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La fondazione di partecipazione nel cod Terzo Settore e nello statuto della

Capitolo II – La categoria giuridica degli Enti del Terzo Settore

3.11 La fondazione di partecipazione nel cod Terzo Settore e nello statuto della

Mediante il d.P.R. 28 luglio 2017 (pubblicato nella Serie Generale n. 211 della Gazzetta Ufficiale, il 9 settembre 2017) è stato approvato lo statuto della “Fondazione Italia sociale”. Nell’àmbito dei rapporti tra Stato ed enti del Terzo settore, la Fondazione Italia sociale svolge un delicato e rilevante ruolo di raccordo e sostegno, volto al perseguimento (ai sensi dell’art. 10, co. 1°, legge n. 106/2016 e, in particolare, dell’art. 2 del relativo statuto) dello scopo di sostenere, mediante l’apporto di risorse finanziarie e di competenze gestionali, la realizzazione e lo sviluppo di interventi innovativi da parte di enti del Terzo settore, caratterizzati dalla produzione di beni e servizi con un elevato impatto sociale e occupazionale e rivolti, in particolare, ai territori e ai soggetti maggiormente svantaggiati. Prosegue la disposizione dell’art. 2 cit. nel prevedere che la Fondazione, nel rispetto del principio di prevalenza dell’impiego di risorse provenienti da soggetti privati, svolge una funzione sussidiaria e non sostitutiva dell’intervento pubblico.

Anche al di là del ruolo fondamentale che svolge la Fondazione nella dinamica dei rapporti tra enti del Terzo settore e stato centrale, suscitano particolare interesse, nella presente sede, i riflessi civilistici del d.P.R. 28 luglio 2017 cit. Infatti, ai sensi dell’art. 1, co. 2, dello statuto cit. la Fondazione Italia sociale viene qualificata come una persona giuridica privata, che risponde ai princìpi e allo schema giuridico della fondazione di partecipazione, nell’ambito del più vasto genere di fondazioni disciplinato dal c.c. e dal cod. Terzo settore.

Com’è stato osservato, merita infatti particolare interesse l’opzione legislativa di inserire un riferimento (e, per questa via, anche un vero e proprio riconoscimento formale) allo “schema giuridico” della fondazione di partecipazione398. Ciò il legislatore ha fatto non solo nello statuto della Fondazione Italia sociale ma anche, più in generale, in svariate norme del cod. Terzo settore che contemplano la configurazione di fondazioni del Terzo settore, il cui statuto preveda «la costituzione di un organo assembleare o di indirizzo, comunque denominato»399. Nonostante la natura, senz’altro variegata, delle fondazioni di partecipazione400, coessenziale alla figura del tipo fondazionale in discorso è, in effetti, la presenza, accanto all’organo amministrativo, di un organo assembleare.

Dall’analisi delle norme richiamate e dalle altre disposizioni dello Statuto cit., appare di tutta evidenza il distacco tra la tipologia e il ruolo delle fondazioni di partecipazione401 e il modello codicistico della fondazione c.d. erogatrice, quale chiaramente configurato dall’art. 16, co 1°, secondo periodo, c.c., essenzialmente

398

Cfr. E.QUADRI, Il Terzo settore tra diritto speciale e diritto generale, cit., p. 714, mentre, più in generale sulla figura della fondazione di partecipazione, cfr., D. VITTORIA, Le fondazioni culturali e il consiglio di amministrazione. Evoluzione della prassi statutaria e prospettive della tecnica fondazionale, cit., p. 316 e ss.; nonché G. IORIO, Le fondazioni, Milano, 1997, p. 212 e ss.

399

Cfr. artt. 23 (in tema di procedura di ammissione dei membri e carattere aperto dell’ente), 24 (in tema di funzionamento e struttura dell’organo assembleare), 25 (in tema di competenze dell’assemblea) e 26 (in tema di previsioni statutarie sulla nomina dei componenti dell’organo di amministrazione) che estendono alle fondazioni di partecipazione del Terzo settore le norme in tema di assemblea delle associazioni del Terzo settore.

400

Tale figura si delinea, infatti, in più ipotesi: e.g. nelle fondazioni di origine bancaria, lirico- sinfoniche, culturali e in quelle universitarie. Per gli opportuni riferimenti cfr. M. TAMPONI, Commento sub art. 14 c.c., in Il Codice Civile. Commentario cit., p. 156.

401

La cui funzione è (sovente, come nel caso della Fondazione Italia sociale) quella di dare vita ad una stabile collaborazione pubblico-privato tramite, mediante le forme organizzative di un ente di tipo fondazionale.

caratterizzato dall’attività di gestione di un patrimonio, al fine, appunto, di erogare le rendite secondo le direttive del fondatore402.

Dall’analisi della casistica che si è offerta alla prassi sviluppatasi prima della riforma de qua – anche a voler prescindere dai modelli proposti dalla legislazione speciale – risulta agevole definire il modello-tipo della fondazione di partecipazione, il quale (al netto delle inevitabili peculiarità connotanti i casi singoli) è caratterizzato dall’apertura dell’ente all’adesione di nuovi soggetti, sia privati che pubblici, apportatori di risorse e chiamati a partecipare alle decisioni strategiche, ovvero coinvolti nella vita dell’ente (in forma e modalità che mutano a seconda dei casi), e che consente di distinguere tra varie categorie di associati (i fondatori, gli ordinari, i sostenitori, i benemeriti, gli onorari, ecc.)403.

Non si è mancato di osservare come ulteriori elementi siano piuttosto ricorrenti nella variegata fenomenologia delle fondazioni di partecipazione, come ad esempio la presenza di una pluralità di fondatori o comunque di partecipanti all’iniziativa (mediante un apporto di qualsiasi natura purché utile al raggiungimento degli scopi), nonché la formazione progressiva del patrimonio (per cui la dotazione patrimoniale iniziale non è autosufficiente e definitiva, ma aperta ad incrementi per effetto di adesioni successive da parte di soggetti ulteriori rispetto ai fondatori)404.

Cionondimeno, il punto focale della figura de qua sembra essere rappresentato pur sempre dalle modalità di articolazione della struttura dell’ente, che deve essere tale da garantire la possibilità di partecipazione dei “conferenti” ai processi attuativi dello scopo al cui conseguimento gli apporti da ciascuno effettuati sono destinati, mediante l’attribuzione statutaria delle funzioni di governo dell’ente ad un organismo che opera con metodo assembleare (mentre

402

In questo senso, cfr. E. QUADRI, op. loc. cit.

403

AN. FUSARO, La fondazione tra modello tradizionale e modello partecipativo quale strumento per la tutela delle categorie svantaggiate, in Vita Not., 2011, 2, p. 1091.

404

Riferimenti e casistica in E. BELLEZZA - F. FLORIAN, Le fondazioni di partecipazione, Piacenza, 2006, passim.

agli amministratori sono assegnate solo mansioni esecutive di quanto deliberato dall’ente costituito dai soggetti conferenti)405.

Da quanto ora accennato, è dato di rinvenire in questi enti una combinazione di elementi propri degli enti di tipo associativo ed elementi propri della tradizionale fondazione, di talché la figura in commento riduce in maniera drastica la fondamentale distanza tra le antonomastiche figure dell’associazione e della fondazione406, senza che tuttavia quest’ultima figura si dissolva nella prima.

L’autonomia della figura in discorso da quella della fondazione erogatrice e la relativa legittimità hanno costituito oggetto di dibattito per decenni. Fondamentalmente, il successo e lo sviluppo della fondazione di partecipazione sono derivati in primo luogo dalla lunga crisi delle fondazioni di tipo tradizionale, tale per cui la loro rilevanza nel panorama delle organizzazioni collettive private risultava decisamente esigua: agli inizi del Secolo scorso, la quasi totalità delle fondazioni si presentava sotto patrimonializzata e “paralizzata” dal distacco del fondatore, con la conseguente autoreferenzialità degli amministratori, a discapito degli interessi generali a base dell’atto di liberalità407.

Sembra dunque avviata ad una definitiva svolta l’ormai pluridecennale discussione in ordine alla legittimità ed all’accoglimento, nel sistema ordinamentale degli enti non lucrativi, di una simile tipologia di organizzazioni408. Il provvedimento in esame finirebbe infatti col delineare con discreta accuratezza

405

Sul ruolo dei conferenti nell’ambito del governo dell’ente cfr. P. MANES, Fondazioni e venture philantropy: come coniugare la logica del profitto e l’etica del dono, in Contr. e impr., 2006, p. 1479 e ss., nonché, in giurisprudenza, T.A.R. Piemonte, 7 novembre 2012, n. 1159, in Giurisd. amm, 2012, II, p. 1737.

406

In particolare, il riferimento è alla necessità di tenere distinto il ruolo del fondatore dall’esecuzione del programma prefissato nello statuto dell’ente fondazionale; cfr. sul punto M. TAMPONI, Commento sub art. 14 c.c., cit., p. 157.

407

E. BELLEZZA - F. FLORIAN, Le fondazioni di partecipazione, cit. 28-29.

408

Sul fenomeno delle fondazioni di partecipazione, anche per esempi concreti tratti da statuti di fondazione, v. principalmente AA.VV., Le fondazioni di partecipazione, Atti del Convegno di Studio “Le Fondazioni di Partecipazione” del 25 novembre 2006 a Firenze, a cura di E. Bellezza, Piacenza, 2006, passim; Nonché, in giurisprudenza, inter alia, T.A.R. Piemonte, 7 novembre 2012, n. 1159, cit.

i tratti essenziali della figura in discorso, conferendole di conseguenza piena dignità normativa409. Piuttosto, pare il caso di sottolineare come sembri risultare confermata l’opinione tendente a legittimare gli enti in questione, in quanto (e se) ascrivibili, per i loro fondamentali caratteri concreti, al genere della fondazione, sia pure quale relativa specificazione tipologica. In tal senso sembra, in particolare, deporre quanto previsto nel co. 3° dell’art. 25, il quale, nel contemplare la possibilità che lo statuto delle fondazioni del Terzo settore attribuisca all’organo assembleare o di indirizzo la competenza a deliberare su oggetti rientranti nella competenza inderogabile dell’assemblea, significativamente precisa «nei limiti in cui ciò sia compatibile con la natura dell’ente quale fondazione»410.

Conclusivamente, merita comunque di essere notato come il legislatore, da un lato, abbia dato espressamente accesso alla categoria della fondazione di partecipazione, dall’altro lato, al contempo, abbia escluso dal novero degli enti del Terzo settore la fondazione di tipo bancario, la quale assume tipicamente le forme di una fondazione di partecipazione.

3.12 Osservazioni conclusive: la “societarizzazione” degli enti del Terzo