• Non ci sono risultati.

Flussi informativi e meccanismi di rimborso a tariffa nel Sistema Sanitario Nazionale

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Flussi informativi e meccanismi di rimborso a tariffa nel Sistema Sanitario Nazionale"

Copied!
72
0
0

Testo completo

(1)

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea in Strategia, Management e Controllo

Tesi di Laurea Magistrale

Flussi informativi e meccanismi di rimborso a

tariffa nel Sistema Sanitario Nazionale

CANDIDATA Chiara Speroni

RELATORE Prof. Luca Anselmi

(2)

I

Riassunto analitico

In un contesto caratterizzato da un aumento della domanda di prestazioni sanitarie, dovuto a più fattori tra cui il progressivo invecchiamento della popolazione italiana e da risorse sempre più scarse, la capacità di governare la domanda, monitorare i livelli di spesa e adottare meccanismi trasparenti e condivisi di programmazione, erogazione dei finanziamenti, valutazione e controllo delle prestazioni sanitarie erogate sul territorio nazionale, sono elementi essenziali per la sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale.

Questo lavoro ha l’obiettivo di fornire spunti di riflessione sulle potenzialità di due importanti strumenti del nostro Sistema Sanitario: il meccanismo di rimborso a tariffa, con particolare riferimento al sistema SDO-DRG, aggiornato e adattato alla realtà italiana, grazie al progetto It.DRG e il Nuovo Sistema Informativo Sanitario, volto a garantire sia la rilevazione delle modalità di gestione impiegate ai vari livelli, sia le prestazioni di assistenza erogate, sia l’offerta di strutture sanitarie su tutto il territorio nazionale.

Tali strumenti possono infatti divenire sempre più importanti nel governare il Sistema Sanitario Nazionale in un’ottica di efficienza, miglioramento della qualità, appropriatezza e trasparenza dei processi decisionali, permettendo una raccolta di dati tempestiva e sempre più affidabile e una valorizzazione delle prestazioni sanitarie aggiornata rispetto alla specifica realtà italiana.

Parole chiave

Sistema Sanitario Nazionale, Scheda di Dimissione Ospedaliera, flussi informativi sanitari, sistema tariffario, DRG.

(3)

II

Indice generale

Indice generale... II

Introduzione ... 1

1. Il sistema sanitario in Italia e il suo processo di evoluzione. Normativa, organizzazione e finanziamento. ... 4

1.1 Prima fase: la sanità dal 1948 ai decreti legislativi degli anni novanta ... 5

1.2 La legge n. 833/ 1978- Legge di riforma sanitaria ... 6

1.3 La fase propedeutica al processo di riordino del SSN. Dalla legge n. 833/1978 ai D.lgs. n. 502/1992 e n. 517/1993 ... 7

1.4 La “Riforma bis”. Decreti Legislativi n. 502/1992 e n. 517/1993 ... 8

1.5 La “Riforma ter” o “Riforma Bindi”. Decreto Legislativo n. 229/1999 ... 12

1.6 Federalismo fiscale e federalismo istituzionale ... 13

1.7 I patti per la salute e il sistema delle conferenze Stato-Regioni e Province Autonome ... 15

1.8 I modelli regionali ... 17

2. Il meccanismo di allocazione dei finanziamenti sanitari ... 21

2.1 Il meccanismo di finanziamento su base tariffaria ... 21

2.1.1 La Scheda di dimissione ospedaliera ... 21

2.1.2. Storia ed evoluzione dei DRG - Diagnosis Related Groups ... 23

2.1.3 Il sistema DRG ... 24

2.1.4 Dalla scheda di dimissione ospedaliera (SDO) all’attribuzione del DRG (Di Liso G. e coll., 1999; Nonis M. e coll., 2006) [6] [7] ... 27

2.1.5. Caratteristiche rilevanti del sistema di finanziamento su base tariffaria incentrata sui DRG ... 30

2.1.6 Il progetto Mattoni SSN ... 33

2.1.7 Il Progetto It.DRG ... 36

2.2 Modelli di finanziamento del SSN nel contesto attuale ... 40

3. I flussi informativi e i sistemi di valutazione e controllo ... 45

3.1 Il Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) ... 45

(4)

III

3.2 La pianificazione e la programmazione e i principi di qualità, efficacia, efficienza e

appropriatezza ... 52

3.3 I sistemi di verifica, valutazione e controllo del sistema sanitario ... 54

Considerazioni conclusive ... 57

Indice delle abbreviazioni ... 61

Indice delle figure ... 63

Riferimenti bibliografici ... 64

(5)

1

Introduzione

L’attuale contesto della Sanità italiana vede una popolazione caratterizzata da un peso sempre maggiore di persone con età superiore ai 65 anni, con maggiore incidenza, rispetto al passato, di patologie croniche o degenerative e il conseguente aumento della spesa sanitaria a fronte di risorse sempre più scarse. Tale situazione pone in essere la necessità di dotarsi di strumenti che permettano di supportare i processi decisionali, in grado di rilevare la quantità e il livello qualitativo dell’assistenza prestata e valorizzare le prestazioni erogate, al fine di esercitare una efficace attività di monitoraggio, controllo e valutazione delle attività, utilizzando metodi e strumenti idonei, trasparenti, condivisi e tempestivi e di governare la domanda di prestazioni, ottimizzando così l’uso delle risorse.

Alla luce della situazione descritta, intendiamo presentare spunti di riflessione su alcuni meccanismi e strumenti introdotti nel Sistema Sanitario Nazionale, quali il progetto It.DRG e il patrimonio informativo del Nuovo Sistema Informativo Sanitario. L’adozione di nuovi strumenti di classificazione e di un linguaggio comune sul territorio nazionale, dei nuovi sistemi di classificazione e valorizzazione delle prestazioni, in particolare nell’area delle acuzie, adattati alla specifica realtà italiana e la disponibilità di flussi informativi che coprano tutto il territorio nazionale, che permettano la tempestiva rilevazione delle prestazioni erogate ai vari livelli di assistenza, può infatti costituire un valido supporto ai processi di programmazione e controllo delle attività e della spesa.

Nella prima parte del lavoro vengono esposte le principali tappe dell’evoluzione storica del Sistema Sanitario, a partire dalla situazione che caratterizzava la Sanità nell’Italia del dopoguerra, passando per la prima riforma sanitaria, istitutiva del Sistema Sanitario Nazionale, i cui principi ispiratori erano l’universalità e la gratuità delle cure, per proseguire con le riforme degli anni ’90, dettate dalla necessità di razionalizzazione delle attività e contenimento della spesa pubblica, mediante l’introduzione dei fondamentali meccanismi di aziendalizzazione e regionalizzazione e i principi di efficienza, qualità e appropriatezza nell’erogazione delle prestazioni, ; fino alla introduzione del federalismo fiscale, con l’intento di correlare entrate e spese a livello regionale e responsabilizzare maggiormente i

(6)

2

territori sull’uso delle risorse, ed, in seguito, alla riforma del Titolo V della Costituzione e, successivamente, al periodo di intensa attività delle Conferenze Stato-Regioni, impegnate a definire, attraverso i Patti per la Salute, le priorità finanziarie e programmatiche della Sanità Italiana.

Nella seconda parte vengono affrontati i temi del rimborso a tariffa delle prestazioni sanitarie ospedaliere e del meccanismo di finanziamento basato sulla quota capitaria. Viene approfondito il sistema SDO-DRG-Sistema Tariffario, per la remunerazione delle prestazioni nell’area delle acuzie, descrivendo il processo di evoluzione dei DRG, i vantaggi e svantaggi del loro utilizzo, il flusso informativo originato dalle SDO, che raccoglie le informazioni sui ricoveri e i passaggi che conducono dalle informazioni contenute nelle SDO all’attribuzione dei DRG. Particolare attenzione, inoltre, è dedicata alla descrizione del progetto Mattoni SSN e del progetto It.DRG che hanno permesso una revisione, aggiornamento e adattamento alla realtà italiana dei sistemi di classificazione delle diagnosi, delle procedure e dei pesi da attribuire ai ricoveri, per il calcolo della tariffa DRG. Il progetto It.DRG si caratterizza per l’importante supporto che può fornire al Ministero della Salute e, in particolare della Direzione Generale della Programmazione Sanitaria, nella determinazione e monitoraggio dei costi delle prestazioni sanitarie del SSN, anche ai fini dell’aggiornamento periodico delle tariffe nazionali di riferimento.

Nella terza parte è trattato il tema dei flussi informativi e degli strumenti di programmazione, valutazione e controllo. Sono esposti sia i principali documenti di programmazione adottati dai tre livelli di governo (Stato, Regione, Azienda Sanitaria), sia i due maggiori sistemi di verifica, valutazione e controllo a livello nazionale, rappresentati dal Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) e dal Sistema Nazionale di Verifica e Controllo dell’Assistenza Sanitaria (SiVeAS). Vengono messe in rilievo le potenzialità del patrimonio informativo del NSIS grazie al quale possono essere calcolati indicatori per la valutazione di qualità, appropriatezza, efficienza e far emergere in modo trasparente la tipologia di prestazioni erogate nelle varie aree del paese e la spesa ad esse associata, oltre che le modalità di gestione della sanità ai vari livelli istituzionali. Infine, con il SiVeAS, è istituito un sistema nazionale di strumenti valutativi ed implementativi di buone pratiche sul versante dell’efficienza, efficacia e

(7)

3

qualità dell’assistenza sanitaria e di affiancamento alle Regioni impegnate nei Piani di rientro al fine di garantire lo svolgimento di tutte le attività previste dai LEA.

Infine, nelle conclusioni, si espongono alcune riflessioni sul futuro della Sanità italiana, focalizzando l’attenzione sui temi della migliore gestione dei flussi informativi, della maggiore apertura culturale verso le nuove tecnologie digitali e l’effettiva implementazione di strumenti di e-Health quali il Fascicolo Sanitario Elettronico, la Cartella Clinica Elettronica e forme di monitoraggio a distanza dei pazienti. Tali strumenti potrebbero portare ad un effettivo controllo della domanda, una migliore integrazione tra ospedale e territorio, una maggiore trasparenza sull’operato delle strutture sanitarie, dei livelli di spesa sostenuti e ad una maggiore consapevolezza dei miglioramenti da attuare nell’organizzazione dei servizi sanitari.

(8)

4

1. Il sistema sanitario in Italia e il suo processo di

evoluzione.

Normativa,

organizzazione

e

finanziamento.

Per meglio inquadrare il tema oggetto della nostra trattazione appare indispensabile procedere ad un pur sintetico cenno sull’evoluzione storica del Sistema Sanitario Italiano (SSI), dal secondo dopoguerra fino all’attuale contesto, illustrandone i principali aspetti normativi, organizzativi e, in modo più dettagliato, quelli del finanziamento. Ad un’osservazione retrospettiva si possono individuare alcune fasi fondamentali del processo evolutivo del SSI.

Una prima fase che dal 1948 arriva alla svolta storica dei Decreti Legislativi degli anni novanta, caratterizzata da una prima riforma del SSI, introdotta con la legge n. 833/1978, fino alla riforma “bis” o “riforma della riforma”, successivamente corretta dal D.lgs. 229/1999 c.d. riforma “ter” o riforma “Bindi”.

Una seconda fase inizia con il D.lgs. 56/2000, che introduce, per la prima volta in Italia, il federalismo fiscale a Costituzione inalterata e si sviluppa fino ai successivi atti normativi rappresentati dall’accordo Stato-Regioni dell’8 agosto 2001 e soprattutto dalla Legge Costituzionale n. 3 del 2001, che modifica il Titolo V della Costituzione, con la nuova definizione dei rapporti fra Stato e Regioni in senso federalistico, attribuendo alle Regioni nuovi poteri ed autonomia sia in senso legislativo sia dal punto di vista fiscale (Art. 117 e 119 della Costituzione).

L’ultima fase è rappresentata dal contesto attuale che vede i principi formulati dal D.lgs. 56/2000 solo parzialmente attuati, con la conseguente necessità di introduzione di meccanismi correttivi, volti a garantire equità di accesso alle prestazioni sanitarie,innanzitutto a quelle stabilite a livello nazionale (LEA) ed a ridurre l’iniquità delle imposizioni fiscali, sempre più caratterizzate da un andamento “regressivo”, trasformando di fatto l’universalismo proclamato dalla precedente normativa in un universalismo “selettivo”.

(9)

5

1.1 Prima fase: la sanità dal 1948 ai decreti legislativi degli anni

novanta

La Costituzione Italiana, entrata in vigore il 1° gennaio 1948, all’art. 32 recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse

della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dalla persona umana”.

La legge n. 296/1958 istituisce per la prima volta il Ministero della Sanità, scorporando l’Alto Commissariato per l’Igiene e la Salute Pubblica (ACIS) dal Ministero dell’Interno.

Ma occorre arrivare alla legge n. 132/1968, la c.d. “legge Mariotti”, perché si realizzi la riforma del sistema ospedaliero, con la trasformazione degli ospedali, fino ad allora principalmente gestiti da enti di assistenza e beneficienza, in enti pubblici, con la relativa definizione della loro classificazione, organizzazione e funzioni, nell’ambito della programmazione nazionale e regionale e finanziamento a carico dello Stato.

L’assistenza sanitaria era allora gestita dalle assicurazioni mutualistiche (INAM, INADEL, ENPAS, ENPDEP, Commercianti, Artigiani, Agricoltori etc.). Tale tipo di assistenza non garantiva la copertura sanitaria a tutti i cittadini ma era differenziata per categorie sociali ed enti erogatori, risultandone pertanto un’ingiusta differenziazione anche nell’accesso alla qualità delle cure ospedaliere, ambulatoriali, specialistiche e farmaceutiche. Per i cittadini poveri o affetti da disturbi psichiatrici provvedeva lo Stato.

In conclusione, nell’Italia prima della riforma sanitaria del 1978, era previsto un sistema assicurazione di malattia secondo il “modello Bismark”, caratterizzato dalla contribuzione obbligatoria e differenziata dei dipendenti (INAM, ENPAS, INADEL, ENPDEP, degli agricoltori, artigiani, commercianti); ed un settore pubblico per la prevenzione, l’assistenza ai poveri e la salute mentale.

Prima di giungere alla legge di riforma sanitaria, istitutiva del Sistema Sanitario Nazionale, legge n. 833/1978, occorre ricordare alcune tappe normative intermedie che hanno preceduto tale fondamentale tappa evolutiva del Sistema Sanitario Italiano.

(10)

6

Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 4/1972 determina il trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative in materia di assistenza sanitaria ospedaliera, la gestione del personale e degli uffici interessati, ferme restando le competenze dello Stato (rapporti internazionali, sanità marittima, profilassi di rilevanti malattie infettive e diffusive, igiene ambientale etc.).

La legge n. 386/1974 dispone l’estinzione dei debiti degli enti mutualistici nei confronti degli enti ospedalieri, il finanziamento della spesa ospedaliera con sua “centralizzazione” mediante l’istituzione del Fondo Nazionale Ospedaliero, lo scioglimento dei Consigli di Amministrazione degli Enti Mutualistici ed il loro commissariamento.

Ricordiamo inoltre i provvedimenti intermedi, quali la legge n. 349/1977 e il DPR n. 616/1977 che stabiliscono la definitiva soppressione degli Enti Mutualistici ed ulteriore decentramento, col trasferimento alle Regioni delle funzioni esercitate dagli stessi Enti, delle funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali dello stato e da enti pubblici nazionali, interregionali e periferici diversi dallo Stato. Vengono precisate le competenze residue dello Stato, le attribuzioni ai Comuni e alle Province, mediante formulazione degli indirizzi organizzativi, anticipando in tale modo quanto in seguito verrà sviluppato nella legge di riforma sanitaria. I principi organizzativi formulati riguardano la territorializzazione dei servizi, la gestione integrata dei servizi sanitari e sociali, l’associazionismo intercomunale obbligatorio per la gestione degli stessi servizi su ambiti territoriali sovracomunali.

1.2 La legge n. 833/ 1978- Legge di riforma sanitaria

Con la legge n. 833/1978 viene istituito il Servizio Sanitario Nazionale, definito il “Complesso delle funzioni, strutture, dei servizi e delle attività, destinate alla

produzione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione … senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’uguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio…”. Viene cioè

garantito il principio di dare a ciascun cittadino la stessa cosa a prescindere dalle differenze sociali ed economiche (“equità orizzontale”) e dalla diversità dei bisogni di salute. Viene quindi sancito il principio di garantire livelli uniformi di assistenza e di

(11)

7

salute, superando la precedente disomogeneità di trattamento, propria del sistema mutualistico e garantendo la tutela della salute secondo quanto dichiarato dall’art. 32 della Costituzione.

Il finanziamento previsto dalla Legge n. 833/1978 è assicurato dallo Stato secondo una quota capitaria pura, correlata al numero di cittadini da assistere, perseguendo il fine del superamento degli squilibri territoriali delle condizioni economiche del paese.

Prescindendo da un’analisi più approfondita della Legge 833/1978, tacciata di “astrattezza” e di essere un “libro dei sogni”, di dare “tutto a tutti”, di essere caratterizzata da “vischiosità e complessità della costruzione giuridica”, ci preme qui sottolineare alcuni punti di crisi che hanno determinato negli anni ottanta il vertiginoso aumento dei deficit, accumulati dalle Unità Sanitarie Locali (USL) per la produzione delle prestazioni sanitarie non correlate con le risorse garantite con la quota capitaria, con la conseguente necessità di ripianare la spesa storica da parte dello Stato. In particolare, come fanno rilevare alcuni Autori, oltre a sottolineare “l’imponenza e

l’estensione degli obiettivi assegnati al Servizio Sanitario Nazionale, i maggiori punti critici sono da attribuire a varie situazioni di incertezza e conflittualità nell’attribuzione delle competenze tra livello di governo centrale e livello di governo regionale e locale, relativamente alle funzioni normative, amministrative e dei controlli” (Ricciarelli G.,

Soldati F., 2012) [1].

Inoltre, la mancata emanazione del Piano Sanitario Nazionale (di cui all’art. 3 della Legge n. 833) che doveva garantire a tutti i cittadini “in stretto raccordo con

adeguati e correlati interventi di finanziamento nell’ambito della programmazione economica nazionale, ha rappresentato una delle più importanti cause del fallimento della legge, almeno nel primo periodo di attuazione del SSN” (Ricciarelli G., Soldati F.,

2012) [1].

1.3 La fase propedeutica al processo di riordino del SSN. Dalla

legge n. 833/1978 ai D.lgs. n. 502/1992 e n. 517/1993

Gli anni ottanta, di applicazione della Legge n. 833/1978, hanno rapidamente dimostrato i principali punti di crisi della riforma, rappresentati dalla scadente qualità

(12)

8

dei servizi, l’inefficienza e inefficacia delle prestazioni sanitarie, l’inadeguatezza nel provvedere ai bisogni di salute dei cittadini, la eccessiva burocratizzazione e politicizzazione nella gestione delle USL e delle Regioni, il sistema di finanziamento centralistico fondato sul finanziamento dei fattori di produzione. Tutto ciò ha generato una deresponsabilizzazione a livello regionale e locale non essendo garantite risorse certe, direttamente disponibili, presupposto questo del sistematico rimborso a piè di lista dei disavanzi delle USL da parte dello Stato, con la penalizzazione delle regioni più virtuose e responsabili nella corretta gestione della spesa.

Solo la successiva Legge n. 585/1978 disponeva qualche correttivo a tutto ciò, sottolineando l’importanza della programmazione sanitaria, a modifica ed integrazione della Legge n. 833/1978, secondo schemi vincolanti previsti dalla legge stessa. Vale qui la pena di ricordare che il primo Piano Sanitario Nazionale (PSN) vedrà la luce nel 1994, nonostante le disposizioni normative ricordate.

In questo clima di problemi irrisolti e di delusione per gli obiettivi irrealistici, mediante alcuni provvedimenti normativi intermedi1 si perviene ad un importante

processo di riordino del SSN, rappresentato dai D.lgs. n. 502/1992 e n. 517/1993, la c.d. “Riforma bis”.

1.4 La “Riforma bis”. Decreti Legislativi n. 502/1992 e n.

517/1993

Con la Legge Delega n. 421/1992 il Parlamento delega al Governo la “razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, pubblico impiego e

previdenza e finanza territoriale”. Tale normativa costituisce un’ulteriore anticipazione

a quanto sarà poi definito nei D.lgs. n. 502/1992 e n. 517/1993. Essa infatti prescrive, fra le altre cose:

- L’affidamento al Governo dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA);

- Gli standard organizzativi di attività per il calcolo del parametro capitario di finanziamento;

(13)

9

- La responsabilità delle Regioni nella ristrutturazione della rete ospedaliera e l’obbligo dell’attuazione del Day Hospital (DH) per le aree di Medicina e Chirurgia;

- La responsabilità delle Regioni nel finanziamento diretto delle spese eccedenti i Livelli Uniformi di Assistenza (LUA);

- L’individuazione degli ospedali “di rilievo nazionale e di elevata

specializzazione”, compresi i policlinici universitari ed i centri di riferimento

della rete dei Servizi di Emergenza, con conseguente loro personalità giuridica, autonomia gestionale e tecnica, di bilancio e finanziaria.

Il Governo pertanto, nell’esercizio della delega ricevuta, emanava il D.lgs. n. 502/1992 “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma della Legge 23

ottobre 1992, n. 421” e, successivamente, a completamento ed integrazione, il D.lgs. n.

517/1993, contenente disposizioni correttive ed integrative.

La promulgazione dei predetti decreti rappresenta una vera e propria svolta storica rispetto al passato, per l’introduzione di aspetti decisamente innovativi, operando una rivisitazione critica dell’assetto istituzionale, gestionale e organizzativo del SSN, con il superamento delle principali criticità della legge n. 833/1978.

I principali principi innovativi possono essere sintetizzati nei seguenti punti principali:

- Introduzione della nuova disciplina sull’organizzazione delle USL con la creazione delle Aziende Sanitarie Locali (ASL), il riordino delle responsabilità e delle competenze della dirigenza amministrativa pubblica mediante il processo di “tecnicizzazione” e di valorizzazione delle capacità manageriali, la privatizzazione del rapporto del pubblico impiego;

- L’attribuzione alle Regioni della titolarità delle funzioni legislative ed amministrative in tema di assistenza sanitaria ed ospedaliera;

- La necessità di una programmazione a livello locale (Piano Sanitario Regionale (PSR), Piano Attuativo Locale (PAL), per le Aziende Sanitarie Locali, Piano Attuativo Ospedaliero (PAO)), agganciata alla centralità della programmazione nazionale (PSN), individuazione delle priorità, uso ottimale

(14)

10

delle risorse, con obiettivi certi, definiti a breve e più lungo termine, annuali e triennali;

- Responsabilizzazione degli operatori e degli amministratori mediante meccanismi di budgeting e reporting e l’introduzione di una contabilità economica e patrimoniale e della contabilità analitica per centri di costo. Tuttavia, l’innovazione più rivoluzionaria e di carattere storico, quella per prima realizzata fra tutti gli obiettivi principali della legge, è rappresentata dalla determinazione dei criteri di finanziamento delle Aziende Sanitarie Locali e delle Aziende Ospedaliere (Cap. III del D.lgs. n. 502 / 1992).

Il finanziamento viene ora basato sul principio di collegare il servizio sanitario reso al pagamento dello stesso, remunerando non più i fattori di produzione, come avveniva in passato, ma collegando strettamente la prestazione sanitaria resa al suo valore predeterminato, misurato e valorizzato sulla base dell’assorbimento delle risorse necessarie alla sua erogazione.

Si delinea pertanto, fin da subito, in merito alle modalità di finanziamento delle Aziende Sanitarie Locali e della Aziende Ospedaliere, una “prima dicotomia”: l’introduzione cioè di un sistema di finanziamento basato sulla misurazione delle prestazioni sanitarie (output ospedalieri), con remunerazione fissa e predeterminata (sistema SDO-DRG-Tariffario nazionale e regionale), da applicare agli Ospedali (Presidi Ospedalieri delle ASL, Aziende Ospedaliere Autonome, Aziende Ospedaliere Universitarie, Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) e, invece, un sistema di remunerazione centralizzato per tutte le altre attività sanitarie gestite dalle ASL per i propri cittadini residenti, fondamentalmente costituito dalla ripartizione regionale del Fondo Sanitario Nazionale.

Il percorso normativo successivo al riordino del SSN, operato dai decreti legislativi del 1992-1993, è rappresentato da alcune norme rilevanti che hanno preceduto e preparato il riordinodella “riforma ter”: il PSN 1994-1996 infatti presenta una stretta correlazione sia con la Legge Delega n. 421/1992 e i relativi Decreti del 1992-1993, sia con i successivi provvedimenti normativi di rilievo che culmineranno nel D.lgs. 229/1999 e con il PSN 1998-2000.

(15)

11

- L’esigenza di una chiara ripartizione delle competenze di programmazione e di governo tra Stato e Regioni;

- La razionalizzazione della spesa ed il carattere aziendale degli enti sanitari;

- Individua il Livelli Essenziali di Assistenza da erogare ai vari livelli;

- L’importanza dell’impiego delle metodologie di telemedicina ed

informatiche;

- La necessità di implementare tecniche di valutazione della qualità dei

servizi e dell’efficienza;

- Definisce i criteri di finanziamento e accreditamento degli enti sanitari e

l’apertura ad uno spettro più ampio di erogatori;

- Definisce la configurazione del distretto.

Ma è solo il PSN relativo al triennio 1998-2000 che stabilisce in dettaglio la determinazione della quota capitaria di finanziamento per assicurare la copertura del fabbisogno finanziario dei LEA ed i criteri per il loro calcolo, assieme al riordino della disciplina dei ticket, i criteri per il finanziamento delle regioni e delle forme integrative di assistenza.

Nel 1998 la cosiddetta riforma Bassanini (D.lgs. n. 112/1998) “Ulteriore

conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni e agli altri enti locali…” accentua la delega alle Regioni e agli enti locali di funzioni amministrative

ancora gestite dallo Stato con l’intento di una semplificazione della Pubblica Amministrazione.

Ma è alla Legge Delega n. 419/19982 e al successivo D.lgs. n. 229 / 1999

“Riforma ter” che spetterà il ruolo di una rivisitazione dell’organizzazione disegnata dai Decreti Legislativi del 1992-1993, onde correggerne i principali punti di crisi, ribadendo gli innovativi concetti di aziendalizzazione, regionalizzazione e del controllo della spesa mediante il suo collegamento con le reali disponibilità finanziarie.

2“Delega al Governo per la razionalizzazione del SSN e l’adozione di un testo unico in materia di organizzazione e funzionamento del SSN”.

(16)

12

1.5 La “Riforma ter” o “Riforma Bindi”. Decreto Legislativo n.

229/1999

Il D.lgs. n. 229/1999 c.d. “riforma ter” o riforma “Bindi” porta dunque a compimento i principi innovativi introdotti dai Decreti Delegati del 1992-1993, integrando, modificando e in parte completando i principi e gli obiettivi prospettati dalla precedente normativa, solo in parte ad essa sostituendosi nelle parti inattuate o mancanti.

In particolare viene confermata l’universalità dell’assistenza, l’equità nell’accesso ai servizi sanitari e il perseguimento della qualità delle cure e della loro appropriatezza, le modalità del finanziamento garantendo l’economicità dell’impiego delle risorse nel quadro del PSN 1998-2000 e del Patto di Stabilità.

Particolare attenzione viene rivolta ai LEA e ai meccanismi del loro finanziamento, la nuova disciplina relativa all’autorizzazione, accreditamento ed accordi contrattuali, la disciplina sui Dipartimenti ospedalieri e territoriali e la nuova disciplina sul federalismo sanitario ed interventi di garanzia della coesione ed efficienza del SSN.

Concludendo: viene accentuato il ruolo delle Regioni, che devono assicurare i LEA ed il ruolo dei Comuni, come interpreti dei bisogni della popolazione e come vigilanza e controllo degli atti dell’ASL. Altro importante aspetto, enunciato dalla normativa, è l’integrazione socio-sanitaria.

Tra gli aspetti normativi che a noi interessa sottolineare del D.lgs. n. 229/1999 e della successiva normativa, che ha modificato ed integrato la “Riforma ter”, ricordiamo la nuova disciplina sui Fondi integrativi del SSN. Con l’art. 9 del D.lgs. n. 229/1999 viene confermata “la possibilità di istituzione di fondi integrativi per completare, per

integrare le forme di assistenza erogate dal SSN, in quanto in esso non comprese poiché non previste dai LEA (prestazioni odontoiatriche, assistenza riabilitativa, ricoveri

in strutture residenziali e semiresidenziali) o forme di assistenza domiciliare, le

prestazioni di medicina non convenzionale, prestazioni sociosanitarie, cure termali)”. I

vantaggi dei Fondi integrativi del SSN, rispetto ad altre forme assicurative di previdenza, sono rappresentati dalla non selezione del rischio e parziali agevolazioni fiscali.

(17)

13

Ricordiamo inoltre il Decreto del Ministro della Salute del 12 dicembre 2001 “Sistema di garanzie per il monitoraggio dell’assistenza sanitaria”3. Tale Decreto del

Ministro della Salute, riferendosi a quanto contenuto nelle norme del D.lgs. 56/2000 e alla precedente Legge n. 133/1999 (art.9), prevede la realizzazione di una metodologia atta a realizzare un monitoraggio dell’assistenza sanitaria erogata dalle Regioni onde consentire la verifica del rispetto delle garanzie e delle compatibilità finanziarie previste dal D.lgs. n. 502/1992 e successive modifiche ed integrazioni, mediante l’adozione di indicatori e parametri di riferimento, relativamente ai LEA, ai vincoli del bilancio, con individuazione di eventuali disavanzi e relative cause, prevedendo “sia le

regole e le convenzioni per la rilevazione delle informazioni e dei dati statistici per l’applicazione del sistema di garanzia, sia le procedure per la pubblicazione periodica dei risultati”. In caso di inadempimenti sono previste sanzioni, consistenti nella

riduzione di trasferimenti perequativi e delle compartecipazioni, da parte del Governo, relativamente alla quota capitaria prevista dal PSN.

1.6 Federalismo fiscale e federalismo istituzionale

Con il D.lgs. n. 56 / 2000 si avvia la fase del cosiddetto federalismo fiscale, dapprima a Costituzione invariata, in seguito integrato dalla modifica del Titolo V della Costituzione. Si verifica perciò, dal 2000 in poi, un “decentramento istituzionale con

enorme impatto sul SSN” mediante la devoluzione alle Regioni anche della facoltà

impositiva (responsabilizzazione fiscale) connessa però alla responsabilizzazione della spesa.

Vengono contestualmente precisate le competenze e le responsabilità dello Stato, delle Regioni ed Enti Locali

Nel dettaglio:

- Vengono precisate le spese regionali da finanziare con trasferimenti statali;

- Specificate le varie componenti delle risorse tributarie da assegnare alle Regioni;

(18)

14

- Istituito un “Fondo Perequativo Nazionale” alimentato dall’IVA e accisa sulla benzina e definiti i parametri per effettuare la perequazione tra le Regioni;

- Attivato un sistema di monitoraggio e verifica dell’assistenza sanitaria erogata dalle Regioni con un “Sistema di garanzia” mediante “utilizzo di

indicatori, parametri di riferimento, regole per la rilevazione, validazione ed elaborazione delle informazioni assieme all’obbligo della pubblicazione periodica degli esiti del monitoraggio;

- Vengono anche previste sanzioni per le Regioni inadempienti (riduzione

delle compartecipazioni all’IVA, riduzione dei trasferimenti perequativi, provvedimenti confermati dalla Finanziaria 2001, con la precisazione dell’intervento del Governo secondo il principio della sussidiarietà”.

L’accordo Stato-Regioni dell’8 agosto 2001 prevede il trasferimento alle Regioni ed Enti Locali di risorse in materia di salute umana e sanità veterinaria, con un finanziamento maggiorato per un triennio, con l’impegno da parte delle Regioni di erogare i servizi previsti dai LEA (come sarà meglio definito in seguito dal PSN 2003-2005)

La Legge Costituzionale n.3 del 18 ottobre 2001, di modifica del Titolo V della Costituzione, con la revisione dell’art. 117, assegna allo Stato la potestà esclusiva della “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali

che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale…”

Alle Regioni è affidata la potestà legislativa relativa alla “tutela della salute,

tutela e sicurezza del lavoro, professioni, ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione, alimentazione, ordinamento sportivo, previdenza complementare e integrativa, armonizzazione dei bilanci pubblici e del sistema sanitario”.

A nessuno può sfuggire il profondo impatto innovativo, almeno a livello normativo, dei provvedimenti legislativi sopra citati e di successivi, di tipo integrativo ed attuativo dei medesimi4.

4 DPCM 29 novembre 2001 e s.m.i. (provvedimenti sui LEA); Legge n. 112 del 15 giugno 2002 “Istituzione della Commissione Nazionale per la definizione e l’aggiornamento dei LEA; DPR del 23 maggio 2003 PSN 2003-2005; Accordo Stato-Regioni 24 luglio 2003 per l’attuazione del PSN 2003-2005; Legge n. 311 del

(19)

15

La successiva evoluzione normativa ed i relativi provvedimenti attuativi porteranno purtroppo ad una diversa realtà nel contesto nazionale, regionale e locale del Sistema Sanitario Nazionale, sia a livello organizzativo e gestionale, sia a livello economico e finanziario, nonostante quanto prefigurato nella legge n. 42 del 5 maggio 20095.

In base alla legge n. 42/2009 viene stabilita “l’autonomia delle entrate e di

spesa ai Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni… garantendo principi di solidarietà e di coesione sociale, in maniera da sostituire gradualmente, per tutti i livelli di governo, il criterio della spesa storica e da garantire la loro massima responsabilizzazione…”

Nonostante l’introduzione del Fondo perequativo e dei costi standard delle prestazioni sanitarie, calcolati assumendo come modello di riferimento le Regioni più efficienti e di “best practice”, norme che avrebbero dovuto consentire maggiori risparmi, un migliore equilibrio ed una migliore omogeneità nella erogazione dei servizi da parte delle Regioni, nonostante la Legge Costituzionale n. 1 del 2012, che inserisce nella Costituzione l’obbligo del pareggio di bilancio dell’esercizio finanziario e il Decreto “Enti Locali” del 2015, siamo pervenuti al contesto attuale, che meglio descriveremo in seguito, deludente rispetto alle aspettative della normativa che abbiamo illustrato nelle pagine precedenti, soprattutto considerando le disfunzioni dei meccanismi di finanziamento del SSN, la disomogeneità che si è venuta a creare fra le varie regioni, le inefficienze dei governi locali, e l’incremento progressivo dei deficit, soprattutto in alcune regioni del Centro Sud.

1.7 I patti per la salute e il sistema delle conferenze

Stato-Regioni e Province Autonome

Abbiamo citato, nelle pagine precedenti, il processo di trasformazione delle competenze e responsabilità fra Stato, Regioni ed Enti Locali, determinato dalle norme citate che riconoscono alle Regioni l’autonomia impositiva, ma nel contempo stabiliscono la soppressione dei trasferimenti erariali e l’istituzione di un “Fondo

30 dicembre 2004 (Legge Finanziaria 2005; Intesa Stato-Regioni 23 marzo 2005 relativa ai LEA e al successivo PSN 2006-2008.

(20)

16

perequativo nazionale” come solidarietà interregionale. Vengono ridefiniti i criteri di

ripartizione fra le varie Regioni della quota di finanziamento “indistinta” onde superare squilibri socio-economici territoriali e definite “procedure di monitoraggio” a garanzia della corretta gestione da parte delle Regioni delle funzioni loro assegnate.

Inizia così un percorso normativo caratterizzato dalle Finanziarie (2002, 2003, 2004, 2005, 2006 e seguenti), dalle Conferenze Stato-Regioni e Province Autonome, dal Piano Sanitario 2006-2008, che culminano nel Nuovo Patto per la Sanità Italiana, documento del 27 giugno 2006 del Ministero della Salute che contiene “Linee del

programma di governo per la promozione ed equità della salute dei cittadini”.

La Conferenza Stato-Regioni e Province Autonome del 5 ottobre 2006 che ha portato alla “Intesa tra il Governo e le Regioni e Province Autonome, concernente un

nuovo Patto per la Salute”, rappresenta una tappa fondamentale dopo la norma di

avvio del progetto federalista.

In esso vengono riconosciuti seri elementi di criticità: l’inappropriatezza di alcune prestazioni, come “l’utilizzo improprio dei ricoveri ospedalieri e del Pronto

Soccorso, dovuto all’organizzazione ancora prevalentemente burocratica della medicina di base e alla carenza di assistenza domiciliare integrata, le lunghe liste di attesa, l’ingiustificato livello di spesa farmaceutica per abitante di alcune Regioni, l’insufficiente qualità dei servizi sanitari in alcune Regioni, che ne spinge i cittadini a rivolgersi alle strutture di altre Regioni per usufruire di cure adeguate”.

Il nuovo Patto per la Salute prevede tuttavia la correzione di tali punti di crisi, per il miglioramento delle prestazioni, mediante specifici provvedimenti, ma anche meccanismi di monitoraggio e controllo ai vari livelli, il rafforzamento della prevenzione, la riorganizzazione delle cure primarie e lo sviluppo dell’integrazione socio-sanitaria.

Il Novo Patto è articolato nei seguenti punti:

- Disponibilità finanziarie per il Servizio Sanitario Nazionale, con la previsione di modalità di copertura di eventuali disavanzi e attuali e pregressi;

- Livelli Essenziali di Assistenza con la loro revisione straordinaria in base a nuovi principi anche derivati dal Progetto Mattoni;

(21)

17

- Ulteriore concorso transitorio dallo Stato alle Regioni in difficoltà economico-finanziaria;

- Provvedimenti relativi all’adeguamento strutturale ed economico del SSN, con quota aggiuntiva dei finanziamenti per alcune priorità (oncologia, malattie rare, superamento del divario Nord-Sud, messa a norma delle strutture pubbliche, quote percentuali di premio per le Regioni per interventi di ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico già effettuati).

Facciamo notare che in questo nuovo Patto per la Salute dell’ottobre 2006 sono proposte anche importanti iniziative:

- Un Programma Nazionale per la Promozione Permanente della qualità

nel SSN;

- La prescrizione che il Governo e le Regioni si impegnino a promuovere l’utilizzo dei dati acquisiti presso il Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) del Ministero della Salute, oltre che il completamento del processo di acquisizione al NISIS dei dati regionali informativi per il monitoraggio delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e farmaceutica, protesica e integrativa;

- Sono infine previste modifiche e integrazioni del PSN vigente onde armonizzare quanto previsto dalla normativa pluriennale con i contenuti del Patto.

1.8 I modelli regionali

L’autonomia concessa alle regioni in ambito organizzativo e gestionale e la potestà legislativa assicurata in ambito sanitario hanno determinato l’affermarsi di differenti modelli sanitari regionali caratterizzati da un diverso rapporto tra la Regione e le Aziende Sanitarie, con diverse forme di rimborso delle prestazioni e modalità la programmazione dell’attività delle aziende sanitarie.

In letteratura vi sono numerosi esempi di classificazione dei sistemi sanitari

regionali che individuano i modelli regionali sulla base di diversi parametri. Di seguito

(22)

18

- Il numero di posti letto gestiti direttamente dalle ASL;

- Il ruolo attribuito alle ASL o rapporto tra erogazione e committenza; - Il soggetto istituzionale “che riveste un ruolo di centralità all’interno del

sistema” (Anselmi L., 2011) [2]; - La dimensione territoriale delle ASL; - Il coordinamento tra aziende territoriali.

La ricerca Formez del 2007 (Toniolo F., 2009) [3], ad esempio, classifica le Regioni sulla base del parametro dei posti letto gestiti direttamente dalle ASL.

Sulla base di questo criterio si individuano i seguenti modelli:

- “Sistema integrato”: posti letto, gestiti direttamente dalle ASL, superiori a 66%, nel quale rientrano Valle D’Aosta, Trento, Bolzano, Abruzzo, Molise, Sardegna e Veneto;

- “Sistema misto o quasi integrato”: posti letto gestiti direttamente dalle ASL in una proporzione che varia tra il 40% e il 66%. In questa classi vi sono Liguria, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Marche, Basilicata, Calabria, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana e Puglia;

- “Sistema misto quasi separato”: posti letto gestiti direttamente dalle ASL in una proporzione tra 20% e 40%. Questo sistema è stato adottato dalle Regioni Lazio, Campania e Sicilia;

- “Sistema separato”: non vi sono posti letto gestiti dalla ASL, adottato dalla Regione Lombardia.

Anselmi (Anselmi, 2011) [2], propone una prima classificazione in base al ruolo attribuito alle ASL. Tale parametro permette di individuare i modelli di:

- “ASL terzo pagatore”: le ASL prevalentemente gestiscono il mercato e acquistano prestazioni per i propri residenti mentre è ridotta al minimo la funzione di erogazione, in capo alle aziende ospedaliere, IRCCS e strutture private accreditate. I rapporti tra le ASL e i soggetti erogatori si basa su contratti nei quali sono anche stabiliti gli standard qualitativi delle prestazioni e i limiti massimi di erogazione delle prestazioni. Il modello è adottato dalla Regione Lombardia;

(23)

19

- “ASL sponsor”: l’ASL ha un ruolo attivo nella programmazione e controllo della spesa, selezionando tra le strutture sanitarie quelle che garantiscono il miglior rapporto qualità-prezzo per i propri residenti e stipulando con queste delle convenzioni. Su queste aziende la ASL esercita un controllo della performance realizzata. Si attiva così un meccanismo di concorrenza tra le strutture (quasi mercato);

- “ASL programmatore”: le ASL svolgono sia funzioni di erogazione, in particolare di assistenza di primo livello, sia funzioni di finanziatrici con una negoziazione annuale dei programmi di attività con i propri presidi, le aziende ospedaliere, IRCCS e strutture private accreditate. È il modello toscano.

Infine, un altro criterio individuato (Anselmi L., 2011) [2] è relativo al “soggetto

istituzionale che assume una veste di centralità all’interno del sistema”. Secondo

questo criterio vengono individuati modelli:

- A “centralità aziendale”: la ASL mantiene la gestione della maggior parte dei servizi, anche in ambito ospedaliero e, attraverso il finanziamento ottenuto tramite la quota capitaria, erogano i servizi sanitari o li acquistano da altre aziende sanitarie mediante il meccanismo di rimborso a tariffa (Veneto, Emilia Romagna, Piemonte, Toscana);

- A “centralità regionale”: la Regione ha un ruolo preponderante nel governo del sistema sanitario e acquista le prestazioni sanitarie per i propri residenti direttamente dalle ASL o dalle Aziende Ospedaliere o altre strutture quali IRCCS o privati accreditati, remunerando le aziende sanitarie in base alle tariffe associate alle prestazioni fornite (Regioni di piccole dimensioni).

Gli ultimi due criteri (Pioggia A., 2014) [4] fanno riferimento alla dimensione territoriale delle Aziende Sanitarie e al coordinamento tra le aziende territoriali. Il primo criterio, è esemplificato dalle Regioni di piccole dimensioni quali Marche, Molise, Val d’Aosta e Province Autonome di Trento e Bolzano nelle quali vi è un’unica ASL. Da notare infine la tendenza all’accorpamento e riduzione del numero delle ASL, ne è un esempio la Regione Toscana che nel 2015 ha portato le ASL da dodici a tre.

(24)

20

Infine, in merito al criterio del coordinamento, si può osservare come alcune Regioni si siano dotate di ambiti di programmazione e coordinamento sovra aziendale per lo svolgimento di attività amministrative quali processi di acquisto, attività concorsuali o la gestione dei sistemi informativi. Tali enti sono ad esempio rappresentati dall’Area Vasta in Toscana e nelle Marche.

(25)

21

2. Il meccanismo di allocazione dei finanziamenti sanitari

Nel capitolo precedente abbiamo illustrato l’evoluzione storica del Sistema Sanitario Nazionale, descrivendone le principali caratteristiche e dimostrandone via via i punti di crisi e le difficoltà nella percorribilità attuativa dei principi e degli obiettivi indicati dalle norme.

È il momento ora di illustrare sia il sistema SDO-DRG-Sistema Tariffario per la remunerazione dei Presidi Ospedalieri delle ASL, delle Aziende Ospedaliere autonome e degli istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (Area delle acuzie), sia gli importanti progetti portati avanti a livello nazionale: dal Progetto Mattoni del SSN al progetto It.DRG, di cui si è recentemente conclusa la fase sperimentale e per il quale stiamo attendendo la messa “a sistema” dei risultati a livello nazionale.

2.1 Il meccanismo di finanziamento su base tariffaria

2.1.1 La Scheda di dimissione ospedaliera

La Scheda di Dimissione (SDO) è stata istituita con il DM 28 dicembre 1991 (poi integrato e disciplinato dal DM 26 luglio 1996), ma applicata a partire dal 19956. La

SDO sostituisce, da tale data, il modello ISTAT D10, compilato precedentemente per le rilevazioni statistiche7.

La SDO rappresenta l’ordinario strumento per la raccolta di informazioni relative ad ogni paziente ricoverato, dimesso (a domicilio o per decisione volontaria, trasferito o deceduto), da compilarsi obbligatoriamente da parte degli Istituti di ricovero e cura, sia pubblici che privati, su tutto il territorio nazionale.

Tale scheda rappresenta, per legge, una sintesi della cartella clinica, di cui riporta il set di dati fondamentali relativi al ricovero, avente piena valenza medico legale, ma contenente anche i dati utili per il finanziamento degli ospedali, basato sul numero e la tipologia delle prestazioni erogate.

6 La Regione Toscana ha provveduto ad introdurre la SDO con la Delibera 11 dicembre 1992, n. 1032, con decorrenza applicativa 1° gennaio 1993.

7 La successiva normativa relativa alle SDO è rappresentata dal DM 27 ottobre 2000, n. 380 “Regolamento recante norme concernenti l’aggiornamento del flusso informativo sui dimessi dagli istituti di ricovero, pubblici e privati” e dal DM 8 luglio 2010, n. 135 recante integrazioni delle informazioni relative alle SDO.

(26)

22

La SDO contiene i dati relativi: all’ospedale, alla ASL di appartenenza, le informazioni essenziali relative al Paziente quali età, sesso, data di nascita, residenza, stato civile, cittadinanza e, dal 2010, la condizione socioeconomica del paziente e il titolo di studio, le caratteristiche del ricovero (ordinario, Day Hospital), la durata della degenza, il reparto di dimissione, la diagnosi alla dimissione (diagnosi principale e diagnosi secondarie), il percorso diagnostico e terapeutico (procedure e/o interventi chirurgici).

Tale set di dati costituisce, come sarà detto in seguito, l’unica preziosa fonte di dati sanitari, con copertura nazionale, che consente, nonostante alcuni importanti limiti, valutazioni relative allo stato di salute della popolazione, oltreché agli altri controlli di qualità, efficacia ed efficienza, appropriatezza dei comportamenti e della spesa. Essa serve inoltre, mediante la codifica dei dati da essa forniti e la loro traduzione, con apposito algoritmo (DRG Grouper), per le opportune valorizzazioni e remunerazioni. La diagnosi alla dimissione e gli interventi e procedure diagnostiche sono state codificate, inizialmente, utilizzando la classificazione Internazionale delle Malattie – nona Revisione, Modificazione Clinica (ICD-9-CM) aggiornata periodicamente dalla OMS e tradotta in Italia dal Ministero della Sanità8.

Le principali limitazioni contenute nella SDO, soprattutto nelle prime epoche del loro utilizzo, erano dovute alla copertura parziale, soprattutto da parte delle strutture sanitarie non accreditate, non rientranti nel sistema di rimborso di tipo tariffario e alla mancata correttezza ed accuratezza della sua compilazione, con influenze negative sui flussi di dati da essa originati. Il set informativo delle SDO è stato determinato soprattutto in base ad esigenze connesse con l’attribuzione dei DRG, cioè esigenze di tipo economico, con omissione di variabili di interesse epidemiologico e clinico, poiché la diagnosi e la relativa codifica è improntata soprattutto al criterio dell’assorbimento di maggiori risorse, trascurando le diagnosi “secondarie”, spesso più importanti per la salute del Paziente e che meglio potrebbero descrivere la complessità o la gravità del contesto clinico durante il ricovero.

8 Fino al 2005 per la codifica delle diagnosi e procedure è stata utilizzata la classificazione ICD9-CM, versione 1997. Dal 2006 è stata utilizzata la versione 2002; dal 2009 è stata utilizzata la versione 2007 e dal 2010 sono stati introdotti alcuni nuovi codici (es. cause esterne dei traumatismi). In seguito verrà approfondito l’argomento parlando del progetto “It.DRG”.

(27)

23

Da ciò l’avvertita necessità dell’adozione di un sistema di verifica e controllo per garantire la correttezza dei flussi informativi derivanti da questa importante fonte di dati. I flussi informativi relativi ai dati delle SDO vengono elaborati dal Ministero della Salute e i dati vengono diffusi tramite il Rapporto Annuale sulle sull’attività “Ricovero Ospedaliero”. L’ISTAT pubblica i dati riferiti al complesso delle SDO nel Sistema Informativo “Health for All – Italia” (database di indicatori territoriali sul sistema sanitario e sulla salute in Italia) [9].

Diremo più avanti del Nuovo Sistema Informativo Sanitario nel quale i flussi originati dalla SDO rappresentano una un’importantissima componente, anche per la programmazione, verifica e controlli nell’ambito dell’area delle acuzie.

2.1.2. Storia ed evoluzione dei DRG - Diagnosis Related Groups

Da tempo era avvertita negli USA la necessità di qualche metodo per elaborare i report ospedalieri che, anziché limitarsi alla precisazione annuale delle spese sostenute, descrivesse, nella maniera più precisa possibile, i risultati dei trattamenti effettuati nelle varie istituzioni ospedaliere (Eugene Codman, Massachusetts General Hospital, 1913-1920).

Ogni ospedale avrebbe dovuto pubblicare tali dati, secondo una modalità standard ed uniforme, in modo da rendere possibile un confronto e così analizzare il management, l’efficienza e l’efficacia dei trattamenti.

I medici dell’ospedale Massachusetts General Hospital of Medicine avrebbero dovuto descrivere in dettaglio le cure prestate ai pazienti, registrare i costi, e il follow-up dei pazienti, secondo un modello progettato e costruito dalla Harvard Medical School (“End Results System”, 1916).

Il progetto venne abbandonato per l’impossibilità di attivare un sistema di controllo, in assenza di un sistema di misurazione.

Fin dagli ultimi anni sessanta e negli anni settanta Robert B. Fetter, professore del Department of Administrative Science, esperto di economia aziendale della Yale University, crea, con i suoi collaboratori, lo “Health System Management Group”, diretto da Fetter medesimo.

(28)

24

Questo gruppo ha inventato i Diagnosis Related Group (DRG).

2.1.3 Il sistema DRG

“Il sistema DRG è un metodo per la classificazione dei pazienti dimessi dagli ospedali per acuti che si basa su raggruppamenti tendenzialmente omogenei per caratteristiche cliniche ed assistenziali, per i quali si presuppongono uguali/omogenei profili di trattamento e dei costi (sistema isorisorse)” (Giorgetti R., 2016) [5].

Nel 1983 il sistema DRG viene utilizzato dal Sistema Assicurativo Americano Medicare per i propri assistiti di età superiore a 65 anni. In questa prima fase di applicazione i DRG erano 492.

Negli anni 1990-1991 la Health Care Financing Administration (HCFA) procedeva ad una revisione – aggiornamento del precedente modello estendendolo a tutte le classi di età (DRG per i neonati e DRG per l’età pediatrica), pertanto il numero dei gruppi DRG passava a 617, e, in seguito all’introduzione dei criteri di complessità, a 1437 (All Patient Revised DRG – APR- DRG).

L’adozione dei DRG da parte dell’Assicurazione Sociale Medicare in USA poneva il sistema di classificazione dei pazienti all’attenzione dei paesi occidentali determinandone l’esportazione dagli USA ed il loro ulteriore sviluppo ed evoluzione nei vari Paesi.

Anche l’Italia ha adottato tale sistema di classificazione dei pazienti per poter correlare la complessità della casistica trattata dall’ospedale (case mix) ai costi cui va incontro e alla richiesta di risorse.

Tale sistema è normato in Italia dal D.lgs. n. 502/1992 e dai successivi decreti del 1994 ed è entrato in vigore come sistema di finanziamento nel 1995.

Inizialmente è stata adottata la 14° classificazione della HCFA che prevede classi di ricovero omogenee raggruppate in 25 categorie diagnostiche principali (Major Diagnostic Categories – MDC) e 495 DRG.

(29)

25

Figura 1 - Elenco MDC, versione 24 (Ministero della Salute Direzione Generale della Programmazione sanitaria - Ufficio VI Fonte: Elaborazione Banca Dati SDO 2011 - Tav_2.2.5). Allegato al Rapporto SDO 2010 (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1690_allegato.pdf)

http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_tavole_1_allegati_iitemAllegati_4_fileAllegati_itemFile_2_file.xls

Con queste iniziative legislative, introdotte con il D.lgs. n. 502/1992 si passa dalla precedente era dell’espansione delle prestazioni, dovuta al migliore tenore di vita, alla maggiore domanda di salute ed allungamento dell’età media della popolazione, al progresso scientifico e tecnologico, con il correlato incremento vertiginoso della spesa sanitaria, all’epoca di razionalizzazione e controllo della spesa, responsabilizzazione delle Regioni e dei governi locali, mediante la remunerazione delle spese sanitarie degli ospedali con tariffe predeterminate.

(30)

26

Altro fondamentale principio introdotto dal sopra citato decreto è stato quello della adozione di meccanismi di verifica e controllo dell’appropriatezza, dell’efficienza e dell’efficacia nella realizzazione delle prestazioni sanitarie, ciò che caratterizza l’era della valutazione di cui meglio diremo in seguito.

Abbiamo detto che il sistema DRG è un metodo di classificazione dei pazienti dimessi dagli ospedali, volto soprattutto, almeno in fase iniziale, al contenimento dei costi. Tale sistema è basato sul set di informazioni standard contenuto nella Scheda di Dimissione Ospedaliera, normata dal D.M. 28 dicembre 1991 e s.m.i.9.

Tale sistema prevede l’applicazione di una codifica della SDO mediante l’utilizzo (iniziale) della International Classification of Disease, nineth revision, Clinical Modification (ICD-9-CM) che modifica la precedente versione ICD 9 per renderla più idonea alla classificazione degli interventi chirurgici e alle procedure diagnostiche e terapeutiche.

Tale modello consente una prima suddivisione dei pazienti in una struttura di 25 gruppi diagnostici principali (MDC).

Questa prima classificazione di carattere clinico, risponde a criteri eziologici ed anatomici e di specialità clinica, simili a quello che caratterizza le Unità Operative specialistiche degli ospedali.

La attribuzione di un caso ad una specifica MDC avviene sulla base della diagnosi principale di dimissione secondo un processo ed un algoritmo (DRG Grouper) che inizia con la codifica della SDO e porta all’attribuzione finale del relativo DRG.

Sottolineiamo l’importanza di questa metodologia per una corretta valorizzazione delle prestazioni sanitarie effettuate dagli ospedali per acuti, ma soprattutto come record di dati da inserire nei flussi allo scopo di una migliore azione gestionale, programmatoria e di conoscenza epidemiologica.

9 D.M. n. 380 del 27 ottobre 2000 “Regolamento recante norme concernenti l’aggiornamento della disciplina del flusso informativo sui dimessi dagli Istituti di ricovero pubblici e privati” e D.M. n. 135 dell’8 luglio 2010 recante integrazioni delle informazioni relative alla SDO.

(31)

27

2.1.4 Dalla scheda di dimissione ospedaliera (SDO) all’attribuzione del

DRG (Di Liso G. e coll., 1999; Nonis M. e coll., 2006) [6] [7]

L’iter che dalla SDO porta all’attribuzione del relativo DRG passa attraverso varie fasi. La prima fase, la più importante, è rappresentata dalla corretta ed accurata compilazione della SDO da parte del medico con la descrizione dell’età, sesso, stato alla dimissione, diagnosi, interventi e procedure cioè tutti i dati utili per la conversione in codici corretti. Questa prima fase è compito specifico, oltreché responsabilità, del medico e rappresenta il documento fondamentale per il successivo iter che dalla diagnosi principale porta alla corretta attribuzione della categoria diagnostica principale di appartenenza (MDC).

Ricordiamo qui che l’elenco delle MDC si articola sulla base dell’organo od apparato coinvolto dalla patologia (da 1 a 19) oppure in base all’eziologia (dal 20 al 25), la 25° categoria essendo rappresentata dall’infezione del HIV. La maggior parte delle MDC è inoltre suddivisa in gruppi medici e chirurgici: i pazienti sono “chirurgici” se è stata eseguita una procedura comportante l’uso della sala operatoria.

Il paziente medico viene definito con la specifica diagnosi principale e le eventuali diagnosi secondarie, complicanze o co-patologie, queste ultime riportate nella SDO solo se vi è necessità di trattamenti, in corso di ricovero, con assorbimento di risorse. Una diagnosi secondaria, per essere considerata degna di considerazione, deve aver determinato, con la sua presenza, un aumento della durata di degenza di almeno un giorno.

Il paziente chirurgico viene definito a seconda della procedura chirurgica effettuata, scegliendo, nel caso di più procedure chirurgiche effettuate, quella di categoria più elevata, cioè quella con maggiore assorbimento di risorse, come viene spiegato nei manuali guida, via via adottati, per la corretta classificazione dei pazienti. Nel caso di pazienti che hanno subito una procedura chirurgica non correlata con la diagnosi principale, la collocazione è effettuata in categorie specifiche.

Una volta compilata la SDO e dopo il controllo della sua corretta compilazione, di solito effettuata da parte di un apposito team a ciò formato e successivo controllo da parte della Direzione Sanitaria dell’ospedale, si passa al successivo processo di

(32)

28

transcodifica effettuata mediante apposito algoritmo, definito DRG-Grouper e da esso elaborato fino a record finale disponibile.

Le tappe significative di tutto l’iter, pertanto, sono rappresentate dal caso clinico, cartella clinica, SDO compilata, SDO codificata, Record del paziente, attribuzione del DRG, tariffazione con descrizione della casistica dell’ospedale e della remunerazione prevista.

La logica di classificazione del sistema DRG è basata su:

- Categorie di ricovero mutualmente esclusive, anche in caso di patologie multiple;

- Procedure effettuate;

- Organo o sistema interessato;

- Complicanze del trattamento e patologie concomitanti combinate.

In sintesi, la procedura di analisi è incentrata sul DRG-grouper, un software costituito da un algoritmo che assegna ai casi clinici i relativi DRG, correlandoli ai costi e alle relative tariffe predeterminate dal Ministero della Salute ma recepite dalla Regione in un suo tariffario regionale.

Il DRG-grouper fornisce anche altri dati informativi, ad esempio informazioni statistiche sulla durata della degenza, il numero degli “outliers”, la possibilità di esaminare il singolo paziente, oppure gruppi di dati relativi ad una serie di pazienti.

***

Per una migliore comprensione o “logica di attribuzione dei DRG” e delle sue conseguenze, soprattutto di tipo tariffario, occorre accennare brevemente ad alcune definizioni e parametri utilizzati in tali processi:

- Piede tariffario: rapporto tra costo totale dei ricoveri di un anno valorizzati a tariffa e il totale dei ricoveri (Ricoveri Ordinari maggiori di un giorno). Esprime un costo medio del ricovero che viene ponderato per il peso di ogni DRG per ottenere la tariffa del ricovero ordinario maggiore di un giorno;

- Peso relativo: è il costo normalizzato di ciascun caso o consumo medio di risorse associato al DRG. Per convertire il valore medio standardizzato a valore relativo si divide la media di ciascuna categoria per la media dei

(33)

29

valori medi di tutti i DRG di un dato ospedale. Il peso relativo si fonda sull’assegnazione di un costo specifico ad ogni DRG, come ottenuto dai dati di costo;

- Case mix: composizione della tipologia di casi trattati di un determinato ospedale. Tale parametro esprime la complessità della casistica trattata; - DRG anomalo: è un DRG anomalo in termini di omogeneità e

significatività clinica. Le cause possibili sono: il miscoding, overcoding o downcoding; un approccio terapeutico non standardizzato; instabilità organizzativa; diversa organizzazione dei servizi;

- Giornata di degenza: giornata di 24 ore durante le quali viene occupato un posto letto;

- Durata della degenza: numero di giornate di degenza in regime di ricovero ordinario;

- Soglia: numero di giornate di degenza in regime di ricovero ordinario, per un dato DRG, che si discostano in modo statisticamente significativo dalla durata standard di ricovero per quel DRG, in assenza di complicanze. Nei tariffari, per ciascun DRG è indicato un valore soglia che individuala durata di degenza standard;

- Outlier: DRG anomalo per superamento della durata standard di ricovero, in assenza di complicanze.

La tariffazione di ogni DRG rappresenta la fase finale del percorso. Il peso relativo di ciascun DRG rappresenta il grado di impegno relativo in termini di costi e di impegno clinico, rispetto al costo medio standard del ricovero. La remunerazione corrisposta per ciascun DRG è proporzionale al peso.

Le tariffe delle prestazioni dell’assistenza ospedaliera sono state emanate per la prima volta dal Decreto del Ministero della Sanità 14 dicembre 1994 e aggiornate successivamente nel 1997. Le linee guida, con i criteri di applicazioni, sono state emesse nel 1995 (linee guida n. 1/1995).

La normativa successiva è rappresentata dal D.lgs. n. 57 del 28 febbraio 1995 (“Disposizioni urgenti in materia di assistenza farmaceutica e di salute”) e dal Piano Sanitario Nazionale 1994-1996. In tale PSN, oltre ai contenuti del citato Decreto

(34)

30

Ministeriale 14 dicembre 1994, è specificata la metodologia adottata per la determinazione delle tariffe delle prestazioni di assistenza ospedaliera, l’articolazione delle tariffe e l’ambito di applicazione, i controlli sia esterni che interni.

La tariffazione dei DRG è tuttavia demandata alle Regioni che devono dotarsi di un proprio tariffario regionale. Solo per le regioni inadempienti è obbligatoria l’adozione transitoria del tariffario nazionale.

Le tariffe dei singoli DRG sono fissate, a livello regionale, sulla base del costo standard di produzione, esse sono stabilite dal costo medio dell’assistenza ai pazienti cui è stato attribuito lo stesso DRG. La discrezionalità regionale nell’attribuzione delle tariffe è giustificata dall’esigenza di tenere conto della diversa composizione del tipo di ricoveri erogati e dalle diverse situazioni organizzative che variano nelle singole realtà regionali e locali. Alcuni ricoveri e DRG in tali realtà, possono infatti presentare costi inferiori o superiori alla media.

Concludendo, lo scopo dei DRG è infatti quello di correlare il case mix di un Ospedale alla richiesta di risorse ed ai costi associati cui esso va incontro. Si tenga tuttavia presente che se un ospedale ha un case mix più complesso, da un punto di vista dell’applicazione del sistema DRG, significa che tratta una casistica che richiede l’impiego di maggiori risorse ma ciò non significa necessariamente che quell’ospedale tratti pazienti affetti da malattie gravi, con maggiore difficoltà di trattamento o con prognosi peggiore.

2.1.5. Caratteristiche rilevanti del sistema di finanziamento su base

tariffaria incentrata sui DRG

I principali aspetti positivi del sistema di finanziamento su base tariffaria incentrata sui DRG sono di seguito elencati:

- Il rimborso viene effettuato in base all’attività svolta (prestazione sanitaria) anziché finanziando i fattori produttivi, come avveniva in passato;

- Pagamento per caso trattato anziché per giornate di degenza utilizzate; - Utilizzo dei DRG per la definizione della unità di prestazione;

Riferimenti

Documenti correlati

La classificazione a tariffa di queste produzioni deve essere quindi fatta alla luce del processo produttivo e cioè se la parte strutturale è in legno

In questa voce confluiscono i servizi di nettezza urbana, erogati di norma dalle aziende di igiene ambientale che si occupano di spazzamento, raccolta di Rifiuti Solidi Urbani

La sua funzione è orientata ad una presenza continuativa e proattiva nella comunità territoriale di riferimento facilitando il percorso della presa in carico e della continuità

Nella maggior parte dei pazienti con peritonite diffusa, evidente già ad un pri- mo esame clinico, la diagnostica per immagini risulta inutile in quanto è indicata una laparotomia.

5849 la ”Legge sulla tutela della Igiene e della Sanità Pubblica“ da subito conosciuta come Legge Crispi-Pagliani che è di fatto considerata come l’inizio di quel percorso

• Al fine di garantire, semplificare e facilitare le azioni individuate nel PTTI, i Responsabili della trasparenza si avvalgono di una rete di Referenti nelle direzioni e nei

Il seminario costituisce un’occasione per favorire lo sviluppo delle sinergie e la collaborazione tra i Direttori dei dipartimenti regionali della preven- zione

che il paziente non sviluppi complicanze dovute alle LdD che il paziente presenti miglioramenti alla