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Frammento marmoreo di cui si conserva la porzione di specchio epigrafico

LA DOCUMENTAZIONE EPIGRAFICA

10. Frammento marmoreo di cui si conserva la porzione di specchio epigrafico

verso destra e la sua relativa cornice, compresi gli angoli. Il reperto presenta scheggiature lungo i margini, soprattutto quello inferiore destro; lievi abrasioni e

190 Birley 1953, pp. 133-153, 154- 171; Alföldy 1982, pp. 147-148; Alöldy 1987, pp. 139-213;

Demougin 1988, pp. 660-663; Devijver 1989, p. 115; Reapsaet-Charlier 1999, pp. 216-217.

191Alföldy 1980, c. 289; Broilo 1980, p. 52; Alföldy 1982, p. 334, nr. 4. Sull’adlectio in senato si

veda anche Chastagnol 1975; Chastagnol 1992. Si rimanda inoltre al paragrafo 4.2.1.

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una linea di fessurazione nel mezzo riguardano il campo epigrafico. Retro addossato al muro. 69x31; altezza specchio epigrafico: 62 (?); alt. lett. 7,6x3,2 - Proveniente dalla raccolta Muschietti, il frammento, del quale risultano ignote le circostanze di rinvenimento, ad oggi si trova esposto presso il Museo Nazionale Concordiese di Portogruaro, in provincia di Venezia, lungo la navata sinistra, sala 1, nr. inv. 8772. – Autopsia: 21/03/2018. - CIL V, 1879; Alföldy 1980, cc. 290, 324; Broilo 1980, II, p. 82, nr.119, con foto; Alföldy 1984, p.111, nr. 132; Lettich 1994, pp. 90-92, nr. 31; EDR093752 del 09/12/2006 (D. Baldassarra). Cfr. PIR III², p. 12, nr. 55; Barbieri 1952, p. 388, nr. 2227; Brusin 1960, p. 30; Scarpa Bonazza 1978², pp. 32-33; Alföldy 1982, p. 334, nr. 6; Scarpa Bonazza 1985, pp. 24, 30-31, 48.

[-] [Desticio] C̣(ai) f(ilio) [Cla(udia Iu]bae

[- - - M]ạcro [- - - R]ufo

[- - ]tìlio 5 [- - -]vio,

[cl(arissimo) i(uveni) Xviro stl(itibus) i]udic(andis).

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Andamento: orizzontale, dall’alto verso il basso; verso: progressivo; modulo: quadrato; solco: profondo con effetti chiaroscurali; ductus: regolare; ordinatio: buona, anche se si intravedono tracce di linee guida; specchio epigrafico ribassato e delimitato da una modanatura a listello e gola rovescia; punteggiatura: triangoliforme, unidirezionata verso l’alto; r. 5 I montante. 1 [---] C̣(ai) f(ilio) Broilo; 6 [---]avio Mommsen, Baldassarra; 7 [---][Xviro stl(itibus) i]udic(andis) Mommsen, Alföldy, Broilo, Lettich, Baldassarra. – Frammento presumibilmente appartenente ad una base onoraria o ad una lastra sepolcrale dedicata a Desticius

Iuba Macer Rufus [---]tilius [---]vius, figlio di un tale Caius Desticius, sconosciuto

alla documentazione epigrafica concordiese: come si legge chiaramente sulla lapide, il praenomen del padre del presente Desticius si integra con Caius, dal momento che si è conservato il tratto finale di una C. Sotto il profilo genealogico si tratterebbe di un secondo ramo della gens Desticia della Venetia 193.

Il reperto, considerata la sua frammentarietà, presenta un elevato grado di problematicità, sotto molteplici punti di vista.

L’impiego di un materiale alquanto pregiato come il marmo risulta un’anomalia, giacché le basi di statua di fattura concordiese sono per lo più in pietra proveniente dalle vicine cave di Aurisina194; per questo motivo l’iscrizione potrebbe appartenere alla sfera sepolcrale e non onoraria. Del resto l’uso della formula onomastica al dativo in luogo del genitivo si rileva anche in altri tituli funerari provenienti dalla città195.

Il dedicatario dell’epigrafe appartenne indiscutibilmente al ceto senatorio. Infatti, nell’ iscrizione si ricorda una delle cariche dell’anno di apprendistato civile previsto per i giovani membri di tale ordo, il vigintivirato: egli lo svolse nell’Urbe tra i ruoli privilegiati, in qualità di decemvir stlitibus iudicandis196.

Il Desticius, giovane senatore concordiese, è contrassegnato da una notevole polinomia di gentilizi ([---]tilius e [---]vius) e soprannomi (Iuba, Macer197,

193 Sui legami parentali dei Desticii si veda il paragrafo 4.2.1.3. 194 Sui marmi concordiesi Colorio 2000-2001.

195 Su tutti nrr 11, 12.

196 Sulle origini del suddetto collegio decemvirale di veda Cass. Dio, 54, 26, 6-7; Liv. 3, 55, 6-7; a

proposito della sua evoluzione in età tardo repubblicana e imperiale si rimanda a Tac., dial., 38, 2; Plin., epist., 5, 9, 5; 6, 33, 3; Svet., Aug., 36. Cfr. Gagliardi 2002; tra i più recenti Gagliardi 2012, pp. 338-383; Pistellato 2018, pp. 61-62.

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Rufus198) distribuiti in maniera disomogenea sul supporto lapideo (dei grafi

superstiti tre cognomina precedono due nomina). A tal proposito Broilo ha avanzato l’ipotesi, pur senza avanzare argomenti cogenti a sostegno della stessa, che si tratti di una duplice formula onomastica199. Tuttavia potrebbe trattarsi di un’ unica composizione appellativa in cui al gentilizio paterno, facilmente integrabile con

Desticius data la presenza del cognomen Iuba, di uso esclusivo di questa famiglia,

si sommano i nomina frammentari, [---]tilius e [---]vius, probabilmente appartenenti alla discendenza materna200.

Il modulo e il ductus delle lettere consentono di ipotizzare alcune integrazioni dei gentilizi e dei soprannomi caduti in lacuna. Dei due cognomi frammentari, il primo terminate in –tilius, si potrebbe supplire con At(t)ilius, Statilius o Rutilius, pertanto resterebbe vacante una lacuna di otto o nove lettere. Tutte e tre le famiglie menzionate annoverarono tra i loro membri esponenti di rango senatorio che testimoniano il mantenimento della loro dignitas nel corso del II secolo d.C., fino al III: tra questi Attilius Mettius Bradua Caucidius201, Rutilius Rufus202, Rutilius

Pudens Crispinus203 e Statilius Barbarus.204 La lacuna in corrispondenza del secondo nomen con desinenza in –vius si potrebbe colmare con Gavius, supponendo un possibile legame con i Gavii veronesi di rango consolare vissuti in età antonina205, o con un tale M. Gavius Appalius Maximus, ascritto alla tribù Velina

di Aquileia, senatore e legatus provinciae Narbonensis, attestato in Campania nello stesso periodo cronologico. In tal senso le lettere mancanti, precedenti al

gentilicium Gavius, ammonterebbero a nove o dieci: talvolta i Gavii testimoniati a

Verona si fregiavano del soprannome con chiara impronta etnica Gallicanus206, che, opportunamente declinato al caso dativo, soddisferebbe lo spazio dello specchio epigrafico mancante207. Ciononostante, si tratta di semplici supposizioni

198 Kajanto 1965, pp. 121, 134, 229. 199 Broilo 1980, p. 82. 200 Salomies 2014, pp. 511-536. 201 HD030919. Cfr. Oliver 1982, p. 586. 202 PIR² VII, p. 141, nr. 258.

203 CIL II, 1402; CIL VI, 41229. Cfr. PIR VII, pp. 140-141, nr. 257.

204 CIL VI, 1522. Cfr. Alföldy 1982, p. 338; posteriormente, Giovagnoli, Nonnis 2014, pp. 217-232. 205 CIL VI, 1978. Cfr. PIR IV, p. 20, nr. 98. Per il gentilizio Gavius si rimanda a Schulze 1966, p.

610; Solin, Salomies 1988, p. 186; OPEL II, p. 162.

206 Kajanto 1982, p. 195.

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integrative, dal momento che il numero di gentilizi latini terminanti in –vius risultano davvero numerosi.

Invece, i tre cognomina leggibili in forma incompleta, Iuba, Macer e Rufus, si ricollegano a caratteristiche somatiche: l’impiego di soprannomi che rientrano specificatamente in questa categoria risulta tipico della gens Desticia.

I tre grafi mancanti prima del cognomen Iuba, secondo il sistema onomastico romano, si potrebbero supplire con il nome della tribù di appartenenza, di solito collocato in posizione mediana tra il patronimico e il soprannome. Anche davanti a

Macer e Rufus si troavano alcune lettere, purtroppo cadute in lacuna: i due cognomina sembrerebbero essere stati preceduti da altri elementi onomastici

(nomina oppure altri soprannomi), rispettivamente di quattro e cinque unità.

In corrispondenza della riga 7, le quattro lettere conservatesi, VDIC, apparterebbero al titolo compendiato della carica di decemvir slitibus iudicandis ricoperta durante il vigintivirato: anch’esso sarebbe stato preceduto da un nome di tre o quattro lettere. Perciò si potrebbe supporre che tale vuoto fosse occupato dal titolo abbreviato di clarissimus iuvenis, il quale distingueva i giovani soggetti appartenenti all’amplissimus ordo, oppure dalla titolatura di una carica religiosa di respiro municipale (ad esempio, l’augurato o il flaminato). Inoltre, la sola menzione della prima tappa del cursus senatorio giustificherebbe l’attribuzione dell’epigrafe al contesto sepolcrale più che a quello onorario: il titulus assolverebbe il ruolo di ricordare la prematura scomparsa del senatore, celebrando l’unico incarico curriculare da lui detenuto.

Infine, la cronologia del decemviro è oggetto di dibattito tra la critica: sia Alföldy che Broilo lo collocano nel II secolo d.C.208; diversa l’opinione di Barbieri che ne assegna una datazione entro la metà del III secolo d.C.209. – Per la paleografia affine ai tituli nr. 6, nr. 7, nr. 8, e per la prosopografia si data all’ultimo quarto del II secolo d.C.

208 Alföldy 1980, c. 290; Broilo 1980, p. 82; Alföldy 1982, p. 334. 209 Barbieri 1952, p. 388, nr. 2227.

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11.Stele calcarea di forma parallelepipeda con coronamento ad arco, ricomposta da

due frammenti solidali, come dimostrano la linea di frattura e la scheggiatura in corrispondenza del lato inferiore destro. L’angolo superiore destro è stato restaurato210. Entrambi i lati sono lisciati a gradina, così come il campo epigrafico, ribassato e delimitato da una modanatura a listello e gola rovescia. La superficie presenta abrasioni e incrostazioni diffuse. Retro murato. 90x42,5; specchio epigrafico: 69x27,5; alt. lett. 5x3,5- Proveniente dalla località Nogaredo (circa 4 km a est di Concordia), a sud del tracciato della via Annia,211 l’iscrizione entrò a far parte della collezione Muschietti dove fu vista da Mommsen. Attualmente è esposta al Museo Nazionale Concordiese di Portogruaro (Ve), navata sinistra, sala 1, nr. inv. 8771. - Autopsia: 21/03/2018. - CIL V, 1876; Broilo 1980, pp. 53-54, nr. 19, con foto; Lettich 1994, pp. 244-245, nr. 162; EDR097749 del 08/12/2006 (D. Baldassarra). Cfr. PIR² III, p. 12, nr. 54; Alföldy 1980, c. 289; Scarpa Bonazza 1985, pp. 24, 30-31, 48. D(is) M(anibus). Dest(iciae) Philenidi, an(norum) XXX, lib(ertae) 5 T(iti) Destici

Iubae, c(larissimi) v(iri), Potentinus

ser(vus) fec(it).

210 Broilo 1980, p. 53. 211 Zambaldi 1840, p.40.

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Stele sepolcrale di Desticia Philenis

Andamento: orizzontale, dall’alto verso il basso; verso: progressivo; modulo: verticale; solco: poco profondo; ductus: irregolare; ordinatio: discreta con interlinea troppo esigua e mancata centratura del nome abbreviato del dedicatario; punteggiatura sillabica, triangoliforme con accentuate apicature (punti distinguenti con effetto “a volo di gabbiano”212) con funzione precipuamente esornativa. – Stele

sepolcrale che un soggetto di rango servile, tale Potentinus213, fece per Desticia Philenis, morta all’età di trent’anni; costei era liberta del senatore concordiese T. Desticius Iuba, onorato a Concordia in due basi onorarie214. L’epitaffio, come nella maggior parte dei casi nella X regio, si apre con l’adprecatio ai Manes215. Dal punto

di vista onomastico, il gentilizio della ex-schiava è stato abbreviato in DEST: il contesto lo rendeva ugualmente ben comprensibile, poiché quattro righe più in basso viene ripetuto lo stesso nomen, accompagnato dal titolo liberta (anch’esso compendiato) che rimanda in maniera esplicita al rapporto giuridico esistente tra

212 Broilo 1980, p.53.

213 Kajanto 1965, pp. 45-46, 187, 247. Il simplex nomen, Potentinus, presenta una duplice origine:

deriverebbe dal toponimo Potentia o dal participio presente potens.

214 Nrr. 4 e 5.

215 A proposito dell’adprecatio ai Manes si rimanda a Caldelli 1997, pp. 185-187; Herman 1998, pp.

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l’affrancata e il suo liberatore, una delle più note personalità della città216. Come da

prassi, all’atto della manomissione la dedicante mutuò il gentilizio da quello del suo

dominus e assunse come cognomen il suo idionimo da schiava, il grecanico Philenis217.

Inoltre il gentilizio accorciato DEST sembra essere stato inserito in un secondo tempo dal lapicida, forse a seguito di una dimenticanza: manca infatti la centratura e l’interlinea è davvero esigua218. L’iscrizione in esame, rientra nelle sepulturae in praediis: essa, infatti, testimonierebbe, il possesso da parte dei Desticii di un praedium rusticum a poche miglia dal centro di Concordia. L’esecuzione sommaria

dell’epigrafe è conseguente alla committenza socialmente non elevata (uno schiavo che appronta una stele per una semplice liberta) in un’officina di scarso pregio, ascrivibile ad un contesto rurale219. Diversa la qualità delle botteghe artigiane da cui provengono gli altri tituli urbani di Iulia Concordia, finora esaminati. Alla luce di ciò, sembra opportuno rivedere la datazione offerta dalla maggior parte della critica (Alföldy, Broilo e Lettich), la quale sostiene la possibilità di collocare l’epigrafe posteriormente a causa della sua trascuratezza esecutiva comune a iscrizioni datate intorno al III secolo d.C. In tal senso il Desticius Iuba liberatore della dedicataria della stele sarebbe da identificare con il primo senatore della gens

Desticia, oppure con l’omonimo figlio di quest’ultimo, se non addirittura con il

nipote, entrambi menzionati nell’iscrizione nr. 14, qualora si accolga una datazione dell’iscrizione prossima alla seconda metà del II secolo d.C.; oppure con Desticius

Iuba legato propretore in Britannia sotto gli imperatori Valeriano e Gallieno220. – Per la paleografia, per l’indicazione biometrica e per la prosopografia si propende per una datazione prossima all’ultimo ventennio del II secolo d.C., associando la scarsa qualità dell’epigrafe ad una commitenza di rango sociale basso in un’officina lapidaria rurale. Contrariamente la maggior parte della critica (Alföldy, Broilo e Lettich) sostengono la possibilità di collocare l’epigrafe posteriormente al III secolo

216 Per un recente contributo sul rapporto tra schiavi e padroni nel linguaggio epigrafico si rimanda

a Chausson 2017, pp. 3-10.

217 Solin 2003b, pp. 161-162.

218 Si veda Cresci Marrone 2012, pp. 301-307.

219 Mennella 1993, pp. 261-280. Posteriormente anche Cresci Marrone 2012, p. 312. 220 Cfr. Alföldy 1980, c. 289; Broilo 1980, p.54, Lettich 1994, p. 245.

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d.C., giustificando la trascuratezza esecutiva quale indice di posteriorità del

titulus221.