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Lastra di marmo proconnesio, scorniciata e ricomposta da tre frammenti solidal

LA DOCUMENTAZIONE EPIGRAFICA

7. Lastra di marmo proconnesio, scorniciata e ricomposta da tre frammenti solidal

e ricongiunti. Essa conserva due linee di testo, mentre della terza, mediana tra le altre due, si intravede solo una lettera. Entrambi i lati sono stati lavorati a gradina. 48x76; alt. lett: 16-12; retro murato.- Rinvenuta in frammenti, nella necropoli di Levante, nel 1877, in circostanze non meglio definibili, si trova attuamente esposta presso il Museo Nazionale concordiese di Portogruaro, sala 1, navata sinistra, senza numero di inventario.- Autopsia: 21/03/2018.- CIL V, 8690; Bertolini 1877, p. 33, nr. 28; Brusin, Zovatto 1960, p. 30; Lettich 1994, p. 203, nr. 127; EDR097850 del 19/11/2007 (D. Baldassarra).

T(itus) Deṣṭịcịụ[s T(iti) f(ilius) Severus] v[(ivus) f(ecit)]

sibi [et suis] ---

Frammento di lastra in memoria di T. Desticius Severus

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Ipotesi ricostruttiva A dell’iscrizione nr. 7

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Ipotesi ricostruttiva C dell’iscrizione nr. 7

Andamento: orizzontale, dall’alto verso il basso; verso: progressivo; modulo: quadrato; solco: profondo, con apicature finali delle lettere; ductus: irregolare;

ordinatio: buona; punteggiatura puntiforme. - Frammento appartenente ad una

lastra, composto da tre frustoli marmorei. La lacunosità del reperto permette di ricostruire solamente in via ipotetica sia il testo iscritto che la tipologia monumentale a cui quest’ultimo afferiva. Data la preziosità del materiale e le notevoli dimensioni sia del supporto che delle lettere, così ben leggibili anche a grandi distanze, il lacerto composito potrebbe appartenere:

1. ad una lastra inserita in una delle facce di una cassa di sarcofago semplice oppure “a cassapanca”, posto su un alto podio, simile per fattura ai sarcofagi A e B, rinvenuti a Concordia, nella necropoli di Via San Pietro170. Tale tipologia,

secondo un recente studio condotto nel 2015 da Federica Rinaldi, si sarebbe sviluppata nei centri di Aquileia, Concordia e Ravenna tra l’età traianea e il tardo III secolo d.C.171;

2. oppure la tabula sarebbe stata affissa in un generico monumento funerario, comunque di ragguardevoli dimensioni.

170 Sull’analisi tipologica, architettonica e cronologica dei sarcofagi A e B si rimanda a Rinaldi 2015,

pp. 52-70, per lo studio della componente epigrafica degli stessi si veda Luciani 2015, pp. 71-86.

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Il frammento conserva nella prima riga la littera singularis T riconducibile al

praenomen T(itus), seguita al caso nominativo dal gentilizio Desticius, appartenente

al dedicatario del monumento. La formula onomastica bimembre T(itus) Desticius così ricostruita, permette di includere il titulus in esame nelle iscrizioni concordiesi appartenenti alla gens Desticia. L’omissione, o più verosimilmente la caduta in lacuna, del cognomen del soggetto ricordato rende pressoché impossibile qualsiasi identificazione con un qualche esponente della famiglia attestato in altre iscrizioni della città, o nei territori italici e provinciali dell’impero. Inoltre, non è da escludere la possibilità che si tratti di una nuova acquisizione all’interno della famiglia dei

Desticii, magari un suo membro, sconosciuto finora alla documentazione iscritta.

Tuttavia, la realizzazione di un facsimile ha portato a ipotizzare che il soprannome caduto in lacuna sia Severus, preceduto dal patronimico T(iti) f(ilius), giacché esso soddisfa appieno lo spazio del campo epigrafico e non ne altera l’ordinatio172: in

tal senso il dedicatario del monumento funerario sarebbe l’equestre concordiese T.

Desticius Severus. Diversamente, se si colma la lacuna con la formula di

patronimico e il soprannome Iuba, l’impaginazine dell’iscrizione risulta disordinata rispetto alla paragrafatura della formula appellativa173. Al di là delle supposizioni,

l’espressione “vivus fecit”, assai comune nel lessico dell’epigrafia di ambito funerario, indica esplicitamente che fu cura di T. Desticius (in tal senso dedicante ma anche dedicatario) predisporre per se stesso (sibi) la lastra iscritta, e con buona probabilità anche il monumento in cui essa venne inserita, quando ancora era in vita. Proprio quest’ultimo elemento concorrerebbe a sfavore dell’ipotesi che il lacerto marmoreo appartenga ad una faccia di un sarcofago: solitamente la sepoltura a inumazione prevedeva un’unica deposizione per ciascuna arca, dunque sembrerebbe superfluo specificare che la sepoltura è “per se stessi”. Tanto più che, nel linguaggio epigrafico, la presenza del pronome personale riflessivo sibi, talvolta costituisce la prima parte della formula di inclusione “sibi et suis” che attesta una sepoltura multipla, forse familiare, non solo del promotore ma anche dei suoi congiunti, i cui nomi potrebbero essere stati elencati nel seguito dell’epigrafe, purtroppo manchevole.174 Anche questa seconda supposizione proverebbe

172 Cfr. ipotesi ricostruttiva A e B, p. 55. 173 Cfr. ipotesi ricostruttiva C, p. 56.

174 Sulla predisposizione del proprio locus sepulturae in vita e sul ruolo che gli epitaffi svolgono

quale fonte fondamentale per ricostruire le parentele dei defunti, la cui memoria (anche familiare) viene onorata dall’innalzamento di monumenti funerari, si veda la recente trattazione in Matthieu

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l’estraneità ad un sarcofago della lastra, per il motivo esplicitato poc’anzi. Tuttavia, nel territorio concordiese, è attestata un’iscrizione affine alla presente, per tipologia, per materiale e per messaggio iscritto. L’epigrafe EDR156653, edita da Franco Luciani, è una lastra in marmo proconnesio, appartenente alla faccia anteriore di sarcofago, in cui al caso nominativo è conservato il nome del dedicante, l’Augustalis T. Vettius Pricus o Fuscus, e al dativo quello del dedicatario, un tale T.

Vettius non meglio precisabile. L’ipotesi elaborata dell’editore sulla base di un

facsimile è che, nella seconda riga, dopo la menzione dell’apparteneza al collegio degli augustali, vi fosse proprio la formula SIBI ET, di raccordo con il proseguio del testo175. Nonostante le due lastre esaminate provengano da due sepolcreti differenti - l’epigrafe di Desticius è stata rinvenita nel Sepolcreto dei Militi (a est di Iulia Concordia) e l’iscrizione di Vettius dalla necropoli occidentale della città, localizzata in Via San Pietro - le analogie, anche paleografiche e cronologiche, si potrebbero attribuire alla produzione in una medesima officina lapidaria. – Per la paleografia molto accurata e per la prosopografia degli altri appartenenti alla gens

Desticia, in particolare quella di T. Desticius Severus si propende per una datazione

compresa tra il 170 d.C. e i primi anni del III secolo d.C.