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1 2 Il nuovo volto del foro in età imperiale

È tra la fine del I sec. a.C. e i primi decenni del I sec. d.C. che il centro politico della città viene a trasformarsi dietro la spinta del nuovo corso imperiale. Le trasformazioni, va da sé, coinvolsero in pieno l'aspetto monumentale della piazza enfatizzando e in alcuni casi incidendo profondamente su quella divisione funzionale già affermatasi in età repubblicana, che aveva fatto del lato meridionale il centro giuridico-amministrativo della città, di quelli nord-occidentale e orientale il polo economico e di quello settentrionale il centro cultuale della piazza270.

Prima di affrontare il tema delle trasformazioni in atto nei colonnati, che è poi quello più utile ai fini del presente studio, è necessario soffermarsi, seppur rapidamente, sul settore in cui più evidenti si mostrano i segni di una trasformazione che interessò non soltanto

267 Identificazioni diverse proponeva Richardson: in particolare la Curia sarebbe da identificare nell’edificio di Sud-Est, il Tabularium in quello centrale, mentre l’edificio di Sud-Ovest sarebbe stato un Augusteum: cfr. RICHARDSON JR. 1988, pp. 269-273. La ricostruzione è ritenuta credibile da

Dobbins: cfr. DOBBINS 2007,p. 177, n. 23. Per l’identificazione della Curia nell’edificio di Sud-Est si

veda anche KOCKEL 2008,fig. 12.

268 Cfr. KOCKEL 2008,p. 285.

269 In tale direzione aveva spinto il rinvenimento di una serie di muri in opera incerta al di sotto delle strutture di età imperiale, che aveva fatto pensare ad una contemporaneità tra l’erezione degli ‘edifici municipali’ e l’edificazione della Basilica o, in alternativa, la costruzione della porticus duplex: cfr. in primo luogo MAIURI 1942a, pp. 35-36 e ID.1942b, pp. 281-285. Più di recente si vedano COARELLI

2000,pp. 90-92, ID.2002,p. 64 e PESANDO,GUIDOBALDI 2006b,p. 52. Come abbiamo visto, tuttavia,

l’esame più accurato della stratigrafia permette di giungere a conclusioni nettamente diverse. 270 Cfr. COARELLI 2002, p. 70.

l’aspetto architettonico e planimetrico del foro ma anche e soprattutto la sua connotazione ideologica. Mi riferisco naturalmente al lato orientale della piazza. Come si ricorderà, in questo settore la serie di tabernae nate già in età sannitica e trasformatesi nel corso dei decenni, era ancora in funzione negli anni immediatamente precedenti il principato augusteo. La carica ideologica che quest’ultimo portò con sé costituì lo stimolo affinché si procedesse al cambiamento dei connotati del centro cittadino. Sia le botteghe che le case che sorgevano alle spalle di queste furono drasticamente demolite lasciando lo spazio ad una serie di edifici dall’indubbio valore ideologico. Ciò non vuol dire che il ruolo di centro nevralgico della vita economica e commerciale della città venisse meno. Come ha giustamente osservato F. Coarelli, infatti, la destinazione funzionale dell’intero lato orientale del foro rimase invariata; ciò che mutò fu il modo in cui questa si esplicitò agli occhi dei cittadini e la sua connessione con il culto imperiale271. Non è certo questa la sede in cui procedere ad un esame dettagliato degli edifici in questione. È tuttavia opportuno accennare ai principali problemi connessi con complessi monumentali sui quali molto si è scritto, molto si continua e molto si continuerà a scrivere, in virtù delle non poche questioni, archeologiche e storiche, che riguardano la data di edificazione degli edifici, le trasformazioni che li coinvolsero soprattutto dopo il sisma del 62 d.C. e prima dell’eruzione del 79 d.C., la loro destinazione funzionale, i personaggi impegnati nel finanziarne la realizzazione e la dedica, il rapporto di questi ultimi con l’imperatore e con la famiglia imperiale.

Vorrei partire da Sud e dal monumento che ha sollevato senza dubbio il numero maggiore di interrogativi e di interventi da parte degli studiosi: mi riferisco ovviamente al cosiddetto edificio di Eumachia (VII, 9, 1) (Fig. 86)272. Costruito e dedicato tra il 2 ed il 4 d.C., l’edificio subì pesanti rimaneggiamenti dopo il sisma del 62 d.C., ma non venne mai definitivamente completato a causa dell’eruzione. La dedica alla Concordia Augusta ed alla

Pietas273 fu voluta dalla sacerdos publica di Venere Eumachia, figlia di Lucio, e da suo figlio

271 Cfr. COARELLI 2000,p. 90 e soprattutto ID.2002,pp. 70-71. In particolare, si veda COARELLI 2002, p. 71: <<In ogni caso, ogni proposta a tale riguardo (scil. in merito cioè alla destinazione dei singoli edifici del lato orientale) non potrà non tener conto della duplice connotazione di questo lato del Foro, commerciale e ideologica al tempo stesso: e in primo luogo della simmetria evidente tra macellum ed edificio di Eumachia, dove il secondo sembra costituire un pendant del primo, che non può non alludere a un’analoga funzione>>.

272 La bibliografia sull’edificio è amplissima e ha riguardato tutti gli aspetti connessi al complesso monumentale: funzione, dedica, datazione, committenza. Ancora fondamentale è MAU 1892b, mentre

per una sintesi delle problematiche e per un riepilogo della bibliografia si vedano tra gli altri ZANKER

1993,pp. 105-112; DOBBINS 1994, pp. 647-661; ID.2007,pp. 165-167 e WALLAT 1997,pp. 23-25 e

soprattutto pp. 31-104.

273 CIL X, 810 (sull’epistilio del colonnato del foro) e CIL X, 811 (sull’ingresso secondario da Via dell’Abbondanza).

M. Numistrius Fronto, il duumvir del 2-3 d.C.274. Come ricorda la monumentale iscrizione che decorava il fregio al di sopra delle colonne della facciata, l’edificio era il risultato dell’accostamento di tre diversi elementi: un chalcidicum, la crypta e la porticus. Il primo è ormai universalmente e correttamente riconosciuto nel profondo ambulacro compreso tra il colonnato orientale del foro e il portale d’ingresso all’edificio vero e proprio (Fig. 87)275. La larghezza di tale ambiente corrisponde (ma ciò non stupisce) alla profondità della porticus

duplex, ancora in funzione a Sud di Via dell’Abbondanza, davanti al cosiddetto Comitium. La

presenza di numerose basi per statue poste lungo la faccia interna delle colonne e probabilmente riferibili a personaggi dell’èlite pompeiana, ma soprattutto il rinvenimento di due elogia in onore di Enea e Romolo inseriti al di sotto delle nicchie ricavate ai lati delle esedre a forma di abside276, hanno fatto pensare alla possibilità che ci si trovi davanti a << “citazioni” dal programma iconografico ed epigrafico dei summi viri presente nel Foro di Augusto>>277. Più correttamente, tuttavia, credo si debba concordare con coloro che hanno riconosciuto alle due nicchie una destinazione anche o forse esclusivamente commerciale278. Attraverso l’elegantissimo portale (Fig. 88), che spicca per la finezza nella decorazione scultorea ma sulla cui reale pertinenza all’edificio di Eumachia sussistono seri dubbi279, si entra in un ampio spazio aperto, circondato da un portico a tre ali (la porticus dell’iscrizione), originariamente a due ordini (Fig. 89). Alle spalle del portico orientale sono presenti tre nicchie: quella centrale, di dimensioni nettamente maggiori, è probabilmente da riconnettere al culto della Concordia Augusta. La statua della Concordia è sfortunatamente perduta; è probabile, tuttavia, che essa avesse le sembianze di una matrona col volto di Livia280, così come si verifica nel rilievo di Concordia con cornucopia che decora la fontana presente in

274 CIL X, 892.

275 Nelle prossime pagine torneremo più ampiamente sul colonnato del chalcidicum: cfr. infra in questo paragrafo.

276 CIL X, 808, in onore di Enea, presso la nicchia Sud, e CIL X, 809, in onore di Romolo, presso la nicchia Nord. È del 2005 un interessante contributo sulla decorazione scultorea del foro di Pompei ad opera di V. Kockel. In esso l’autore riesamina anche le due iscrizioni in questione: cfr. KOCKEL 2005,

pp. 69-72.

277 Cfr. ZANKER 1993,pp. 105-106. 278 Cfr. infra in questo paragrafo.

279 Non sono mancati gli scetticismi circa la pertinenza del portale al nostro edificio. Il portale fu rinvenuto in frammenti tra il complesso di Eumachia e il vicino edificio noto col nome di ‘Tempio di Vespasiano’ cui sarebbe pertinente secondo K. Wallat: cfr. WALLAT 1997, p. 254 e figg. 281-282

seguito poi da PESANDO,GUIDOBALDI 2006b,p. 48.

prossimità dell’ingresso all’edificio da Via dell’Abbondanza (Fig. 90)281. Intorno alla porticus si sviluppava la crypta: quest’ultima aveva il suo culmine in una nicchia posta alle spalle dell’abside della Concordia e destinata a contenere la statua di Eumachia (Fig. 91)282, dono dei fullones di cui probabilmente la stessa Eumachia era protettrice283. Proprio la dedica della statua ha costituito uno dei principali elementi alla base dell’articolata discussione sulla funzione dell’edificio. L’offerta della statua da parte dei fullones pompeiani, infatti, è stata a lungo utilizzata come prova a favore dell’identificazione dell’edificio con un luogo destinato al commercio dei tessuti284, attività in cui la stessa Eumachia avrebbe nutrito forti interessi economici, o addirittura con una fullonica285. Si tratta, tuttavia, di una tesi ritenuta ormai non più solida. Molto prudente, del resto, appariva già Moeller286 il quale, pur ritenendo che l’edificio costituisse un luogo di incontro tra operatori del settore tessile destinato a transazioni e accordi finanziari, avanzava l’ipotesi che un commercio di tessuti e vesti potesse verificarsi all’interno del chalcidicum che monumentalizza il lato Ovest del complesso più che nella porticus vera e propria. Le nicchie presenti nel chalcidicum sarebbero state, dunque, apprestamenti funzionali allo svolgimento delle auctiones, ossia delle vendite all’asta287. In questo senso, secondo Moeller, andrebbe letta la presenza di tracce di recinzioni che dovevano chiudere il lato Sud del calcidico, isolandolo dal resto della piazza e permettendo transazioni più agevoli ed esenti dai continui disturbi del traffico forense288. Una destinazione del chalcidicum a fini anche o soprattutto commerciali, ed in particolar modo allo svolgimento delle auctiones, è comunque più che probabile: in questo senso andrà letta la notizia fornita da F. Mazois circa la presenza di iscrizioni dipinte tra i pilastri del muro che delimita la fronte orientale dell’edificio289.

281 La denominazione di Via dell’Abbondanza è legata proprio alla figura con cornucopia presente nel rilievo.

282 Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Inv. 6232. 283 CIL X, 813.

284 Cfr. ad es. OVERBECK,MAU 1884,p. 639, n. 60 e soprattutto MAU 1892b,pp. 119-130.

285 Questa la tesi sostenuta nel 1820 da G. Bechi: cfr. BECHI 1820,p. 66. L’ipotesi, come si vedrà, è stata rigettata da più parti. Tuttavia al Bechi si deve la prima identificazione dei tre settori (chalcidicum, porticus e crypta) indicati nell’iscrizione di dedica dell’edificio.

286 Moller, che prende spunto dalla tesi di Breton secondo cui l’edificio avrebbe ospitato la sede del

collegium fullonum (BRETON 1869,pp. 124-131) appariva scettico già in un articolo apparso nel 1973:

cfr. MOELLER 1972,p. 325. Ancora più deciso appare il giudizio in ID. 1976, pp. 57-71.

287 Cfr. MOELLER 1972,p. 326 e ANDREAU 1974,pp. 78-79. Sul tema delle auctiones torneremo in seguito: cfr. infra Cap. V. 1.

288 Cfr. MOELLER 1972,p. 326 e ID. 1976, pp. 70-71. 289 Cfr. MAZOIS 1829,p. 12.

Più di recente, invece, si sono affermate teorie molto diverse in merito alla destinazione dell’edificio di Eumachia: alcuni hanno insistito sull’importanza che il culto imperiale dovette rivestire in questo settore del foro fin dalla dedica del portico e del vicino Tempio del Genio Augusto, tra il 2 ed il 4 a.C.290; altri, credo più correttamente, hanno pensato di identificare nell’edificio di Eumachia il venalicium cittadino, non negando peraltro un profondo legame col culto imperiale291. Elizabeth Fentress ha molto insistito su quest’ultima ipotesi partendo da considerazioni sull’uso dei chalcidica e apportando convincenti elementi connessi con la stessa conformazione planimetrica del complesso monumentale. In particolare, la presenza di una crypta, il cui interno era visibile attraverso le finestre che su di essa si aprono dalla porticus e i cui accessi erano severamente regolati per mezzo di porte, farebbe pensare alla vendita di ‘merce’ che necessitava di essere tenuta sotto controllo. In tale ottica si spiegherebbe anche la presenza delle tracce riconosciute da Moeller lungo i muri dell’edificio e su alcune delle colonne: la loro funzione sarebbe stata quella di isolare l’area antistante l’edificio dallo spazio circostante attraverso l’inserimento di recinzioni e cancellate rimovibili e di dividere così le ‘merci umane’ dagli acquirenti durante i giorni di vendita292. Il fulcro dell’intera ricostruzione sarebbe tuttavia da riconoscere nelle due nicchie rettangolari, o più probabilmente in quella dotata di scala e a Nord dell’ingresso monumentale: la nicchia, che costituirebbe per la Fentress il chalcidicum vero e proprio (la definizione sarebbe stata poi estesa per metonimai all’intero porticato dorico), doveva infatti fungere da palco su cui esporre la merce e gestire le vendite all’asta (auctiones) di schiavi, e non solo, che si svolgevano in quest’area del foro293.

Immediatamente a Nord dell’edificio di Eumachia è il cosiddetto Tempio di Vespasiano o Tempio del Genius Augusti (VII, 9, 2) (Fig. 92)294. Si tratta di un piccolo spazio ipetrale, di forma rettangolare, culminante in un altare posto in asse con un piccolo tempietto tetrastilo su alto podio, raggiungibile da due scalette laterali. La denominazione corrente si

290 Tra gli altri sul tema dell’ideologia e del culto imperiale hanno posto l’accento P. Zanker (cfr. ZANKER 1993, pp. 105-112) e M. Torelli (cfr. TORELLI 1998,pp.251-261).

291 Cfr. COARELLI 2000, p. 90; COARELLI 2002,p. 71e soprattutto FENTRESS 2005,pp. 225-229. Nel contributo del 2002, F. Coarelli ha avanzato l’ipotesi che l’edificio costituisca una sorta di pendant del

macellum, insieme al quale esso rappresenterebbe un elemento centrale nella connotazione

commerciale ed insieme ideologica, con il culto imperiale, dell’intero lato orientale del foro. 292 Cfr. FENTRESS 2005,in part. p. 228.

293 Un’analoga ipotesi era stata avanzata già da W. Moeller, il quale però riferiva il loro uso alla vendita all’asta di tessuti e lana (MOELLER 1972,p. 326), e da J. Andreau (ANDREAU 1974,pp. 78 ss.).

294 Per un riesame dell’edificio e della bibliografia esistente cfr. WALLAT 1997,pp. 107-127. In questa sede l’autore si riferisce all’edificio con la denominazione ‘Tempio di Tiberio’.

deve ad A. Mau il quale, a torto, propose di datare la realizzazione dell’intero edificio, sulla cui destinazione cultuale non possono esserci dubbi, alla piena età flavia295.

Tale datazione, accolta anche da A. Maiuri296, è però fin troppo bassa e sia le considerazioni di tipo architettonico-stilistico che i dati desumibili dalla documentazione epigrafica dimostrano l’esigenza di inquadrare l’edificio in questione, o almeno la sua prima fase, nell’ambito delle trasformazioni monumentali di età protoimperiale. Per quanto riguarda i dati archeologici, infatti, è necessario sottolineare come, similmente a quanto verificato nell’attiguo edificio di Eumachia, anche nel caso del cosiddetto Tempio di Vespasiano si possa ricostruire una successione di due fasi monumentali, una di età proto-imperiale ed una di età flavia, su cui incisero profondamente sia il terremoto che l’eruzione del 79 d.C. 297. È l’analisi delle murature a dimostrarlo298, ma anche la presenza di elementi che devono chiaramente risalire ad età augustea, come nel caso dell’altare che sorge al centro del piccolo santuario (Fig. 93)299. In esso l’intera composizione riporta ad età augustea o al massimo al periodo proto-imperiale: in questo senso va letto il motivo presente sul lato Ovest dell’ara, in cui un sacerdote capite velato sta compiendo il sacrificio per la consacrazione del tempio. Due victimarii conducono un toro tra un folto numero di auleti e addetti al culto. Sullo sfondo un tempio tetrastilo mostra il frontone decorato da un clipeus virtutis. Sugli altri lati dell’altare compaiono invece gli oggetti connessi al culto e soprattutto alla casa di Augusto, come ad esempio il lituus, la patera, la corona civica, il clipeus virtutis, i bucrania che richiamano da vicino quelli dell’Ara Pacis. Non meno augusteo è lo stile osservabile nella realizzazione dell’altare, caratterizzato da linee classicheggianti che richiamano da vicino i coevi altari urbani dei Lares Augusti e del Genius Augusti. Così come il complesso monumentale e le sue strutture murarie, anche l’altare mostra segni evidenti di restauro sia nelle cornici superiori che in quelle inferiori, resi necessari dai danni provocati molto probabilmente dal terremoto del 62 d.C.300. Poiché l’altare sembra rappresentare sulla sua faccia occidentale anche il sacrificio in onore della dedica del nuovo tempio pompeiano (su

295 Cfr. MAU 1900,pp. 98-101.

296 Cfr. MAIURI 1942b, pp.267-270eID. 1973, pp. 88-91. Anche Maiuri, datando a poco dopo la metà del I sec. d.C. l’edificazione del tempio, identificava in esso un santuario dedicato al culto di Vespasiano.

297 Cfr. DOBBINS 1994,p. 663. 298 Cfr. ibid., pp. 663-668.

299 Un buon esame delle problematiche connesse all’altare è in DOBBINS 1992. 300 Cfr. ibid., pp. 255-260 e PESANDO, GUIDOBALDI 2006, p. 49.

cui infatti si alza il velum), si può ragionevolmente concludere che il santuario venne dedicato contemporaneamente alla realizzazione dell’altare, e dunque in età augustea.

Accanto alle considerazioni più strettamente archeologiche, che mostrano la successione di due fasi edilizie, si pone poi l’esame di un documento epigrafico di provenienza ignota ma da sempre collegato al cosiddetto Tempio di Vespasiano e di recente al centro di un dibattito piuttosto intenso. Fu per primo G. Fiorelli ad associare al santuario, ed in particolare al tempietto tetrastilo, l’iscrizione incisa su un blocco di epistilio in marmo che, per dimensioni, sembra coincidere con l’architrave del piccolo edificio di culto301. Nella celebre iscrizione si ricorda una dedica in onore del Genius Augusti da parte della sacerdotessa pubblica Mamia302. Quest’ultima è la stessa sacerdotessa che, per le benemerenze mostrate nei confronti della città, ricevette l’onore di essere seppellita su suolo pubblico, nella necropoli al di fuori della Porta di Ercolano. Il rinvenimento di un graffito sulla tomba della sacerdotessa testimonia che il sepolcro era ancora in costruzione nel 29 d.C.303: se ne deve dedurre che la stessa Mamia abbia finanziato in età tardo-augustea le attività per cui venne onorata e, dunque, se si accetta l’ipotesi di Fiorelli, anche il cosiddetto Tempio di Vespasiano. La proposta di un’identificazione tra il santuario dedicato da Mamia e l’edificio di cui si sta trattando è stata effettivamente accolta da numerosi studiosi, tra i quali Richardson jr304, Zanker305, Dobbins306. Una tale connessione, come si capirà, ha evidenti ricadute sulla stessa interpretazione dell’edificio: la cronologia augustea della sua prima fase edilizia, l’altare con la sua raffigurazione prettamente ‘augustea’ sia per iconongrafia che per stile, e soprattutto la dedica al Genius Augusti di CIL X, 816 hanno fatto propendere per l’ipotesi che nel cosiddetto Tempio di Vespasiano sia da riconoscere in realtà un tempio del Genio di Augusto. Tale ricostruzione non è tuttavia rimasta esente da critiche: in particolare, è necessario qui accennare al riesame condotto sull’iscrizione da I. Gradel307. Un elemento chiave nella disamina dello studioso danese è rappresentato dalla proposta di correggere la lettura Geni[o Aug(usti) con quella Geni[o coloniae o in alternativa con Geni[o

Pompeianorum. L’ipotesi di Gradel si fonda su considerazioni che non è qui possibile

301 Cfr. FIORELLI 1875, pp. 261-262.

302 CIL X, 816: M[a]mmia P. f. sacerdos publi(a) Geni[o Aug(usti) s]olo et pec[unia sua]. 303 Cfr. KOCKEL 1983,pp. 57 ss. L’iscrizione è CIL X, 998.

304 Cfr. RICHARDSONJR. 1988, pp. 192-194. 305 Cfr. ZANKER 1993, pp. 103-105.

306 Cfr. DOBBINS 2007, pp. 163-164 307 Cfr. GRADEL 1992.

esaminare nel dettaglio, ma tra le quali spiccano per importanza il calcolo della misura complessiva originaria del testo e soprattutto la mancanza di analoghe attestazioni del culto del Genius Augusti in età proto-imperiale nei municipia della penisola italiana, nonché nel Mediterraneo occidentale prima della fine dell’età giulio-claudia308. Ciò che se può concludere, secondo Gradel, è la necessità di dissociare l’iscrizione di Mamia dal cosiddetto Tempio di Vespasiano e di rigettare, di conseguenza, l’ipotesi che intendeva quest’ultimo come Tempio del Genio di Augusto. Sul tema della dedica di Mamia è ritornato anche D. Fishwick309. Anche quest’ultimo, ricalcando in parte la tesi di Gradel, e non ritenendo valida l’associazione tra l’iscrizione CIL X, 816 e il cosiddetto Tempio di Vespasiano, ha proposto di attribuire l’epigrafe all’edificio posto poco più a Nord, noto come Tempio dei Lares

Publici310. La ricostruzione di Fishwick è affascinante e convincente in più punti, sebbene su di essa, così come su quella di Gradel, pesi la significativa assenza di attestazioni del culto del

Genius Coloniae o del Genius Pompeianarum nella città vesuviana. La questione, va da sé,

rimane aperta e richiederebbe un approfondimento maggiore; tuttavia non è tra gli scopi del presente lavoro apportare un contributo al problema dell’identificazione del Tempio di Vespasiano/Tempio del Genio di Augusto. Ciò che interessa in questa sede è sottolineare la presenza di un edificio monumentale, con una chiara destinazione cultuale, che occupò parte del lato orientale del foro pompeiano già agli inizi del I sec. d.C.

Proseguendo ulteriormente verso Nord si incontra il cosiddetto Santuario dei Lares

Publici (VII, 9, 3) (Fig. 94)311. Si tratta di un edificio ipetrale, con un piccolo altare centrale che costituisce in sostanza il fulcro di quella che è, a ben vedere, una struttura a pianta centrale, e perciò di grande rilievo e significato nel panorama architettonico pompeiano, in particolar modo di quello forense. L’edificio è completato da due esedre rettangolari sui lati