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Fossano - Chiesa Cattedrale Domenica, 6 maggio 2018

Nel documento DIOCESI DI CUNEO DIOCESI DI FOSSANO (pagine 52-55)

È un giorno particolare di festa per la nostra Diocesi e per la città intera di Fos-sano. È un giorno in cui ci sentiamo uniti alla città di Narni, luogo dove san Giovenale ha svolto il suo ministero episcopale per soli otto anni, un tempo breve ma intenso. Mercoledì sera ho avuto l’onore di partecipare a Narni all’inizio dei festeggiamenti con il rito storico dell’offerta dei ceri nelle mani del vescovo locale. Ho potuto così esprimere la nostra rappresentanza e sono stato pregato di portare a voi tutti il saluto del Vescovo, del Parroco, del Sindaco e di tutta l’amministrazione comunale.

Dai pochi elementi storici in nostro possesso sappiamo che a Narni san Giove-nale non ha avuto vita facile. Ha dovuto misurarsi con l’indifferenza e, superato le difficoltà iniziali, è stato un vero annunciatore del Vangelo lavorando per l’unità a tutti i livelli. In appena 8 anni di ministero episcopale è riuscito a la-sciare un segno indelebile. La sua testimonianza ci obbliga a guardare alla no-stra vita sociale ed ecclesiale. Non si può agire a comparti separati.

Come abbiamo sentito dalle parole della Scrittura, la Parola di Dio è il motore di tutto. È l’amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori. Per primo Lui ci ha amati, ci ha scelti e ci ha convocati a vivere insieme. Significa che siamo fatti per amare, … seppure in modi diversi. Siamo stati fatti da Dio non per stare soli, non per sentirci i migliori e nemmeno per trarne vantaggi personali. Dio non fa preferenze di persone, come ci dice san Pietro nella pagina degli Atti proclamata nella prima lettura, ma Lui accoglie chi lo teme e pratica la giustizia.

Attenzione al concetto di giustizia; per la Bibbia è giusto colui che non si limita al rispetto della semplice legalità, ma è giusto chi dà il proprio cuore al fratello.

La pagina del Vangelo è ancor più esigente: “Rimanete nel mio amore”, “Se osserverete i miei comandi…” sono espressioni che ci invitano a cogliere lo stile

di vita di Gesù e copiare da Lui. Ma nel brano evangelico odierno c’è ancora un’altra espressione più che esigente: “Amatevi come io vi ho amati!”. Per Gesù ha voluto dire dare la vita per noi. Mi chiedo, meglio, chiediamoci: “io per chi sono disposto a dare la mia vita?”. Per la causa del Vangelo? Per il bene sociale? Per le persone a me affidate? Proviamo a farci mentalmente un elenco delle persone per le quali io donerei la vita. Se ci accorgiamo che l’elenco è abbastanza corto, significa che abbiamo ancora tanti passi da compiere.

Sta di fatto che Dio, nonostante tutto, ha scelto ognuno di noi. Ce lo ha fatto capire attraverso la nostra storia personale. Ora lui attende che portiamo frutti: quali? Proviamo a concretizzarlo.

Innanzitutto ognuno è chiamato a portar frutto a partire dai talenti ricevuti. Ha voluto la Chiesa come se fosse un grande puzzle dove i vari tasselli devono oc-cupare il loro posto giusto, nella giusta direzione e a servizio del Vangelo e di ogni persona, indipendentemente se sia credente o no.

Al capitolo 17 del Vangelo di Giovanni, dove viene riportato il testamento spi-rituale del Signore, cogliamo l’invito all’unità. Essa si concretizza nella Chiesa, dove non han senso certi protagonismi, e nella società civile. Lavorare per l’unità: un tema di tremenda attualità. Non hanno senso veti incrociati. Non è bello denigrare gli avversari nelle varie campagne elettorali. Al primo posto vanno messi coloro che fanno più fatica e questo perché possa crescere il bene comune e perché proprio coloro che fanno più fatica vanno considerati delle vere risorse. San Giuseppe Benedetto Cottolengo, un santo della nostra terra - era nato a Bra - diceva che “i poveri sono i nostri padroni e coloro che sono più disastrati sono i nostri padronissimi!”. Sono parole che devono farci riflettere.

In questa nostra bella città ci si può parlare, il vivere gomito a gomito è vera risorsa. Ci sono risorse umane invidiabili, portate avanti da singoli e da associa-zioni di vario genere. Vi sono tanti talenti umani. In questa nostra citta c’è bi-sogno di lavoro in rete, come oggi si dice, c’è bibi-sogno di persone che si incon-trano, che si ascoltano, che riflettono su temi che riguardano la convivenza ci-vile e non pretendono di dare risposte immediate. C’è bisogno di persone sem-pre animate dalla stima reciproca.

C’è bisogno di vincere forme diverse di paure; l’insicurezza sociale, il non aver sempre il polso dell’educazione, la paura di perdere risparmi, la paura di non aver abbastanza soldi per l’avvenire, la paura della distruzione della natura e del suo equilibrio, la paura dell’inatteso, la paura di toccare le nostre consue-tudini, la paura d’essere invasi da stranieri. Queste e altre paure possono smantellare i nostri progetti; sono veri demoni. Dobbiamo porre molta

atten-zione da un lato alla nostalgia di un passato che non c’è più e che bisogna ve-dere se era veramente glorioso e, d’altro lato, alle forme di chiusura perché possono portarci alla paralisi. L’esperienza insegna che stare chiusi in una stanza produce umidità e l’umidità fa male.

Dio non ha paura. I nostri santi non hanno avuto paura. San Giovenale non si è arreso di fronte a chi inizialmente lo osteggiava.

Per i credenti, essere legati a Dio è libertà. Per i non credenti e per tutti, essere legati tra di noi è un arricchimento.

Non mancano certamente le provocazioni del Signore riportate nei vangeli:

“Non abbiate paura ad amare e a lasciarvi amare!”, “Non abbiate paura: io ho vinto il mondo!”, “Venite, vedete!”.

In conclusione, cogliamo il nostro futuro come sorgente di speranza e di nuove possibilità. Questo significa essere giovani dentro, senza esitare, con la forza della profezia, dando il meglio di noi.

A san Giovenale, nostro patrono, affidiamo le nostre intercessioni per la città di Fossano e per l’intera nostra Diocesi.

ATTI

Nel documento DIOCESI DI CUNEO DIOCESI DI FOSSANO (pagine 52-55)