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I L FORO DI P OMPEI : TRA REALTÀ E RAPPRESENTAZIONE

Nel capitolo precedente i frammenti del fregio sono stati esaminati isolandoli l’uno dall’altro e concentrando l’attenzione sulle singole rappresentazioni. Si è tuttavia ben consci della necessità di non considerare queste ultime come rappresentazioni del tutto autonome dal punto di vista contenutistico. Al contrario, proprio nella possibilità di leggere il contenuto delle 18 scene su uno sfondo unitario e organico e nell’articolata composizione di rappresentazioni differenti, il fregio trova la sua più assoluta originalità nel panorama pittorico romano.

Uno degli elementi chiave in tale valutazione più generale è certamente costituto dal contesto spaziale in cui hanno luogo le attività che abbiamo esaminato. Come si è avuto modo di verificare in più di un frammento è la presenza di portici e di monumenti di natura diversa, per lo più onoraria, a connotare lo spazio in cui le scene si svolgono e a definirne l’evidente carattere di monumentalità.

In 16 dei frammenti superstiti sono raffigurati elementi architettonici più o meno chiaramente riferibili ad edifici colonnati. L’impressione che se ne ricava è quella di uno spazio di una certa ampiezza, libero ed aperto nella sua zona centrale, ma circondato per buona parte del suo perimetro da portici, davanti o all’interno dei quali si svolgono le varie scene. Tale spazio è stato raffigurato con una visione centrifuga, facendo correre lo sguardo per 360° a partire dal centro e lungo tutti i suoi lati.

Siamo chiaramente in presenza di un ampio quadriportico, interrotto in alcuni punti da edifici che si stagliano in maniera più o meno isolata, variando la monotonia dei colonnati perimetrali. Ma, a ben vedere, sarebbe errato limitarsi a definire genericamente come quadriportico lo spazio all’interno del quale si svolgono le attività raffigurate.

Sebbene non siano mancate le proposte di collocare le scene in un’area porticata di natura diversa210, credo che l’identificazione dello spazio raffigurato con un foro non sia da mettere in dubbio. Ritengo anzi che essa costituisca l’unica possibile soluzione per la comprensione del fregio nelle sue molteplici sfaccettature. Non è un caso che fin dalla sua

210 Parslow, ad esempio, ha pensato ad una rappresentazione che avrebbe tratto ispirazione in parte dal foro ed in parte dalla Palestra Grande di Pompei: cfr. PARSLOW 1998b, pp. 119-120 e cfr. infra Cap.

prima scoperta, e con maggiore forza nella seconda metà del XX secolo, tale teoria sia stata generalmente ritenuta valida. Ben presto si sono sollevate domande sul carattere della raffigurazione, e gli studiosi si sono interrogati sul suo carattere ideale o, al contrario, si sono chiesti se essa non costituisse una rappresentazione più o meno fedele di una piazza reale, ed in particolare del foro di Pompei.

Vorrei sottolineare fin da subito come questa seconda ipotesi sia a mio parere di gran lunga preferibile soprattutto in considerazione di alcuni particolari, anche architettonici, che paiono richiamare, in maniera piuttosto fedele, edifici del foro pompeiano. Il tema dell’identificazione tra il foro dipinto e quello di Pompei non è tuttavia di facile soluzione ed è condizionato - è inutile negarlo - da alcuni problemi che sarà necessario tenere presente nelle prossime pagine. Il primo è senza dubbio rappresentato dalla forte lacunosità del fregio che, come abbiamo avuto modo di ricordare in più di un caso, si conserva esclusivamente attraverso 18 frammenti, spesso di dimensioni esigue. Una seconda considerazione riguarda la qualità pittorica e le caratteristiche stilistiche alla base della rappresentazione, che rendono quantomeno necessaria una certa prudenza nella valutazione e nell’esame di dettagli anche ben visibili. Il terzo elemento, infine, riguarda il foro di Pompei. L’assenza di approfonditi e aggiornati studi di carattere architettonico in merito ai portici e agli edifici che circondavano la piazza costituisce, infatti, un serio ostacolo per chi intenda rintracciare coincidenze e assonanze tra quanto raffigurato e quanto effettivamente visibile nella realtà211.

Il tentativo di verificare quanti e quali elementi architettonici raffigurati nell’affresco possano essere connessi a ciò che è realmente attestato nel foro pompeiano, dunque, dovrà essere compiuto alla luce di queste tre considerazioni di base.

III. 1. Il foro di Pompei: gli edifici, i portici, e i monumenti onorari

Un riesame della documentazione e delle problematiche legate al foro pompeiano non rientra tra i compiti e gli obiettivi che ci si è prefissati in questa sede. La complessità e l’eterogeneità delle problematiche connesse allo studio della piazza cittadina consiglierebbero di astenersi da ogni discussione su temi spesso assai spinosi e controversi. Tuttavia, la possibilità, molto concreta a mio modo di vedere, di identificare con il foro di Pompei il luogo di svolgimento delle scene raffigurate nel fregio costituisce un ottimo spunto per una riflessione sulla storia e lo sviluppo architettonico di quest’area. È solo attraverso il tentativo

di ricostruire l’aspetto del piazza, e più in particolare dei suoi portici, che si potrà cercare di appurare il modo in cui gli autori del fregio operarono, ma soprattutto se ed in quale misura essi attinsero ed allusero ad una realtà concreta e visibile.

Una premessa è tuttavia necessaria. In questa sede non ci si può infatti esimere dal sottolineare come, a dispetto di una produzione scientifica ‘pompeianistica’ ormai vastissima e molto variegata, il foro di Pompei (Fig. 73) non sia stato ancora al centro di un sistematico lavoro di edizione aggiornato ed improntato ai più moderni criteri di studio architettonico e più in generale archeologico212. È probabile che su questa lacuna abbiano pesantemente influito le travagliate vicende che interessarono la scoperta e i primi scavi di Pompei, ed in particolare del foro, che condussero il più delle volte a sterri dallo scarsissimo rigore metodologico. Se si prescinde dai lavori datati ma ancora fondamentali di A. Mau213, di A. W. Van Buren214, dai risultati degli scavi condotti da A. Sogliano215 e da A. Maiuri216 o dai più recenti lavori di sintesi a carattere più generale di L. Richardson Jr.217 e P. Zanker218, ci si sorprenderà nello scoprire l’esiguità numerica di contributi specifici dedicati al foro pompeiano, o anche solo ad alcuni suoi edifici o settori. Accostandosi con spirito critico allo studio della piazza cittadina, colpisce poi il favore accordato ad alcuni monumenti, in particolare quelli che occupano il lato orientale della piazza, a fronte di un relativo disinteresse, o meglio di trattazioni meno approfondite, relative ai portici e agli edifici che occupano il lato meridionale e quello occidentale. Per questi ultimi, infatti, si dovranno ricordare prevalentemente i lavori di H. Lauter219, soprattutto per ciò che riguarda gli aspetti

212 Tale carenza è stata evidenziata e lamentata in maniera assai forte anche da F. Coarelli: cfr. COARELLI 2000, p. 87: <<Fra le conseguenze più negative di una “pompeianistica” intesa come

pseudoscienza autonoma, che pretende di studiare Pompei con Pompei, vanno annoverati certamente lo scarso studio e l’ancor più scarsa comprensione degli edifici pubblici della città. Pompei deve illustrare solo il “privato”, la “vita quotidiana” in senso stretto: di qui la concentrazione degli studi sulle case […]. Si spiega così il disinteresse per i monumenti pubblici della città, che restano ancora oggi sostanzialmente inediti, e privi addirittura, talvolta, di qualsiasi documentazione di base, come un rilievo adeguato […]. Venendo al nostro argomento (scil. il foro), va sottolineata in primo luogo, ancora una volta, l’assenza di un’edizione critica del Foro di Pompei […]>>.

213 Cfr. soprattutto MAU 1891;ID.1896a e ID.1896b, ma anche la sintesi in ID.1900. 214 Cfr. VAN BUREN 1918. 215 Cfr. SOGLIANO 1925. 216 Cfr. soprattutto MAIURI 1941; ID. 1942; ID. 1951 e ID. 1973. 217 Cfr. RICHARDSONJR. 1988. 218 Cfr. ZANKER 1993. 219 Cfr. LAUTER 1979, in part. pp. 416-436.

legati alla cronologia, e di K. Ohr220, il quale ha dedicato uno studio piuttosto esaustivo alla Basilica, affrontando ovviamente anche i problemi connessi alla porticus duplex di Popidio.

Il lato orientale, come detto, è stato posto invece al centro di ricerche più complesse ed articolate; senza dubbio su tale preferenza ha influito la ricchezza monumentale di questo settore della piazza, nonché il suo aspetto dai connotati fortemente ideologici e politici, che ne fecero un polo di sviluppo architettonico soprattutto a partire dall’età augustea e fino all’eruzione del 79 d.C. Nello sconfortante panorama degli studi architettonici sul foro pompeiano, il lavoro di K. Wallat221 costituisce senza dubbio un importante punto di riferimento. In esso l’esame degli edifici che occupano il lato orientale della piazza è stato condotto per la prima volta in maniera più scientifica, soffermandosi anche sull’analisi di alcuni degli elementi architettonici e sul loro inquadramento tipologico e cronologico. Tuttavia, come si vedrà meglio in seguito, si tratta di un’opera che ad un esame più dettagliato non risulta priva di errori ed inesattezze anche significative, e che dunque non può considerarsi del tutto affidabile.

La rinnovata attenzione per la storia monumentale del foro pompeiano è però legata soprattutto all’attività di J. J. Dobbins ed al Pompeii Forum Project, di cui Dobbins coordina le attività. Le ricerche condotte nell’area della piazza si sono per la prima volta avvalse di nuove tecnologie in grado di cogliere con maggiore precisione le tracce di trasformazioni avvenute nell’arco di poco meno di due secoli, a partire dalla tarda età repubblicana e soprattutto tra l’età augustea e l’eruzione del 79 d.C. I risultati di tali indagini, che in parte ricalcano e riprendono intuizioni e idee già del Maiuri, sono stati anticipati in alcuni contributi di respiro non amplissimo222. È tuttavia da lamentare l’assenza di una più completa edizione dei dati raccolti da Dobbins, così come mi pare da segnalare il fatto che, ancora una volta, le ricerche si siano concentrate prevalentemente sul settore orientale del foro, relegando in secondo piano lo studio dei portici e degli edifici presenti sul lato meridionale, su quello occidentale e su quello settentrionale.

Sulla scia dell’opera di J. J. Dobbins si pone, infine, l’attività dell’équipe dell’Università di Augsburg, diretta da V. Kockel, che ha interessato soprattutto il lato meridionale della piazza e i cosiddetti ‘edifici municipali’ apportando dati nuovi e molto

220 Cfr. OHR 1991. 221 Cfr. WALLAT 1997.

222 Cfr. DOBBINS 1994,ID.2007e DOBBINS,BALL 2005.Alcune notazioni sono inoltre ricavabili dal sito internet dedicato al Pompeii Forum Project: cfr. http://pompeii.virginia.edu.

interessanti sulla cronologia delle fasi monumentali di questo settore223. Proprio nel contesto della ricerca guidata da Kockel si è inserito il riesame della documentazione relativa agli archi onorari di Pompei, recentissimamente sfociata in una monografia di K. Müller224. È auspicabile che la prosecuzione delle ricerche avviate dal Pompeii Forum Project e dall’università di Ausburg portino a nuove analisi su questi settori e soprattutto ad una loro più esauriente pubblicazione.