerando l'apporto delle scienze economiche all’imprenditorialità attraverso una rapida sintesi analitica dei paradigmi teorici di stampo neoclassico, nonostante il dibattito scientifico e gli obiettivi conoscitivi sul tema siano mutati nel tempo e siano stati elaborati nuovi livelli di analisi, si rileva come alcuni attributi fondamentali assegnati al fenomeno imprenditoriale siano rimasti inalterati, assumendo ancora oggi un posto di rilievo significativo nel dibattito attuale. Essi sono da ricondursi principalmente, come visto, alla visione dell’imprenditore come disruptor (Schumpeter 1934), enfatizzando il ruolo dell’innovazione che determina un cambiamento nell’economia attraverso nuove combinazioni, di prodotti, metodi, mercati o processi di gestione103,

100 Il pensiero dell’economista neoclassico Israel Kirzner può essere così sintetizzato “entrepreneurship means alertness

towards profit opportunities” (1997).

101 Ludwig von Mises (1831-1973), ritenendo che in un’economia stabile e in equilibrio non ci sia posto per

l’imprenditorialità, intende la stessa non tanto come innovazione quanto come anticipazione di eventi incerti. Nella sua visione l’imprenditorialità ruota sempre intorno alla “uncertainty of future costellations of demand and supply” (Mises 1963). Secondo questa interpretazione, che assume il progresso economico come un evento automatico, che non necessità del supporto dell’imprenditorialità, l’imprenditore è mosso solamente dal desiderio di guadagno e la chiave del successo sta nell’anticipazione del bisogno del cliente.

102 Friedrich von Hayek (1899-1992), nella sua opera “The Use of Knowledge in Society” fornisce un apporto

importante in tema di analisi del rapporto tra conoscenza e imprenditorialità, suggerendo, in particolare come la mancanza di conoscenza sia necessaria all’esistenza dell’imprenditorialità. Con questa affermazione l’economista non intende affermare che l’imprenditore debba essere carente di conoscenza e informazioni, sostenendo invece che con il processo imprenditoriale debba prodursi una conoscenza nuova, prima sconosciuta, e che diventare imprenditori implichi un processo di scoperta (discovery process).

103 Schumpeter ha visto gli imprenditori come i principali attori dell'innovazione. Si tratta di imprenditori che portano il

cambiamento nell’economia fornendo "nuove combinazioni": beni nuovi o migliorati, metodi di produzione, mercati, fonti di approvvigionamento degli input, organizzazione di un settore, o processi di gestione all'interno di un’impresa.

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come identificatore di opportunità (Kirzner 1973, 1997), centrando il focus sulla scoperta delle novità e sulla capacità di sfruttare per primi nuove opportunità di profitto104, e, infine, come risk-taker

(Knight 1921), riconoscendo l’importanza della capacità di assumersi rischi offrendo nuove soluzioni sul mercato in situazione di incertezza, senza conoscere le effettive possibilità di profitto105 (Ocse

2010: 32; Swedberg 2000: 18-24).