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1 4 La viabilità nell’area del foro: accessi e limitazioni al traffico

Prima di concludere l’esame del foro pompeiano e di dedicarci al confronto tra quest’ultimo e gli edifici e i monumenti rappresentati nel fregio, è necessario fare alcune considerazioni anche sul tema degli accessi alla piazza pompeiana e su quello della viabilità nell’area del foro.Solo di recente lo studio del traffico veicolare urbano a Pompei è stato oggetto di indagini approfondite. Se si esclude l’articolo, oramai datato, di P. Ciprotti507, infatti, bisognerà attendere il 1991 perché si assista ad una vera e propria svolta segnata dal lavoro dell’équipe nipponica guidata da S. Tsujimura508. Una ricerca, quella giapponese, in cui le considerazioni sulla possibile entità della circolazione urbana pompeiana scaturivano dal confronto dei dati desumibili da una ricognizione delle strade di Pompei e delle dimensioni delle carreggiate con le informazioni relative alle misure dei carri in uso nel I sec. a.C. e nel I sec. d.C. (Fig. 154). Più aggiornati, e altrettanto utili, sono i contributi di E. Poehler 509, che allarga l’esame anche alle possibili direttrici del traffico veicolare urbano di Pompei, e di R. Laurence510, che considera come elementi chiave nello studio dei trasporti

506 Cfr. KOCKEL 2005, p. 61, e tav. 15. 507 Cfr. CIPROTTI 1961.

508 Cfr. TSUJIMURA 1991.

509 Cfr. POEHLER 2006 e ID.2011. 510 Cfr. LAURENCE 2008.

urbani anche la destinazione degli ambienti che si aprono con la fronte sui marciapiedi delle strade.

La tematica, come si capirà, è estremamente articolata e complessa. D’altro canto, ciò che interessa in questa sede è un aspetto particolare della viabilità urbana di Pompei. Nell’esaminare i singoli frammenti, infatti, si è più volte ricordata l’apparente anomalia costituita dalla presenza di animali e soprattutto di un carro merci all’interno dei portici. Ora, è noto come il traffico veicolare fosse escluso dalle aree forensi. Ciò, tuttavia, non impediva che alcuni settori della piazza potessero presentare dei varchi accessibili anche con mezzi di trasporto su ruota o che deroghe alla norma venissero concesse in particolari occasioni. Soprassiederò per ora sul secondo punto e sulla possibilità che in alcune occasioni l’ingresso alla piazza fosse consentito anche ad animali e veicoli. Vorrei invece concentrarmi sull’esame delle caratteristiche architettoniche dei principali accessi al foro pompeiano, e di due di essi in particolare, al fine di dimostrare come l’accesso ad alcune zone della piazza, anche con carri e bestie da traino, non fosse del tutto impossibile. Nel caso di Pompei, infatti, si dovrà notare come l’idea di una piazza completamente chiusa non corrisponda al vero. Contrariamente a quanto sostenuto da molti511, se da un lato è vero che il transito all’interno della piazza e il suo attraversamento erano resi impraticabili per via di gradini, rialzamenti dei livelli pavimentali, blocchi di chiusura delle strade, non altrettanto inaccessibili risultavano alcuni settori dei portici512. Parallelamente, credo sia da mettere parzialmente in discussione la stessa idea di una piazza assolutamente impercorribile nel suo settore centrale, soprattutto in considerazione di un interessantissimo documento epigrafico che testimonia dell’esistenza di processioni e di una pompa in foro, tenuta in occasione dei Ludi Apollinares513.

Passiamo ad esaminare più nel dettaglio gli accessi alla piazza. Del tutto impraticabile era quello da Via dell’Abbondanza, a causa di tre blocchi di chiusura disposti verticalmente al centro della carreggiata, a ridosso di un gradino (Fig. 155). Come ha ben evidenziato recentemente F. Coarelli, in questo settore del foro esisteva effettivamente una rigida regolamentazione degli accessi, anche pedonali, probabilmente da connettere con lo svolgimento dei comitia514. Inaccessibile era anche l’ingresso da Via del Foro, attraverso

511 Si veda a tal proposito CIPROTTI 1961,p. 272. La tesi è stata sostenuta tra gli altri anche da Guzzo, in un contributo dedicato al fregio in esame: cfr. GUZZO 2005,p. 108.

512 Cfr. TSUJIMURA 1991,fig. 5 e infra in questo paragrafo. 513 Cfr. infra Cap. V. 1.

514 Cfr COARELLI 2000, in part. pp. 93-98. In queste occasioni, complessi sistemi di soglie e cancellate rimovibili dovevano garantire un isolamento quasi totale della piazza, ed un controllo ferreo su coloro che vi entravano per partecipare alle votazioni.

l’arco numero 4, riservato esclusivamente ai pedoni come dimostra la presenza di due blocchi lapidei infissi verticalmente al centro della carreggiata, al di sotto dell’arco (Figg. 130 e 133)515. Sul lato occidentale del tempio forense tali dispositivi non sono presenti. Tuttavia, l’area compresa tra Vicolo delle Terme, Via dei Soprastanti e l’arco all’angolo Sud-Ovest del tempio mostra un dislivello consistente, superato per mezzo di alcuni gradini (Fig. 128). Analogamente, l’accesso da Sud, attraverso Via delle Scuole, è interrotto da una fontana che rende impossibile l’accesso alla porticus duplex di Popidio (Fig. 156).

La situazione varia se passiamo invece ad esaminare lo sbocco di Via Marina nel portico occidentale del foro e soprattutto il varco posto immediatamente ad Est dell’arco numero 4.

Partiamo dal lato occidentale della piazza. Qui la Via Marina sbocca direttamente all’interno del portico, dando vita ad un ampio ingresso segnalato ed enfatizzato esclusivamente da due semicolonne che si dispongono presso gli angoli dei marciapiedi, allineate al muro occidentale del santuario di Apollo e al colonnato del chalcidicum della Basilica (Fig. 157). Non vi è traccia, in questo punto, di quegli apprestamenti destinati ad impedire l’accesso al portico o alla piazza, di cui si è riscontrata la presenza sulla prospiciente Via dell’Abbondanza, o su Via delle Scuole. Se, dunque, il lastricato della piazza resta isolato, per via del gradino che lo separa dal colonnato, il portico era almeno teoricamente aperto all’accesso dei veicoli, o meglio, il loro ingresso al colonnato non era del tutto impossibile. Per verificare se l’ipotesi dell’accessibilità del portico occidentale si fondi anche su solide ragioni pratiche, è tuttavia necessario riflettere sulla funzione di Via Marina e sulla sua natura di strada carrabile. Punto di partenza per una tale riflessione è costituito dalle ricerche di Tsujimura: l’esame condotto dal gruppo nipponico sulle tracce di carreggiate presenti sui lastricati stradali ha infatti permesso di ricostruire non solo i percorsi e le direttrici principali, ma anche le aree di traffico più intenso. Nel caso delle strade che conducono al foro, indizi piuttosto evidenti della presenza di carreggiate sono ben visibili su Via degli Augustali, su Via dei Soprastanti e su Via del Foro. Diversa è la situazione nel tratto conclusivo di Via Marina, dove il lastricato è pressoché privo di segni di ruote, analogamente a quanto si riscontra in Via delle Scuole e nel tratto terminale di Via dell’Abbondanza, dove le carreggiate non sono affatto presenti (Via delle Scuole) o sono tanto labili da far pensare ad un traffico piuttosto diradato (Via dell’Abbondanza). Sebbene indicativo di alcune tendenze nell’organizzazione del traffico veicolare urbano, il peso delle tracce lasciate dai carri sui lastricati stradali è da

valutare caso per caso, poiché è più che discutibile la validità dell’equazione per cui all’assenza di rotaie sul lastricato corrisponde la chiusura totale alla circolazione su ruota. Basterebbe a dimostrarlo proprio il caso del troncone di Via dell’Abbondanza compreso tra il foro e le Terme Stabiane. Come ha ben sottolineato A. Wallace-Hadrill, l’assenza di profonde tracce di carreggiate in questo punto non esclude che la strada potesse essere usata anche da veicoli su ruota. È anzi più che probabile che Via dell’Abbondanza, in questo settore, abbia funzionato da percorso processionale in grado di mettere in connessione due punti chiave della città: il foro e il quartiere del foro triangolare e dei teatri516. Più che una chiusura totale del traffico veicolare, dunque, si dovrà immaginare una regolamentazione ancora più rigida di quanto non accadesse in genere, con limitazioni più severe e restrittive da applicare a settori nevralgici della città, quali ad esempio il foro517. Anche alla luce di un tale confronto, non si potrà automaticamente escludere che Via Marina sia stata interessata, almeno sporadicamente, dal traffico veicolare. Si dovrà quantomeno tenere in debito conto la possibilità che mezzi su ruota potessero percorrere la via fino al suo sbocco nel portico occidentale. Del resto, la duplice natura, pedonale e carrabile, che questa arteria viaria aveva già fin dal suo ingresso alle mura urbiche è evidente. L’omonima Porta Marina518, infatti, presenta due aperture: una per i pedoni e una per i carri (quest’ultima dotata di una soglia che reca ancora i profondi solchi lasciati dai veicoli) (Fig. 158). Tale duplice destinazione si conservava certamente fino all’incrocio con Vicolo del Gigante, strada in cui le tracce di carreggiate sono più evidenti sebbene non profondissime (Fig. 159). A partire da questo punto Via Marina si restringe in maniera netta (m 1,64) prima di ampliarsi nuovamente nel tratto terminale e sfociare nel portico occidentale. Si potrebbe immaginare che il brusco restringimento della strada sia indizio del fatto che, a partire da questo punto, essa fosse destinata esclusivamente ai

516 Cfr. WALLACE-HADRILL 1996,in part. p. 49. Anche in questo caso il pensiero va alla pompa per i

Ludi Apollinares: cfr. infra Cap. V. 1.

517 Si tornerà ancora sulla regolamentazione del traffico urbano, ed in particolare sugli aspetti connessi alla circolazione nei pressi dei fora: cfr. infra Cap. V. 1.

518 In realtà, come ricostruito da Eschebach, il nome originario della porta era probabilmente Porta

pedoni519. Tuttavia, il nuovo allargamento del lastricato nel suo tratto più orientale, la presenza di due ampi marciapiedi che fiancheggiano da un lato la Basilica e dall’altro il santuario di Apollo, nonché la presenza di tre blocchi per l’attraversamento pedonale (Fig. 160) sono dati che mal si accordano con una destinazione esclusivamente pedonale di quello che costituì senza dubbio uno degli assi viari principali della città. Non è un caso, infatti, che analogamente a quanto ipotizzato da Wallace-Hadrill per il tratto ‘forense’ di Via dell’Abbondanza, anche per ciò che concerne Via Marina e il segmento compreso tra il foro e l’accesso al tempio di Venere, Richardson abbia ipotizzato una destinazione ad attività processionali520.

Sebbene risulti quantomeno problematica, la possibilità di una circolazione su ruota lungo via Marina, e di conseguenza anche in direzione del portico occidentale del foro, non può dunque escludersi. Molto più chiara, invece, si presenta la situazione all’angolo Nord-Est della piazza. Qui, lungo Via degli Augustali e adiacenti all’ingresso pedonale al foro dall’omonima via (quella che passa al di sotto dell’arco numero 4), sono presenti due ampi varchi che introducono rispettivamente al lato Nord del macellum ed al colonnato corinzio del mercato (Figg. 134-135 e 140). Proprio questa apertura mostra caratteristiche estremamente interessanti: in prossimità del portico corinzio che occupa il lato Nord-Est del foro pompeiano, infatti, un ampio varco ricavato all’interno del muro che chiudeva a Nord il foro mette in comunicazione il portico corinzio del macellum con la Via degli Augustali (Fig. 121)521. Il passaggio, analogamente a quello del fornice dell’arco numero 4, doveva esistere già prima della realizzazione del colonnato e dell’arco. Esso venne tuttavia monumentalizzato, probabilmente in occasione della realizzazione del portico, per mezzo di una grande soglia (m 4 ca.) che interrompe il percorso del marciapiede e congiunge la strada alla navata interna del colonnato522. La presenza di una imponente apertura, dotata di soglia, a

519 Questa l’idea di POEHLER 2011,p. 158. E’ quantomeno interessante la presenza di un blocco per l’attraversamento pedonale in questo punto in cui Via Marina è fiancheggiata a Nord dal marciapiede e a Sud dal lungo muro che delimita l’area occupata dal tempio della Venus Fisica Pompeiana (Fig. 159). Secondo Poeheler (ibid.p. 158 e p. 161) si tratterebbe di un blocco relativo ad una prima fase di vita della strada, originariamente più ampia e con due marciapiedi collegati da due o più blocchi per l’attraversamento pedonale. In seguito all’ampliamento del santuario di Venus ed all’avanzamento del muro di temenos verso Nord, la strada sarebbe stata ristretta senza che per questo si procedesse all’eliminazione di tutti i blocchi di attraversamento. L’ipotesi, che pure non è improbabile, meriterebbe di essere ulteriormente verificata.

520 Cfr. RICHARDSON JR. 1988, pp. 277-278.

521 Si tratta dello stesso muro che venne in parte inglobato nell’arco numero 4: cfr. supra Cap. III. 1. 3. 522 Cfr. WALLAT 1997,pp. 158-159. Alle due estremità ed al centro della soglia tre incassi per i cardini dimostrano l’esistenza di una porta richiudibile.

brevissima distanza da quello che è forse il principale accesso alla piazza non è irrilevante. Ritengo che in questo caso ci si trovi davanti ad un passaggio non esclusivamente destinato ai pedoni, che si sarebbero potuti comodamente servire dell’ingresso al di sotto dell’arco; al contrario, è più che probabile che si tratti di un varco praticabile anche da parte dei veicoli su ruota, agevolati in questo caso dall’assenza di dislivello tra la soglia e l’interno del porticato e, ancora di più, dal fatto che la soglia si imposti ad una quota pressoché analoga a quella del lastricato stradale di Via degli Augustali. D’altra parte, proprio in questo settore la strada risultava aperta al traffico veicolare, come mostra la piccola rampa esistente nel punto di intersezione tra Via del Foro e Via degli Augustali (Fig. 161). La vicinanza di due grandi accessi all’angolo Nord-Ovest del foro mal si spiegherebbe se entrambi fossero stati destinati esclusivamente al traffico pedonale. Al contrario, una diversificazione nella destinazione dei due ingressi pare più che logica. Non escluderei che alla base di una tale scelta sia intervenuta la connotazione prevalentemente commerciale di quest’area, dominata dal macellum. Si potrebbe dubitare del fatto che l’accesso dal foro all’interno del mercato, ben presto connotato in chiave ideologica per mezzo dell’edicola destinata a ricevere la statua dell’imperatore (Fig. 97)523, potesse essere contemporaneamente utilizzato anche come punto di ‘scarico merci’. Tuttavia, è necessario riflettere in primo luogo su un elemento di fondamentale importanza per un mercato come quello di Pompei, che dovette soddisfare, anche dopo il sisma del 62 d.C., le esigenze dell’intera città: mi riferisco alla necessità di rifornire il macellum, e non ultime proprio le botteghe ospitate nel portico corinzio, con quantità di merci difficilmente trasportabili se non per mezzo di bestie da soma e veicoli su ruota. A tal proposito è interessante richiamare l’attenzione su alcuni calcoli effettuati da J. Coulston che hanno stimato in 100-135 kg il peso massimo trasportabile a schiena d’asino e in 250-300 kg quello trasportabile su carro524. Se si considera che un secondo accesso al mercato (quello da Via degli Augustali) era con buona probabilità destinato esclusivamente ai pedoni525, e che quello da Vicolo del Balcone Pensile pur terminando in una rampa sembra aver avuto carattere

523 Cfr. supra Cap. III. 1. 2. 524 Cfr. COULSTON 2001, p. 113.

525 A dimostrazione del carattere pedonale di tale accesso si può ricordare il fatto che esso si apre sul marciapiede. Quest’ultimo corre ininterrotto e rialzato rispetto al lastricato stradale, tra l’ingresso al portico corinzio e l’incrocio con il Vicolo di Eumachia.

prevalentemente pedonale526, apparirà più che concreta la possibilità di intendere l’ingresso adiacente all’arco numero 4 come aperto al transito dei veicoli527.

Un’ultima breve notazione in merito alle modalità di accesso al foro ed alla probabilità che essa includesse anche il trasporto veicolare, è necessaria per il periodo post-sismico. Si dovrà immaginare, infatti, che la necessità di sgomberare il foro dai detriti e di trasportare nella piazza i materiali necessari alla riedificazione o ristrutturazione degli edifici danneggiati dal terremoto abbia comportato la possibilità di accedere ad esso, o ad alcuni suoi settori, quali ad esempio il portico occidentale e quello del macellum, anche con veicoli su ruota528.

Le notazioni finora tracciate in merito alla storia architettonica del foro pompeiano e dei suoi elementi costituitivi mostrano quanto arduo sia il tentativo di ricostruire con sicurezza e attendibilità l’aspetto della piazza, dei suoi portici e dei suoi monumenti, soprattutto per ciò che riguarda il travagliato periodo compreso tra il 62 d.C. e il 79 d.C. Se da un lato la quantità e qualità dei dati a nostra disposizione è stata compromessa dalle ricostruzioni avviate subito dopo il sisma e interrotte dall’eruzione del Vesuvio, ma soprattutto dalle spoliazioni che seguirono a quest’ultima, dall’altro non si può tacere di come gli scavi assai sommari ed imprecisi del XIX secolo e i restauri poco curati e spesso filologicamente scorretti del XIX e del XX secolo abbiano portato ad una conoscenza non sempre precisa e chiara della storia architettonica della piazza pompeiana. Una situazione che, come abbiamo avuto modo di sottolineare in più di un caso, si riflette in una deprecabile assenza di studi specifici e di stampo prettamente architettonico, tanto profonda da rendere ancora oggi ricca di interrogativi la comprensione delle dinamiche urbanistiche ed architettoniche che dovettero riguardare il cuore della città anche, e forse soprattutto, in una fase di forzato rinnovamento quale dovette essere quella successiva al terremoto del 62 d.C.

526 Cfr. POEHLER 2011,p. 156. La presenza di una rampa è significativa e può testimoniare della volontà di rendere tale area accessibile anche ai mezzi su ruota. Ciononostante, in questo punto l’accesso all’interno del macellum avveniva tramite una breve rampa di scale che sicuramente avrà reso più difficile il trasporto di ingenti quantità di merci.

527 Di questa opinione anche Poehler,(POEHLER 2011, pp. 153-154): <<[...] the material supply of bulk goods by weehled transport was still possible due to the remaining pavement and ramp that allowed access to the open area between the Macellum and Imperial Cult Building (scil. Santuario del Genius

Augusti) where carts could park, load and unload, and even turn around>>.

528 Questo aspetto è stato opportunamente sottolineato da R. Laurence, che tuttavia ritiene l’ingresso settentrionale l’unico utilizzabile anche da mezzi su ruota: cfr. LAURENCE 2008,p. 90.

Ciononostante, è comunque possibile intrecciare quelli che paiono a prima vista solo disiecta

membra di una realtà architettonica originariamente dotata di una sua piena organicità; ne

otteniamo un quadro che, se non può dirsi completo e privo di punti interrogativi, risulta comunque tanto articolato da permettere quel confronto con le architetture e le situazioni raffigurate nel fregio che costituisce uno degli obiettivi principali del presente lavoro.