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I flussi informativi sanitari delle Aziende Sanitarie e delle Regioni

3. I flussi informativi e i sistemi di valutazione e controllo

3.1 Il Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS)

3.1.1 I flussi informativi sanitari delle Aziende Sanitarie e delle Regioni

Il patrimonio informativo del NSIS è costituito sia dai flussi informativi introdotti con il D.P.C.M. del 17 maggio 1984 s.m.i, incentrati sull’offerta e volti a rilevare, a livello sistemico, aspetti gestionali ed economici delle strutture sanitarie (anagrafi dei presidi, grandi apparecchiature, personale etc.) ed i flussi analitici incentrati sull’utente dei servizi sanitari, volti a rilevare i singoli episodi di contatto dell’individuo con il SSN, rendendo possibili analisi sui percorsi assistenziali, tempi di attesa, appropriatezza e qualità delle prestazioni erogate.

Le Aziende Sanitarie inviano alle Regioni, alle Province Autonome e al Ministero della Sanità le informazioni richieste secondo i modelli individuati dal Ministero stesso, con possibilità, per le Regioni, di integrare tali modelli con informazioni aggiuntive. La costituzione del NSIS29, è infatti volta al superamento del concetto di “debito

informativo” delle Regioni verso lo Stato, per andare invece verso un concetto di “rete” dei flussi e degli attori del NSIS, con la produzione di informazioni da parte delle Aziende Sanitarie secondo regole e modalità condivise e con un coinvolgimento sempre maggiore dei soggetti che producono i dati, al fine di migliorare il livello di completezza, coerenza ed integrazione delle informazioni a livello complessivo.

Il flusso informativo che presenta la maggiore copertura a livello nazionale e la migliore qualità nella compilazione è il flusso delle SDO, al quale si sono aggiunti nel

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http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_4.jsp?lingua=italiano&tema=Piani,%20finanziamenti%20e%2 0monitoraggio%20del%20SSN&area=sistemaInformativo;

http://www.salute.gov.it/rssp/paginaParagrafoRssp.jsp?sezione=risposte&capitolo=nsis&id=2682

29 Articolo 87 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 – “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)”.

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tempo numerosi altri flussi informativi, per i quali si è verificato un miglioramento nella compilazione e correttezza delle informazioni riportate. Ne sono un esempio i flussi sulle prestazioni ambulatoriali e farmaceutiche. Flussi di più recente introduzione sono relativi alla rete di emergenza-urgenza, alle prestazioni di assistenza domiciliare e residenziale, agli hospice e alle prestazioni di salute mentale.

Dal punto di vista delle modalità di trasmissione coesistono più tipi di flussi informativi. Un primo tipo, i flussi documentali, prevedono un invio a scadenze determinate delle informazioni da parte delle Aziende Sanitarie alla Regione. In questo caso, la Regione “restituisce” alle aziende il flusso corretto e segnala errori di compilazione. Un secondo tipo sono i flussi informativi “Request for comment” (RFC) che prevedono la trasmissione delle informazioni contestualmente al verificarsi dell’evento, nel rispetto di requisiti minimi di correttezza delle informazioni immesse. Quest’ultimo tipo di flusso ha anche la finalità di alimentare il Fascicolo Sanitario Elettronico.

Tra gli obiettivi informativi dei flussi vi sono la rilevazione dei bisogni sanitari della popolazione di riferimento, il monitoraggio dei tempi di attesa, della mobilità sanitaria, della domanda di prestazioni e dei diversi setting assistenziali utilizzati, oltre alla rilevazione dei percorsi assistenziali dei pazienti, ottenibili grazie dall’incrocio di informazioni contenute in flussi diversi. Dai flussi informativi è possibile ottenere informazioni relative sia alle prestazioni erogate dalla ASL ai propri residenti in Regione e fuori regione (tabelle della mobilità extraregionale) sia alle prestazioni erogate dalle Aziende Sanitarie (ASL, AO, etc.) ai residenti della Regione stessa o di altre Regioni. È infine possibile rilevare informazioni di tipo economico, quali la valorizzazione a tariffa dei ricoveri, grazie all’applicazione degli algoritmi del DRG-Grouper, delle prestazioni di specialistica ambulatoriale, grazie all’applicazione dei tariffari regionali delle procedure di specialistica ambulatoriale o della somministrazione di farmaci. Altre informazioni di tipo economico rilevate nei flussi sono, ad esempio, informazioni sul pagamento di ticket o sulla presenza di esenzioni dal pagamento del ticket.

Considerata l’importanza degli obiettivi informativi dei flussi, la loro compilazione deve essere improntata ai caratteri di completezza e correttezza, salvo

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incorrere in penalizzazioni economiche dovute, ad esempio, ad errori sui dati anagrafici dei pazienti, sulle strutture di erogazione o sulla prestazione erogata.

3.2 La pianificazione e la programmazione e i principi di qualità,

efficacia, efficienza e appropriatezza

L’attività di pianificazione e programmazione si svolge ai tre livelli di governo Statale, Regionale, Aziendale.

A livello statale viene emanato il Piano Sanitario Nazionale (PSN), con un orizzonte temporale di programmazione triennale. In tale documento vengono definite le linee di indirizzo e coordinamento del Sistema Sanitario Nazionale, frutto del processo di concertazione con le Regioni, con l’intento di garantire l’applicazione uniforme dei Livelli Essenziali di Assistenza, nel rispetto delle specificità regionali. Il Piano stabilisce anche obiettivi e priorità da raggiungere al livello nazionale, per i quali viene destinata una quota del finanziamento della Sanità, sempre sulla base del coordinamento tra Stato e Regioni.

I Livelli Essenziali di Assistenza non sono definiti nel PSN ma vengono emanati separatamente con un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della Salute, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, al fine di avere uno strumento normativo maggiormente flessibile rispetto al Piano, ai fini di eventuali aggiornamenti e adeguamenti del contenuto. I LEA vengono definiti per i tre livelli assistenziali della Prevenzione, Territorio e Ospedale e nel rispetto dei principi di qualità, appropriatezza ed efficienza nell’erogazione delle prestazioni.

Il principio di qualità attiene alla capacità di soddisfare le necessità alla base della domanda di servizi sanitari. La qualità clinica fa riferimento alla “componente

professionale, sia riguardo all’adozione di tecniche strumentali e procedure diagnostiche, sia in base alla tempestività della prestazione, che secondo la correttezza di esecuzione della stessa, in relazione alle evidenze scientifiche e alla condivisione con i professionisti” (Nuti S., 2008) [8]. Un esempio tipico di indicatore di qualità in sanità

dalla percentuale di pazienti (età 65+), con diagnosi di frattura del collo del femore, operati entro due giornate in regime ordinario.

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L’appropriatezza attiene alla capacità di dare risposte efficaci ai bisogni di salute, sia in ambito sociale che sanitario, utilizzando bene le risorse e coinvolgendo i professionisti nell’uso etico delle stesse. Tradizionalmente vi è una distinzione tra appropriatezza clinica ed organizzativa dove, nel primo caso si fa riferimento all’erogazione di cure mediche efficaci, non inadeguate, inutili o dannose, mentre nel secondo caso, fa riferimento all’individuazione del setting assistenziale più appropriato per l’erogazione della prestazione. Le indicazioni per l’appropriatezza clinica sono già presenti nel Sistema Nazionale Linee Guida (SNLG), previsto dal Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità.

In merito all’appropriatezza organizzativa, esempi di indicatori relativi sono la dismissione di DRG medici dei reparti chirurgici, più onerosi rispetto ai medici, oppure alla scelta tra un regime di ricovero ordinario o Day Hospital o ambulatoriale per l’erogazione di prestazioni che possono essere erogate non in regime di ricovero ordinario.

Nel contesto dell’appropriatezza possono rientrare anche politiche relative al

governo della domanda, in un’ottica di cambiamento culturale ed organizzativo, volto

a prevedere livelli di esami diagnostici e strumentali, visite specialistiche o farmaci appropriati rispetto al bisogno e alla domanda dei propri assistiti, in un’ottica di responsabilizzazione nell’utilizzo delle risorse.

Infine, il criterio dell’efficienza, che tipicamente è intesa come la capacità di minimizzare l’uso delle risorse rispetto agli output prodotti o alla capacità di massimizzare l’output per un dato ammontare di risorse. In sanità, tale concetto richiama la capacità di organizzare al meglio il percorso del paziente sia all’interno dell’ospedale che in termini di integrazione tra i livelli di assistenza ospedaliera e territoriale. Tipicamente, nell’ambito dell’assistenza ospedaliera, gli indicatori relativi alla degenza media dei ricoveri o alla degenza preoperatoria esprimono una misura dell’efficienza strettamente legata alle capacità organizzative dell’ospedale.

Nell’ambito di una trattazione sulla pianificazione e programmazione in sanità, devono essere menzionati i Patti per la Salute. Tali Patti, di durata triennale, sono accordi programmatici e finanziari concordati tra Governo e Regioni, che collegano la

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spesa sanitaria alla programmazione e contengono le scelte di finanziamento di determinate attività con l’obiettivo di raggiungere maggiori livelli di efficienza nel SSN.

Per quanto riguarda il livello di programmazione regionale, il fondamentale documento di programmazione triennale è il Piano Sanitario Regionale (PSR), approvato per legge entro 150 giorni dall’entrata in vigore del PSN, che traduce a livello regionale gli obiettivi stabiliti a livello centrale per il SSN e contiene le strategie e politiche sanitarie regionali. Il piano può essere integrato con il settore sociale con emanazione quindi di un piano socio- sanitario.

A livello aziendale sono adottati il Piano Attuativo Locale (PAL), per le Aziende Sanitarie Locali e il Piano Attuativo Ospedaliero (PAO) per le aziende ospedaliere. Da segnalare nel primo caso la partecipazione degli enti locali al fine di coordinare l’attività della ASL con i bisogni socio-sanitari della popolazione di riferimento.

3.3 I sistemi di verifica, valutazione e controllo del sistema